mercoledì 31 ottobre 2012

Discariche abusive, ecco le multe: l’Italia pagherà 56 milioni all’Europa

Bruxelles, 29 ottobre – La Commissione europea impone “urgentemente” all’Italia di bonificare centinaia di discariche illegali e incontrollate di rifiuti. Nonostante una precedente sentenza della Corte di giustizia al riguardo nell’aprile 2007, i problemi sussistono ancora in quasi tutte le regioni italiane e le misure in vigore non sono sufficienti per risolvere il problema a lungo termine.
Su raccomandazione del commissario per l’Ambiente, Janez Potocnik, la Commissione ha pertanto deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea e di imporre un’ammenda forfettaria di 56 milioni di euro (28.089,60 euro per giorno tra le due sentenze della Corte) e un’ammenda giornaliera di 25.6819,20 euro per ogni giorno successivo alla seconda sentenza fino alla regolarizzazione dell’infrazione.
Al momento 255 discariche - 16 delle quali contenenti rifiuti pericolosi - devono ancora essere bonificate. Nonostante gli impegni assunti dalle autorità italiane nel 2007, solo 31 discariche “problematiche” saranno bonificate entro la fine del 2012. Un calendario completo per l’ultimazione dei lavori è stato programmato solo per 132 discariche su 255. Inoltre, la Commissione non dispone di informazioni da cui risulti che l’Italia abbia istituito un sistema di controllo adeguato per evitare l’apertura di nuovi siti illegali.
La maggior parte degli stati membri sta progressivamente abbandonando la pratica della messa in discarica e sei sono prossimi all’eliminazione totale. Fatto, quest’ultimo, che comporta numerosi vantaggi: la piena attuazione della normativa Ue sui rifiuti consentirebbe di risparmiare 72 miliardi di euro l’anno, di aumentare il fatturato annuo dell’Ue di 42 miliardi di euro nel settore della gestione e del riciclo dei rifiuti e di creare oltre 400mila posti di lavoro entro il 2020.
L’Italia occupa un modesto ventesimo posto su 27 paesi Ue per quanto riguarda la gestione dei rifiuti.

Info: ec.europa.eu

FRANCO SPADA (IDV), IL POLITICO CHE GUADAGNA 50MILA EURO PER 6 ORE DI LAVORO


“Sono state sei ore intensissime, alla seduta a cui ho partecipato è stata approvata la legge elettorale”

 

Franco Spada, consigliere regionale dell'Idv in Lombardia, prenderà 50mila euro per sei ore di lavoro. Ovvero più di 8mila euro per ogni ora che è stato in Consiglio regionale. Lui però dice: "Eh, ma sono state sei ore molto intense, abbiamo approvato la legge elettorale...".

La storia è questa: Franco Spada è diventato consigliere il 26 ottobre 2012, il giorno stesso dello scioglimento del Consiglio regionale della Lombardia, per sostituire il compagno di partito Gabriele Sola che aveva rinunciato al vitalizio. L'incarico di Spada (e quindi il suo lavoro alla Regione) è durato quindi appena sei ore perché poi il Consiglio si è sciolto. Anche solo con quelle sei ore, però, Spada ha maturato il diritto di ricevere lo stipendio di 50mila euro fino alle prossime elezioni. 50mila euro lordi, appunto, per appena sei ore di permanenza in Consiglio regionale.

Spada a Radio24, però, si difende: "Sono state sei ore intensissime, alla seduta a cui ho partecipato è stata approvata la legge elettorale". I 50mila euro? "Io prenderò esattamente quello che prenderanno gli altri consiglieri", dice. E sul fatto che è anche consigliere provinciale a Bergamo aggiunge: "Le cariche non sono incompatibile, e in Provincia arrivo a fatica a mille euro al mese". 
Cadi in piedi

Penati rivuole la sua cattedra La scuola: "Meglio evitare"


L’ex presidente della Provincia milanese ed ex consigliere regionale è ancora insegnante di educazione tecnica alla scuola media Thouar-Gonzaga di via Tabacchi, titolare di cattedra anche se in congedo straordinario
di Luca Salvi Il Giornale

Milano, 31 ottobre 2012 - Non è più solo il suo partito a chiedergli di tirarsi indietro. Anche la scuola dove è in aspettativa da una ventina d’anni, preferirebbe fare a meno di un docente indagato per concussionecorruzione e finanziamento illecito ai partiti. “Filippo Penati torna come docente? Speriamo di no”, dicono concordi i genitori della scuola media Thouar-Gonzaga. E l’insegnante precario che da anni lo sostituisce rischia il posto.

Basta politica, «torno al lavoro nel mondo della scuola», ha detto settimana scorsa l’ex presidente della Provincia milanese ed ex consigliere regionale. E in effetti da quando ha cominciato la sua carriera politica, quella scolastica non è stata abbandonata, ma solo accantonata, pronta all’uso. Penati è ancora insegnante di educazione tecnica alla scuola media Thouar-Gonzaga di via Tabacchi, titolare di cattedra anche se in congedo straordinario (e senza percepire lo stipendio spettante). Sostituito, quindi, ogni anno da un supplente.

Appese al chiodo le velleità di rappresentare i cittadini, ora starebbe pensando di tornare a educarli. Ma dopo la bocciatura ai piani alti, arriva anche quella della sua scuola di titolarità. A cominciare dalle famiglie. «I miei figli si sono fatti un intero ciclo di scuola, dalle elementari alle medie e c’era sempre la possibilità di questo ritorno - nota Paola Gambazza - ma non lo troverei giusto. E poi non è passato troppo tempo?». «Speriamo non torni», tronca corto un genitore mentre carica il figlio in macchina.
Anche Pietra Crapanzano si dichiara «contraria. Meglio che se ne stia in politica. Se poi è anche indagato...». Più possibilista Domenico Murgolo: «In politica non è che sia andato bene. Ma se tornasse, andrà giudicato in cattedra. Magari è bravo a insegnare».

Molti docenti non credono in un ritorno dell’ex consigliere regionale in via Tabacchi. Il passaggio da Palazzo Lombardia alla scuola media gli ridurrebbe lo stipendio fino a 1500-1600 euro. «E poi la scuola di oggi è diversa rispetto a 20 anni fa. Ci sono classi con 25-30 alunni e dovrebbe seguire un compendio di aggiornamento informatico notevole», dicono.

Al posto dell’ex sindaco di Sesto San Giovanni c’è Giancarlo Rondolotti, docente assegnatario di educazione tecnica. Sostituisce Penati e da due anni sta portando avanti un progetto triennale tecnologico su una classe. Il preside, Giuseppe Vincolo, lo definisce «un insegnante fondamentale, che dà una mano fortissima nell’organizzazione dell’ambito scientifico e informatico. Una persona che ha un ottimo rapporto con i colleghi».
Il preside non vuole pensare a un rientro di Penati. La decisione spetterebbe comunque all’Ufficio scolastico territoriale. Ancora meno vuole prendere in considerazione l’ipotesi di un addio il docente stesso. «Ho scelto di insegnare in quella scuola - spiega Rondolotti - e non vorrei abbandonare un progetto avviato. I ragazzi lavorano con l’iPad, la lavagna interattiva. Sono necessarie determinate competenze». E stando a guardare la graduatoria docenti, Rondolotti precederebbe Penati di una settantina di punti».

martedì 30 ottobre 2012

Saltano i contatori Enel: un intero quartiere senza corrente


Bareggio Un intero quartiere è rimasto senza corrente domenica notte a Bareggio. Tutto a causa di un guasto alla linea dell’Enel che ha fatto saltare i contatori di alcune vie, via Girotti, via Padre Gemelli e altre ancora.

