martedì 31 luglio 2012

Nasce il primo co-working per le mamme italiane


Come si costruisce una nuova filosofia del lavoro? Attraverso idee brillanti e coraggiose. Una di queste è l'iniziativa Piano C, nata da Riccarda Zezza e altre donne che dopo aver percorso una carriera prestigiosa, si sono trovate a ripensare al proprio lavoro una volta diventate mamme. Ecco perché creare a Milano uno spazio di co-working dedicato alle mamme: il primo in Italia. Spazi per i bambini, una cucina e altre specificità pensate per chi ha già un bebè: infatti gli unici uomini ammessi sono i papà, e solo con figli annessi. Obiettivo: aumentare la tranquillità della lavoratrice e quindi la sua efficienza, per non sprecare risorse importanti. Per altri dettagli sul progetto, ecco di seguito l'articolo di Ottavia Spiaggiari, pubblicato su Vita.it.
Orario flessibile, asilo in ufficio e anche qualcuno disposto a fare le commissioni al tuo posto. Un sogno per tutte le madri lavoratrici si concretizza in una nuova realtà imprenditoriale a Milano, dove, il prossimo autunno, aprirà Piano C, “perché alle mamme spesso il piano A e quello B non bastano”, come spiega Riccarda Zezza, co-fondatrice del progetto, madre di due bambini piccoli e un brillante passato aziendale alle spalle, lasciato proprio per costruire un’alternativa al mondo del lavoro così come lo conosciamo.
Dopo quindici anni in azienda, mi sono resa conto che, molto spesso, l’organizzazione del lavoro è anacronistica, non tiene conto delle innovazioni tecnologiche e della società che cambia. Il risultato è che molte persone ne sono tagliate fuori.” Tra le categorie più discriminate nel nostro paese, le donne che rappresentano solo il 13% della classe dirigente. In Italia il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi in Europa, appena 34,5%, qui una donna su tre smette di lavorare a tempo pieno dopo aver avuto il primo figlio. Una perdita enorme di risorse.
Secondo i dati della Banca D’Italia il Pil italiano crescerebbe del 7% se solo si riuscisse a conseguire l’obiettivo del Trattato di Lisbona e raggiungere un tasso di occupazione femminile del 60%. “Le donne restano ai margini del lavoro perché nessuna delle regole che lo governano oggi è stata disegnata a loro misura”, spiega Riccarda Zezza che, con Piano C, intende proporre un nuovo approccio al mondo del lavoro. Lo spazio sarà totalmente femminile, unici uomini ammessi, padri con figli. Una decisione netta ma necessaria secondo Riccarda Zezza. “Ci siamo chieste se questo non significasse isolarsi ma quando si vuole avere dei risultati diversi, bisogna effettuare dei grossi cambiamenti. La componente maschile non sarà eliminata comunque, la persona che gestirà lo spazio sarà un ragazzo giovane e avremo dei collaboratori esterni, uomini.” Lo spazio sarà aperto a tutte le donne e studiato su misura per incontrare i bisogni delle lavoratrici con figli. Oltre alle scrivanie, ad una cucina e a quattro sale riunioni, Piano C avrà anche due aree dedicate ai bambini dagli 0 ai 3 anni e dai 3 ai 6 anni, supervisionate da educatrici .
All’interno dello spazio verranno poi attivati corsi di formazione e il servizio “salva tempo” che, a costi modici, le lavoratrici permetteranno di affidare ad altri le proprie commissioni, come la spesa online, il pagamento delle bollette e la lavanderia. Pensato soprattutto per libere professioniste e imprenditrici, Piano C ha comunque aperto offerte anche alle aziende che, in un’ottica di responsabilità sociale d’impresa, potrebbero permettere alle impiegate appena rientrate dalla maternità di passare alcune giornate di lavoro, in un ambiente “baby-friendly”, confrontandosi con altre donne nella stessa situazione, avendo accesso a corsi di formazione e alla possibilità di portare il bambino in ufficio, così da rendere il distacco graduale. “Vogliamo capire se è possibile raggiungere quella che io chiamo felicità produttiva”, spiega Riccarda Zezza, “Capire se lavorare in un ambiente felice, possa effettivamente portare dei risultati, anche economici.”

