lunedì 27 agosto 2012

Chi sostiene l’onorevole


Le fondazioni e le associazioni guidate da politici non sono tenute alla trasparenza sulla provenienza dei contributi che ricevono. Cerchiamo di fare luce, con una video inchiesta

di Duccio Facchini - 21 agosto 2012



Gianni Alemanno è presidente di una fondazione. Lo sapevate? Si chiama “Nuova Italia”, “aderente al Popolo della Libertà”, riconosciuta dal 2005: talmente animata dal pubblico interesse da tener gelosamente segreto il proprio bilancio. 
Ma il sindaco di Roma non è un’eccezione: semmai, la conferma di una regola. 
Benvenuti nel grande mondo delle “fondazioni politiche” italiane. Chiunque volesse addentrarsi (comprese associazioni o think tank riferibili a parlamentari, o comunque uomini pubblici attivi nella politica italiana) sappia che farà i conti con una spessa cortina di riservatezza. Se è noto infatti che la seconda rata dei rimborsi elettorali, dirottata quest’anno a beneficio dei terremotati dell’Emilia, abbia toccato quota 91 milioni di euro, è meno dibattuto il flusso di denaro che attraversa le “fondazioni politiche”. Altreconomia ne ha contate oltre quaranta, sorte perlopiù dal 2000, e di ciascuna di queste ha cercato di ricostruire -per la prima volta- identità e struttura, raccogliendo, leggendo e approfondendo statuti e bilanci. 
Buona parte degli interpellati nicchia, rifiutandosi di inoltrare la documentazione richiesta. Il perché è immediato: lo strumento concepito e disciplinato dal codice civile del 1942 non è tenuto a rispettare i seppur blandi criteri di trasparenza cui sono sottoposti i partiti politici. Che fosse stato pensato per altri scopi (beneficenza, ricerca, archivistica) è fatto secondario. Un parlamentare di Futuro e Libertà, Aldo Di Biagio, ha ricevuto nel 2010 una proposta indecente: “Fatti una fondazione”, gli avrebbe suggerito un emissario dell’allora maggioranza parlamentare in cerca di voti di fiducia, “e ti faremo avere un milione e mezzo di euro attraverso Finmeccanica”. 
Che le fondazioni siano diventate “mezzi di finanziamento occulto di importanti uomini politici”, come racconta ad Altreconomia il deputato Fli? Una “copertura”, come le ritiene Maurizio Paniz (Pdl)? Non è rilevante. O meglio: non è così rilevante quanto il quadro tracciato, per la prima volta, grazie ai dati raccolti. Che compongono un curioso intreccio, dove l’ente “fondazione” diviene strumento indefinito, a metà tra il megafono, il collettore di fondi e la cura dell’immagine.

Symbola, l’eccezione Una sola, ad oggi, pubblica il bilancio di esercizio sul proprio sito internet: “Symbola, fondazione per le qualità italiane”, nata nel 2005 e presieduta dal deputato Pd Ermete Realacci. Nel 2011 -quando le entrate totali hanno raggiunto soglia 815mila euro- la fondazione ha potuto contare su 477mila euro provenienti dall’ingresso o dal rinnovo delle quote dei “componenti”. Tra coloro che “sostengono la missione di Symbola” vi sono Autogrill Group, Cir (Carlo De Benedetti), Eni, San Pellegrino, Monte dei Paschi di Siena e Sorgenia, azienda attiva nel settore energetico, controllata per il 65% da Cir. Come detto, questo è l’unico caso in cui è possibile reperire on-line il bilancio d’esercizio. Negli altri casi tocca recuperarlo dai diretti interessati, quando questi non si trincerano dietro a più o meno credibili ragioni di privacy. Difetto di comunicazione che ha una ricaduta: alimentare il sospetto che l’istituto “fondazione” sia divenuto strumento di lobby. 