Televisori, frigoriferi e tutti gli oggetti in uso nelle abitazioni sono rimasti senza corrente. Verso la 1.30 sono stati allertati i vigili del fuoco volontari di Corbetta e, successivamente, i tecnici dell’Enel rimasti sul posto per chiarire la provenienza del guasto e porvi rimedio.
GM Città Oggi

Sistema Sesto: patteggiano Magni, Di Leva e la Sostaro, rinvio a giudizio per Di Caterina


Pende ancora la richiesta per il principale indagato dell'inchiesta della Procura di Monza, l'ex consigliere regionale Filippo Penati. Zunino e Camozzi saranno giudicati dal foro milanese
di Stefania Totaro Il Giorno


Milano, 29 ottobre 2012 – Tre patteggiamenti per la 'cricca' delle concessioni edilizie con tangenti, rinvio a giudizio per le 'gole profonde' Giuseppe Pasini e Piero Di Caterina e giudiziotrasferito al Tribunale di Milano per competenza per l'ex proprietario della ex Falck Luigi Zunino e il suo uomo di fiducia.

Si è conclusa così l'udienza preliminare davanti al giudice del Tribunale di Monza Giovanni Gerosa per i primi 7 imputati nel filone dell'inchiesta sul 'sistema Sesto' della Procura di Monza per le mazzette sulla riqualificazione della ex Falck e sulle licenze edilizie. La prima svolta epocale per un'indagine iniziata nel gennaio del 2011 e che vede complessivamente indagate una cinquantina di persone, tra cui l'ex sindaco di Sesto San Giovanni Filippo Penati.
patteggiare la pena di 1 anno e 8 mesi di reclusione ciascuno con la condizionale per corruzione (e senza neanche l'interdizione dai pubblici uffici, che scatta per pene superiori ai 3 anni) sono stati l'ex assessore all'Edilizia Privata Pasqualino Di Leva, la ex responsabile dello Sportello unico per l'Edilizia Nicoletta Sostaro (che hanno versato entrambi 100 mila euro nelle casse della Procura di Monza) e l'architetto Marco Magni (che ha sborsato invece 500 mila euro).
I patteggiamenti sono stati concordati con i pm Franca Macchia e Walter Mapelli, che con i 700 mila euro si vedono rimborsare i costi di intercettazioni e consulenze spesi per tutta l'inchiesta sul 'sistema Sesto'. Mentre ora il Comune di Sesto San Giovanni potrà chiedere al terzetto in sede civile il risarcimento dei danni all'immagine e per il fatto di dover rivedere tutte le pratiche edilizie sospette.
 
I due accusatori, il patron dei trasporti pubblici Piero Di Caterina (l'unico presente all'udienza) e il costruttore Giuseppe Pasini, volevano riunire questo processo al giudizio immediato fissato per il 23 gennaio in cui è imputato di concussione, corruzione e finanziamento illecito al partito anche Filippo Penati. Ma il giudice non ha accolto la loro richiesta e li ha rinviati a giudizio al 7 marzo.
 
Infine l'immobiliarista ex proprietario della Falck Luigi Zunino e il suo uomo di fiducia, l'avvocato Giovanni Camozzi (con loro anche il 're delle bonifiche' Giuseppe Grossi, però defunto) accusati, oltre che di corruzione, anche di false fatturazioni ed evasione fiscale, verranno giudicati dal Tribunale di Milano perchè il reato di false fatturazioni è più grave di quello di corruzione ed è stato commesso in territorio milanese.
Pasqualino Di Leva a Marco Magni erano stati arrestati per corruzione il 25 agosto 2011 e hanno trascorso entrambi circa 70 giorni di detenzione tra carcere e arresti domiciliari.
di Stefania Totaro

lunedì 29 ottobre 2012

Dopo di noi


Sarebbero destinate a finire nel cassonetto. Ancora perfettamente commestibili, ma prossime alla scadenza e quindi non più in vendita. Ma, grazie ad un progetto che vede collaborare diverse realtà del territorio, decine di prodotti sono recuperati ogni settimana e consegnati alle famiglie bisognose.
E’ questo ciò che, da un anno ormai, consente di fare il progetto “recupero del fresco” frutto della proficua collaborazione tra il Servizio sociale del Comune di Colorno, la cooperativa sociale “Dopo di noi” di Vicomero, impegnata nell’accoglienza e inserimento sociale di adulti disabili, e il punto vendita Coop di Colorno, grazie alla collaborazione con il Consorzio di Solidarietà sociale e alla sponsorizzazione economica della cooperativa Pro.Ges.
Il progetto consiste nel ritiro da parte dei ragazzi della “Dopo di noi” di prodotti freschi invenduti prossimi alla scadenza. Tali prodotti, ritirati due volte la settimana sono immediatamente consegnati al domicilio di famiglie bisognose del territorio, individuate periodicamente dal servizio socaile del Comune. Il ritiro e la distribuzione sono curati dalla “Dopo di noi” che impiega in quest’attività bisettimanale un operatore a turno e un ragazzo ospite della comunità.
Le famiglie complessivamente raggiunte fino ad oggi dal progetto sono 21 per un totale di 86 persone. “Questa iniziativa – hanno sottolineato il sindaco Michela Canova e l’assistente sociale Jessica Plodari – ha un valore sociale molteplice anche alla luce della situazione lavorativa ed economica attuale. Permette infatti di provvedere al bisogno di famiglie in difficoltà del territorio, evitare lo spreco di alimenti buoni e offrire alla cooperativa “Dopo di noi” opportunità di integrazione e riabilitazione per alcuni giovani disabili nello svolgimento di attività socialmente utili e gratificanti.”
Sul piano più strettamente economico il costo dei prodotti donati e non buttati dal punto vendita Coop ammonta a 4.569 euro soltanto per il primo semestre dell’anno in corso.
Articolo di Cristian Calestani – Gazzetta di Parma

Elezioni in Sicilia, primi exit poll: “A Palermo in testa i 5 Stelle”


Le previsioni diffuse da Palermoreport.it e rilanciate dalla tv locale Trm sono relative al solo capoluogo. Numeri ancora tutti da confermare, dai quali emerge il crollo di Pd e Pdl, intorno al 10% sul voto di lista. Lo spoglio lunedì mattina dalle 8