Non Sprecare

Un patto per la programmazione sostenibile dei Comuni


Il successo del Patto dei Sindaci offre un'istantanea diversa dell'Italia. Perché il Piano d'Azione deve diventare un vero e proprio strumento di lavoro per i Comuni, un passo intermedio in un processo pluridecennale? Un articolo di Karl-Ludwig Schibel di Alleanza per il Clima Italia pubblicato sull'ultimo numero della rivista QualEnergia.
È la stessa Commissione Europea a sottolineare il carattere singolare del Patto dei Sindaci, «essendo l’unico movimento di questo genere a mobilizzare gli attori locali e regionali ai fini del perseguimento degli obiettivi europei, il Patto dei Sindaci è considerato dalle istituzioni europee come un eccezionale modello di governancemultilivello».
Il Patto dei Sindaci è nato poco dopo il pacchetto clima-energia del 2008, nella consapevolezza che gli obiettivi europei del 20/20/20 non sarebbero stati raggiungibili se non mobilitando gli attori locali e regionali. Con la firma del Patto, i Comuni si impegnano a preparare un Inventario di base delle emissioni di CO2 nel proprio territorio e consegnare entro un anno un Piano d’azione per l’energia sostenibile che delinea le azioni concrete in grado non solo di ridurre il consumo energetico e aumentare la produzione locale di energia: «Al di là del risparmio energetico» scrive la Commissione «i risultati delle azioni dei firmatari sono molteplici: la creazione di posti di lavoro stabili e qualificati non subordinati alla delocalizzazione; un ambiente e una qualità della vita più sani; un’accresciuta competitività economica e una maggiore indipendenza energetica».
Il successo enorme del Patto dei Sindaci in Italia è più una sfida che di per sè un risultato. I firmatari hanno superato a inizio giugno la cifra di duemila, il che significa che entro la metà del 2013 ci dovrebbero essere altrettanti Piani d’azione per l’energia sostenibile che delineano, Comune per Comune, come il Governo locale, insieme agli attori importanti nel territorio, vogliano raggiungere l’obiettivo di oltre il 20% di riduzione di CO2 nel proprio territorio. Una scommessa che ha indotto due reti di enti locali, Alleanza per il Clima Italia e Kyoto Club, a indire un premio, A+CoM, che vuole insignire ogni anno i migliori Piani. La prima edizione era aperta ai Piani d’azione degli anni 2010/2011, complessivamente circa 250 di cui 55 hanno presentato candidatura per il riconoscimento.
Dopo un accurato lavoro del comitato tecnico e di quello scientifico si è svolta il 26 maggio alla Fortezza da Basso di Firenze - nell’ambito di Terrafutura - la cerimonia che ha visto premiati il Comune di Montaione (FI) nella categoria Comuni con meno di 5.000 abitanti e la segnalazione di Palena (CH), nella categoria tra 5.000 e 20.000 abitanti il premio è andato al Comune di Castelnuovo del Garda (VR) mentre Villasanta (MB) è stato segnalato e nella categoria tra 20.000 e 90.000 abitantiCastelfranco Emilia (MO) e Lodi hanno ricevuto il riconoscimento ex aequo. Per i Comuni sopra i 90.000 abitanti è stato il Piano di Genova che ha convinto di più i membri dei comitati, mentre hanno ricevuto una menzione Bari, per aver preso in considerazione nel suo piano l’occupazione verde, e Firenze, per le sue qualità comunicative e le attività divulgative.
Soprattutto tra i Comuni piccoli e medi hanno colpito quelli che hanno elaborato il Piano con le proprie forze, senza o in stretta collaborazione con consulenti esterni. Montaione, per esempio, ha impressionato il comitato tecnico e scientifico con un’ottima rendicontazione dei consumi comunali con molti dati anche per più anni. Castelnuovo del Garda ha raccolto i dati dei consumi elettrici del territorio degli ultimi 10 anni, dei consumi di metano degli ultimi 6 anni e i dati sui consumi dei carburanti del proprio parco veicoli, elaborando tutto il Piano con le proprie forze.
È grande la tentazione degli enti locali di appaltare il Piano d’azione per l’energia sostenibile a esperti specializzati nell’elaborazione di questo tipo di documento e di per sé non c’è niente di male nell’appoggiarsi al sapere esterno. Diventa problematico quando non c’è un corrispondente processo all’interno dell’amministrazione. Il piano a questo punto diventa un prodotto importato dall’esterno, correndo il pericolo di essere più che altro un esercizio vuoto che non precede ma prende il posto dell’azione, con all’origine la sensazione sbagliata di aver concluso il proprio compito una volta che il Piano d’azione per l’energia sostenibile è stato votato dal Consiglio comunale. Troppo spesso il Piano viene visto come un prodotto che viene messo a riposo sul sito della Commissione, su quello del Comune e negli scafali dell’assessore e dei dirigenti responsabili, invece di essere uno strumento di lavoro, un passo intermedio in un processo pluridecennale.
In un processo vivo portato avanti dall’amministrazione comunale - con o senza l’accompagnamento di esperti esterni - si tratta di raccogliere i dati dei consumi dell’ente medesimo, sistematizzare le azioni in atto o previste, ma soprattutto definire le proprie priorità e linee d’azione a medio e lungo termine. Un risultato del lavoro su questo terreno innovativo di radicamento di una politica energetica e del clima all’interno dell’amministrazione dovrebbe essere, come anche previsto dalle linee guida per i Piani d’azione per l’energia sostenibile, una riorganizzazione della struttura amministrativa per l’implementazione del piano medesimo. Modifiche della struttura, che ovviamente prendono forme diverse secondo le dimensioni del Comune e le condizioni specifiche locali.
Tra i Comuni che si sono impegnati in questo senso quello di Genova, che si è dotato di un’unità specifica dedicata alla politica energetica, lavorando in stretta collaborazione con l’Agenzia Regionale per l’Energia della Liguria (ARE Liguria) dov’è entrato a far parte dell’azionariato, e con l’Università di Genova. Importante anche la collocazione dell’apposita struttura organizzativa per la partecipazione, denominata “Partecipazione e tempi della città”, nell’Area Gabinetto del Sindaco per rendere visibile che la politica di energia sostenibile non è questione di un singolo assessorato ma un tema trasversale che coinvolge tutta l’amministrazione e tutta la città.
Firenze, che ha ricevuto la menzione per il suo Piano di comunicazione, ha istituito un Gruppo di lavoro tematico “Patto dei Sindaci”: molto ampio e ben definito, interdirezionale e coprendo più aree. L’Ufficio Comunicazione del Comune ne fa parte, come l’Area Sviluppo urbano che ne è responsabile seguendo l’attuazione del piano, riesaminando i risultati ottenuti e le previsioni, per ricalibrare - se necessario - le azioni. Un Piano è sempre solo un piano, però la probabilità che da lì sorgano azioni che vanno nella direzione giusta aumenta con il coinvolgimento di coloro che devono agire e con la ristrutturazione durevole dell’apparato amministrativo in modo che possano agire.
Per contrastare la cultura del prodotto invece del processo, delle pretese e degli annunci invece delle azioni, la Commissione prevede un rapporto biennale sull’implementazione dei Piani medesimi, e ogni rapporto deve essere accompagnato da un nuovo bilancio di CO2. In attesa del sistema per i rapporti di monitoraggio da parte della Commissione, A+CoM vuole dare un segnale, ai circa 1.500 Comuni che stanno elaborando in questi giorni il loro Piano d’azione per l’energia sostenibile, di puntare su piani di qualità che si inseriscano in un processo vivo.
Intanto anche le organizzazioni che supportano gli enti locali e territoriali per rispondere agli impegni del Patto dei Sindaci sono attivi per radicare meglio questo grande progetto nella quotidianità dell’agire delle amministrazioni e degli stakeholder. Un primo problema da affrontare è la ristrutturazione delle infrastrutture mentali, l’estrarre dalle azioni di eccellenza immagini e visioni di come raffigurarsi una comunità e un territorio low carbon, a basso contenuto di carbonio. “Riduzione delle emissioni di CO2” è un concetto molto astratto che parla a quelli impegnati nella politica energetica e del clima, non parla a chi è attivo nella pianificazione urbana, non parla al responsabile degli acquisti dell’ente e neanche a quello del verde pubblico e ancora meno agli attori importanti nel settore privato. È un problema sentito nelle organizzazioni di supporto del Patto dei Sindaci e della stessa Commissione e i lavori sulbenchmarking sono un importante tentativo di affrontare questa problematica. La raccolta di tante pratiche di eccellenza sul sito del Patto dei Sindaci serve proprio per far vedere che la strada verso il post fossile coinvolge tutti, in quasi tutti gli ambiti della propria vita, e richiede un profondo ripensamento dei concetti base di crescita, mobilità e progresso per uscire dalla falsa naturalezza di un’illimitata disponibilità di energia fossile come base dell’economia e della società.
Un problema invece per niente culturale ma materiale, è quello delle strategie finanziarie. I soldi. Le lamentele per la mancanza dei fondi e la situazione economica estremamente ristretta degli enti locali sono tanto giuste quanto ridondanti. Le linee guida per i Piani d’azione per l’energia sostenibile prevedono di indicare per ogni azione le risorse finanziarie per la progettazione e l’attuazione e A+CoM dedicherà, nelle prossime edizioni, una particolare attenzione a verificare se i Piani abbiano preso in considerazione in modo creativo la grande varietà di risorse disponibili in tempi di crisi, da quelli europei di Elena, Jessica, Jaspers a quelli nazionali come il Fondo di rotazione Kyoto, a quelli regionali come pure possibili partenariati pubblico-privato. La logica sarebbe di affiancare, a progetti validi e spesso anche economicamente convenienti, strategie finanziarie che mobilitino un insieme di incentivi e capitali per raggiungere determinati obiettivi.
Il quarto campo d’azione importante sarebbe quello della governance multilivello. Questo concetto, finora rimasto piuttosto astratto, vede una sua possibile concretizzazione nel Patto dei Sindaci. La qualità mediamente elevata dei Piani d’azione esaminati per A+CoM 2012 alimenta la speranza che stia per nascere una larga progettualità dal basso nel campo energetico con un ricco patrimonio di dati e azioni. Per quanto è fausta la mobilitazione di tanti enti locali per il perseguimento degli obiettivi europei, manca adesso un coinvolgimento di vera governance multilivello da parte del Governo nazionale e di molte Regioni e Province, accogliendo questo tesoro e approfittando di questi grandi potenziali nella pianificazione energetica nazionale e nei piani regionali. Perché così come è vero che la svolta energetica, l’uscita dall’economia e dalla società del fossile avverranno a livello locale, è altrettanto vero che sarà cruciale il sostegno delle Regioni e del Governo nazionale ai Comuni per poter fare.
Un sostegno che, in un primo momento, dovrebbe prendere la forma di recepire i Piani d’azione per l’energia sostenibile degli enti locali, le misure e i progetti che prevedono e dare loro coerenza e consistenza nella pianificazione regionale e nazionale. Non per ultimo, nell’ambito del decreto sul burden sharing del 15 marzo scorso si aprono prospettive promettenti di fare, delle migliaia di Piani d’azione per l’energia sostenibile in Italia, la base per una divisione dei compiti a livello regionale, trasformando unburden, un aggravio, in un’opportunità di mettere i fondamenti per un nuovo modello di sviluppo locale e regionale capace di futuro.
L'articolo è stato pubblicato sul n.3/2012 della rivista bimestrale QualEnergia con il titolo "Un patto per l'ambiente".

