venerdì 31 agosto 2012

Caro benzina: macché, siete voi che guadagnate troppo

Molto interessante la slide che propone in questi giorni Bloombergla classifica del prezzo della benzina nel mondo, Paese per Paese. Al primo posto c'è la Norvegia (Paese produttore di petrolio, peraltro), mentre l'Italia si piazza al settimo posto dopo olandesi, turchi, israeliani, danesi e cittadini di Hong Kong.

Ma c'è anche un'altra classifica, che va di pari passo con la precedente, ovvero quella che calcola la percentuale di reddito che finisce nei carburanti. Sorpresa: scivoliamo addirittura al 34° posto, con l'8,8% del reddito che se ne va in benzina. Gli israeliani spendono l'11%, i turchi ben il 30%, tra quelli con prezzi ancora alti i greci spendono il 12%, i portoghesi il 14. Il carburante ci costa più che ai "fratelli" europei del nord (Francia, Belgio, Germania, Finlandia spendono circa il 6% del reddito) ma comunque sempre meno rispetto agli altri peones del Mediterraneo.   (foto:infophoto)
Come mai? Come mai abbiamo il carburante più caro, eppure incide di meno sul budget delle famiglie italiane? Semplice: perché il reddito italiano è superiore a quello degli altri Paesi sopra menzionati.
E allora io non riesco a non immaginare l'addetto ai lavori che studia questi dati, e ne conclude che non c'è alcun bisogno di abbassare in qualche modo il prezzo della benzina. Per lui possiamo farcela tranquillamente, anche se a noi sembra proprio di no.
Oppure, peggio, conclude che c'è margine per un ulteriore taglio a salari, stipendi e pensioni. In fin dei conti, perché dovremmo ostinarci a rimanere così privilegiati, tra tutti i peones?
Debora Billi Petrolio

La ditta del sindaco leghista che inquina le acque della regione


Vi ricordate di Oscar Lancini? Il sindaco di Adro, quello che voleva vietare la mensa della scuola ai bambini poveri? Sorpresa: la sua ditta era stata chiusa per sversamenti illegali. E ora ha riaperto

C'è una storia oscura di rifiuti tossici e inquinamento in Franciacorta, cominciata con un'autorizzazione regionale rilasciata nel giugno 1993, in piena Mani Pulite. Una vicenda rimasta nascosta all'ombra delle polemiche sui «Soli delle Alpi» ma che per qualcuno è il vero scandalo della Lega Nord di Adro. È la storia della Elg, una ditta di smaltimento di rifiuti liquidi pericolosi di proprietà del sindaco leghista di Adro Oscar Lancini. Fallita nel 2007, la «Eredi Lancini Giancarlo» è stata accusata di aver scaricato abusivamente nelle fognature e nel fiume Oglio migliaia di tonnellate di scorie tossiche, e dopo due sequestri della magistratura non aveva più riaperto i cancelli. Fino a pochi mesi fa.

L'Elg e la Lega Nord
L'estate in cui cadde la sua giunta Paolino Parzani non l'ha dimenticata. L'ex sindaco di Adro, grande avversario di Oscar Lancini, è un uomo d'altri tempi che si sarebbe trovato molto meglio tra garibaldini e mazziniani. «Repubblicano di sinistra», come ama definirsi, guidava una giunta di centro con tanto di assessore di Forza Italia. La sua rovina? Alcuni principi cui non poteva venir meno. «Mi han fatto cadere proprio sulla Elg - ricorda Parzani - perché avevo fatto piombare lo scarico della ditta dei Lancini che continuava a sversare abusivamente. E nel luglio del 2003 avevo revocato la nomina dell'assessore all'Ecologia Valerio Pagnoni, un fedelissimo di Franco Nicoli Cristiani» (l'ex vicepresidente del Consiglio della Regione Lombardia del Pdl arrestato lo scorso novembre per corruzione nell'inchiesta sull'autostrada Brebemi, ndr). L'8 settembre 2003 otto consiglieri, compresa l'opposizione di sinistra, rassegnarono le dimissioni su iniziativa politica di Oscar Lancini, all'epoca consigliere comunale di minoranza, causando il commissariamento del Comune. Quella fabbrica che smaltiva rifiuti pericolosi liquidi non si poteva fermare. Lo sapevano bene i funzionari della Regione Lombardia che nel '93 avevano firmato una singolare autorizzazione per la Elg, quando ancora i Lancini non avevano nemmeno un impianto e giravano a raccogliere i rifiuti liquidi con un'autobotte per gli spurghi (il capannone verrà costruito solo nel 1996). Dieci anni dopo la Elg serviva le industrie di mezzo nord Italia e il suo amministratore era segretario della Lega di Adro.

Divina prescrizione
Oscar Lancini viene così eletto sindaco di Adro nel giugno 2004. Pochi mesi prima la magistratura gli aveva notificato il rinvio a giudizio per inquinamento e traffico di rifiuti. In pieno conflitto di interessi assumerà il controllo della pubblica fognatura, arrivando a nominare gli avvocati del Comune che dovevano rivalersi sulla Elg: uno scandalo cancellato dal clamore suscitato in tutto il Paese dal caso della «Gianfranco Miglio», la nuova scuola comunale riempita di simboli leghisti.
La documentazione prodotta in quegli anni dagli enti è a tratti incredibile: centinaia di documenti della polizia municipale di Adro, del Cotas (il consorzio che gestiva il depuratore della zona), dell'Arpa e dei carabinieri del Noe attestano continui scarichi con valori elevatissimi di metalli pesanti, idrocarburi e solventi clorurati. I campionatori automatici posizionati in prossimità dello scarico della ditta erano inspiegabilmente sempre fuori uso.
Ma i tre processi per inquinamento a carico dei soci della Elg (Oscar Lancini, i fratelli Luca e Lionella, la madre Maria Brescianini, tutti soci al 25% della ditta di famiglia) non hanno mai prodotto nemmeno una sentenza di primo grado: finiti prima del tempo per la prescrizione dei reati, i cui tempi erano stati dimezzati proprio in quegli anni dalla «legge Cirielli».

Un nuovo nome per la ditta dei veleni
L'operazione si è svolta con la massima discrezione. L'impianto dei Lancini ha riaperto i battenti nell'aprile scorso, dopo che nel 2009 una ditta ha rilevato la vecchia Elg. All'asta fallimentare (la Elg è stata dichiarata fallita il 14 marzo 2007, pochi giorni prima del verdetto del primo processo) si è presentata un'unica ditta: la ValleSabbiaServizi di Agnosine, il cui responsabile tecnico è il fratello del sindaco Oscar, Luca Lancini, anch'egli rinviato a giudizio e prescritto per inquinamento in qualità di socio della vecchia Elg.
Inutile dire che alle conferenze dei servizi il Comune di Adro non ha sollevato eccezioni, chiedendo come compensazione per l'esercizio dell'impianto la misera cifra di 78mila euro all'anno (1,08 euro a tonnellata), che la ValleSabbiaServizi potrà scomputare realizzando qualche opera pubblica, nonostante il regolamento comunale di Adro vieti espressamente l'avvio di «attività industriali nocive, moleste o pericolose» sul suo territorio.
Grazie alla nuova autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Brescia il 14 marzo 2012, l'impianto della ValleSabbiaServizi (a differenza della vecchia Elg) potrà smaltire quasi tutte le più micidiali scorie industriali liquide contemplate dal Catalogo Europeo dei Rifiuti (Cer), a fronte di una fidejussione di soli 347mila euro: basti pensare che verranno trattati liquidi contenenti fino a 100mila microgrammi/litro di Cromo esavalente, una concentrazione simile a quella trovata nel 2010 nella falda sotto alla ditta di cromature Baratti Inselvini di Brescia, un gravissimo caso di contaminazione acuta da Cromo (114mila microgrammi/litro).

Torna l'incubo dei veleni
A giudicare dagli investimenti effettuati (4 milioni e 700mila euro tutti per l'acquisto di impianto, capannone e bonifica) sembra che la ValleSabbiaServizi, a parte qualche riverniciatura, stia sostanzialmente usando ancora il vecchio impianto della Elg. In questi primi quattro mesi di esercizio infatti sono già fioccate denunce alla polizia locale di Adro, da parte delle ditte confinanti, per emissioni moleste «insostenibili ed esasperanti che creano difficoltà a respirare, tosse persistente, bruciore agli occhi e alla gola». Ma chi volesse chiedere l'intervento del sindaco Lancini farebbe meglio a leggere il curioso principio su cui si basa la convenzione firmata dal Comune di Adro e dalla ValleSabbiaServizi il 7 giugno 2012: «Ad ogni attività economica conseguono necessariamente aspetti deleteri per la popolazione (sic!)».
I più maligni sostengono che Oscar Lancini si sia voluto assicurare un futuro per la ditta di famiglia, per mettersi al riparo dalla sconfitta elettorale che (soprattutto dopo l'aperta sconfessione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) potrebbe affacciarsi alle amministrative del 2014. Forse i Lancini, sistemato qualche guaio con la giustizia, torneranno al bel vecchio lavoro di una volta. Persino ad Adro la Lega Nord ormai può avere fatto il suo tempo, ma i traffici di rifiuti devono sopravvivere ad ogni stagione politica.