Il Movimento Cinque stelle in testa con oltre il 25% dei voti: sono i sorprendenti risultati che arrivano dai primi exit poll sulle elezioni regionali in Sicilia, relativi alla sola Palermo. I numeri, ancora tutti da riscontrare con lo spoglio che inizierà domani mattina alle 8 dopo la chiusura dei seggi avvenuta alle 22,  sono stati diffusi da “Palermoreport.it” e sono stati riportati in diretta dalla tv locale Trm. Il candidato del movimento ispirato da Beppe Grillo Giancarlo Cancelleri avrebbe il 27,46% dei consensi, un risultato – se confermato – oltre ogni attesa. 
Sempre a Palermo, Pdl e Pd sarebbero tracollati intorno al 10%. Nello Musumeci, candidato del partito berlusconiano, sarebbe al 23,25% contando anche i voti della sua lista personale e di Cantiere popolare. Rosario Crocetta arriverebbe al 21,4 sommando al voto per i democratici quelli di Udc e Api.
Sempre secondo gli exit poll di Palermoreport, Gianfranco Micciché (Grande Sud, Partito dei siciliani e Nuovo polo) a Palermo e provincia avrebbe ottenuto il 14,24% delle preferenze, precedendo Giovanna Marano, candidata di Sel e Idv, ferma al 9,76%. Tutti sotto l’1% gli altri candidati
Il Fatto Quotidiano

Una campagna per il diritto all'acqua in Europa

È partità a metà ottobre la raccolta delle firme online per l'Iniziativa dei cittadini europei per l'acqua pubblica. Obiettivo un milione di firme in almeno 7 Paesi, per chiedere il riconoscimento del diritto all’acqua all’interno della Costituzione dell’Ue

È partita la campagna per raccogliere un milione di firme, tra i cittadini di almeno 7 Paesi dell’Unione europea, per chiedere il riconoscimento del diritto all’acqua all’interno della Costituzione dell’Ue. 
La rende possibile proprio il Trattato di Lisbona, che ha istituito l’“iniziativa dei cittadini europei” (Ice), un nuovo strumento di partecipazione con cui la società civile può promuovere processi legislativi in seno alla Commissione europea. 
In Italia, dove la campagna è promossa daForum italiano dei movimenti per l’acqua e Funzione pubblica, la “soglia” minima da raggiungere è di 57mila firme. “Le firme possono essere raccolta anche on line. Noi puntiamo al mezzo milione -racconta Caterina Amicucci, che per Re:Common segue le attività del Forum-. Al momento, tuttavia, non è chiaro come la Commissione dovrà rispondere. Sappiamo bene che la Ce è, in realtà, il primo motore di iniziative di privatizzazione. Ma l’Ice è un’iniziativa concreta che ci permette di portare il ‘tema’ anche in alcuni Paesi dell’Est Europa”.  L’Ice è promossa a livello europeo dall’Epsu, l’Unione europea dei sindacati dei servizi pubblici. In Italia da metà ottobre è possibile firmare sul sito acquapubblica.eu ---

di Luca Martinelli Altreconomia

venerdì 26 ottobre 2012

ECCO I GIOVANI CHE AVANZANO. IL GIOVANE DARIO DI VARESE E’ UN OTTIMO ESEMPIO DELLA NUOVA CULTURA DI CUI ABBIAMO BISOGNO

DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
Libero pensiero

Era ora che i giovani si facessero largo.
Ma prima una breve premessa cronachistica.
Un paese di servi deferenti.
Questa è la sintesi della giornata di oggi riguardo l’annuncio di Berlusconi che ha dichiarato di non ricandidarsi alle prossime elezioni.
Intendiamoci, non è una novità scoprire che questo paese sia composto in larga misura da persone servili.
La classe politica e la cupola mediatica mainstream, ha definito “l’atto politico” di Berlusconi con le stesse modalità, cambiando qua e là soltanto i verbi e gli aggettivi.

Da “generoso atto di responsabilità” a “persona intelligente che prende atto di”, da “se ne va prendendo atto del crollo del suo partito” a “un passo indietro per lanciare le primarie”, alcuni arrivando addirittura  a definirlo “un atto coraggioso”. Il fine, fin troppo ovvio, consiste nel chiudere il ventennio berlusconiano con un” tarallucci e vino” che regali totale amnistia agli attuali rappresentanti in parlamento. Va da sé, opposizioni comprese. E quindi, imbavagliando la magistratura che – pro bono sua- comprenderà l’antifona e proporrà un italiota “facciamo di necessità virtù” decidendo di stendere un velo pietoso su vent’anni di ladrocinio, lanciando un indulto non dichiarato. Tana libera tutti.  Due uniche eccezioni, di segno opposto, entrambe attendibili, anche se per motivi diversi.

Sono, il suo migliore amico politico, Umberto Bossi e il suo migliore nemico politico, Antonio Padellaro.
Bossi, infatti, ha dichiarato più o meno così: siete un branco di scemi, non si è affatto ritirato e ci siete tutti cascati come pere cotte, sta sempre lì, dietro le quinte, perché deve salvarsi il culo.
Padellaro, dal canto suo, ci ha spiegato invece: ma quale atto responsabile! Berlusconi è scappato via a gambe levate per evitare il peggio, si tratta di una vera e propria fuga. Che poi, fuga non è, dato che rimane senatore e in parlamento potrà seguitare a operare per salvarsi e salvaguardare i tanti processi che lo attendono. E l’editoriale sul suo quotidiano cartaceo titola, oggi, “Berlusconi scappa via”.

Pochissimi, per non dire quasi nessuno (neanche una striscetta su facebook, neppure accennata anche tra i più livorosi con la bava alla bocca) ha sottolineato alcune connessioni degli ultimi giorni, ovverossia il crollo verticale delle azioni di Mediaset in borsa, le analisi finanziarie sui bilanci delle sue aziende in prospettiva (tutte negative), il crollo del fatturato in pubblicità, perché non esercitando più il potere esecutivo ha dovuto vedersela con la realtà del mercato (dimostrando quindi di essere un pessimo amministratore e un imprenditore di livello minimo, incapace di produrre profitto, perché sta collezionando soltanto debiti). Tutti questi dati messi insieme e incatenati al fatto che venerdì 26 ottobre 2012, verso le ore 17, è attesa, dopo diversi giorni di camera di consiglio, la sentenza del Tribunale di Milano dove lui risulta imputato insieme a Fedele Confalonieri sotto l’accusa di falso, truffa aggravata, appropriazione indebita e altri reati finanziari legati a Mediatrade e all’acquisizione impropria di diritti cinematografici e televisivi ma, soprattutto, la truffa della tripla fatturazione tra Fininvest/Mediaset/Rai. Il processo più importante in assoluto tra tutti quelli in corso, perché va a toccare la spina dorsale del sistema italiano della corruttela nel campo dell’informazione mediatica. Il p.m. ha chiesto 3 anni di galera.

Tutto qui. Questa era la notizia vera.