L’antesignanaLa più longeva “fondazione politica” è Italianieuropei, nata nel 1998 su iniziativa, tra gli altri, dell’ex premier Massimo D’Alema, che ne è presidente. Le principali attività, come si legge dal sito internet, sono “l’ideazione e l’organizzazione di convegni, tavole rotonde e cicli di formazione”. Tra tutte, spicca la pubblicazione dell’omonima rivista mensile, che tira poco più di 5.000 copie. Nella parte relativa al conto economico delle quattro pagine del bilancio 2011 della fondazione emergono 314mila euro su 391mila di ricavi totali posti sotto la generica voce “contributi alle attività”. Per la stampa della rivista e la raccolta delle inserzioni pubblicitarie, e più in generale per stringere accordi di natura commerciale, Italianieuropei, non isolata, si appoggia alla Solaris srl, che controlla al 100%. Quest’ultima, nell’anno 2010, ha registrato ricavi per oltre 1 milione di euro, 592mila euro dei quali da “ricavi pubblicitari” e oltre 375mila euro da “ricavi per organizzazione di seminari”. Sommando gli abbonamenti alla rivista, la diffusione dei libri ed i ricavi dai singoli distributori, si raggiunge quota 75mila euro. 
È perciò il bilancio ad evidenziare il ruolo ricoperto dagli inserzionisti sulla vita della fondazione, che è decisivo: nel mensile di luglio le nove pagine pubblicitarie -sulle 163 totali- sono state acquistate da Manutencoop, British American Tobacco, Eni, Ferrovie dello Stato, Lottomatica, Coopsette, Telecom Italia e Piaggio. Finmeccanica ha contribuito “fin dalla nascita di Italianieuropei” con 40mila euro annui. Quattromila euro circa a numero, ottanta centesimi a copia. 

Dalla Cassa alla fondazioneAstrid, oltre ad essere un prenome scandinavo, è la fondazione presieduta dall’ex ministro Franco Bassanini -ora al vertice di Cassa depositi e prestiti- dedita all’analisi, gli studi e le ricerche sulle istituzioni democratiche. Dopo la nascita sotto forma di associazione nel 2001, otto anni più tardi Astrid ha cambiato abito. Come “Italianieuropei”, fa affidamento su un’omonima società srl “Astrid Servizi”, costituita nel 2005. La fondazione ne controlla il 94% delle quote, lasciando allo stesso Bassanini e ad altre cinque persone fisiche il restante. Presidente del cda è l’ex ministro Augusto Fantozzi, già nel comitato scientifico della fondazione, mentre amministratore delegato plenipotenziario è lo stesso Franco Bassanini. Nel 2011 la fondazione ha raccolto oltre 155mila euro (su 312mila totali) da “altri proventi”. 
“Astrid servizi”, invece, ha registrato entrate per oltre 560mila euro dalle “prestazioni” fornite nel 2010. 
Cifre rimaste orfane, data la mancata risposta in merito da parte della fondazione.

Tutti amici ad Aspen Aspen Institute Italia si definisce una “associazione privata, indipendente, internazionale, apartitica e senza fini di lucro”. L’istituto, presieduto pro tempore dall’ex ministro Giulio Tremonti, vede nel comitato esecutivo personalità di primo piano: il presidente del Consiglio Mario Monti, Giuliano Amato, Romano Prodi, il ministro dei Beni e delle Attività culturali Lorenzo Ornaghi e giornalisti come Lucia Annunziata e Paolo Mieli. I “soci sostenitori” sono oltre centocinquanta. Da imprese nazionali e straniere a banche internazionali: da A2a ad Acea, da Assicurazioni Generali a Finmeccanica, da Enel a Cassa deposititi e prestiti, da Eni a Bnp Paribas, da Citigroup a Fiat, da Farmindustria a Gdf Suez, da Morgan Stanley a Italcementi, da Nomura a Unicredit, da Pfizer a Rcs. Grandi gruppi privati che versano una quota annuale uguale per tutti: “Come fosse un circolo sportivo”, spiega Stefania Salustri, responsabile ufficio stampa di Aspen. Così come il bilancio, l’ammontare della quota annuale e l’elenco dei “soci ordinari” non vengono divulgati, dal momento che -come spiega il vicepresidente/tesoriere Lucio Stanca, deputato del Popolo della Libertà- “l’associazione è privata e non pubblica”, e dunque, “perché mai dovremmo rendere conto al pubblico per farci poi strumentalizzare?”. Tesi comprensibile dato che è lo stesso sito web a fugare ogni dubbio: “Attorno al tavolo Aspen discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale in condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva”.

Libero condominio in libero Stato“Free Foundation” è l’“officina delle idee e di cultura popolare alternativa alla sinistra” nata nel 2000 e direttamente riconducibile all’ex ministro Renato Brunetta: basta accedere al sito internet della “fondazione” per gustarsi video, copertine dedicate di mensili, articoli e libri dell’ex baluardo anti-fannulloni. Le principali attività di “Free Foundation” coincidono con la pubblicazione di manuali di formazione politica allegati ai quotidiani Il Giornale o Libero (tra le opere più rilevanti vale la pena ricordare: “Pd, il partito della discordia”, “Tutte le balle su Berlusconi”, “Le mani rosse sull’Italia”). Per giustificare la mancata trasmissione del bilancio, l’attuale presidente, Canio Zampaglione, ha precisato che “Free è una associazione non riconosciuta, per cui essa ha obblighi civilistici simili a quelli di un normale condominio”. “Foundation” di nome, caseggiato di fatto. Con buona pace della trasparenza. 

