venerdì 27 settembre 2013

La PerugiAssisi con Papa Francesco

Si svolgerà domenica 19 ottobre 2014 ma la sua preparazione comincerà domenica prossima. E’ la Marcia per la pace Perugia-Assisi che si trasforma e si mette al servizio di un percorso lungo un anno. “Prima d’ora, sottolinea Flavio Lotti coordinatore del comitato promotore, la Marcia non era mai stata annunciata con così largo anticipo. La ragione è semplice: più che organizzare un grande evento, vogliamo promuovere un percorso. Anzi tanti nuovi percorsi di pace capaci di rinnovare ed accrescere l’impegno concreto del nostro paese contro l’impoverimento, le guerre e l’indifferenza. La pace è in serio pericolo, fuori e dentro il nostro paese. E richiede il nostro impegno urgente. Non servono eventi occasionali ma percorsi di pace. Percorsi che devono entrare a far parte della vita quotidiana di ciascuno e che dunque devono partire dai luoghi in cui viviamo, dalle nostre città.”

Si comincia dunque il 29 settembre a Forlì con una marcia che darà inizio alla Settimana della Pace. Una settimana intensa che avrà al centro la storica visita di Papa Francesco ad Assisi il 4 ottobre e la celebrazione, lo stesso giorno, della IX Giornata Nazionale della pace, della fraternità e del dialogo. Una settimana che include la Giornata internazionale della nonviolenza istituita dall’Onu per ricordare il 2 ottobre di ogni anno la figura e il pensiero di un altro maestro della nonviolenza, il Mahatma Gandhi. Una Settimana che, dopo aver visto lo svolgimento di tantissime iniziative in ogni parte d’Italia, si concluderà domenica 6 ottobre con un’altra Marcia per la pace a  Lodi.

“Domenica scorsa, continua Flavio Lotti, ho partecipato alla Marcia per la pace di Campobasso, sulla via degli antichi tratturi, e prima di tornare sulla via tracciata da Aldo Capitini, vogliamo andare di città in città organizzando nuove marce capaci di sensibilizzare, mobilitare e unire le donne, gli uomini e le istituzioni di buona volontà. Vogliamo fare in modo che la prossima marcia PerugiAssisi sia organizzata dai giovani.Vogliamo che sia l’occasione per consentire a tanti giovani di essere protagonisti di una grande iniziativa di pace, di sentirsi responsabili della storia e del processo di trasformazione del mondo, di scoprire il senso, il significato e il valore dell’impegno per la pace, la giustizia e i diritti umani.”

Un ruolo importante lo avrà la scuola
 dove ha già preso avvio il Programma nazionale di educazione alla cittadinanza democratica “Pace, fraternità e dialogo. Sui passi di Francesco” promosso dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace e i diritti umani in collaborazione con la Rivista “San Francesco Patrono d'Italia” e il Ministero dell’Istruzione.

La marcia del 19 ottobre 2014 segnerà il culmine di tutti questi percorsi nel mezzo del semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, a 100 anni da quell’inutile strage che fu la prima guerra mondiale. 
“Per questo, conclude Flavio Lotti, la prossima Perugia-Assisi sarà una Marcia Europea con cui vogliamo rilanciare il progetto di un’altra Europa, un’Europa dei cittadini, inclusiva, solidale e nonviolenta. L’anniversario dell’Inutile Strage ci aiuterà a rafforzare l’impegno comune per contrastare le guerre di ogni tipo e promuovere con Papa Francesco la “globalizzazione della fraternità”.