In un momento come questo, qualunque fosse stato l’esito della sentenza, si sarebbe rivelato un’ atroce batosta per il centro-destra. Se assolto, sarebbe insorta parte dell’opposizione, se ne sarebbe parlato, l’implosione del suo partito sarebbe aumentata fino al punto della deflagrazione e ci sarebbe stata più di una personalità politica a chiedere la sua testa. Se condannato, si sarebbe creato un crollo verticale della Regione Lombardia, il coinvolgimento di diverse persone pronte a confessare di tutto pur di non andare in galera e saremmo entrati nella vera Tangentopoli. Sarebbero saltate diverse teste in Rai e sarebbero andate in fallimento almeno un centinaio di micro-società mediatiche legate a quell’osceno scandalo.
E invece, tutti insieme hanno trattato, la Vera Concertazione Italiana, le Parti Sociali che in questa nazione, ahimè, contano davvero: il governo in carica, i segretari dei partiti, le fondazioni bancarie. Se tutti questi soggetti si mettono d’accordo, la magistratura italiana prende atto delle circostanze e si adegua. 
Anche nel caso, domani sera, venisse condannato, il tutto diventerebbe una “notizia diversa” facilmente usabile in forma manipolatoria dalla destra conservatrice, perché Berlusconi verrebbe presentato come autentica vittima sacrificale di chi cerca la vendetta dopo la resa e l’abbandono, alzando il livello dello scontro e ricattando il governo sotto la minaccia del ritiro della fiducia. Se viene assolto, si dà il via libera alla criminalità organizzata (come al solito) perché arriva il segnale chiaro e forte al mondo degli affari: violate pure la Legge, commettete pure ogni forma di reato patrimoniale, tanto poi arrangiamo la faccenda politicamente. 
Domani sono attese anche altre due sentenze: una relativa a Nichi Vendola, per il quale i p.m. hanno chiesto 20 mesi di condanna; l’altra a Catania: imputato il coniuge della senatrice Anna Finocchiaro, il quale avrebbe usufruito di appalti compiacenti da parte dell’ex presidente Lombardo senza avere, pare, né le carte in regola né rispettato i parametri legali né tantomeno aver presentato neppure domanda. 

Nessuno di questi  procedimenti ha avuto risalto né sul web né su facebook, dove ormai si fanno duelli tra sette religiose e si assiste a faide tra gruppi movimentisti su questioni di macro-.economia o su presupposti complotti di varia natura, mentre nessuno segue (questo vuol dire AVER SOTTRATTO IL SENSO) le pratiche correnti, ciò che accade nel mondo della realtà contingente, nessuno segue più la vera cronaca dello scontro tra magistratura e politica, tra mondo corrotto degli affari e Stato di Diritto, tra privilegio garantito dai partiti e applicazione del principio etico-giuridico in base al quale la Legge è uguale per tutti.
Ho controllato dovunque gli ultimi 82 giorni lavorativi, quelli durante i quali questi  processi si sono svolti regolarmente passando da udienza a udienza. Poche righe. Un  accenno in qualche talk show. Business as usual in Italy.
E’ una prova lampante della totale complicità consociativa tra governo, partiti, affaristi di dubbia reputazione, e cupola mediatica. 

Nessuno ci informa più su ciò che accade, tanto meno i partiti perché i loro esponenti più importanti ne sono coinvolti, e si sa come funziona l’Italia: quando va sotto un guelfo è sempre una congiura dei ghibellini. E viceversa. Con le tifoserie appresso dotate di fischietti, gonfaloni, bandiere, e liste da firmare.
Ci vuole un cambiamento di mentalità. 
Ci vuole una rivoluzione generazionale.
E va da sé, soltanto i giovani possono operarla.



Oggi, ho avuto la bellissima sorpresa di vedere, finalmente e per la prima volta dopo tanto, troppo tempo, un giovanotto in grado di cambiare le cose, perché in grado di coniugare la Cultura con la Politica e comunicare in maniera semplice, ancorchè complessa, la realtà della situazione italiana,  portando avanti un discorso di pensiero in maniera divulgativa, comprensibile, fruibile da chiunque. Ma soprattutto pieno di Senso.

Il ragazzo è settentrionale, viene da Varese.
Si chiama Dario.
Davvero una lieta sorpresa, perché si è verificato nel mainstream televisivo.
E’ accaduto nel corso di una trasmissione mattutina, coffee break, condotta da 
Vaime (e già solo per questo è da segnalare come diversa) e da Tiziana Panella, una delle  più intelligenti  presenze femminili nel campo della professione mediatica in video, che va in onda dalle 9.50 alle 10.40 sull’emittente La7. 
Hanno introdotto Dario e dopo aver parlato dell’attuale situazione in Italia, gli hanno chiesto la sua opinione.
Ecco che cosa ha risposto il ragazzo alla richiesta di Tiziana Panella di commentare la frase di Monti, quando dice che il governo si è “dovuto” comportare in maniera brutale con i cittadini.

La racconto a modo mio.
Dario ha detto: “Brutale? Direi proprio di no. Non credo proprio sia il termine giusto”. 
Sconcerto tra i conduttori.
Dario ha fatto una breve premessa per chiarire l’importanza dell’uso del linguaggio e dei media, che sembra essere uno dei suoi cavalli di battaglia (come per ogni giovane che si rispetti, oggi). E poi ha proseguito con un tono mite, mai aggressivo: “Vede, nella nostra bella lingua italiana, così ricca e variopinta, noi usiamo il termine “brutale” che è un aggettivo di derivazione latina. Viene da Brutus, un antico romano. Costui era un uomo molto severo, poco dedito a compromessi. Allora, nell’antica civiltà romana, lui era venuto a sapere che i suoi figli avevano compiuto dei gravi misfatti, ed era rimasto orripilato per ciò che la sua figlianza aveva commesso. E così pensò che dovevano essere puniti con grandissima forza. E allora li uccise. Quindi, la parola “brutale” va riferita ad un atto violento che si esercita in maniera estrema al fine di comminare una punizione perché è stato commesso un atto riprovevole”. A questo punto si è interrotto un attimo (ha il fiato un po’ corto, forse fuma troppo) e poi ha ripreso: “Io davvero non vedo niente di brutale, quindi, in tutto ciò che fa questo governo. Brutale? Perché mai? Non penso proprio”.

La giornalista era perplessa. Ma poi lui ha aggiunto: “Non sono brutali proprio perché colpiscono persone che non hanno commesso niente; non sono brutali perché chi è colpito non ha colpe e quindi non meriterebbe nessuna punizione. Questi danno mazzate. Il che, in italiano, è diverso. Questi qui, usano la mazza. Colpiscono chi non ha colpa, chi è debole, chi è fragile, chi non può difendersi, chi non ce la fa più già di suo, chi ha molto poco o quasi nulla. Sono mazzate, creda a me. La brutalità è legata, invece, alla colpa. Questi colpiscono gli innocenti”.
E poi ha iniziato a parlare con argomentazioni sensate della situazione attuale dei cittadini italiani.
Ciò che mi ha colpito è stato il tono diverso. L’uso di argomentazioni colte mescolate all’autenticità della narrativa esistenziale, con una voce dolce, ammaliante, senza essere mai aggressivo, né tantomeno sgarbato. Semplicemente avvolgente.
E’ stato come sentirsi di nuovo a casa. Come aver ritrovato una coperta calda.
Quel ragazzo, credete a me, ha un grande futuro davanti a sé.
Si vede che conosce molto bene la comunicazione, altro che Gori.
Questo è il ricambio che ci vuole, questi sono i giovani che devono parlare.
Il ragazzo di Varese si chiama Dario Fo.
All’anagrafe, mi dicono, ha 86 anni.
Ma io so che non è vero: è un trucco dei rettiliani, è un complotto pluto-giudaico-massonico per farci credere che è vecchio e quindi va, automaticamente, rottamato. E’ falso.
Dario è un ragazzo italiano di Varese.
E’ la voce di chi sa parlare con l’intelligenza del cuore e con la Cultura che non gli deriva da un suo Status, ma proviene da uno stato naturale della sua spiritualità esistenziale.
E’ il nuovo che avanza.
Il ricambio ci sarebbe ma, purtroppo, non è fruibile.