Cimitero a tutto LED!


Dall’impianto semaforico all’intera illuminazione pubblica fino al cimitero. La rivoluzione dell’illuminazione parte da Solza, un piccolo comune di circa 2000 abitanti, in provincia di Bergamo, che ha introdotto l’uso della tecnologia Led in tutto il territorio. Il progetto è partito nel 2007 con la sostituzione di 54 lampade semaforiche ad incandescenza con altrettante a Led. L’intervento ha azzerato il costo annuo di manutenzione (circa 800 euro) e prodotto un risparmio annuo di circa 7.900 kw/h (- 83%).
L’intervento di riqualificazione della pubblica illuminazione, invece, è stato effettuato da gennaio a aprile 2011. L’intervento ha visto la fornitura e posa in opera di 335 corpi illuminanti conseguendo per l’intero impianto comunale un risparmio di 68.807,91 kwh/anno. L’importo totale del progetto è stato di 349.000 euro, per il quale il comune ha ricevuto un contributo regionale di circa 184.000 euro.
Da poco, invece, sono state sostituite anche tutte le lampade votive ad incadescenza del cimitero. Le nuove lampade a Led porteranno ad una forte riduzione del consumo energetico (circa l’80%), oltre a garantire una migliore e costante efficienza luminosa, una lunghissima durata che consentirà di diminuire le operazioni di manutenzione ordinaria, una maggior resistenza agli urti e alle condizioni ambientali avverse. (dal blog di Marco Boschini)

Uno spettro si aggira per l’Europa. Anzi due


Debito pubblico e deflazione: nonostante gli sforzi, i rendimenti dei Btp sono a una soglia critica, e la caduta dei prezzi al consumo sembra inarrestabile. La soluzione potrebbe essere creare nuova moneta con la quale comprare il debito dei Paesi in difficoltà.

di Alessandro Volpi - 30 luglio 2012



Uno spettro si aggira per l’Europa, anzi due. 

Il primo, drammaticamente ben definito, è costituito dal debito pubblico che ha assunto proporzioni gigantesche e non più sostenibili per numerosi Stati. Si tratta di uno spettro animato da pulsioni ormai in larga misura irrazionali. Gli spread italiani e spagnoli sono di fatto fuori controllo come dimostra il differenziale, pressoché scomparso, con i titoli portoghesi e irlandesi e divenuto assai negativo rispetto a quelli del Belgio; agli occhi degli investitori e degli speculatori internazionali due Paesi che sono ancora sotto l’ombrello del piano di salvataggio della Ue e dell’Fmi e un terzo che ha vissuto per mesi e mesi senza un governo vero appaiono meno pericolosi dell’Italia. 

Il nostro Paese si appresta a registrare un significativo avanzo primario, pari al 3,6% del Pil già quest’anno, uno dei migliori del Vecchio Continente, ha una ricchezza finanziaria privata pari al 175% del Pil che costituisce un’importante ancora di salvataggio non disponibile per altri Stati ed ha un governo tecnico che ha varato manovre durissime. Nonostante tutto ciò, i rendimenti dei Btp stanno avvicinandosi alla soglia 7%, molto probabilmente quella del non ritorno se protratta per un tempo non breve, e nessuna intesa europea sembra in grado di frenare la folle impennata: avere un debito tanto pesante in euro che deve essere finanziato per qualche centinaia di miliardi di euro all’anno rende l’Italia, oggi, il bersaglio perfetto di chi vuole fare soldi facili scommettendo sul crollo della moneta unica. 

Il secondo spettro, non ancora materializzatosi a sufficienza per renderlo chiaramente visibile, è costituito dalla deflazione, dalla caduta dei prezzi al consumo che sta attraversando numerose economie europee. In Grecia l’indice armonizzato dei prezzi al consumo è salito soltanto dell’1% rispetto allo stesso mese del 2011 ed è sceso dello 0,2 su base mensile, in Spagna l’incremento su base annua è stato di poco inferiore all’1,9 ed un dato analogo si è registrato in Irlanda. 
In realtà in gran parte dell’area euro i prezzi non crescono più, in particolare nei Paesi indebitati, per effetto della pronunciata ondata recessiva e neppure la debolezza dell’euro riesce a produrre una tensione inflazionistica rilevante. In questo senso, è evidente che un rapporto di 1,20 con il dollaro non dipende dalla crescita dei prezzi interni all’eurozona quanto, ancora una volta, dalla crisi dei debiti sovrani che svalutano la moneta in cui tali debiti sono denominati. 

Purtroppo, come per il debito, anche per la deflazione, il fenomeno non è diffuso in maniera omogenea in tutta Europa in quanto a Berlino la crescita della moneta – elemento di stimolo inflazionistico – sale del 7,8% mentre in Italia e in Spagna retrocede; in estrema sintesi la Germania, pur scontando alcune tensioni sulla bilancia commerciale europea, soffre di una minaccia di aumento dei prezzi decisamente più alta del resto dell’Europa. Per questo timore, che ha storicamente caratterizzato la Bundesbank dopo i disastri degli anni 20 e 30 del Novecento, il governo e l’opinione pubblica continuano ad opporsi all’unico rimedio praticabile nel breve periodo e con buone probabilità di efficacia costituito dall’intervento massiccio della Bce. 

Di fronte ai due spettri del debito e della deflazione, la Banca centrale può finalmente uscire dal vincolo dei trattati europei; il mandato dell’istituto di Francoforte è infatti quello di consentire un corretto funzionamento della politica monetaria, tale da evitare eccessi inflattivi ma anche eccessive cadute dei prezzi perché altrettanto patologiche per la loro stabilità, obiettivo primario, appunto, della Bce. 