Il Manifesto

Lampade ad incandescenza addio: dal 1 settembre la vendita di queste “vecchie” lampadine è completamente vietata,  (vi avevamo già avvertiti) concludendo così il processo di messa al bando voluto dall'Unione Europea. Le “nuove” lampadine, quelle fluorescenti, apporteranno molti benefici nel campo “bolletta e consumi”, ma daranno anche qualche problema per lo smaltimento. Leggiamo dei consigli pratici su repubblica.it a firma di Valerio Gualerzi, che vi riportiamo per aiutarvi ad orientarvi nella comprensione di questo cambiamento.
UN VANTAGGIO PER L'AMBIENTE E PER IL PORTAFOGLIO. In commercio restano solo le lampadine alogene, led e a basso consumo energetico. E alla base della scelta europea di mettere al bando i vecchi modelli c'è proprio la necessità di ridurre i consumi elettrici. Le lampadine fluorescenti a parità di watt emettono infatti circa cinque volte la luce prodotta da quelle ad incandescenza. Il passaggio da un modello all'altro va avanti ormai da diversi anni in maniera graduale e per essere completato, malgrado la scomparsa delle vecchie lampadine dagli scaffali, richiederà ancora del tempo, ma secondo alcune stime se fosse avvenuto in un colpo solo avrebbe ridotto teoricamente i consumi elettrici destinati all'illuminazione delle case italiane dagli attuali 7 miliardi di kWh annui a circa 2,1, con un risparmio non indifferente. "In realtà purtroppo non è esattamente così - spiega il vicedirettore di Legambiente Andrea Poggio - perché mentre il turn over procedeva abbiamo aumentato l'illuminazione complessiva dei nostri appartamenti e fatto un po' meno attenzione a spegnere le luci quando siamo lontani da una stanza, proprio per la consapevolezza che ora si consuma meno". "Ad ogni modo - precisa ancora Poggio - anche così si tratta di un bel passo avanti sia per l'ambiente, con la riduzione delle emissioni legate alla produzione di elettricità, sia per il portafoglio, in quanto una famiglia con la sostituzione di tutte le lampadine di casa è in grado di tagliare la bolletta di un 10-15%".
LO SMALTIMENTO. Il passaggio dalle incandescenti alle fluorescenti porta con sé anche un'altra conseguenza importante nelle abitudini dei consumatori. Una volta esauste le lampadine a basso consumo (che hanno anche una vita media decisamente più lunga di quelle tradizionali) devono infatti essere smaltite in maniera appropriata in quanto contengono metalli che sono sia inquinanti sia preziosi e quindi meritevoli di essere riciclati. Non possono essere gettate quindi né nell'indiffenziata né nel vetro, ma devono essere portate (nei Comuni che sono attrezzati), nelle isole ecologiche, oppure ai venditori. Questi ultimi, visto che sul prezzo di vendita applicano una maggiorazione legata proprio al servizio di ritiro dei Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) hanno l'obbligo di raccoglierle, ma purtroppo questo obbligo non sempre viene rispettato.
Non Sprecare

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GRILLO. COME SI RISCHIA DI PERDERE CONSENSO

DI DAVIDE STASI
ilribelle.com

Va detto, la performance di Benigni alla festa del PD è stata quanto meno imbarazzante. L’esempio più bieco di embedding, di arruolamento ideologico, cui un artista potesse prestarsi. 

Le tiritere con cui ha captato la benevolenza del pubblico intervenuto e del partito politico ospitante fingono di ignorare che è a questa sinistra, come ha notato recentemente Travaglio, che si devono 20 anni di fascismo, 40 di democrazia cristiana e altri 20 di berlusconismo, oltre alle recenti infamie neoliberiste del montismo. Ma soprattutto lordano l’immagine e la sostanza di un artista che non ha mancato, seppur in modo discontinuo, di produrre vera poesia.

Con i suoi salamelecchi acritici, per quanto convinti, Benigni si è ridotto in un colpo al rango di guitto che distribuisce piaggerie alla fanghiglia della politica, specie quella della sinistra italiana.

Chiarito questo, va detto con altrettanta chiarezza che la polemica in cui Grillo si è impantanato, prima con Bersani e ora con lo stesso Benigni è peggio che incresciosa. Non che siano sbagliati gli argomenti utilizzati per sottolineare le contraddizioni della sinistra, e il conservatorismo retrivo dei suoi leader. Anzi. Ma scendere al livello della polemica personale con il segretario di un partito dove la retorica sinistroide ha ancora un qualche appeal, è un’ingenuità imperdonabile. 

Una vera e propria caduta di stile, poi, il battibecco con Benigni. Vedere due comici, o ex comici, forse i migliori degli ultimi trent’anni in Italia, stuzzicarsi in modo velenoso per motivi di fazione è uno spettacolo sgradevolissimo di per sé. Sotto il profilo della strategia politica, poi, è una totale idiozia. Benigni, comunque la si veda, è un’icona della sinistra. È l’artista che rafforza la presunta superiorità culturale dei compagni, è colui che si permette di decantare Dante o scherzare sull’Olocausto, pur restando popolare nel linguaggio, fino al più esilarante turpiloquio. Per di più dichiarandosi apertamente “di sinistra”, fin dai tempi in cui cullava Enrico Berlinguer davanti alla folla.

Il tutto in un contesto dove a dominare è il vil denaro. Grillo che cerca di colpire un collega (o ex collega) parlando di soldi, e supportando l’attacco con il riferimento, del tutto fuori misura, al finanziamento pubblico ai partiti, viene immediatamente disarmato dal manager del comico toscano: il cachet di Benigni viene tratto dai biglietti venduti. E allo stesso modo veniva pagato Grillo in passato, alle Feste de l’Unità dove interveniva con i suoi show. Un bel diretto in faccia. E il KO arriva dalla perfida testimonianza di Guerisoli, segretario CISL fino al 2002: «nel 1999, per uno spettacolo, Grillo ci chiese 10 milioni di lire, in nero. Li pagammo e fu durissima giustificare quell’uscita».

Quello che ci si attenderebbe da Grillo e dal suo movimento, specie dopo il botto delle ultime Amministrative, non è l’ingenua accettazione delle provocazioni provenienti da destra o sinistra, in special modo da sinistra. Non ha senso, dopo l’impatto dirompente con cui le tematiche veicolate dal suo blog e dalla sua armata sgangherata ma determinata sono state imposte all’agenda politica, perdersi in scaramucce di basso livello con controparti cui non dovrebbe essere riconosciuta nemmeno la dignità di “avversario”. Quello che, dalle ultime elezioni a oggi, ci si attendeva da Grillo, erano sostanzialmente due cose: un programma realmente alternativo e chiaro, nei suoi tratti fondanti e nei dettagli propositivi, e uno schema chiaro di selezione del personale politico che traguardasse le prossime elezioni nazionali, se non addirittura iniziasse a individuare un candidato Presidente del Consiglio autorevole e credibile.

Da molti, troppi mesi questi due elementi latitano pericolosamente, nel campo grillista. Con il successo elettorale, la base ha continuato l’attività magmatica di microscopici conflitti e minuscole alleanze, fughe di delusi e corse in avanti di ambiziosi. Tutta una serie di incrinature in uno schieramento che dovrebbe invece essere solidissimo e unito, facilitate dalla mancanza assoluta di criteri, o meglio dalla presenza di “non-regole”. Da parte sua, l’ispiratore si è inizialmente crogiolato nel successo, perdendosi poi in un atteggiamento astioso, acido quasi, lontano anni luce dalla propositività che l’elettorato convinto e quello transitorio di protesta si attendevano, dopo la fiducia concessa alle amministrative. 

Questi mesi andavano spesi a consolidare il fronte, mostrando il meglio degli aspetti alternativi del movimento rispetto al sistema. Grillo invece si perde in scaramucce senza senso, cadendo nelle trappole tese da volponi e vecchie bagasce della politica. Eppure sembrava scaltro. E dunque perché tutta questa ingenuità? 

Le ipotesi sono tre, una peggo dell’altra: o è mal consigliato, il che può essere, dato che si appoggia a una società di marketing; o l’esperimento socio-politico è diventato più grande di lui, e la paura conseguente lo rende ingenuo; o, cosa più probabile, non sa come risolvere i due dilemmi di cui sopra: programma convincente e candidati credibili. E così dissipa il patrimonio di consenso che aveva raccolto, e che aveva un enorme potenziale. Si tratta di capire se lo fa con colpa o dolo. In ogni caso, di questo passo il Movimento 5 Stelle ha nel suo futuro lo stesso destino del Popolo Viola o dei “girotondi”, che dopo aver giro-girato per un po’, sono cascati tutti giù per terra. 

Davide Stasi
www.ilribelle.com
30.08.2012

Per gentile concessione de “La Voce del Ribelle”

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Guerre dei Balcani, in 14mila mancano ancora all'appello


"Se solo sapessi dove si trova mio figlio Albion, se solo potessi dargli sepoltura e portare un fiore sulla sua tomba, mi sentirei meglio."  (Nesrete Kummova, il cui figlio dovrebbe essere stato trasportato dal Kossovo in Serbia e lì sepolto, nella guerra del 1999)

Oltre 14.000 persone mancano all'appello nei paesi dell'ex Jugoslavia, quasi la metà del totale degli scomparsi del decennio di guerre iniziato nel 1991. Lo denuncia un rapporto di Amnesty International, diffuso alla vigilia della Giornata internazionale degli scomparsi, che si celebra ogni anno il 30 agosto.

Tra il 1991 e il 2001, 34.700 persone scomparvero nei Balcani dopo essere state arrestate o catturate. La maggior parte delle loro famiglie aspetta ancora giustizia.