Sergio Di Cori Modigliani
Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2012/10/ecco-i-giovani-che-avanzano-il-giovane.html
25.10.2012 

Rassegna Settegiorni


In tv per sfidare ai fornelli lo chef Alessandro Borghese
Due bareggesi in tv per sfidare ai fornelli il cuoco-star Alessandro Borghese . Celebre grazie ...

Ha accusato il consiglio di legami mafiosi? Il sindaco potrebbe avere i giorni contati
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Prima ancora di sottoscrivere la richiesta di consiglio comunale a porte chiuse la Lega Nord ...

«Io amo Bareggio» lancia Catturini Per quanto concerne le alleanze, «col Pdl abbiamo lavorato bene, ma devono ritrovare l'unità  »
L'assessore Giuseppe Catturini candidato sindaco L'hanno proposto durante l'assemblea di sabato 20 ottobre i componenti ...

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Domani sabato 27 ottobre la Lega Nord inaugura la nuova sede di via IV Novembre. ...

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Se domani sabato 27 ottobre vedete del fumo uscire dal palazzo comunale di piazza Cavour ...

giovedì 25 ottobre 2012

TELEFONINI, TUMORI E LA SCONCERTANTE FLEMMA DEL MINISTERO


Dopo la sentenza della Cassazione, che ha confermato il potenziale rischio legato all'uso dei cellulari, risulta inspiegabile la sottovalutazione del fenomeno da parte del Ministero della Salute, che dovrebbe avviare al più presto una campagna informativa



Unomattina ha fatto un approfondimento sulla pericolosità dei telefonini. Partendo dallasentenza della Cassazione che dà ragione a Innocente Marcolini, il manager bresciano che per lavoro stava attaccato a cordless e cellulari per 5-6 ore al giorno per dodici anni. È la prima sentenza definitiva in Italia - e per quanto consti, al mondo - a stabilire questo rapporto di causalità. È una notizia così grossa che ho passato parte del fine settimana a rispondere a esperti, attivisti e giornalisti esteri che volevano capire meglio le sue implicazioni. 

Il servizio della Rai era impeccabile. L'ospite in studio era Paolo Rossi, del ministero della salute, che anch'io ho intervistato nel libro in cui racconto diffusamente la storia di Marcolini. Con una calma preternaturale il dirigente ha dichiarato che ci sono migliaia di studi che negano il pericolo (salvo poi correggersi e dire che solo 80 riguardano i cellulari) e che la cosa più onesta da dire è che la scienza tranquillizza su questo punto. Non è affatto la cosa più onesta da dire. Così, quando gli ho ricordato che a novembre il Consiglio superiore di sanità (Css) ha emanato un parere che diceva, in buona sostanza, che non bisogna fare un uso indiscriminato del cellulare, che i bambini devono limitarlo ai casi di necessità e che il ministero avrebbe dovuto avviare una campagna di sensibilizzazione per far capire a tutti queste cose, Rossi ha ammesso che il ministero voleva farla, questa campagna, ma non aveva soldi e la farà a gennaio.

Ora, io adesso mi metterò a fare la "lista della spesa" di quel che il ministero ha fatto in questi mesi, per vedere se c'erano cose molto più urgenti che avvertire la popolazione del rischio di portari alla testa un apparecchio che, come ricordava il conduttore Franco di Mare, è usato dalla totalità della popolazione e da una fetta crescente di bambini.

Aggiungo che, dopo mesi di totale inattività rispetto all'allarme del Css, proprio il 18 ottobre, quando usciva la notizia della sentenza della Cassazione, il ministero ha messo sul proprio sito una specie di piccolo dossier sui rischi del telefonino. Anche qui, stupefacentemente, ridimensionandoli. Un esempio per tutti, il trattamento del parere del Css:

1) Così lo riassume il Ministero sul sito

ministero.png

2) Così si è espresso il Css nel suo documento che il ministero si è ben guardato dal far circolare:

ministero2.png

Vi sembra la stessa cosa? Nella versione edulcorata del Ministero non si parla di usare auricolari, non si dice di limitare l'uso ai bambini ai casi di necessità, e così via. Vi sembra che trasmetta la stessa pericolosità? A me no, ed è molto grave.

Concludo citando un altro ospite di Unomattina, l'oncologo Franco Tirelli, che ha buttato altra acqua sul fuoco dicendo che anche un suo parente aveva avuto un neurinoma dell'acustico, malattia che esisteva anche prima del cellulare (?!?) e che un grosso studio americano non aveva riscontrato un aumento di casi nella popolazione. Non c'è stato tempo per ribattergli che questi tumori hanno una latenza anche di 30 anni e che gli studi di incidenza sulla popolazione sono drammaticamente troppo precoci per dare risultati apprezzabili. Ma è possibile che un oncologo di fama non lo sappia? Ed è possibile che un dirigente del ministero dica che quando la maggior parte della scienza nega il rischio quando è vero esattamente il contrario, come ho documentato in un libro di 350 pagine senza aver ricevuto la benché minima smentita? A un certo punto uno degli scienziati intervistati dice: "Stiamo assistendo al più grande esperimento epidemiologico a cielo aperto della storia. Peccato che le cavie siamo tutti noi". Io credo, come gli chiede da novembre scorso il Consiglio superiore di sanità, che il ministro Renato Balduzzi dovrebbe battere al più presto un colpo su questo tema. Piuttosto che doverlo fare retrospettivamente, quando è ormai troppo tardi, come succede oggi con il caso di Taranto.