Dunque è giunto il momento che la banca guidata da Draghi adotti un’aggressiva condotta di creazione di carta moneta per acquistare il debito degli Stati in difficoltà, intervenendo sia alle aste, come prestatore di ultima istanza, sia sul secondario; una audace e più che motivata strategia di pronto soccorso che potrà essere riassorbita grazie ai benefici effetti fiscali della riduzione dei rendimenti sui titoli di Stato, della ripresa dell’economia reale e di un’azione congiunta, di fatto inevitabile, con la Federal Reserve. 
Si tratta di una strada che proprio la deflazione rende attuabile nel rispetto delle regole esistenti, senza bisogno di riformare i Trattati e senza procedure particolari; in estrema sintesi è praticabile qui ed ora, le uniche locuzioni di spazio e di tempo che possono bloccare la crisi finale. Siamo nelle mani di Mario Draghi e del Consiglio dei governatori delle banche nazionali dei singoli Paesi; che brutta fine sta facendo l’epoca del capitalismo democratico.

lunedì 30 luglio 2012

Un mondo diverso già esiste, parola di "Bilanci di giustizia"


Le famiglie aderenti alla rete dedicano il loro incontro annuale al tema "Vogliamo crescere decrescendo". A partire dai numeri, quello dei "bilanci" familiari mensili analizzati dalla segreteria, è possibile scoprire che ci sono in Italia persone in grado di aiutare il governo a capire "come uscire dalla crisi", cambiando stile di vita

di Pierstefano Durantini - 25 luglio 2012



Estate, tempo di vacanze, ma anche di pensieri e riflessioni. E se in una nota località balneare della costa adriatico romagnola, qualche migliaio di persone si ritroveranno come sempre in un meeting per discutere di politica, affari e forse pure delle variopinte camicie del loro discusso leader, nella stessa regione, al centro della penisola e precisamente sulle montagne dell’Appennino, qualche centinaio di altre persone, sicuramente ben diverse dalle precedenti, si incontreranno per confrontarsi sul loro stile di vita. E questa, sì, è buona politica.
Si tratta, infatti, dell’incontro nazionale delle famiglie aderenti alla Campagna “Bilanci di Giustizia”, che si terrà a Fanano, sull’Appennino modenese, dal 23 al 26 agosto. Il tema di quest’anno sarà “Vogliamo crescere decrescendo”, e in un momento come questo -in cui la crisi profonda dell’economia sta disarticolando un po’ tutto e tutti- il titolo dato al loro incontro è già tutto un programma. 
Giunta al suo diciannovesimo anno di età, la Campagna mostra che un diverso stile di vita è possibile e assolutamente necessario, anche alla luce della grave crisi economica che attraversiamo. 
Infatti dopo i precedenti incontri in cui sono stati approfonditi temi concreti, quali il consumo sostenibile, l’acqua, la finanza, l’energia, il lavoro, la politica e la Costituzione, quest’anno i “bilancisti” vogliono dimostrare che a loro questa crisi non mette paura, perché hanno tutti gli strumenti per affrontarla e superarla. 
Continuano a porsi domande, a modificare il loro stile di vita e il loro modo di consumare per ricercare un nuovo equilibrio con la natura e con le cose, svincolandosi dalle regole di questo mercato, che produce, da un lato benessere e ricchezza per alcuni e dall’altro, povertà e miseria per tanti. E di tutto ciò non vogliono essere più complici. 
Nella loro sete di giustizia nei rapporti Nord-Sud, le famiglie aderenti alla Campagna, avendo sempre presente il loro prezioso strumento di lavoro quotidiano, che è la scheda di bilancio mensile, approfondiranno in questo loro incontro nazionale, il tema della decrescita, che ben si lega con un altro aspetto che da sempre li contraddistingue, la sobrietà.
“In questo tempo di profonda trasformazione economica e culturale -dice il loro coordinatore nazionale, don Gianni Fazzini– un migliaio di famiglie 'bilanciste' hanno attuato, nei 36 gruppi locali sparsi in tutta la penisola, percorsi di revisione dei consumi inseriti nelle diverse realtà territoriali. Questi percorsi hanno in comune la metodica revisione del bilancio familiare attuata innanzitutto in famiglia e condivisa e confrontata poi mensilmente nel gruppo locale. La riproposta dell’autoproduzione, in tutti i campi del quotidiano, il reinserirsi nei ritmi naturali, la ricostruzione del tessuto sociale a partire da iniziative locali, sono alcune delle piste di ricerca maggiormente sperimentate. La segreteria nazionale, a Venezia Marghera, coordina la Campagna e promuove i contatti tra tutti i partecipanti. L’incontro di Fanano sarà per noi lo spazio per condividere ciò che si sta vivendo e per prendere consapevolezza del valore esistenziale e politico di questo movimento unico in Europa.
La scelta del luogo dell’incontro non è stata casuale, bensì legata al desiderio di rendere visibile uno stile in sintonia con la campagna e con il tema scelto  questo anno”.
Ospiti e relatori dell’incontro, che avranno anche il compito di stimolare la discussione, saranno: Emanuela D’Angelo (coautrice del libro “Gli alberi non crescono fino al cielo”), Maurizio Pallante del movimento per la decrescita, Francuccio Gesualdi del Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano (Pisa) e un rappresentante di Sbilanciamoci.
Antonella Valer, insegnante di Economia e diritto presso le scuole superiori, nonché storica aderente alla Campagna, relazionerà sul recente simposio organizzato dal Wuppertal Institute dal titolo: “L’economia della sufficienza: ciò che manca all’agenda di Rio…”.
Anche quest’anno non mancheranno gli utili laboratori pratico teorici e totalmente autogestiti, nei quali si potranno apprendere le buone pratiche e il saper fare. Inoltre saranno organizzate attività e iniziative a tema per i più piccoli suddivisi per fasce di età e per gli adolescenti riuniti nel gruppo “Fuorirotta”.
L’ultimo giorno sarà presentato il rapporto annuale, che contiene i dati informativi ed economici inviati mensilmente alla segreteria nazionale da ogni famiglia aderente che, una volta sapientemente assemblati, sono un ottimo indicatore statistico e di confronto con i dati della “famiglia tipo” italiana studiata dall’Istat. L’esempio fornito da ogni famiglia fa comprendere che, con un po’ di impegno e sobrietà, è possibile modificare il nostro stile di vita secondo criteri di giustizia. E che un mondo diverso è possibile e necessario, e già esiste da 19 anni. 