"Per loro, il capitolo delle sparizioni forzate non è chiuso e rimane una fonte quotidiana di dolore. Attendono ancora di conoscere il destino dei loro cari, continuano a cercare verità, giustizia e riparazione" - ha dichiarato Jezerca Tigani, vicedirettrice del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

"Le vittime delle sparizioni forzate nei paesi dell'ex Jugoslavia appartengono a tutti i gruppi etnici. Sono civili e soldati, donne e uomini, bambine e bambini. Le loro famiglie hanno il diritto di sapere la verità sulle circostanze della loro scomparsa, sul loro destino e sullo svolgimento e l'esito delle indagini. Per loro, il primo passo verso la giustizia è vedersi restituiti i corpi dei loro cari per la sepoltura. I governi devono assicurare che le vittime e le loro famiglie abbiano accesso alla giustizia e ricevano, senza ulteriori ritardi, un'adeguata e concreta riparazione per il danno che hanno subito" - ha aggiunto Tigani.

Il rapporto di Amnesty International descrive casi di sparizione forzata in Croazia, Bosnia ed Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro, Serbia e Kossovo. Tutti e sei i governi di questi paesi sono venuti meno all'obbligo legale internazionale di indagare e punire questi reati.

Alcuni responsabili, sottolinea Amnesty International, sono stati sottoposti alla giustizia del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, il cui mandato è però prossimo alla fine. I tribunali nazionali agiscono con lentezza.

"L'assenza di indagini e processi per le sparizioni forzate e i rapimenti resta un problema grave in tutti i Balcani. Il principale ostacolo al contrasto dell'impunità e alla consegna degli autori alla giustizia è la costante mancanza di volontà politica in tutti e sei i paesi" - ha affermato Tigani.

Delle 6406 persone scomparse nella guerra del 1991-1995 in Croazia, è stato possibile stabilire la sorte di 4084 di esse. Oltre 2300, 1735 delle quali di passaporto croato, risultano ancora scomparse. Nell'ultimo biennio è stata chiarita la situazione di soli 215 scomparsi. Oltre 900 resti umani devono essere ancora identificati.

Su una popolazione di tre milioni e 400mila abitanti, alla fine del conflitto della Bosnia ed Erzegovina erano scomparse 30.000 persone. La sorte di almeno 10.500 di loro, in larga parte musulmani bosniaci, resta sconosciuta. Le famiglie di oltre 7000 persone, deliberatamente e arbitrariamente uccise nel genocidio di Srebrenica del 1995, sono ancora in attesa di giustizia e riparazione. Molti dei presunti responsabili vivono fianco a fianco con le loro vittime e i familiari di queste ultime.

Per un decennio, dalla fine del conflitto del 2001 tra le forze di sicurezza macedoni e l'Esercito albanese di liberazione nazionale, le autorità non hanno indagato in modo efficace sulle sparizioni forzate. Resta un mistero il destino di almeno sei albanesi arrestati dalla polizia alle dipendenze del ministero dell'Interno macedone. I familiari degli scomparsi hanno fatto ricorso contro una legge del parlamento macedone del 2011 che, estendendo le norme della legge d'amnistia del 2002, ha posto fine alle indagini su quattro casi di crimini di guerra trasmessi dal Tribunale penale per l'ex Jugoslavia. Tra questi, la sparizione di 12 macedoni e un bulgaro, presumibilmente ad opera dell'Esercito albanese di liberazione nazionale.

Nel maggio 1992, 83 civili bosniaci in fuga dal conflitto della Bosnia ed Erzegovina, vennero arrestati in Montenegro e respinti alla frontiera per essere poi consegnati alle forze serbo bosniache. Si ritiene che 21 di loro siano stati uccisi in un campo di prigionia della Republika Srpska. La sorte di almeno altri 34 detenuti rimane sconosciuta. Nel marzo 2011, nove ex pubblici ufficiali sono stati prosciolti dall'accusa di crimini di guerra per la sparizione forzata dei profughi bosniaci, sul presupposto che nel 1992 non c'era alcun conflitto armato in Montenegro. Il verdetto è stato annullato in appello quest'anno e il processo è stato riaperto.

Durante la guerra del Kossovo del 1998-99 e nel periodo immediatamente successivo, si registrarono 3600 scomparsi, oltre 3000 dei quali albanesi vittime di sparizione forzata ad opera della polizia, dell'esercito e dei gruppi paramilitari serbi; la restante parte degli scomparsi,  appartenente alle minoranze, soprattutto quella serba e quella rom, si presume sia stata catturata dai gruppi armati albanesi, tra cui l'Esercito di liberazione del Kossovo. Le famiglie di almeno 1797 scomparsi kossovari e serbi aspettano ancora che i corpi dei loro cari siano esumati, identificati e restituiti per la sepoltura. Anche quando ciò avviene, pochi dei responsabili vengono portati di fronte alla giustizia.
29 agosto 2012

giovedì 30 agosto 2012

E' L’ISLANDA CHE MOSTRA LA VIA

FONTE: WASHINGTONSBLOG

L’economista, premio Nobel, Joe Stiglitz ha scritto su "Information Clearing House" : Quello che ha fatto l'Islanda è stata la scelta giusta. Sarebbe stato sbagliato lasciare alle generazioni future tutti gli oneri degli errori del sistema finanziario.

E il Premio Nobel Paul Krugman (1):
- Come il recupero dell'Islanda ha dimostrato questo caso, ha fatto infervorare i creditori delle banche private che, però,  si sono dovuti ingoiare le perdite.

E’ successa una cosa divertente sulla strada per l’Apocalisse economica: la grande disperazione dell'Islanda ha reso impossibile qualsiasi comportamento convenzionale, lasciando libera la nazione di infrangere le regole.   Mentre tutti gli altri hanno salvato i banchieri e hanno fatto pagare il conto alla popolazione, l'Islanda ha lasciato fallire  le banche e, di fatto, ha allargato la propria protezione sociale. Mentre tutti gli altri si sono fissati nel  cercare di placare gli investitori internazionali, l'Islanda ha messo  dei controlli temporanei su tutti i movimenti di capitali per darsi uno spazio di manovra.


Krugman ha ragione (2)- questa è la strada giusta da percorrere.   Abbiamo già detto in precedenza ( 3):

 L'Islanda ha detto alle banche di prendersela … in quel posto, e l'economia islandese sta andando molto meglio di quasi tutti i paesi che si sono lasciati prendere in giro dalle  banche.
Bloomberg scrive ( 4):
- L’Islanda ha dato  delle lezioni fondamentali alle nazioni che cercano di sopravvivere al sacrificio del salvataggio dopo che l’ approccio dell'isola al suo salvataggio ha portato a una ripresa “sorprendentemente" forte–così ha detto il capo della missione del Fondo Monetario Internazionale.
-  L' impegno dell'Islanda a sviluppare un suo programma, la decisione di lasciare le perdite agli obbligazionisti invece che farle pagare ai contribuenti e la tutela del sistema di welfare, come scudo per i disoccupati dalla miseria,  ha contribuito a riportare la nazione dal collasso verso la guarigione - secondo il fondo con sede a Washington.

***
L'Islanda ha rifiutato di tutelare i creditori delle sue banche, che sono fallite nel 2008, dopo che i loro debiti si erano gonfiati fino a 10 volte la dimensione dell'intera economia.  L’osservazione del FMI sugli obbligazionisti è molto importante (5): il voler garantire le perdite degli obbligazionisti ha condannato gli Stati Uniti e l'Europa alla depressione economica.

Il FMI annota : 
- La decisione di non rendere i contribuenti responsabili per le perdite delle banche è stata giusta, dicono gli economisti.
 - La chiave per la ripresa dell'Islanda era un programma che ha cercato di garantire che la ristrutturazione delle banche non richiedesse ai contribuenti islandesi di assumersi eccessive perdite del settore privato.
Icenews sottolinea:

-  Gli esperti continuano a lodare il successo di recupero dell'Islanda dopo il piano di salvataggio delle banche del paese del 2008.-  A differenza degli Stati Uniti e di diversi paesi della zona euro, l'Islanda ha permesso il suo sistema bancario di fallire nella fase di recessione economica mondiale lasciando l'onere ai creditori del settore piuttosto che ai contribuenti.
    ***

La ripresa continua a conquistare i funzionari, tra cui il capo del Fondo monetario internazionaleChristine Lagarde, che recentemente ha fatto riferimento alla ripresa islandese, definendola "impressionante". E gli esperti continuano a ribadire che i funzionari europei dovrebbero guardare all’ Islanda per studiare le misure di austerità e altre questioni simili.

Barry Ritholtz ha detto l'anno scorso (6):

- Piuttosto che salvare le banche - l'Islanda non avrebbe potuto farlo, anche se lo avesse voluto - ha garantito i depositi  e ha lasciato  che il normale processo capitalistico del fallimento facesse il suo corso.  Ora stanno molto, molto meglio rispetto a come stanno paesi come gli Stati Uniti e l'Irlanda che non l’hanno fatto.
Bloomberg ha sottolineato a febbraio 2011:

- A differenza di altre nazioni, compresi gli Stati Uniti e l'Irlanda, che iniettato miliardi di dollari di capitale nelle loro istituzioni finanziarie per tenerle a galla, l’Islanda ha messo i suoi maggiori finanziatori in amministrazione controllata. Ha scelto di non tutelare i creditori delle banche del paese, il cui patrimonio era esploso a 209 miliardi di dollari, 11 volte il prodotto interno lordo.