Dal blog di Riccardo Staglianò 

Kyoto: l'Europa supererà l'obiettivo, ma l'Italia no


Da Qualenergia
Nel 2011 le emissioni europee sono scese del 2,5%. L'Europa a 15 è a meno 13,5% rispetto al 1990 e dunque supererà il target di riduzione delle emissioni cui si è impegnata con il protocollo di Kyoto: meno 8% entro fine anno. Ma alcuni Stati, tra cui l'Italia, sono in ritardo. Gli ultimi dati dell'Agenzia Europea per l'Ambiente.
L'Europa supererà il target di riduzione delle emissioni cui si è impegnata con il protocollo di Kyoto, scendendo dell'8% rispetto ai livelli del 1990 entro fine anno, anche se alcuni Paesi, tra cui l'Italia, sono ancora in ritardo rispetto ai propri obiettivi nazionali e così dovranno pagare. Anche verso l'obiettivo comunitario – meno 20% al 2020 – la strada dell'Unione sembra relativamente in discesa: in uno scenario senza sforzi aggiuntivi per quell'anno, si arriverebbe a meno 19%. Si stima che metà degli Stati membri riuscirà a superare i propri obiettivi nazionali solamente con le riduzioni di CO2 attuate "in casa".
Nell'ultimo anno, infatti, complice un inverno mite e una crescita economica modesta, le emissioni europee sono diminuite di un ulteriore 2,5%. Lo dicono gli ultimi dati dell'Agenzia Europea per l'Ambiente (EEA) raccolti nel report ‘Approximated EU greenhouse gas inventory: early estimates for 2011’ (vedi allegato, pdf) che va ad aggiornare il documento che registra l'andamento delle emissioni ‘Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2012’ (altro allegato, pdf).
Dal 1990, a fronte di una crescita complessiva del Pil del 48%, le emissioni della UE a 27 si sono ridotte del 17,5% (aviazione internazionale esclusa). Quelle della UE a 15 (che ha firmato il Protocollo di Kyoto) sono scese del 13,5%.
Dal 2010 al 2011, con una crescita del Pil dell'1,5%, le emissioni dell'Europa a 27 si sono ridotte appunto del 2,5% (del 3,5% considerando la UE a 15), soprattutto grazie al settore residenziale e commerciale. I gas serra emessi dai settori coperti dall'Emission Trading Scheme europeo (ETS) – industrie energivore e produzione elettrica - sono infatti scesi dell'1,8% contro il meno 3% di quelli esclusi.
Le riduzioni più marcate nell'ultimo anno (vedi immagine sotto, clicca per ingrandire) si riscontrano a Cipro (-13% avendole però aumentate del 43% dal 1990) e in Belgio, Finlandia e Danimarca (-8%). A livello assoluto il calo più rilevante sono i 36 milioni di tonnellate di CO2 equivalente emessi in meno in Gran Bretagna, seguiti dai 24 della Francia e dai 17 Mton della Germania.

In Italia le emissioni nell'ultimo anno sono diminuite del 2,2%, pari a 11 milioni di tonnellate di CO2eq, e dal 1990 sono scese del 5,6%, per 29 milioni di tonnellate. Siamo dunque indietro rispetto all'obiettivo nazionale per Kyoto: -6,5% rispetto al 1990 entro la fine del 2012 (sotto le riduzioni nei vari Paesi dal 1990, clicca per ingrandire).
Come dett,o sono scese nettamente le emissioni nei settori esclusi dall'ETS: -3% considerando tutta l'Unione Europea e -3,8%, contando solo l'Europa a 15. Si è dunquesulla strada per superare l'obiettivo per la prima fase di Kyoto, anche se alcuni singoli Stati non stanno tagliando abbastanza e resta da vedere quanto dovranno far ricorso a quei crediti esterni che potranno ottenere fino al 2015, per raggiungere gli obiettivi nazionali. Alcuni Paesi - fa notare l'EEA con riferimento esplicito all'Italia - devono ancora dotarsi di un piano adeguato per ottenere questi crediti.

mercoledì 24 ottobre 2012

L'ITALIA DEI CORROTTI


Intervista a Marco Cobianchi - 23 ottobre 2012

Il problema non è stabilire nuovi reati, ma far funzionare la macchina della giustizia

L'ITALIA DEI CORROTTI

Marco Cobianchi ha da poco pubblicato per Chiarelettere l'eBook "Nati corrotti", un libro che racconta storia e numeri della corruzione in Italia. A lui abbiamo chiesto un commento sulle mosse del Governo per contrastare il fenomeno e sull'ennesima classifica che vede l'Italia ai primi posti al mondo per corruzione.
Quello che penso è che non si diventa onesti per decreto e neanche per Disegno di Legge. voglio dire che o la corruzione è una questione che tutti gli italiani sentono come urgente, quindi la combattono ognuno nel proprio ambito, oppure non sarà una legge a cambiare lo Stato delle cose, questo è il primo punto.
Secondo punto: scrivendo "Nati corrotti" mi sono accorto che il problema vero della lotta alla corruzione non è il numero dei reati o la tipologia del reato, non è aggiungendo reati perseguibili che si combatte la corruzione, perché non è che prima del Ddl Severino chi corrompeva o chi veniva corrottonon poteva essere perseguito. Se non ha mai pagato, se i corrotti non pagano, è perché la macchina della giustizia non funziona. Questo è nella storia della giustizia italiana, nella storia dei grandi scandali che hanno attraversato l'Italia. Se nessuno paga la colpa è della giustizia che non funziona, soprattutto la responsabilità è della prescrizione. Faccio soltanto un esempio di uno scandalo di cui tutti ci siamo dimenticati. Lo scandalo dell'Ingic. La Ingic era una società (siamo nel 1956) che riscuoteva i tributi, le tasse, un po' come oggi Tributi Italia. Nel 1956 si scoprì che aveva pagato centinaia di politici per vincere gli appalti. Nel processo si arrivò a 1183 persone inquisite. Nel 1975 vennero tutti prosciolti.
Quindi il problema non è aumentare il numero dei reati, ma fare in modo che la giustizia funzioni e che chi è stato corrotto, chi si fa corrompere, chi viene accusato di peculato, possa essere giudicato in tempi molto brevi perché il vero nemico della giustizia, quando si parla di corruzione, è la prescrizione.
Su questo il Dl Severino, secondo me, fa ben poco perché la storia italiana dice che bisognava agire su altri fonti, su altri punti.

Il rapporto che pone l'Italia ai vertici mondiali della corruzione equivale a quello che ho usato per raccontare la storia della corruzione nei 150 di unità d'Italia che è l'indice della corruzione. Si tratta di un indice che viene elaborato ogni anno dall'Istat, addirittura dal primo anno dell'unità d'Italia fino a oggi. Quindi ogni anno l'Istat elabora questo indice della corruzione che rileva il numero di denunce degli italiani per reati di questo tipo.
La cosa che mi ha colpito moltissimo è che durante il fascismo, esattamente nel 1928, si è raggiunto in Italia il picco di denunce per corruzione, che non è stato raggiunto neanche durante gli anni di tangentopoli. Oggi invece il numero di denunce, il numero di italiani che denunciano persone corrotte, è a un livello molto basso.
Un altro dato impressionante è che tra il 1983 e il 2002 - e quindi stiamo parlando di 20 anni - ci sono province in Italia nelle quali non è stata emessa neanche una sentenza di corruzione. Questo significa che il problema non è stabilire nuovi reati, ma far funzionare la macchina della giustizia!
Cado in piedi

Oggi è la Giornata Mondiale delle Nazioni Unite


Il 24 ottobre 2012 è una data cruciale per le Nazioni Unite: in questa giornata, infatti, si celebra in tutto il mondo l’entrata in vigore della Carta ONU, avvenuta nel 1945.