La riservatezza di Nens
“Nuova economia, nuova società” è l’associazione-centro studi di “cultura riformista” fondata nel 2001 dal segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani e dall’ex ministro Vincenzo Visco. Se è possibile ottenere copia dell’ultimo bilancio di “Nens”, è impossibile entrare nel merito. I 215mila euro di ricavi per “prestazioni” registrati nel 2011 restano una cifra sospesa, visto che i committenti degli studi, “per motivi di riservatezza, come i normali contratti”, spiegano dal centro studi, non possono essere conosciuti. Normale amministrazione: ciò che trapela è che si tratta di undici o dodici delle più “grandi società cooperative del Paese”.  

Magna carta, e trasversale
“Magna Carta” è un’autentica fondazione sorta nel 2004, fondata dall’ex presidente del Senato Marcello Pera, animata dal “liberalismo conservatore espresso dalla tradizione anglosassone” e presieduta “d’onore” dal vice-capogruppo al Senato del Popolo della Libertà, Gaetano Quagliariello. Nel comitato scientifico si incontrano Antonio Catricalà, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Lorenza Lei, ex direttore generale della Rai, Giuseppe Vegas, a capo della Consob, Giovanni Pitruzzella, vertice dell’Antitrust. Nel capitolo dei proventi del bilancio 2010, Magna Carta conta 705mila euro di “contributi di fondatori e aderenti” e poco più di 405mila euro da “erogazioni liberali”. Tra i soci fondatori, che riconoscono all’ingresso un contributo di 100mila euro e una somma annuale pari ad un quarto, vi sono tra gli altri British American Tobacco, Mediaset, la holding Securfin (di Gianmarco Moratti, consorte di Letizia, ex sindaco di Milano) ed Erg. Tra i soci aderenti spicca invece Finmeccanica, a dimostrazione della trasversalità del sostegno, che versa una quota annuale pari a 25mila euro. Cifre che stridono con i 391 euro raccolti nel 2010 attraverso il “5 per 1000”. 

La sottile linea rossa
“Riformismo e Libertà”, fondazione presieduta dall’onorevole Fabrizio Cicchitto (Pdl), ha una storia riassunta così dal deputato Pdl Sergio Pizzolante, divenuto da poco segretario generale: “La Fondazione è nata circa due anni fa e ha delegato ogni attività, concedendo l’utilizzo del logo, all’associazione “Amici della Libertà”. 
Il 10 febbraio 2012 l’associazione è stata sciolta e si è avviato il trasferimento del suo patrimonio (compresa la rivista “L’ircocervo”) alla fondazione, percorso che permetterà a quest’ultima di avere una vita autonoma e piena anche sotto il profilo amministrativo e di bilancio”. In attesa del rendiconto di “Riformismo e Libertà” è interessante notare come l’associazione “facente funzioni”, nell’anno 2011, su un totale dei proventi pari a 159mila euro, abbia raccolto 105mila euro da “contributi privati” -persone fisiche e “piccole e medie aziende” aggiunge Pizzolante- e 51mila euro da “ricavi pubblicitari, sponsor e abbonamenti”. Tra le principali iniziative messe in campo spiccano i convegni “Craxi e la grande riforma”, “Sul Pdl”, le presentazioni dei libri “Tangentopoli” di Tiziana Maiolo, “L’uso politico della giustizia” e “La linea rossa”, questi ultimi scritti proprio da Fabrizio Cicchitto.