"L'Islanda ha fatto la cosa giusta ... sulle spalle dei creditori, non dei contribuenti,  devono andare le perdite delle banche", dice il premio Nobel Joseph Stiglitz, professore di economia alla Columbia University di New York. "L'Irlanda invece ha fatto tutte le cose sbagliate, tutto a rovescio. Questo è probabilmente il peggior modello. "

L’Irlanda ha garantito tutte le passività delle sue banche fino a quando si è messa nei guai ed ha avuto bisogno di  una iniezione di capitale - 46 miliardi di euro (64 miliardi dollari) finora – per restare a galla. Questo ha portato il paese sull'orlo della rovina, costringendolo ad accettare un pacchetto di salvataggio da parte dell'Unione europea nel mese di dicembre.

    ***
I paesi con sistemi bancari più grandi possono seguire l'esempio dell'Islanda, dice Adriaan van der Knaap, managing director di UBS AG.  "Non avrebbero sconvolto il sistema finanziario", dice Van der Knaap, che è stato consulente dei comitati di risoluzione della Banca d'Islanda.

    ***
 Arni Pall Arnason, il Ministro islandese degli affari economici, spiega la decisione di far ricadere l’onere del debito sui creditori per  salvare il futuro del paese.
 - "Se avessimo garantito tutte le passività delle banche, saremmo nella stessa situazione dell'Irlanda",
 - "All'inizio, le banche e altri istituti finanziari in Europa, ci dicevano, 'Non vi daremo mai più una lira'", dice Einarsdottir. "Poi hanno detto 10 anni,  poi  5. Ora dicono che presto potrebbero essere pronti a nuovi prestiti. "

E anche la denuncia dell’Islanda  di truffa ai colletti bianchi  ha giocato un ruolo importante nel suo recupero (7):

Gli Stati Uniti e l'Europa hanno ostacolato le indagini sulle truffe ai colletti bianchi ... mentre ,l'Islanda ha denunciato anche i Capi-delle Banche, i Fraudster ( 8) e il loro ex Primo Ministro(9): e la loro economia si sta riprendendo bene ... perché la fiducia sta tornando  nel sistema finanziario.

Fonte: http://www.informationclearinghouse.info
Traduzione per www.ComeDonChisciotte.org a cura di ERNESTO CELESTINI

Note:
  1. http://krugman.blogs.nytimes.com/2012/07/08/the-times-does-iceland/
  2. http://www.washingtonsblog.com/2012/03/big-banks-continue-to-suck-at-the-government-teat-with-never-ending-stealth-bailouts.html
  3. http://www.washingtonsblog.com/2011/11/will-greece-pull-an-iceland-and-tell-the-banks-to-pound-sand.html
  4. http://www.businessweek.com/news/2012-08-12/imf-says-bailouts-iceland-style-hold-lessons-for-crisis-nations
  5. http://www.washingtonsblog.com/2011/08/never-ending-depression-and-scalping-of.html
  6. http://www.ritholtz.com/blog/2011/05/how-to-handle-a-financial-crisis-like-iceland/
  7. http://www.washingtonsblog.com/2012/05/trust.html
  8. http://query.nytimes.com/gst/fullpage.html?res=9C04E3D6103EF930A15751C0A9649D8B63&ref=iceland
  9. http://dealbook.nytimes.com/2012/04/23/icelands-ex-prime-minister-convicted-of-one-charge-related-to-financial-crisis/

Vegetariani per forza tra trent'anni?


Tra qualche decennio il non mangiare carne potrebbe non essere solo una questione di scelta individuale. A dirlo è un allarmante rapporto dello Stockholm International Water Institute, pubblicato in occasione della Settimana mondiale dell’acqua. La tesi di base è che nel 2050 ­­ non ci saranno risorse idriche sufficienti ad alimentare gli attuali regimi alimentari delle popolazioni mondiali. Leggiamo sul sito di Wired alcune considerazioni sullo studio  scandinavo: vi si trovano elaborati diversi quadri futuri di consumo di cibo, a loro volta incrociati con le stime (sempre più avare) sulla disponibilità d’acqua e, ovviamente, con il boom demografico previsto da oggi ai prossimi trentotto anni. La sentenza è quasi senza appello: “Non ci sarà abbastanza acqua per produrre il cibo necessario ai due miliardi di persone in più che ci saranno nel 2050 – scrive Malin Falkenmark, autrice del capitolo del rapporto che affronta il tema nello specifico –­soprattutto se si manterranno i trend attuali, che vedono il mondo avvicinarsi a una dieta di tipo occidentale con il 20% delle proteine assunte derivanti dagli animali"Basti pensare che per farci trovare sul banco del macellaio, per esempio, un chilo di carne di manzo vengono impiegati nella lavorazione circa 16mila litri d’acqua. A firmare il rapporto, oltre agli esperti dell’istituto svedese, una dozzina fra scienziati della Fao e dell’ International Water Management Institute: “Se oggi abbiamo ancora di fronte la sfida di nutrire un miliardo di persone su un totale di 7 miliardi, come pensiamo di raggiungere la sicurezza alimentare per una popolazione che nel 2050 toccherà quota 9 miliardi? – si domanda Torkil Jønch Clausen nell’introduzione al bel volume – la Fao ha stimato che per quell’anno bisognerebbe aumentare la produzione alimentare del 70%. Tuttavia, ciò aggiungerebbe ulteriori pressioni sulle nostre già scarsissime risorse idriche, in un momento per altro in cui abbiamo bisogno d’acqua anche per soddisfare la domanda globale di energia, che crescerà del 60% nello stesso periodo a beneficio di quasi un miliardo e mezzo di persone che ne sono prive”

COME SALVARE IL CONSUMO DI CARNE. A quanto pare, c’è un unico scenario ad apparire sostenibile – e che conserva nella dieta, seppur in minima parte, la carne: il consumo non dovrebbe superare il 5% del totale di ciò che finirà sulle nostre tavole. O meglio, delle calorie quotidiane. Questo tuttavia a patto di riuscire a introdurre un sistema di bilanciamento idrico che permetta (o obblighi?) i Paesi con un surplus d’acqua ad aiutare quelli falcidiati da periodi di siccità.  D’altronde, il panorama è già sull’orlo del baratro e la scadenza del 2050 sembra perfino generosa: l’ 88% circa delle risorse idriche disponibili nel mondo viene infatti consumato da appena l’ 11% della popolazione. Si va dai 600 litri d’acqua inghiottiti ogni giorno, tra consumi domestici e dieta, da un cittadino medio statunitense ai più accettabili 200 di un italiano per finire agli appena 20 a disposizione di un individuo costretto a lottare per sopravvivere in un Paese povero.
Non Sprecare

mercoledì 29 agosto 2012

CRESCITA, UN 'ILLUSIONE NEFASTA

Caro Direttore, sintetizzando le riflessioni svolte da Guido Ceronetti sulla decrescita nell’articolo pubblicato su La Stampa il 19 agosto, Irene Tinagli ritiene di aver lettoche per realizzare questa prospettiva «molto affascinante e per certi versi romantica», bisognerebbe «separare i bisogni essenziali da quelli che non lo sono e i beni prodotti per soddisfare bisogni reali da quelli fatti solo per generare profitto, ovvero i “commerci”».

Ma questa distinzione «non è così netta come si possa pensare (senza contare l’inquietante scenario in cui qualcuno decide cosa è essenziale per la gente e cosa non lo è)». Poiché le riflessioni sulla decrescita espresse da Ceronetti sono nate da lunghe conversazioni con me, posso rassicurarla che non abbiamo mai teorizzato le cose che lei scrive. 

Il cibo che si butta soddisfa bisogni essenziali o superflui? Secondo una notizia pubblicata dall’Ansa il 23 agosto le famiglie americane ne buttano via annualmente circa il 40 per cento. Per non parlare di quello che si spreca prima di arrivare nelle loro case. In Italia il cibo che finisce nei rifiuti ha un valore pari al 2 per cento del Pil. Se tornassimo a essere saggi e non ne buttassimo più, non diventeremmo più poveri, il Pil decrescerebbe e diminuirebbero i rifiuti. L’energia che si consuma nelle nostre case è il triplo di quella che si consuma nelle peggiori case tedesche, il decuplo di quella che si consuma nelle migliori. L’energia che si spreca in una casa mal costruita e mal coibentata soddisfa un bisogno essenziale o superfluo? Se ristrutturassimo le nostre case riducendo le dispersioni termiche, spenderemmo di meno per avere un migliore comfort e ridurremmo le emissioni di anidride carbonica. Saremmo più poveri? Ne deriverebbe un peggioramento o un miglioramento delle nostre vite? 

La distinzione di cui parlava Ceronetti è tra il concetto di merci: oggetti che si scambiano con denaro, e il concetto di beni: oggetti che rispondono a un bisogno o soddisfano un desiderio, anche superfluo, dipende dai gusti. I due concetti non sono coestensivi. Ci sono merci che non sono beni, si pagano ma non rispondono né a bisogni né a desideri: il cibo che si butta, l’energia che si spreca (a proposito, lo sa che è almeno il 70 per cento di tutta quella che utilizziamo?). Ci sono beni che si possono ottenere solo sotto forma di merci: quelli a tecnologia evoluta: il computer, la risonanza magnetica, o che richiedono capacità artigianali specializzate. Ci sono beni che si possono più vantaggiosamente autoprodurre anziché comprarli sotto forma di merci: molti prodotti alimentari: costano di meno, sono più freschi, non fanno consumare energia per il trasporto, non hanno imballaggi. E ci sono beni che non si possono ottenere sotto forma di merci: i beni relazionali (quanto tempo si sottrae agli affetti per dedicarlo alla produzione di oggetti inutili o addirittura dannosi?). 