Lavoro o morte…


Di Jacopo Fo – Tratto da “Il Fatto Quotidiano
Credo che non ci sia situazione più tragica di quella di dover scegliere tra la salute e il lavoro. Tra dar da mangiare oggi ai figli e il rischio di vederli ammalati domani.
Terribile.
Indegno di una società civile che migliaia di famiglie siano sottoposte col ricatto a questa scelta mostruosa: lavoro in cambio di anni di vita.
Segno dell’inciviltà dei tempi.
Angelo Bonelli ex segretario dei Verdi Civici, a Taranto ha condotto una battaglia lunga e difficilissima contro il muro di gomma delle connivenze e ci dà la misura della devastazione: “A Taranto è caduta una quantità di diossina tre volte superiore a quella di Seveso… non si possono coltivare i terreni entro un raggio di 20 chilometri dall’area industriale. La diossina è entrata nel latte materno”.
Quello che è successo a Taranto è mostruoso, inconcepibile in un paese civile. E disgraziatamente non è un caso isolato. L’amianto a Monfalcone, il petrolchimico a Gela, la centrali a carbone di Vado Ligure, Savona, competono in numero di morti solo con le discariche abusive intorno ad Acerra.
Fa orrore pensare agli adulti e ai bambini che hanno visto distrutta la loro vita dai veleni. Fa orrore pensare agli spietati imprenditori che per un pugno di dollari hanno seminato morte e poi si sono comprati un panfilo più grande.
Ma che gente è questa?
Hanno un’anima?
Ma c’è da chiedersi anche che cosa abbiano fatto i sindacati. Come è stato possibile che abbiano chiuso gli occhi di fronte a questo scempio. Si sono piegati al ricatto del posto di lavoro?
Come se fosse inevitabile. Come se non fosse possibile produrre senza avvelenare.
Oppure credevano veramente alle perizie addomesticate?
Non vedevano la gente ammalarsi?
Quella di Taranto è una storia pazzesca, condita con intrighi e complotti…
Nelle carte del giudice per le indagini preliminari di Taranto, Patrizia Todisco, si parla anza. E la magistratura ha in mano intercettazioni e videoriprese che provano questi scambi di denaro.
Oggi alcuni operai inferociti dicono alle telecamere del Fatto Quotidiano: “Andremo a magiare a casa deigiudici!”
Paradossale: stanno uccidendo te e la tua famiglia e tu te la prendi con il giudice che cerca di salvarti la vita?
Parole inspiegabili se dietro non ci fosse stato un lungo lavoro di disinformazione.
E se non ci fosse una città dove non esistono altre possibilità di lavoro…
Infatti, intorno al sistema del veleno si è sviluppata una società che ormai è fatiscente, con amministrazioni scellerate colpite da decine di inchieste e commissariamenti, che hanno portato al collasso finanziario il Comune con centinaia di milioni di euro di debiti… E in una tale situazione diassenza di legalità e buon governo è facile intuire come alla fine si sia generato un clima irrespirabile per gli imprenditori onesti e quindi il restringersi delle opportunità di impiantare altre attività produttive che offrissero un’alternativa all’industria inquinante. Non esiste possibilità di vita al di fuori del sistema dei veleni e degli amici degli amici dei veleni.
L’ecosistema sociale della diossina uccide ogni altra possibilità di impresa.
Oggi 20mila lavoratori rischiano di perdere il lavoro: non chiude solo l’acciaieria ma tutte le attività dell’indotto.
Certo non possono essere i lavoratori a pagare il conto subendo oltre alle malattie la disoccupazione.
Sarebbe doppiamente orribile.
Ma chiedere che l’attività inquinante continui per salvare i posti di lavoro è folle.
E Bonelli, che alle ultime elezioni comunali per il suo impegno coraggioso è stato premiato con più del 10% dei voti, segno che non tutti i tarantini sono disposti ad accettare il ricatto, avrebbe anche un’idea su come uscire da questa situazione allucinante. Ad esempio il Gruppo Riva, che negli ultimi anni ha avuto utili per oltre 3 miliardi di euro, dovrebbe prendersi le sue responsabilità.
Bonelli dice anche: “Il futuro di Taranto è nella conversione industriale così come è stata realizzata aPittsburghBilbao, città dove si è abbandonato un modello economico basato alla diossina. I posti di lavoro dell’Ilva possono essere salvati avviando subito le bonifiche… Gli operai devono diventare itecnici delle bonifiche. E’ necessario poi che Taranto venga dichiarata No-Tax Area per almeno 5 anni, misura necessaria per attrarre investimenti italiani e esteri per investimenti su nuove aziende basate sull’innovazione, la Green Economy e un modello economico non inquinante”.
Come al solito le soluzioni ci sono.
Ma a volte continuare a uccidere è più facile.

Milano, approvato il registro delle unioni civili. Il discorso di Pisapia


Approvato alle 4 di stamattina il registro delle unioni civili a Milano. Astensione di 4 consiglieri PD di area cattolica, guidati dal vicepresidente del Consiglio Comunale Fanzago, voto contrario di quasi tutto il PDL (tranne Tatarella e Pagliuca), della Lega Nord e della lista morattiana “Milano al Centro”.
Hanno votato a favore 16 consiglieri PD su 20, SEL, FdS, Radicali, la lista civica Pisapia, il Terzo Polo e il Movimento 5 Stelle. Qui di seguito il momento dell’approvazione seguito dal discorso del Sindaco, Giuliano Pisapia.

giovedì 26 luglio 2012

Ilva, piombo nelle urine dei tarantini


Mentre continuano le proteste degli operai contro il possibile sequestro degli impianti dell’Ilva di Taranto, emerge uno studio che mostra concretamente quali sono gli effetti dell’inquinamento sugli abitanti della città. “Nelle urine dei tarantini è stata riscontrata la presenza del piombo, sostanza neurotossica e cancerogena”, ha avvertito in questi giorni il presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti, riferendo i dati presentati in un convegno a Oxford. Una presenza di piombo che è più alta del normale, soprattutto nei soggetti che avevano mangiato pesce nelle 72 ore precedenti le analisi.
La ricerca, condotta da un gruppo di studiosi italiani e americani, ha analizzato le urine di 141 tarantini: 67 uomini e 74 donne. In tutti è stata una presenza di piombo oltre i limiti consentiti.
Il valore medio del piombo (metallo cancerogeno se in eccesso nel corpo umano) presente nelle analisi di questi soggetti è stato, infatti, di di 10,8 microgrammi per litro, mentre i normali valori di riferimento per il piombo sono fissati in un intervallo che va da 0,5 a 3,5 microgrammi per litro.
La ricerca ha preso in considerazione anche i valori di cromo e mercurio: anch’essi sono risultati più alti rispetto ai valori di riferimento. Anche in questo caso un valore medio che supera l’intervallo dei valori di riferimento.
I 4.600 lavoratori sembrano, però, restare indifferenti di fronte a questi dati. Al contrario, di fronte al possibile sequestro cautelare degli impianti dell’Ilva, gli operai del polo siderurgico continuano a dirsi profondamente contrari. La preoccupazione di perdere il posto di lavoro, dunque al primo posto. Anche la loro stessa salute e quella dei loro cari viene dopo.
Manifestazioni di piazza e blocchi stradali sono già stati annunciati dai lavoratori, che non hanno intenzione alcuna di vedersi sequestrato il posto di lavoro. Il rischio però, c’è, anche se gli operai non lo vedono. Disastro ambientale e inquinamento atmosferico a carico dei vertici e dei dirigenti dell’Ilva sono solo due delle accuse che sono state depositate dal giudice, Patrizia Todisco, il 30 marzo scorso.
Le perizie hanno attribuito all’Ilva precise responsabilità sul mancato controllo delle emissioni e legano gli agenti inquinanti prodotti dall’impianto siderurgico con i ricoveri, le patologie e i decessi registrati a Taranto. Per questo motivo, il sequestro degli impianti è ritenuto, al momento, l’ipotesi più probabile e anche quella più auspicabile da molti.
Aldilà del malessere e della preoccupazione che, non a torto, sta interessando i 4.600 operai che vi lavorano, infatti, non si può negare che a Taranto, a seconda dei quartieri più o meno a ridosso delle ciminiere, lo stato della salute collettiva appare abbastanza compromesso. A rischio anche la popolazione infantile che, secondo quanto riferito dal Corriere della Sera, ha registrato un aumento della mortalità del 18 per cento nel periodo preso in esame dai ricercatori.
Intanto, la tensione cresce nel tarantino, in attesa delle decisioni della magistratura. Tensione così alta, che ha persino portato la Digos a predisporre la tutela del giudice Todisco e dei quattro pubblici ministeri della procura che seguono il caso-Ilva come forma di cautela da possibili attacchi operai.


E-ONline

CARO BEPPE, ORA FAI IL POLITICO

DI MASSIMO FINI
ilfattoquotidiano.it

Caro Beppe, mi permetto di scriverti questa ‘lettera aperta' in ragione di una conoscenza che risale a metà degli anni Ottanta e che poi è venuta consolidandosi in un'amicizia, personale ma anche, sia pur parzialmente, politica.

All'inizio della tua ‘lunga marcia' di avvicinamento alla politica attiva, che dura ormai da più di un quarto di secolo, tu, che eri rimasto colpito e forse anche un poco influenzato dal mio libro La Ragione aveva Torto?, mi chiedesti qualche consiglio per i tuoi primi show non più propriamente comici ma non ancora compiutamente politici. Passarono gli anni, il tuo movimento si consolidò, prese la sua direzione e certo di consigli, almeno da parte mia, non avevi più bisogno.