Per celebrare propriamente questa storica ricorrenza, in tutte le principali città degli Stati membri sono previste celebrazioni, manifestazioni e incontri.

Oltre agli incontri ufficiali, come ogni anno le Nazioni Unite hanno voluto coinvolgere soprattutto i cittadini e la società civile durante le celebrazioni. Per questo motivo, domenica 21 ottobre 2012 diverse città europee hanno ospitato numerosi eventi. Tra questi, UNRIC Italia ha partecipato ad una giornata di musica, giochi e informazione sulle Nazioni Unite, che si è svolta nel cuore di Bruxelles, la Grand Place.

Il 24 ottobre, invece, si terrà una celebrazione ufficiale presso l’emiciclo del Parlamento Europeo.

In Italia, prendendo spunto dall’iniziativa lanciata dal Segretario Generale Ban Ki-Moon il 26 settembre 2012, il Centro Servizi Globale/UNLB di Brindisi, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale della città di Brindisi, ha organizzato il concerto“Education First”, che si terrà presso il Nuovo Teatro Verdi di Brindisi il 29 ottobre.

Nel suo messaggio ufficiale in occasione di questa importante ricorrenza Il Segretario Generale Ban Ki-moon ha posto l’accento nel suo discorso ufficiale in occasione di questa ricorrenza sul fatto che, proprio durante il difficile momento storico che stiamo vivendo, caratterizzato da profondi disordini e insicurezza globale, è più che mai necessario lavorare per la pace, i diritti umani e lo sviluppo.

Leggi il Messaggio del Segretario Generale (in allegato).

Ecomafia SPA


La corruzione inquina, qui più che altrove. Tra il primo gennaio 2010 e il 30 settembre 2012 si contano «78 inchieste relative a episodi di corruzione connessi ad attività dal forte impatto ambientale». Di questi, quindici sono in Lombardia, capofila in Italia. Terza, dopo Calabria e Piemonte, per numero di persone arrestate: 209 su 1.100.
ZONA GRIGIA - Santa Giulia, Cerberus, Buccinasco più, Parco Sud, mancate bonifiche, case edificate sulle sostanze tossiche, movimento terra gestiti dalla ‘ndrangheta, linee ferroviarie riempite di scorie. E dietro a tutto questo, nella «zona grigia», amministratori pubblici, rappresentanti politici, tecnici del Comune, addetti ai controlli, colletti bianchi che timbrano e autorizzano, chiudono un occhio o insabbiano. In cambio di mazzette o di benefit, vari e fantasiosi.
RAPPORTO - Si presenta il Rapporto regionale Ecomafia 2012 per la prima volta «nella sala più bella di Palazzo Marino», mette in evidenza il sindaco Giuliano Pisapia. Ma si cita anche il Dossier nazionale sulla corruzione da poco stilato da Libera con Legambiente e Avviso pubblico. Le cifre mescolate risultano gravi per la Lombardia, che si conferma prima regione del Nord (ottava in Italia) per numero di reati contro l’ambiente: 1.600. Nel settore del ciclo illegale dei rifiuti scala addirittura la classifica: con 340 infrazioni è quarta. Nessun miglioramento nel ciclo del cemento, saldamente in mano alla ‘ndrangheta. Per un guadagno complessivo ai danni del territorio lombardo e della salute dei residenti di 450 milioni di euro, su 9,4 miliardi in Italia, spartiti tra i personaggi più diversi, spesso insospettabili.
INTRECCIO - Tutto si tiene oggi nel Paese in crisi: criminalità organizzata, corruzione, ecomafia. «I mali d’Italia», osserva Anna Canepa, magistrato della Direzione vazionale antimafia. In questo intreccio, spiega, gli sfregi all’ambiente sono spesso dei «reati spia»: scavi in un terreno che non è stato ripulito dai veleni industriali, scopri tangenti e ‘ndrangheta. A maggior ragione in Lombardia, «con le sue contraddizioni: la regione più ricca, con Milano «capitale morale>, in cui la democrazia è in svendita, 50 euro invece di 80 (riferimento all’inchiesta sulla compravendita di voti nella quale è indagato un assessore regionale, ndr) . La cronaca quotidiana riferisce del coinvolgimento di politici lombardi in procedimenti giudiziari…».
REATI - «Il reato ambientale non è più fine a se stesso», continua su una linea analoga l’avvocato Ilaria Ramoni, referente provinciale di Libera. «È un tassello di un disegno criminoso più ampio». «Quello che emerge come novità», aggiunge Sergio Cannavò, responsabile Ambiente e legalità di Legambiente Lombardia, «è la presenza costante di amministratori pubblici e politici» negli affari sporchi delle ecomafie. Più spaventosi di quelli delle mafie, dice il sindaco (suscitando la reazione del consigliere comunale Manfredi Palmeri: «Una gaffe, dimentica le vittime degli attentati»). «I dati forniti da questi rapporti sono terrificanti», è la posizione di Pisapia. «Emerge, però, anche la volontà di un cammino comune per sconfiggere la mafia e soprattutto l’ecomafia, che alla fine rischia di creare più morti della mafia che spara. Perché attacca l’aria, l’acqua, il suolo. Crea danni alla salute, che purtroppo si vedono troppo tardi. È importante allora informare», continua, «in modo che ci sia quella partecipazione che può partire dai cittadini». Avvocato, già presidente della Commissione per la riforma del codice penale nella penultima legislatura, Pisapia sa (e lo marca) che nel contrasto alle ecomafie sono necessari strumenti normativi adeguati, come sottolineano anche Canepa e tutti gli altri relatori. Primo, eterno, punto: l’inserimento dei reati ambientali nel codice penale. Una riforma ancora pendente nonostante le sollecitazioni di Bruxelles.
Alessandra Coppola – Corriere della Sera Ambiente

martedì 23 ottobre 2012

LA VERITA' E' CHE IL DENARO NON VALE NIENTE

DI MASSIMO FINI

Come hanno reagito le leadership occidentali alla crisi iniziata col tracollo dei ‘sub-prime’ americani del 2008, poi estesasi rapidamente in mezzo mondo e che peraltro bolliva rumorosamente in pentola da molto tempo (collasso del Messico, 1996, delle ‘piccole tigri’, 1997, default dell’Argentina, 1999) ? 

Immettendo nel sistema altro denaro attraverso una serie di triangolazioni fra Fed, Fmi, banche, Bot, che altro non sono che una partita di giro.

Tradizionalmente le funzioni del denaro sono quattro:
1) Misura del valore; 
2) Intermediario nello scambio;
3) Mezzo di pagamento;
4) Deposito di ricchezza. 
Niente da dire sulle prime tre. Ma togliamoci dalla testa che il denaro sia ricchezza o che la rappresenti. Da questo punto di vista il denaro non è nulla, un puro nulla. Se ne accorsero gli spagnoli agli albori del XVII secolo quando, dopo aver rapinato agli indios d’America tutto quanto potevano d’oro e d’argento (la moneta dei tempi in Europa), si trovarono più poveri di prima. 