La decrescita si realizza riducendo la produzione e il consumo di merci che non sono beni e aumentando la produzione e l’uso di beni che non sono merci. Niente a che fare con le rinunce e il pauperismo. La prima strada richiede l’uso di tecnologie più evolute: per fare una casa che non spreca energia ci vogliono tecnologie più avanzate di quelle che occorrono per fare una casa dissipativa. Queste tecnologie, finalizzate a ridurre il consumo di risorse a parità di prodotto e a recuperare tutte le materie prime contenute negli oggetti dismessi, sono le uniche in grado di creare occupazione nei Paesi industrializzati. Non un’occupazione purchessia, ma un’occupazione utile che, inoltre, paga da sé i suoi costi perché ammortizza le spese d’investimento con i risparmi sui costi di gestione che consente di ottenere. E quindi non fa crescere i debiti pubblici. La seconda strada richiede il recupero di capacità manuali che ci rendono meno dipendenti dal mercato per soddisfare tutte le nostre esigenze vitali, e la riscoperta dell’importanza di relazioni umane significative e collaborative. Le due caratteristiche in cui si realizzano le qualità migliori della nostra specie. 

Maurizio Pallante (Fondatore del Movimento per la Decrescita Felice)
Fonte: www.lastampa.it/
Link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10467
28.08.2012

L’estate degli otto anticicloni: emergenza idrica da Bolzano a Capri

Milano, 27 agosto – È l’estate più bollente, con due gradi in più della media stagionale già dal mese di giugno. E a luglio e agosto non è andata meglio. Incendi, campi a secco, danni all’agricoltura e conseguente aumento dei prezzi dei prodotti. E ora anche l’acqua che inizia a scarseggiare, da Bolzano a Frosinone a Capri. 
I dati della calura: il mese di luglio 2012 si è chiuso con 1,94 gradi in più rispetto alla media classificandosi al sesto posto tra i più caldi da oltre due secoli, mentre quello di giugno. con +2,6 gradi, si era classificato al terzo posto. Le regioni più bollenti sono quelle del centro dove il termometro ha fatto registrare valori superiori di oltre 3 gradi alla media del periodo di riferimento 1971-2000. Negli ultimi anni si sono così succeduti i record dovuti all’innalzamento delle temperature: in Italia il 2011 si è classificato al terzo posto di sempre, anche se il primato assoluto degli ultimi due secoli rimane quello del 2003. 
Oltre a sfiancare, il caldo torrido e persistente dell’estate 2012 sta provocando pure siccità e razionamento delle riserve idriche. Così la Cia, Confederazione italiana agricoltori, denuncia che lungo il sistema idrico italiano si perde mediamente più di un litro d’acqua su tre, “uno spreco che l’Italia non si può permettere”, e ribadisce la necessità “di lavorare seriamente a un modello di agricoltura ecocompatibile e a una rete idrica efficiente, anche con un’autorità unica delle acque”. 
In questo periodo l’acqua non basta per soddisfare tutte le necessità. È cosi che a Bolzano il sindaco ha emesso un’ordinanza che vieta l’uso dell’acqua potabile per irrigare i giardini in un’area cittadina dove il serbatoio principale continua a scendere. E l’afa non sta dando tregua nel frusinate, tanto che l’azienda che gestisce il sistema idrico ha deciso un razionamento e la chiusura dei serbatoi in determinate fasce orarie. Per fronteggiare la crisi idrica, poi, il sindaco di Capri ha fatto affiggere vicino alle fontanine pubbliche, per le strade, nei punti più visibili dell’isola e sul sito del comune un avviso in cui invita residenti e turisti a “un utilizzo dell’acqua attento e parsimonioso”. E l’emergenza siccità continua a imperversare in Abruzzo, in Sardegna e nel parmense con decine di comuni interessati da provvedimenti per la riduzione o l’interruzione dell’erogazione idrica aggravati da guasti alle condotte. Ancora, la regione Emilia Romagna ha chiesto al governo di riconoscere la siccità di quest’estate come evento eccezionale. In Toscana si è riunito il tavolo tecnico per fare il punto sul’emergenza idrica. 
Ma non è tutto. L’Anbi, l’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni, rende noto che arrivano dalla Toscana segnalazioni di un’ulteriore, grave conseguenza ambientale dei ripetuti anticicloni africani che stanno colpendo l’Italia: il gran caldo, infatti, sta favorendo il proliferare di alghe nelle acque interne, causando anossia e provocando ampie morie di pesci. I consorzi di bonifica stanno intervenendo, immettendo acqua fresca negli alvei ma, nelle attuali condizioni di siccità, è problematico anche il reperimento di risorse idriche aggiuntive. Laddove possibile, come nel comprensorio toscano del Padule di Fucecchio, spiega l’Anbi, sono in funzione innovativi ossigenatori per permettere alla fauna ittica di “respirare”. 
Insomma, anche l’andamento climatico di agosto conferma l’anomalia di un 2012 segnato da neve, siccità, pioggia, caldo e ora temporali e grandine che hanno messo a dura prova le campagne, come ricorda la Coldiretti. “Una situazione frutto dei cambiamenti climatici in atto che – precisa la Coldiretti – si manifestano in Italia con una maggiore frequenza”.
Egazette

martedì 28 agosto 2012

28 Agosto 1963 - Martin Luther King


Si buttano 12 miliardi in cibo: recuperarli si può


Ancora una volta vi riportiamo le cifre vergognose dello spreco alimentare: in Italia ogni anno vengono gettati 12,3 miliardi di euro di cibo. Si parla di42 chili pro capite di pietanze avanzate, cibi scaduti o andati male, e quindi di117 euro l'anno che ogni italiano butta letteralmente nel cestino.
D'altra parte, oggi attraverso l'articolo di Chiara Molinari, vi presentiamo ciò che viene fatto per recuperare parte di queste risorse sprecare. La Fondazione per la Sussidiarieta’, assieme al Politecnico di Milano e Nielsen Italia, ha diretto un’indagine secondo la quale si riesce già a salvare e portare sulle tavole dei bisognosi, cibo riciclato per circa 1 miliardo di €. La speranza, sempre secondo la Fondazione, è quella di raggiungere i 6 miliardi di euro di cibo che normalmente va sprecato, per sfamare i più bisognosi.
Il professore del Politecnico di Milano, Alessandro Perego, sostiene che almeno il 50% di cibo in eccesso prodotto dalle imprese della filiera, può essere recuperatofacilmente per il consumo umano. Attualmente invece solo il 6% di questa eccedenza viene salvata e destinata ad enti e banchi alimentari. Il professor Perego, sostiene ancora, che questo spreco eccessivo, è causato dalla mancanza di collaborazione e comunicazione delle filiere agroalimentari e dalla burocrazia.
Questa teoria sostenuta anche dal presidente della Fondazione per la Sussiadiarietà, Giorgio Vittadini, il quale aggiunge che oltre alla cooperazione, è necessaria un’educazione di base alla mancanza di spreco ed al recupero del cibo a favore delle banche del cibo. Sulla stessa lunghezza d’onda, anche Mannuela Kron, direttore della Nestlè Italia, la quale evidenzia anche l’eccessivo costo di tali sprechi per le aziende produttrici che dopo i costi di produzione, devono sostenere quelli per la distruzione dei cibi scaduti o avariati. La Kron sottolinea che la sua azienda alimentare, da anni collabora con le banche del cibo, mettendo a disposizione di queste tutti i prodotti in eccedenza o che non posso essere venduti per svariati motivi e si dice speranzosa che altre ditte seguano l’esempio della Nestlè Italia. 
Non Sprecare

Moduli fotovoltaici, continua il calo dei prezzi


Dopo una battuta d'arresto a giugno i moduli fotovoltaici continuano a diminuire di prezzo, dicono i dati di IMS Research. A luglio meno 2,4% rispetto al mese precedente e -44% su base annuale e per fine anno si prevede che si arrivi a 0,70 $/Wp. Ma tra i produttori la lotta è dura e i margini di riduzione dei costi sono stretti.
I moduli fotovoltaici continuano a diminuire di prezzo. Mentre in Italia siamo sempre più vicini al momento in cui il fotovoltaico non potrà più contare su nessun tipo di incentivo, quella che arriva dagli ultimi dati di IMS research è una  notizia buona per installatori e consumatori e cattiva per la parte a monte della filiera, messa a dura prova dai prezzi stracciati.
giugno il crollo dei prezzi si era fermato; anzi, i moduli in silicio cristallino erano costati il 3% in più rispetto al mese precedente. La causa è nella forte domanda dai due mercati più grandi, Italia e Germania, in entrambi dei quali c'è stata una corsa alle installazioni per anticipare la riduzione degli incentivi, scattata al 30 giugno in Germania e in Italia oggi, 27 agosto, con l'entrata in vigore del quinto conto energia.
luglio invece il calo è ripreso, con un meno 2,4% in media, con cali più significativi per i prodotti occidentali (-5%) che per quelli cinesi. In media un modulo in silicio cristallino a luglio di quest'anno è costato il 44% in meno rispetto a un anno fa: quelli cinesi tier 1 sono stati venduti in media a 0,771 $/Wp, quelli di qualità minore, i tier 2 e tier 3, rispettivamente a 0,726 $/Wp e 0,710 $/Wp.
E il calo dovrebbe continuare: anche se per agosto si prevede un aumento dello 0,3%, entro la fine anno IMS prevede che per i tier 1 e 2 cinesi si arrivi a 0,70 $/Wp (circa 0,57 euro/Wp).
“I prezzi dei moduli fotovoltaici hanno goduto di un raro periodo di stabilità a giugno, ma sono di nuovo sotto pressione con l'indebolirsi della domanda in diversi mercati importanti nella seconda metà dell'anno”, spiega Sam Wilkinson, analista di IMS per il FV.
Anche se l'industria ha visto un numero significativo di uscite dal mercato, resta infatti un problema di sovrapproduzione che porta alla competizione sul prezzo. Una lotta molto dura dato che, come spiega Wilkinson, “i margini dei produttori sono già molto bassi e in alcuni casi negativi e la capacità di abbassare ulteriormente i prezzi sono assai limitate senza introdurre miglioramenti significativi nella loro struttura di costo."