Mi invitasti però al tuo primo V-Day, quello di Bologna, dove parlai dal palco, con Travaglio, Sabina Guzzanti e altri. Ricordo queste cose non a tuo uso, ovviamente, ma del lettore perché non mi scambi con uno di quelli che, volendo salire sul carro del vincitore, scopre improvvisamente ‘il grillino che è in me', ma nemmeno per uno dei tuoi seguaci o adepti. 

Molte cose mi separano dal Movimento Cinque Stelle, a cominciare dalla mancanza di un solido impianto teorico per cui nei vostri programmi troppo spesso ci sono obiettivi contraddittori (nel senso che l'uno esclude l'altro). Tu inoltre sei un ‘tecnoecologista', credi cioè che la situazione ambientale, che peraltro è solo uno, e non il più importante, dei problemi che ci stanno di fronte, sia risolvibile con l'uso di tecnologie sempre più sofisticate, mentre io penso, come mi disse Paolo Rossi (che non è il comico e nemmeno il centravanti della Nazionale che vinse i Mondiali del 1982, ma un filosofo della Scienza), che "la tecnologia come risolve un problema ne apre altri dieci ancora più complessi". 

Ciò che invece condivido ‘in toto' è proprio il tuo essere ‘antipolitico', cioè un uomo che dà battaglia su tutta la linea a una classe dirigente, politica ed economica, indecente, che in 30 anni di malgoverno, di malaffare, di abusi, di soprusi, di arroganza ci ha portato sull'orlo del baratro, finanziario, etico, esistenziale. 

E ammiro lo sforzo con cui, grazie a un enorme dispendio di energie, fisiche e intellettuali, sei riuscito a creare un movimento che può, forse, azzerare la vecchia politica una volta per sempre, tutta, dal vecchio barbagianni Napolitano all'ultimo dei lottizzati Rai. Quando ti accusano di fare dell'‘antipolitica' non si rendono conto di farti il miglior elogio. 

Perché fare dell'antipolitica dopo 30 anni di ‘quella' politica, o che per tale si spacciava e si spaccia, significa fare politica nel senso migliore del termine. E tu, Beppe, oggi sei un politico a tutti gli effetti anche se a molti conviene far finta di credere che sei ancora un comico e un uomo di spettacolo. 

E qui sta il punto. Certe cose che ti erano concesse come comico non lo sono più come politico. La battuta su Rosy Bindi nell'ambito della disputa sui matrimoni gay ("problemi di convivenza col vero amore non ne ha probabilmente mai avuti") va bene per l'avanspettacolo, ma è politicamente inaccettabile oltre che sommamente volgare. 

In questo modo ti metti sul piano di Berlusconi che a proposito della stessa Bindi disse: "Lei è più bella che intelligente" o, per scendere negli infimi, di Vittorio Sgarbi che non trova di meglio, per accusarti, di aver tentato, penso in epoche plioceniche, un flirt con sua sorella, Elisabetta. 

Che discorsi son questi, che ‘ci azzeccano' come direbbe Di Pietro? L'aspetto fisico di una persona è materia per vignettisti, non per uomini politici responsabili. E sui sentimenti nessuno ha diritto di sindacare. Che diresti tu se io scrivessi che "non hai mai amato veramente"?. Penseresti che sono un ‘belinone' che si impiccia in affari di cui nulla sa e può sapere e che comunque non lo riguardano minimamente.

Il mio consiglio, caro Beppe, è di dimenticarti di essere stato un comico, un ottimo comico, e di diventare definitivamente (per usare Pindaro) ciò che sei oggi: un ottimo politico. So bene, caro Beppe, che, per dirla con le parole di un tuo grande concittadino, Fabrizio De André "è facile dare consigli quando non si può più dare cattivo esempio". Ma accetta ugualmente l'affettuoso consiglio da ‘vecchia zia' che ti mando attraverso questa lettera. 

Massimo Fini Fonte: www.ilfattoquotidiano.it 25.07.2012

NESSUNO VUOLE VEDERE CHE LA SOLUZIONE ESISTE

DI GZ
cobraf.com

Mario Monti ora ogni due giorni ripete che se ne andrà nella primavera del 2013 per cui altri si stanno preparando, Berlusconi ovviamente, Grillo e il suo movimento, Oscar Giannino/Confindustria/Marcegaglia, la "sinistra" (quando troverà un attimo di tempo in mezzo alle discussioni su Rosy Bindi gay) ...e ai margini Lega e DiPietro...

Finora nessuno da segno di capire il fatto fondamentale: c'è un eccesso di debito, creato dalle Banche per il debito dei privati e dall'accumularsi degli interessi per il debito pubblico. E Se cerchi di ripagarlo tutto strangoli l'economia.

Sotto Mario Monti a forza di tasse il Pil sta collassando (un -3% probabilmente nel 2013). E quindi il debito pubblico sta salendo (siamo al 124% del PIL). In Grecia a forza di tagli e tasse il PIL è crollato del -23% in tre anni e ovviamente il debito in % del PIL è salito.... 

Di conseguenza, l'unica soluzione è ridurre il debito non con le tasse e i tagli che riducono il reddito, ma facendolo ritirare dalla Banca Centrale (Bankitalia o BCE) che ha IL POTERE DI EMETTERE MONETA E SCAMBIARLA CON DEBITO. A costo ZERO. Si può far sparire 500 miliardi su 2000 miliardi del debito pubblico italiano, senza sacrifici, senza finanziarie, senza tasse e repressioni fiscali, senza privatizzazioni e cessioni di beni pubblici. Basta farlo assorbire dalla Banca Centrale, esattamente come fanno gli inglesi o i giapponesi. Fine. Risolto il problema finanziario. Poi ne rimangono altri, ma il problema finanziaio lo risolvi con della contabilità sostanzialmente. Non è una mia "teoria", è quello che fanno americani, inglesi, giapponesi...! Basta togliere le fette di salame dagli occhi.

Cosa dicono invece Monti, Berlusconi, Grillo, Giannino e il resto ? 

L'autunno dell'anno scorso quando il BTP ha toccato quota 80 Berlusconi ha mollato per paura dei mercati e ora con il BTP, più la borsa e il resto dell'economia che sprofondano anche Monti sembra ansioso di uscire appena possibile per paura dei mercati e della catastrofe dell'economia

Per la prima volta c'è una reticenza dei politici ad andare o stare al governo, perchè cominciano a rendersi conto che possono essere travolti dallo sfacelo della povera economia italiana. Dopo che Monti ha fallito ora completamente i prossimi in lista fanno ora qualche pensiero ora su come gestire l'economia e affrontare il mostro della "Spread" e dei "Mercati"

1) La sinistra del PD, Fassino, Vendola, Bindi per qualche motivo non dice niente di economia, ma se leggi Repubblica e il Fatto Quotidiano che sono i loro giornali di riferimento sono allineati al 99% con Draghi, la Lagarde, la soggezione al mercato finanziario, il ripagare i debiti ai creditori e pagare tutti gli interessi. Solo che non provano nemmeno a proporre come. Però seguono la religione della Globalizzazione e del Debito che va ripagato tutto facendo i sacrifici