La Celeste fondazioneCostante Portatadino è presidente di “Europa civiltà”. Dietro la scrivania del suo ufficio ricostruisce la vita della fondazione che vede in Roberto Formigoni il suo riferimento ideale, “presidente onorario” secondo il sito internet. “Siamo nati nel 1999 come associazione, sotto il nome di “Sussidiarietà e federalismo” e siamo diventati fondazione nel 2004. Formigoni era il riferimento, fin dall’inizio”. 
Poi, dal 2008, l’inizio delle difficoltà che hanno pregiudicato le attività della fondazione, nel frattempo trasformata in “Europa civiltà”. Risale al 2011 l’ultimo seminario organizzato, intitolato “Il futuro della banda larga” in collaborazione con la Fondazione Politecnico, dopo un convegno del 2010 sui “rischi della legionella negli impianti idrici”. Il rapporto con l’attuale presidente della Regione Lombardia non è affatto negato: “Formigoni non ha mai determinato le linee operative, ma è chiaro che quando si organizzava un’iniziativa si valutava che non andasse contro le sue battaglie politiche”. Perché non viene reso pubblico il bilancio? “Le cifre sono fredde, meglio interpretarle”. Che rapporto esiste tra le donazioni ricevute dalla fondazione e la campagna elettorale dell’uomo politico Formigoni? “È chiaro che la campagna elettorale è un vettore di finanziamenti. Nel 2005 c’era intorno a lui l’idea che nascesse un partito nuovo, una lista collegata. Sono giunti perciò degli afflussi sulla fondazione, alla luce di questa aspettativa, non finalizzati alla campagna elettorale e non utilizzati per quello scopo, da parte di soggetti svariati, sia privati, sia imprese di una certa dimensione, anche se non c’entrano nulla il gruppo Maugeri o il San Raffaele, se è lì che volete arrivare”. Oggi che cosa fa concretamente la fondazione “Europa civiltà”? “Abbiamo gestito per diverso tempo ‘Radio Formigoni’, successivamente ceduta al settimanale (ciellino, ndr) ‘Tempi’ per motivi di costi di gestione. Per un anno abbiamo prodotto e curato l’invio giornaliero a 30mila indirizzi della newsletter del Pdl lombardo”: alla modica cifra di 250mila euro all’anno direttamente dalle risorse centrali del Popolo della Libertà. “Ora ci occupiamo del sito internet Formigoni.it”.  

Enrico e Angelino, insieme
Riccardo Capecchi è invece il tesoriere (volontario, tiene a precisare) del cosiddetto think-net “Vedrò”. “In realtà è un’associazione nata nel 2005 che coinvolge uomini che operano nel mondo delle istituzioni, dell’impresa, della cultura, che insieme hanno tentato di immaginare il futuro dell’Italia da qui a dieci anni”. Un soggetto sorto su iniziativa, tra gli altri, di Enrico Letta e Angelino Alfano, che ha visto nel tempo il coinvolgimento di noti giornalisti (da Curzio Maltese a Oscar Giannino), politici (da Maurizio Lupi a Matteo Renzi), manager (dall’ad di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti al ministro Corrado Passera, ex ad di Intesa Sanpaolo), imprenditori (dal neo consigliere di amministrazione Rai Luisa Todini al produttore Domenico Procacci). Orientamento trasversale, com’è d’obbligo. Per via della natura “liquida” di “Vedrò” non è disponibile alcun bilancio, se non quello relativo alla società a responsabilità limitata d’appoggio, “Italia futuro servizi”, controllata interamente dalla prima. Tra i principali supporters vi sono quelli che Capecchi chiama “soggetti d’impresa che ragionano insieme a noi sulla possibilità di far vivere questo progetto”. Un elenco di massima, privo però dell’ordine di grandezza dei singoli contributi, è possibile ottenerlo scorrendo gli sponsor del rituale evento estivo che si tiene alla centrale Fies di Dro, a Trento. Enel, Eni, Telecom Italia, Vodafone, Sky, Lottomatica, Sisal, Autostrade per l’Italia, Nestlé, Bombardier, Farmindustria e il Gruppo Cremonini. Attori che stringono con il think-net accordi di natura commerciali, registrati alla voce “ricavi” del bilancio 2010 di “Italia futuro servizi” per 397mila euro. Nel caso di Eni, della quale Enrico Letta ha riproposto la privatizzazione, il rapporto si traduce nella sponsorizzazione diretta sul sito internet di “Vedrò”. Contratto commerciale anche in questo caso riservato. 
“Noi abbiamo un rapporto complessivo, questa è una delle voci: sul sito abbiamo qualche ‘k’ (corsivo nostro, ndr): non tanto”. 

Italia del futuro decideChiudono il cerchio “Italia decide” e “Italia futura”, affini per nome e comportamento. La prima è riconducibile all’onorevole Luciano Violante: tra i soci ordinari vi sono A2a, Autostrade per l’Italia, F2i, Unicredit, Terna, Intesa Sanpaolo e molti altri. La seconda è legata all’imprenditore Luca Cordero di Montezemolo. 
Entrambe le associazioni hanno preferito non rendere pubblici i propri bilanci, così come le quote dovute dai soci. Davanti c’è l’Italia, dietro, il più delle volte, non si sa. ---

Nessun commento:

Posta un commento