Edifici pubblici, in Provincia di Milano in 98 riparmieranno il 35% senza spendere un euro


Aggiudicato il primo contratto in Italia per il Risparmio Energetico negli Edifici Pubblici con Garanzia di Risultato. Gli edifici di 16 Comuni della Provincia di Milano risparmieranno il 35% dei consumi annuali senza sborsare un euro grazie a interventi realizzati da Esco. L'investimento finanziato dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI).

Si è conclusa a Milano la prima gara per la selezione di una Energy Service Company (ESCo) per la riqualificazione energetica e la gestione di 98 edifici pubblici, in prevalenza scuole, di proprietà di 16 Comuni dell’hinterland milanese che hanno aderito al Patto dei Sindaci.
La gara, per l’assegnazione di una concessione con la formula del Finanziamento Tramite Terzi, è stata gestita dalla Provincia di Milano e consentirà ai 16 Comuni di riqualificare i propri edifici pubblici senza spendere un euro e di risparmiare sui costi di approvvigionamento di gas e di energia elettrica.
L’investimento, completamente a carico di un consorzio di imprese costituito da quattro Energy Service Companies (ESCOs) - Olicar, Carbotermo, Evolve e PrimaVera - ammonta a 13 Milioni di euro e prevede l’isolamento degli involucri edilizi, la sostituzione degli impianti termici ed elettrici con l’adozione di micro-cogeneratori e pompe di calore, la realizzazione di impianti solari per la produzione di acqua calda sanitaria, la gestione degli impianti tramite telecontrollo.
Il risparmio annuale garantito dalle ESCOs è di oltre 1,3 milioni di Euro,pari al 35% rispetto ai costi attuali, dei quali il 5% resterà fin dal primo anno di concessione nelle disponibilità dei Comuni, in termini di riduzione di spesa a valere sui bilanci comunali.
Il finanziamento delle opere è assicurato da un prestito agevolato dellaBanca Europea per gli Investimenti (BEI) erogato direttamente al consorzio. Il meccanismo contrattuale consentirà di ripagare il prestito alla BEI con la quota prevalente dei risparmi che si otterranno con gli interventi di riqualificazione energetica. Alla conclusione del contratto, che durerà 15 anni, il 100% del "risparmio" sarà di competenza dei Comuni.
Questa è solo la prima fase di un programma d’investimento di 90 milioni di euro messi a disposizione dalla BEI, per il quale la Provincia di Milano usufruisce del programma di Assistenza Tecnica denominato "Elena"(European Local Energy Assistance), attivato dalla Commissione europea, gestito dalla BEI e destinato a co-finanziare la gestione del programma e la predisposizione di tutta la documentazione necessaria alla realizzazione del programma, tra cui: la definizione dei criteri di selezione delle Imprese, la redazione delle diagnosi energetiche, la stesura di capitolati e bandi di gara, la definizione del sistema di valutazione delle offerte, il monitoraggio dei risultati, l’auditing finanziario, la disseminazione dei risultati.
Altre due gare con le stesse caratteristiche stanno per partire e una terza, in preparazione, riguarda una ventina di scuole del Comune di Milano, con cui è stata avviata una collaborazione finalizzata a ridurre i costi di riscaldamento e illuminazione.
Leggi anche il comunicato (pdf) dettagliato sul programma.
Maggiori informazioni sul sito internet della Provincia Milano - Energia
kyotoclub

lunedì 27 agosto 2012

CONFESSIONI DI UN FASCISTA DEL WEB

FONTE: ILSIMPLICISSIMUS2 (BLOG)

Finalmente lo hanno detto ufficialmente: la sinistra è solo forma e niente sostanza. E’ un involucro costruito di parole, di ritualità, di stilemi dentro il quale si cerca invano qualcosa. Mi riferisco ovviamente non alla sinistra come orientamento e pensiero, ma a quella “consumer” rappresentata dagli apparati del Pd e dal partitone di Repubblica, più gli annessi e connessi. Questa sinistra da supermercato trova a volte l’aspetto di bolla di sapone aerea e iridiscente che appena un soffio di realtà può far scoppiare, altre volte quella della confusa seriosità parolaia che Marx chiamerebbe espressione di un’alterità prodotta dalla classe dominante, altre ancora quella del pacco in autostrada.

Di fatto la sinistra è solo forma. Sentiamo Mauro, direttore di Repubblica da quando la berta filava: “Il fatto è che l’onda anomala del berlusconismo ha spinto nella nostra metà del campo (che noi chiamiamo sinistra) forze, linguaggi, comportamenti e pulsioni che sono oggettivamente di destra” . Dunque non idee, non realtà, non fatti, non dialettiche politiche, ma linguaggi, pulsioni e atteggiamenti “oggettivi”. Eccola quella parola recuperata da un lontano passato, quell’oggettivo che era un must del linguaggio del Pci e anche della saggistica marxista: è l’unica cosa che è rimasta ed è applicata ad qualunque cosa sappia di critica. Non molto diverso da quanto dice il sottosegretario Bersani che alla festa del Pd si scaglia contro Grillo e non solo: “Faremo partire un messaggio molto chiaro da questa festa: nelle crisi si rischia di vedere chi abbaia più forte. Corrono sulla rete dei linguaggi del tipo: siete zombie, cadaveri ambulanti, sono linguaggi fascisti e a noi non ci impressionano. Vengano a dircelo. Via dalla rete, uscite dalla rete e venite qui a dircelo”.
Oddio visto che Grillo non è stato invitato alla festa, al contrario di Sallusti, sembra una di quelle scene da turco napoletano in cui il guappo urla “tenetemi, tenetemi”. Ma naturalmente usare la parola zombie è fascista, mentre è di sinistra avere milioni di pensionati alla fame, fare a pezzi l’articolo 18, genuflettersi all’Ilva, baciare le macellerie montiane, distruggere il welfare, votare la cessione di sovranità verso istituti finanziari e no elettivo, fare l’inchino alle banche come il comandante Schettino lo faceva alle isole. E’ la sinistra allo specchio, il che consente a Mauro di dire che è di sinistra addossare la crisi ai ceti popolari e difendere senza se e senza ma gli “strumenti” di questa mattanza. Tutto questo naturalmente significa che anche il fascismo è forma, linguaggio, comportamento e non sostanza, altrimenti ci sarebbero delle belle sorprese.
Siccome sono sempre molto critico verso questa sinistra della menzogna e ormai talmente berlusconiana dentro da averne interiorizzato la psicologia oltre che le tesi e le prassi, immagino che possa considerarmi un fascista del web, anche se francamente non oserei vedere tanta vita politica nel direttorio del Pd da chiamarli zombie. E poi sono vivissimi quando si tratta di difendere poltrone e rendite. Ma si sa che Grillo tende all’esagerazione e li manda affanculo invece di aprire un dibattito che è invece una cosa molto di sinistra. La nuova sinistra, quella voodoo.
Fonte: http://ilsimplicissimus2.wordpress.com
Link: http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2012/08/26/confessioni-di-un-fascista-del-web/#comments
26.08.2012 26.08.2012

Il consumo


La Repubblica” ha scoperto l’emergenza relativa al consumo di suolo in Italia. Meglio tardi che mai…
La Germania è stato uno dei primi paesi che si è occupato della tutela del paesaggio e ha fissato un limite quantitativo al consumo di suolo, dopo aver rilevato nel 2002 un tasso di crescita di 129 ettari al giorno (in Italia siamo oggi a 75 ettari).
Il limite, da raggiungere entro il 2020, è di 30 ettari al giorno e si sta cercando di raggiungerlo con una politica di riutilizzo dei suoli già impermeabilizzati, ad esempio, prevedendo una diversa tassazione sugli immobili a seconda che siano realizzati o meno su aree già urbanizzate.
Nel 1999 è entrata in vigore una vera e propria legge per il suolo, che vede l’inserimento della tutela dei suoli in tutte le regolamentazioni e norme di settore e l’inserimento del principio di prevenzione. Un approccio normativo così completo e puntuale è stato portato avanti con una contemporanea attività di ricerca e analisi per la misurazione del fenomeno.
In Gran Bretagna, invece, si è riusciti a impedire che le città si saldassero tra di loro, grazie a un’intuizione del 1995: le Green Belts, le cinture verdi che circondano i centri urbani costringendoli in confini non valicabili per l’espansione edilizia. In quell’anno l’estensione delle Green Belts era di 1.556.000 ettari, circa il 12% del suolo inglese, mentre oggi siamo arrivati a una superficie di quasi 1.700.000 ettari. Un vero successo che ha consentito di proteggere la campagna e le attività che vi si svolgono, ma anche di conservare le caratteristiche specifiche delle città storiche con il loro contesto e aiutare la rigenerazione urbana, incoraggiando il riutilizzo di aree urbanizzate abbandonate.
Almeno il 60 % delle nuove abitazioni in Gran Bretagna devono essere realizzate su suolo già urbanizzato, intendendo aree ed edifici che sono stati abbandonati o sono in stato di degrado oppure utilizzati ma che potrebbero essere riqualificati. A sostegno di questa politica, il “National Land Use Database” viene aggiornato annualmente e contiene informazioni sui suoli già impermeabilizzati ed edificati in Inghilterra.
Anche in Francia tre diverse leggi, entrate in vigore alla fine degli anni Novanta si occupano della gestione del territorio, mentre in Italia manca ancora questo tipo di meccanismi di pianificazione e perfino il Catasto delle aree percorse dal fuoco, previsto dalla legge quadro sugli incendi 353/2000, per impedire l’edificazione nei boschi dati alle fiamme, è uno strumento che molti Comuni non applicano, facendo mancare così un ulteriore argine al consumo di suolo.