2) Berlusconi ritorna ora ed essendosi defilato quando il BTP crollava ora deve provare qualcosa di nuovo e riprende Antonio Martino come esperto economico il quale chiama a raccolta i suoi amici della scuola di Chicago di Friedeman e dintorni, liberisti-libero-mercato-globale-privatizzazioni, ma nella versione italiana pro-euro. Di buono è che sono sinceramente per ridurre le tasse, ma purtroppo non capiscono il problema della moneta e sono succubi dei mercati finanziari per cui vogliono i sacrifici per ripagare i creditori e gli interessi. Martino ad esempio vaneggia che si possa tagliare da 200 a 100 miliardi la spesa sanitaria pubblica come soluzione al problema del debito pubblico. Negli USa la spesa sanitaria è il 17% del PIL, in Italia il 9% del PIL (di cui 7% pubblico) per cui è evidente che è assurdo... Martino e i suoi esperti della scuola austriaca seguono la religione della Globalizzazione e del Debito che va ripagato tutto facendo i sacrifici

3) C'è ora Oscar Giannino che ha messo fuori questa settimana un Manifesto Economico per salvare l'Italia e lancia un partito anti-tasse contro B. e sta per presentare una lista con la Marcegaglia e un bel team di economisti e l'apppoggio di Montezemolo tutta centrata sulle soluzioni economiche. Purtroppo anche lui e i suoi esperti non capiscono niente del debito e della moneta, sono succubi dei mercati finanziari per cui vogliono i sacrifici per ripagare i creditori e gli interessi. Tante cose che dice Giannino, Zingales e gli altri liberiti sono ragionevoli, ma seguono la religione della Globalizzazione e del Debito che va ripagato tutto facendo i sacrifici

4) c'è ovviamente Beppe Grillo/Roberto Casaleggio, che per ora da quello che so da alcuni vicino a lui non ha idea di cosa fare. Se non altro sembra criticare la globalizzazione in termini generali, ma tutto quello che ha come partito è un blog in cui compaiono dei compitini di quinta elementare generici, belle frasi tipo "...La causa causante della crisi attuale è stato un cambiamento strutturale dell'economia reale: il declino dei redditi nell'industria si deve a ciò che di solito è un bene (l'aumento della produttività) e alla globalizzazione che ha prodotto una forte moderazione salariale. In altri termini: il settore industriale è vittima del suo proprio successo...". Chiacchere per dare aria ai denti. E soluzioni pratiche zero

NESSUNO SEMBRA CAPIRE QUESTO SEMPLICE FATTO, CHE IL DEBITO PUBBLICO LO PUO' ASSORBIRE LA BANCA CENTRALE NEL SUO BILANCIO, COME FANNO LE ALTRE BANCHE CENTRALI in altri paesi. E' incredibile, è allucinante, tanta gente che insegna all'università e che parla e parla di economia, parla di tutto meno che della soluzione anche se è davanti agli occhi

GZ
Fonte: www.cobraf.com
Link: http://www.cobraf.com/forum/coolpost.php?topic_id=3011&reply_id=123480483
23.07.2012

Apre in Cilento il primo distributore comunale di carburanti

Salerno, 23 luglio – Nasce nel Cilento il primo distributore di carburante comunale d'Italia. È stato infatti inaugurato a Pollica-Acciaroli, nota località balneare della costa cilentana, il primo distributore di questo tipo.
Di proprietà del comune, sorgerà sul porto di Acciaroli ed erogherà carburante per i diportisti e la locale flotta peschereccia. A gestirlo sarà lo stesso Comune; l'incasso verrà destinato allo sviluppo del settore della pesca e al miglioramento dei servizi comunali. Tra le novità, il prezzo del carburante destinato ai pescatori, ancora più vantaggioso rispetto a quello di mercato. “Proseguiamo sulla strada tracciata dal nostro indimenticabile sindaco Vassallo - ha spiegato il primo cittadino di Pollica, Stefano Pisani - ancora una volta, in un periodo di crisi acuta come questa che stiamo vivendo, il nostro comune punta alla crescita, tenendo bene a mente quelle che sono le esigenze della comunità. 
Quest'ultima iniziativa non si differenzia dalle altre, confermando il ruolo anomalo di Pollica nel panorama italiano. Aspiriamo ad essere un modello di sviluppo”. 
In occasione della inaugurazione, è stato proprio il sindaco Pisani a indossare i panni del benzinaio e a riempire il serbatoio della prima imbarcazione che ha fatto rifornimento.
E-Gazette

Cinque cerchi, zero rifiuti: al via a Londra le Olimpiadi più verdi

Londra, 23 luglio – Le Olimpiadi di Londra 2012 promettono di essere le prime davvero amiche dell’ambiente, dalla ostruzione delle sedi degli eventi sportivi all’obiettivo “zero rifiuti” in discarica, al cibo rigorosamente sostenibile. L’intera manifestazione misurerà la sua impronta di carbonio, e già da tempo a vigilare sugli impegni presi dagli organizzatori lavora una commissione ad hoc indipendente.
L’ultima pagella degli esperti ha promosso il piano trasporti per pedoni e ciclisti, parte integrante dell’obiettivo di un evento all’insegna dell’uso dei mezzi pubblici. Nell’ultimo rapporto Saun Mc Carty, presidente della Commissione per Londra 2012 sostenibile, definisce la strategia complessiva per le Olimpiadi e Paraolimpiadi verdi “un successo”. Per le gare olimpiche la capitale inglese ha cercato di usare strutture già esistenti, da Wimbledon a Earls Court. Lo stadio olimpico, il centro acquatico e il velodromo invece sono nuovi ma costruiti con criteri ecologici, insieme a strutture temporanee in luoghi simbolo della città. Oltre il 60% dei materiali da costruzione del parco olimpico, che include anche gli alloggi degli atleti, sono arrivati tramite ferrovia o via fiume, per ridurre le emissioni di carbonio.
E poi, le principali eco-novità accoglieranno il visitatore fin dal biglietto, personalizzato per la sola gara acquistata con incluso l’accesso gratuito ai mezzi pubblici e la possibilità di viaggiare in bici o a piedi con una guida. All’entrata delle strutture sarà concesso passare con liquidi contingentati, per ridurre gli imballaggi provenienti dall’esterno, ma l’acqua nelle sedi degli eventi sarà gratis. Sempre sostenibili saranno anche i 14 milioni di pasti previsti per la manifestazione, con menu britannici, mediterranei, caraibici, asiatici, senza glutine, vegetariani e non, halal e kosher. Il tutto sarà venduto con imballaggi dello stesso colore dei cestini: difficile sbagliarsi per la raccolta differenziata. 
Insomma, quello dei giochi a “rifiuti zero” è un progetto pilota per tutta la Gran Bretagna, che ogni anno getta sotto terra una quantità di immondizia che potrebbe riempire 79mila piscine olimpiche. Per il maxievento sportivo gli organizzatori prevedono una produzione di 8mila tonnellate di immondizia, con un riuso, riciclo o compostaggio previsto di almeno il 70%. Per questo tutti gli acquisti all’interno del parco olimpico e tutti gli imballaggi saranno riciclabili al 100%, compostabili o impiegati per produrre energia. Il piano prevede, in particolare, che tutte le bottiglie di plastica raccolte saranno riciclate nel giro di sei settimane. Il cestino nero raccoglierà invece tutto quello che non si ricicla, come i pacchetti delle caramelle o delle patatine fritte, che verrà però bruciato per produrre corrente elettrica destinata alle case londinesi.
E-Gazette

Stracciamento di vesti generale per la recentissima dichiarazione del Presidente della provincia di Perugia:

Non abbiamo più un euro per asfaltare le nostre strade. Porterò in consiglio provinciale un piano per tornare alle strade bianche, come ai tempi di Coppi e Bartali.