Nel suo Memorial del 1600 Gonzales de Collerigo scrive con icastica lucidità: “Se la Spagna è povera è perché è ricca”. E Pedro de Valencia nel 1608: “Il male è venuto dall’abbondanza di oro, argento e moneta, che è stato sempre il veleno distruttore delle città e delle Repubbliche. Si pensa che il denaro è quello che assicura la sussistenza e non è così. Le terre lavorate di generazione in generazione, le greggi, la pesca, ecco quel che garantisce la sussistenza. Ciascuno dovrebbe coltivare la sua porzione di terra e quelli che vivono oggi della rendita e del denaro sono gente inutile e oziosa che mangia quello che gli altri seminano”

Si dirà che sono balbettii di economisti alle prime armi, ancora culturalmente ed emotivamente legati al mondo medievale in cui il denaro, oltre ad avere scarsa circolazione, fu sempre tenuto in gran sospetto. Ma Sismondi, che è attivo due secoli dopo, quando l’economia classica, con Smith, con Ricardo, con Malthus, con Say, ha già fatto irruzione nella Storia e si è imposta come scienza, scrive: “Aumentando il numerario di un paese senza aumentarne il capitale, senza aumentarne il reddito, senza aumentarne il consumo, non lo si arricchisce, non se ne stimola il lavoro”. E per capitale Sismondi intende terra, bestiame, strumenti, lavoro, abitazioni, cioè beni materiali. 

Nel 1929 gli americani che avevano investito nella Borsa di New York si credevano ricchissimi, ma bastò che qualcuno non credesse più nel valore di quelle azioni (che, in quanto credito, sono denaro a tutti gli effetti), trascinando a valanga gli altri, perché quella ricchezza si rivelasse per ciò che era: carta straccia. 

Il valore di una mucca invece, per quanto possa variare, non può essere ridotto a zero, ci ricaverò sempre del latte o, alla mala parata, ne farò bistecche. 

Dell’inconsistenza del denaro si era già reso conto Aristotele che nella Politica scrive: “La moneta... è una semplice convenzione legale senza alcun fondamento in natura, perché cambiato l’accordo fra quelli che se ne servono, non ha più valore alcuno e non è più utile per nessuna delle necessità della vita e un uomo ricco di denaro può mancare del cibo necessario. Strana davvero sarebbe una ricchezza che pur se posseduta in abbondanza lascia morire di fame, come il mito tramanda di quel famoso Mida”

Massimo Fini
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
20.10.2012

lunedì 22 ottobre 2012

I custodi dei saperi


Ci sono piccole storie, in questa nostra povera Patria, che scaldano il cuore e regalano un po’ di speranza a chi ha voglia di continuare a lottare. Una di queste piccole storie si svolge in Lunigiana e ha come protagonisti 14 ragazzi che nella vita vorrebbero fare agricoltura e produrre cibo e 12 loro “maturi” conterranei che per tutta la vita si sono occupati di agricoltura e cibo.
La Lunigiana è un posto qualsiasi dell’Italia, nel senso che come quasi ogni angolo del nostro Paese ha una storia importante alle spalle e un futuro incerto davanti; è stata terra d’emigrazione e ancora oggi fa i conti con giovani che vogliono andarsene e anziani che non sanno a chi consegnare i saperi di una vita. In Lunigiana, come in tutto lo stivale, c’è una gastronomia ricca e un territorio di grande bellezza, definito dall’uomo nei secoli attraverso le proprie attività, agricoltura e pastorizia in primis. Ci sono però terreni incolti e abbandonati e una impermeabilizzazione dei suoli che procede imperterrita come la peggiore delle malattie.
La Lunigiana, come l’Italia tutta, è un territorio al bivio: apparentemente rassegnato a non prendere in mano il proprio destino e a subire le decisioni che altri, altrove, prenderanno; ma con la possibilità di cambiare ancora il corso (in)naturale degli eventi.
Mettendo insieme tutti questi ingredienti, un gruppi di amici che da qualche anno si raccoglie attorno alla locale Condotta di Slow Food, ha fatto nascere un “corso per il recupero delle professioni agricole tradizionali”. Semplice l’idea: prendiamo i custodi dei saperi agricoli e alimentari del nostro territorio e chiediamo loro di farsi “maestri”; cerchiamo dei giovani che non vogliono scappare e sognano di mettere le mani nella terra e in pasta e chiediamo loro di essere “allievi”.
Trovare i maestri non era un problema: Alberto per la cottura nei testi, Lauro per il miele, Orazio per la vite e l’olivo, Luciano per i piccoli frutti, e tutti gli altri, erano complici del progetto sin dalla prima ora. Più complicata, all’apparenza, la ricerca degli studenti: non si volevano solo dei giovani ma si cercavano ragazzi davvero disposti ad avviare attività imprenditoriali collegate ai saperi acquisiti durante il corso.
Il buon Marco, capitano di tutto il progetto, ha condotto colloqui con decine di candidati prima di selezionare i 14 partecipanti, che hanno seguito due lezioni settimanali per ben 10 mesi, affinando strada facendo i propri obiettivi e giungendo a definire, ora che con la fine di ottobre si avvicina la conclusione del corso (i diplomi verranno consegnati loro durante il prossimo Salone del Gusto e Terra Madre, a Torino, dove avranno anche la possibilità di raccontare questa storia), il progetto su cui intendono investire la propria vita lavorativa.
E così Lorenzo e i due Mattia stanno aprendo una nuova partita iva per impegnarsi nel recupero di uliveti e terreni agricoli per la semina di grano di varietà autoctone, che sarà poi utilizzato per la produzione degli autentici testaroli pontremolesi attraverso il ripristino (già effettuato) di una cucina “nera” storica con annesso nuovo laboratorio. E produrranno anche miele, come pure Francesco, che si dedicherà anche ai piccoli frutti.
Anche Paolo, che ha già una laurea in agraria alle spalle, sta lavorando al recupero di uliveti per la produzione di olio, da abbinare alla produzione di piccoli frutti.
Miele, piccoli frutti e testaroli per Daniele, che recupera un’altra cucina “nera” storica con aggiunta di nuovo laboratorio.
Emanuele ha già iniziato i test per avviare la sua produzione di birra artigianale e a breve acquisterà un impianto professionale. Anche Alessandra e Fabrizio faranno squadra e si occuperanno di coltivare grano da varietà autoctone per produrre i testaroli in una cucina “nera” recuperata.
Speriamo che presto anche gli altri partecipanti al corso (Filippo, Paolo, Silvia, Giulia, Gregorio), che intanto studiano all’università, possano definire il loro progetto e completare il successo di questo piccolo miracolo figlio della buona volontà e dell’amore per la propria terra.
Intanto i volontari della Condotta Slow Food non si fermano: sono a caccia di terreni incolti da mettere a disposizione degli aspiranti agricoltori e dopo averne scovati alcuni tra amici e conoscenti, sembra siano andati a bussare anche alle porte della Curia…
Di Roberto Burdese – “Il Fatto Quotidiano