Dal Blog di MArco Boschini

Chi sostiene l’onorevole


Le fondazioni e le associazioni guidate da politici non sono tenute alla trasparenza sulla provenienza dei contributi che ricevono. Cerchiamo di fare luce, con una video inchiesta

di Duccio Facchini - 21 agosto 2012



Gianni Alemanno è presidente di una fondazione. Lo sapevate? Si chiama “Nuova Italia”, “aderente al Popolo della Libertà”, riconosciuta dal 2005: talmente animata dal pubblico interesse da tener gelosamente segreto il proprio bilancio. 
Ma il sindaco di Roma non è un’eccezione: semmai, la conferma di una regola. 
Benvenuti nel grande mondo delle “fondazioni politiche” italiane. Chiunque volesse addentrarsi (comprese associazioni o think tank riferibili a parlamentari, o comunque uomini pubblici attivi nella politica italiana) sappia che farà i conti con una spessa cortina di riservatezza. Se è noto infatti che la seconda rata dei rimborsi elettorali, dirottata quest’anno a beneficio dei terremotati dell’Emilia, abbia toccato quota 91 milioni di euro, è meno dibattuto il flusso di denaro che attraversa le “fondazioni politiche”. Altreconomia ne ha contate oltre quaranta, sorte perlopiù dal 2000, e di ciascuna di queste ha cercato di ricostruire -per la prima volta- identità e struttura, raccogliendo, leggendo e approfondendo statuti e bilanci. 
Buona parte degli interpellati nicchia, rifiutandosi di inoltrare la documentazione richiesta. Il perché è immediato: lo strumento concepito e disciplinato dal codice civile del 1942 non è tenuto a rispettare i seppur blandi criteri di trasparenza cui sono sottoposti i partiti politici. Che fosse stato pensato per altri scopi (beneficenza, ricerca, archivistica) è fatto secondario. Un parlamentare di Futuro e Libertà, Aldo Di Biagio, ha ricevuto nel 2010 una proposta indecente: “Fatti una fondazione”, gli avrebbe suggerito un emissario dell’allora maggioranza parlamentare in cerca di voti di fiducia, “e ti faremo avere un milione e mezzo di euro attraverso Finmeccanica”. 
Che le fondazioni siano diventate “mezzi di finanziamento occulto di importanti uomini politici”, come racconta ad Altreconomia il deputato Fli? Una “copertura”, come le ritiene Maurizio Paniz (Pdl)? Non è rilevante. O meglio: non è così rilevante quanto il quadro tracciato, per la prima volta, grazie ai dati raccolti. Che compongono un curioso intreccio, dove l’ente “fondazione” diviene strumento indefinito, a metà tra il megafono, il collettore di fondi e la cura dell’immagine.

Symbola, l’eccezione Una sola, ad oggi, pubblica il bilancio di esercizio sul proprio sito internet: “Symbola, fondazione per le qualità italiane”, nata nel 2005 e presieduta dal deputato Pd Ermete Realacci. Nel 2011 -quando le entrate totali hanno raggiunto soglia 815mila euro- la fondazione ha potuto contare su 477mila euro provenienti dall’ingresso o dal rinnovo delle quote dei “componenti”. Tra coloro che “sostengono la missione di Symbola” vi sono Autogrill Group, Cir (Carlo De Benedetti), Eni, San Pellegrino, Monte dei Paschi di Siena e Sorgenia, azienda attiva nel settore energetico, controllata per il 65% da Cir. Come detto, questo è l’unico caso in cui è possibile reperire on-line il bilancio d’esercizio. Negli altri casi tocca recuperarlo dai diretti interessati, quando questi non si trincerano dietro a più o meno credibili ragioni di privacy. Difetto di comunicazione che ha una ricaduta: alimentare il sospetto che l’istituto “fondazione” sia divenuto strumento di lobby. 

L’antesignanaLa più longeva “fondazione politica” è Italianieuropei, nata nel 1998 su iniziativa, tra gli altri, dell’ex premier Massimo D’Alema, che ne è presidente. Le principali attività, come si legge dal sito internet, sono “l’ideazione e l’organizzazione di convegni, tavole rotonde e cicli di formazione”. Tra tutte, spicca la pubblicazione dell’omonima rivista mensile, che tira poco più di 5.000 copie. Nella parte relativa al conto economico delle quattro pagine del bilancio 2011 della fondazione emergono 314mila euro su 391mila di ricavi totali posti sotto la generica voce “contributi alle attività”. Per la stampa della rivista e la raccolta delle inserzioni pubblicitarie, e più in generale per stringere accordi di natura commerciale, Italianieuropei, non isolata, si appoggia alla Solaris srl, che controlla al 100%. Quest’ultima, nell’anno 2010, ha registrato ricavi per oltre 1 milione di euro, 592mila euro dei quali da “ricavi pubblicitari” e oltre 375mila euro da “ricavi per organizzazione di seminari”. Sommando gli abbonamenti alla rivista, la diffusione dei libri ed i ricavi dai singoli distributori, si raggiunge quota 75mila euro. 
È perciò il bilancio ad evidenziare il ruolo ricoperto dagli inserzionisti sulla vita della fondazione, che è decisivo: nel mensile di luglio le nove pagine pubblicitarie -sulle 163 totali- sono state acquistate da Manutencoop, British American Tobacco, Eni, Ferrovie dello Stato, Lottomatica, Coopsette, Telecom Italia e Piaggio. Finmeccanica ha contribuito “fin dalla nascita di Italianieuropei” con 40mila euro annui. Quattromila euro circa a numero, ottanta centesimi a copia. 

Dalla Cassa alla fondazioneAstrid, oltre ad essere un prenome scandinavo, è la fondazione presieduta dall’ex ministro Franco Bassanini -ora al vertice di Cassa depositi e prestiti- dedita all’analisi, gli studi e le ricerche sulle istituzioni democratiche. Dopo la nascita sotto forma di associazione nel 2001, otto anni più tardi Astrid ha cambiato abito. Come “Italianieuropei”, fa affidamento su un’omonima società srl “Astrid Servizi”, costituita nel 2005. La fondazione ne controlla il 94% delle quote, lasciando allo stesso Bassanini e ad altre cinque persone fisiche il restante. Presidente del cda è l’ex ministro Augusto Fantozzi, già nel comitato scientifico della fondazione, mentre amministratore delegato plenipotenziario è lo stesso Franco Bassanini. Nel 2011 la fondazione ha raccolto oltre 155mila euro (su 312mila totali) da “altri proventi”. 
“Astrid servizi”, invece, ha registrato entrate per oltre 560mila euro dalle “prestazioni” fornite nel 2010. 
Cifre rimaste orfane, data la mancata risposta in merito da parte della fondazione.

Tutti amici ad Aspen Aspen Institute Italia si definisce una “associazione privata, indipendente, internazionale, apartitica e senza fini di lucro”. L’istituto, presieduto pro tempore dall’ex ministro Giulio Tremonti, vede nel comitato esecutivo personalità di primo piano: il presidente del Consiglio Mario Monti, Giuliano Amato, Romano Prodi, il ministro dei Beni e delle Attività culturali Lorenzo Ornaghi e giornalisti come Lucia Annunziata e Paolo Mieli. I “soci sostenitori” sono oltre centocinquanta. Da imprese nazionali e straniere a banche internazionali: da A2a ad Acea, da Assicurazioni Generali a Finmeccanica, da Enel a Cassa deposititi e prestiti, da Eni a Bnp Paribas, da Citigroup a Fiat, da Farmindustria a Gdf Suez, da Morgan Stanley a Italcementi, da Nomura a Unicredit, da Pfizer a Rcs. Grandi gruppi privati che versano una quota annuale uguale per tutti: “Come fosse un circolo sportivo”, spiega Stefania Salustri, responsabile ufficio stampa di Aspen. Così come il bilancio, l’ammontare della quota annuale e l’elenco dei “soci ordinari” non vengono divulgati, dal momento che -come spiega il vicepresidente/tesoriere Lucio Stanca, deputato del Popolo della Libertà- “l’associazione è privata e non pubblica”, e dunque, “perché mai dovremmo rendere conto al pubblico per farci poi strumentalizzare?”. Tesi comprensibile dato che è lo stesso sito web a fugare ogni dubbio: “Attorno al tavolo Aspen discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale in condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva”.