Nel Paese che vanta la migliore rete autostradale del mondo, e la conseguente cementificazione a suon di svincoli, bretelle e tunnel, è davvero uno smacco da cui è difficile riprendersi. "Cosa penseranno di noi all'estero?", si chiedono quelli che si preoccupano sempre di cosa penseranno di noi all'estero.

In Europa non saprei; posso dire con sicurezza però cosa penseranno negli Stati Uniti. Ovvero, che arriviamo sempre in ritardo.

E' infatti di ben due anni fa un post di Crisis dove si raccontava che, nella provincia rurale americana, si è già smessa la manutenzione delle strade asfaltate causa mancanza cronica di fondi e spesso di bancarotta delle contee. In molti casi, si procede a smantellare direttamente l'asfalto residuo, per tornare alla strada bianca.  (foto:flickr)

Noi torneremo forse a Coppi e Bartali, ma loro si stanno già avviando al ritorno della diligenza. O credevate, per caso, che la crisi stesse colpendo solo l'Italia?

Debora Billi Petrolio

mercoledì 25 luglio 2012

L’élite della vergogna


I super ricchi nel mondo evadono più di tutti. Una ricerca – citata dal quotidiano britannico Guardian – elaborata dal gruppo Tax justice network dal titolo ‘The Price of offshore revisited’ (Il costo delle economie off-shore rivisitato), denuncia un dato impressionante: alla fine del 2010 l’élite mondiale dei Paperoni di tutto il mondo ha custodito almeno 21 trilioni di dollari in conti correnti segreti nei cosiddetti paradisi fiscali off-shore (come la Svizzera e le isole Cayman). Tale cifra assomma a più del valore del pil di Stati Uniti e Giappone messi insieme.
Secondo l’ex economista capo dell’agenzia di consulenza finanziaria McKinsey, James Henry, che ha compilato la stima, la più dettagliata relativa al mondo sommerso dei paradisi fiscali, la cifra potrebbe arrivare a 32 trilioni di dollari. Nel rapporto, viene infatti tenuto in conto solo il capitale finanziario e non le proprietà, fra cui le barche di lusso, che spesso sono iscritte ai registri navali proprio dei Paesi dove è più facile evadere il fisco.
Ad aiutare gli evasori, le banche private: la ricchezza di questi individui – relaziona Henry – è protetta da “un branco di professionisti altamente retribuiti, appartenenti all’industria bancaria, legale, contabile e di investimento che si avvantaggia delle frontiere porose dell’economia globale”.
Sempre secondo la ricerca dell’economista, le prime dieci banche private, tra cui Ubs e Credit Suisse, così come la banca di investimenti Goldman Sachs, hanno gestito oltre 5,8 trilioni di euro nel 2010, contro i 3 milioni di euro del 2007. Lo studio, redatto con dati provenienti da una varietà di fonti, incluso la Banca dei Regolamenti Internazionali (Bank of Settlements) e il Fondo Monetario Internazionale, suggerisce che in numerosi Paesi emergenti il valore cumulativo del capitale uscito dalla loro economie dagli anni ’70 a oggi sarebbe abbastanza per pagare il debito col resto del mondo.
I Paesi ricchi di petrolio, con un’élite mobile a livello internazionale sono particolarmente soggetti a vedere la loro ricchezza scomparire in conti bancari off-shore anziché essere investiti in patria. Oltre sette miliardi di euro hanno lasciato la Russia dai primi anni ’90. Dagli anni ’70, sono usciti dall’Arabia Saudita 290 miliardi di euro. Dalla Nigeria, nello stesso periodo, una somma di poco inferiore: 288 miliardi di euro.
Il capitale che evade il controllo delle autorità fiscali nazionali è così imponente che nuovi parametri sono necessari per calcolare il divario tra ricchi e poveri. Secondo i calcoli di Henry, 9,2 trilioni di capitale sono nelle mani di appena 92mila persone, lo 0,001 percento della popolazione mondiale. “La disuguaglianza – scrive Henry – è molto peggiore delle statistiche ufficali, ma i politici attuano ancora il trickle-down (sconti fiscali e agevolazioni a imprese e soggetti benestanti) per trasferire ricchezza ai poveri. La gente per strada non si fa più illusioni su quanto ingiusta sia di diventata la situazione”.
Luca Galassi E il Mensile

Non si arresta la crescita delle emissioni mondiali


Con 34 miliardi di tonnellate di CO2 in un anno il 2011 ha fatto segnare un nuovo record di emissioni. In 11 anni ci siamo giocati circa un terzo di quello che potremmo emettere dal 2000 al 2050 per contenere la soglia del riscaldamento globale entro i 2 °C. L'ultimo “Trends in global CO2 emissions” del Joint Research Centre.
Anche nel 2011, nonostante la crisi economica, le emissioni mondiali di CO2 hanno continuato a crescere. Dopo una diminuzione nel 2008 e un aumento del 5% nel 2010 sono salite di un ulteriore 2,7%, raggiungendo il record di 34 miliardi di tonnellate.
Sono i dati del rapporto annuale “Trends in global CO2 emissions” (vedi allegato), redatto dal Joint Research Centre (Jrc) della Commissione Europea e dall’Agenzia per l’ambiente olandese (Pbl).
Dal 2000 le varie attività umane, deforestazione compresa, hanno provocato emissioni per 420 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente. Secondo la letteratura scientifica per contenere il riscaldamento globale entro la soglia dei 2 °C nel periodo 2000-2050 non dovremmo rilasciare in atmosfera più di 1.000-1.500 mld di tonnellate di CO2: in poco più di 10 anni ci siamo già giocati oltre un terzo del "budget" e, se continuiassimo con questi ritmi, supereremmo il tetto massimo in altre due decadi.
maggiori emettitori l’anno scorso (vedi grafico a fanco) sono stati Cina (29% dei rilasci totali), Usa (16%), UE (11%), India (6%), Russia (5%) e Giappone (4%). I Paesi Ocse hanno rappresentato circa un terzo di rilasci globali, ossia la medesima percentuale di Cina e India assieme. Ma il peso dei Paesi emergenti continua a crescere: le emissioni sono scese del 3% nell'Unione Europea e del 2% negli Stati Uniti e in Giappone, ma sono cresciute del 9% in Cina e del 6% in India (vedi grafico).
Al momento il dato pro capite del gigante asiatico è arrivato quasi allo stesso livello di quello europeo: 7,2 tonnellate in Cina contro 7,5 in Europa, mentre ogni abitante degli Stati Uniti emette in media 17,3 tonnellate (vedi grafico).
Notevole il peso della produzione energetica da carbone. In Cina il suo consumo nel 2011 è cresciuto del 9,7% e il Paese ora è diventanto il maggiore importatore mondiale di questa fonte fossile. Da notare tuttavia che in dieci anni il Paese ha quasi dimezzato la sua carbon intensity, ossia il rapporto tra emissioni e prodotto interno lordo (vedigrafico).
Tra le cause delle emissioni di CO2 bisogna rilevare anche il notevole peso del gas flaring, cioè la pratica di bruciare in atmosfera il gas inutilizzato che si ottiene nell'estrazione del petrolio: il suo contributo non è diminuito nel 2011 ed è pari circa alle emissioni di un Paese come la Spagna. Negli Stati Uniti le emissioni da gas flaring nel 2011 sono aumentate del 50% per colpa della pratica del fracking (fratturazioneusata per estrarre lo shale-oil, il greggio da scisti.
Qualenergia.it