martedì 16 ottobre 2012

Il futuro ha i piedi sporchi di terra, non di cemento


Poi un giorno un gruppo di amministratori locali si mette in testa di dare vita a una cosa che magari non sarà di moda e non susciterà, nell’immediato, quel gran seguito e consenso che sindaci di carriera cercano, ogni volta che provano a metter su un’iniziativa, così da farsi rieleggere facile, il turno successivo.
Questa è la storia della festa dei frutti dimenticati, che fin dal nome lo capisci che è una cosa strana, controcorrente. Il progetto nasce ben ventidue anni fa, quando di filiera corta, prodotti locali, sostenibilità, ambiente, parlavano (e praticavano) davvero in pochi. Quando l’ecologia, il risparmio, nuovi stili di vita e strade altre di consumi e modelli di sviluppo calpestavano in pochi, poche erano le tracce lungo certi sentieri…
Eppure, un gruppo di amministratori ci si incaponisce, con la storia di recuperare storie e tradizioni attraverso la rinascita delle antiche varietà di frutta che andavano via via scomparendo, per lasciar posto e campo a campi di cemento e banchi sterili di supermercato, dove frutta tutta uguale e insapore veniva svenduta a branchi, per le mandrie al pascolo del consumo usa e getta.
Recuperare le antiche varietà di frutta voleva dire prima di tutto dare il giusto peso e valore alle cose, che in questo caso hanno rappresentato la salvezza per gli abitanti delle campagne fino a non molti anni fa, qui dalle parti di Casola Valsenio, comune virtuoso in provincia di Ravenna.
Oggi tutto questo è diventato moda, trendy, fashion. Oggi, la biodiversità tira, e se funziona anche da un punto di vista economico e occupazionale è grazie proprio a storie come queste, a visioni che sono le visioni giuste di una politica al servizio della propria comunità e del suo futuro.
La festa dei frutti dimenticati, oggi come ventidue anni fa, è un grande mercato dove espongono e vendono solamente aziende del territorio (e sono almeno 45 ogni anno…). Qui si espone e si vende frutta fresca o lavorata e tutto questo ha dato una grossa spinta all’economia agricola per la riscoperta e la coltivazione di queste antiche varietà.
Parliamo di azzeruole, giuggiole, sorbe, corniole, prugnoli, melagrane, mele cotogne, pere cocomerine e tantissime altre parole strane che nascondono altrettanti sapori, profumi, colori, metodi di coltivazione, tempi e stagioni. Parole che sanno di terra e lentezza, sobrietà e radici.
Il Comune, in tutto questo, è strumento di costruzione del buonsenso, e anno dopo anno ha trasformato una piccola buona idea in un’iniziativa che richiama gente e interesse da mezza Europa.
La comunità, nel frattempo, ha agganciato pezzi di quotidianità ad un appuntamento periodico ma altrimenti limitato nel tempo: per ogni nuovo nato, ad esempio, si piantano frutti dimenticati, le scuole visitano costantemente le aziende agricole, con “il giardino diffuso” si piantano frutti dimenticati nelle aiuole pubbliche.
Il programma prevede anche una serie di appuntamenti culturali che rappresentano “effetti collaterali” di primo piano: quest’anno, tra le altre cose, merita un cenno particolare l’incontro del 21 ottobre con Massimo Cirri e Andrea Segrè, che parleranno di economia, ambiente e riduzione dello spreco. Alla fine dell’incontro, il sindaco di Casola Valsenio Nicola Iseppi firmerà la “Carta Spreco Zero”, patrocinata tra gli altri dall’Associazione Comuni Virtuosi.
Poi un giorno un gruppo di amministratori locali dimostra che si può, volendo, fare politica in modo diverso. Che il cambiamento passa anche attraverso la riscoperta del nostro passato e tradizioni. Che il futuro ha i piedi sporchi di terra, non di cemento.
Marco Boschini dal Fatto Quotidiano

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