Libero condominio in libero Stato“Free Foundation” è l’“officina delle idee e di cultura popolare alternativa alla sinistra” nata nel 2000 e direttamente riconducibile all’ex ministro Renato Brunetta: basta accedere al sito internet della “fondazione” per gustarsi video, copertine dedicate di mensili, articoli e libri dell’ex baluardo anti-fannulloni. Le principali attività di “Free Foundation” coincidono con la pubblicazione di manuali di formazione politica allegati ai quotidiani Il Giornale o Libero (tra le opere più rilevanti vale la pena ricordare: “Pd, il partito della discordia”, “Tutte le balle su Berlusconi”, “Le mani rosse sull’Italia”). Per giustificare la mancata trasmissione del bilancio, l’attuale presidente, Canio Zampaglione, ha precisato che “Free è una associazione non riconosciuta, per cui essa ha obblighi civilistici simili a quelli di un normale condominio”. “Foundation” di nome, caseggiato di fatto. Con buona pace della trasparenza. 

La riservatezza di Nens
“Nuova economia, nuova società” è l’associazione-centro studi di “cultura riformista” fondata nel 2001 dal segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani e dall’ex ministro Vincenzo Visco. Se è possibile ottenere copia dell’ultimo bilancio di “Nens”, è impossibile entrare nel merito. I 215mila euro di ricavi per “prestazioni” registrati nel 2011 restano una cifra sospesa, visto che i committenti degli studi, “per motivi di riservatezza, come i normali contratti”, spiegano dal centro studi, non possono essere conosciuti. Normale amministrazione: ciò che trapela è che si tratta di undici o dodici delle più “grandi società cooperative del Paese”.  

Magna carta, e trasversale
“Magna Carta” è un’autentica fondazione sorta nel 2004, fondata dall’ex presidente del Senato Marcello Pera, animata dal “liberalismo conservatore espresso dalla tradizione anglosassone” e presieduta “d’onore” dal vice-capogruppo al Senato del Popolo della Libertà, Gaetano Quagliariello. Nel comitato scientifico si incontrano Antonio Catricalà, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Lorenza Lei, ex direttore generale della Rai, Giuseppe Vegas, a capo della Consob, Giovanni Pitruzzella, vertice dell’Antitrust. Nel capitolo dei proventi del bilancio 2010, Magna Carta conta 705mila euro di “contributi di fondatori e aderenti” e poco più di 405mila euro da “erogazioni liberali”. Tra i soci fondatori, che riconoscono all’ingresso un contributo di 100mila euro e una somma annuale pari ad un quarto, vi sono tra gli altri British American Tobacco, Mediaset, la holding Securfin (di Gianmarco Moratti, consorte di Letizia, ex sindaco di Milano) ed Erg. Tra i soci aderenti spicca invece Finmeccanica, a dimostrazione della trasversalità del sostegno, che versa una quota annuale pari a 25mila euro. Cifre che stridono con i 391 euro raccolti nel 2010 attraverso il “5 per 1000”. 

La sottile linea rossa
“Riformismo e Libertà”, fondazione presieduta dall’onorevole Fabrizio Cicchitto (Pdl), ha una storia riassunta così dal deputato Pdl Sergio Pizzolante, divenuto da poco segretario generale: “La Fondazione è nata circa due anni fa e ha delegato ogni attività, concedendo l’utilizzo del logo, all’associazione “Amici della Libertà”. 
Il 10 febbraio 2012 l’associazione è stata sciolta e si è avviato il trasferimento del suo patrimonio (compresa la rivista “L’ircocervo”) alla fondazione, percorso che permetterà a quest’ultima di avere una vita autonoma e piena anche sotto il profilo amministrativo e di bilancio”. In attesa del rendiconto di “Riformismo e Libertà” è interessante notare come l’associazione “facente funzioni”, nell’anno 2011, su un totale dei proventi pari a 159mila euro, abbia raccolto 105mila euro da “contributi privati” -persone fisiche e “piccole e medie aziende” aggiunge Pizzolante- e 51mila euro da “ricavi pubblicitari, sponsor e abbonamenti”. Tra le principali iniziative messe in campo spiccano i convegni “Craxi e la grande riforma”, “Sul Pdl”, le presentazioni dei libri “Tangentopoli” di Tiziana Maiolo, “L’uso politico della giustizia” e “La linea rossa”, questi ultimi scritti proprio da Fabrizio Cicchitto.

La Celeste fondazioneCostante Portatadino è presidente di “Europa civiltà”. Dietro la scrivania del suo ufficio ricostruisce la vita della fondazione che vede in Roberto Formigoni il suo riferimento ideale, “presidente onorario” secondo il sito internet. “Siamo nati nel 1999 come associazione, sotto il nome di “Sussidiarietà e federalismo” e siamo diventati fondazione nel 2004. Formigoni era il riferimento, fin dall’inizio”. 
Poi, dal 2008, l’inizio delle difficoltà che hanno pregiudicato le attività della fondazione, nel frattempo trasformata in “Europa civiltà”. Risale al 2011 l’ultimo seminario organizzato, intitolato “Il futuro della banda larga” in collaborazione con la Fondazione Politecnico, dopo un convegno del 2010 sui “rischi della legionella negli impianti idrici”. Il rapporto con l’attuale presidente della Regione Lombardia non è affatto negato: “Formigoni non ha mai determinato le linee operative, ma è chiaro che quando si organizzava un’iniziativa si valutava che non andasse contro le sue battaglie politiche”. Perché non viene reso pubblico il bilancio? “Le cifre sono fredde, meglio interpretarle”. Che rapporto esiste tra le donazioni ricevute dalla fondazione e la campagna elettorale dell’uomo politico Formigoni? “È chiaro che la campagna elettorale è un vettore di finanziamenti. Nel 2005 c’era intorno a lui l’idea che nascesse un partito nuovo, una lista collegata. Sono giunti perciò degli afflussi sulla fondazione, alla luce di questa aspettativa, non finalizzati alla campagna elettorale e non utilizzati per quello scopo, da parte di soggetti svariati, sia privati, sia imprese di una certa dimensione, anche se non c’entrano nulla il gruppo Maugeri o il San Raffaele, se è lì che volete arrivare”. Oggi che cosa fa concretamente la fondazione “Europa civiltà”? “Abbiamo gestito per diverso tempo ‘Radio Formigoni’, successivamente ceduta al settimanale (ciellino, ndr) ‘Tempi’ per motivi di costi di gestione. Per un anno abbiamo prodotto e curato l’invio giornaliero a 30mila indirizzi della newsletter del Pdl lombardo”: alla modica cifra di 250mila euro all’anno direttamente dalle risorse centrali del Popolo della Libertà. “Ora ci occupiamo del sito internet Formigoni.it”.  

Enrico e Angelino, insieme
Riccardo Capecchi è invece il tesoriere (volontario, tiene a precisare) del cosiddetto think-net “Vedrò”. “In realtà è un’associazione nata nel 2005 che coinvolge uomini che operano nel mondo delle istituzioni, dell’impresa, della cultura, che insieme hanno tentato di immaginare il futuro dell’Italia da qui a dieci anni”. Un soggetto sorto su iniziativa, tra gli altri, di Enrico Letta e Angelino Alfano, che ha visto nel tempo il coinvolgimento di noti giornalisti (da Curzio Maltese a Oscar Giannino), politici (da Maurizio Lupi a Matteo Renzi), manager (dall’ad di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti al ministro Corrado Passera, ex ad di Intesa Sanpaolo), imprenditori (dal neo consigliere di amministrazione Rai Luisa Todini al produttore Domenico Procacci). Orientamento trasversale, com’è d’obbligo. Per via della natura “liquida” di “Vedrò” non è disponibile alcun bilancio, se non quello relativo alla società a responsabilità limitata d’appoggio, “Italia futuro servizi”, controllata interamente dalla prima. Tra i principali supporters vi sono quelli che Capecchi chiama “soggetti d’impresa che ragionano insieme a noi sulla possibilità di far vivere questo progetto”. Un elenco di massima, privo però dell’ordine di grandezza dei singoli contributi, è possibile ottenerlo scorrendo gli sponsor del rituale evento estivo che si tiene alla centrale Fies di Dro, a Trento. Enel, Eni, Telecom Italia, Vodafone, Sky, Lottomatica, Sisal, Autostrade per l’Italia, Nestlé, Bombardier, Farmindustria e il Gruppo Cremonini. Attori che stringono con il think-net accordi di natura commerciali, registrati alla voce “ricavi” del bilancio 2010 di “Italia futuro servizi” per 397mila euro. Nel caso di Eni, della quale Enrico Letta ha riproposto la privatizzazione, il rapporto si traduce nella sponsorizzazione diretta sul sito internet di “Vedrò”. Contratto commerciale anche in questo caso riservato. 
“Noi abbiamo un rapporto complessivo, questa è una delle voci: sul sito abbiamo qualche ‘k’ (corsivo nostro, ndr): non tanto”. 

Italia del futuro decideChiudono il cerchio “Italia decide” e “Italia futura”, affini per nome e comportamento. La prima è riconducibile all’onorevole Luciano Violante: tra i soci ordinari vi sono A2a, Autostrade per l’Italia, F2i, Unicredit, Terna, Intesa Sanpaolo e molti altri. La seconda è legata all’imprenditore Luca Cordero di Montezemolo. 
Entrambe le associazioni hanno preferito non rendere pubblici i propri bilanci, così come le quote dovute dai soci. Davanti c’è l’Italia, dietro, il più delle volte, non si sa. ---