Perugia, 27 settembre 2013
Per la pace

Come spendere meno con l’automobile: tutti i consigli utili

Risparmiare con l’auto è possibile:bastano pochi e semplici gesti per salvaguardare non solo il portafoglio ma anche l’ambiente evitando inutili emissioni inquinanti.
COME RISPARMIARE SULLE SPESE DELL’AUTOMOBILE - Ecco tutti i consigli utili:
  • EVITARE LE ACCELERAZIONI IMPROVVISE
La guida a scatti non contribuisce altro che ad aumentare il consumo di carburante, con conseguente crescita delle emissioni di gas nocivi per l’ambiente che influiscono negativamente sulla qualità dell’aria che tutti noi respiriamo. Senza contare i risvolti spiacevoli sul portafoglio dati i prezzi stellari che la benzina ha raggiunto. Pochi attimi di guida spericolata possono provocare emissioni di monossido di carbonio pari a 30 minuti di guida normale.
  • RALLENTARE
Spesso una velocità eccessiva può essere causa di incidentiAbbassare la velocità anche di soli 10 chilometri all’ora permette di risparmiare carburante e di diminuire le emissioni inquinanti della propria auto.
  • MARCIA SUPERIORE
Sceglierla appena possibile, a seconda del tragitto che si sta percorrendo, permette non soltanto di salvaguardare il funzionamento del motore ma anche di diminuire la quantità di benzina utilizzata e le emissioni di gas nocivi ed inquinanti.
  • PIANIFICAZIONE
E’ buona norma pianificare in anticipo i propri spostamenti in automobile, sia che si tratti di tragitti brevi, sia che ci si prepari ad affrontare un viaggio a lunga percorrenza. In particolare si potrebbe provare ad individuare dei percorsi alternativi che permettano di evitare il traffico tipico delle ore di punta, che pone sotto sforzo il motore a causa dell’alternanza di pause e di accelerazioni, incrementando il consumo di carburante.
  • PNEUMATICI
Un controllo periodici degli pneumatici giova alla propria sicurezza stradale, ma anche all’ambiente. In particolare bisognerebbe valutare periodicamente la corretta pressione degli stessi. Questa operazione andrebbe effettuata una volta al mese. Una pressione corretta degli pneumatici riduce il consumo di benzina.
  • CAMBIARE L’OLIO
 Sempre prima di partire per un viaggio: un cambio d’olio effettuato al momento giusto può rappresentare la salvezza per il vostro motore oltre che garantire una diminuzione dei consumi della vostra automobile.
  • PARCHEGGIARE CON SENNO
Evitare di posteggiare al sole in estate permette di non essere vittime di fenomeni di evaporazione del carburante dovuti al caldo, oltre che di non azionare il climatizzatore una volta risaliti in macchina. Scegliere un parcheggio al coperto o riparato in inverno potrà proteggere la vostra auto dai danni provocati da umidità e gelo.
  • IL PIENO
E’ bene cercare di evitare di riempire il serbatoio fino all’orlo e ricordare di avvitare accuratamente il tappo di chiusura. La benzina è in grado di evaporare molto facilmente e rapidamente, raggiungendo in questo modo l’atmosfera. Si tratta di semplici accorgimenti che potranno garantirvi di risparmiare fino a 30 litri di benzina all’anno.
Fonte: Non Sprecare

mercoledì 25 settembre 2013

EX GIOIELLINI ITALIANI

Quando ormai la vendita di Telecom era cosa fatta, s'è alzato, tardivo, il coro delle polemiche. Parlamentari ed esponenti politici si sono affrettati ad esprimere il loro dissenso a suon di dichiarazioni. Il presidente Letta ha assicurato che il governo vigilerà sul caso, sia pure nei margini limitati che un'azienda privata permette. Il presidente dell'azienda, Franco Barnabè, in audizione al Senato, ha addirittura detto di aver appreso solo dopo, dai comunicati stampa, della recente modifica dell'accordo parasociale tra gli azionisti di Telco, che nella serata del 23 settembre ha sancito la salita di Telefonica dal 46 al 65% di Telco, la holding che controlla il 22,4% di Telecom Italia, con un'opzione per gli spagnoli a salire per breve termine fino al 70%, spostando di sei mesi la finestra per dare le disdette al patto Telco.

Tutti a difendere, ora, l'italianità delle nostre aziende. Ma Telecom non è la prima e non sarà l'ultima a passare in altre mani. Alitalia sembra destinata ad essere scalata da Air France, e il governo è pronto a un altro pacchetto di privatizzazioni per recuperare liquidità. Sulla piazza ci sono già sono le tre Ansaldo - Energia, Sts e Breda - su cui ci sono i coreani di Doosan, gli americani di General Electic e i giapponesi di Hitachi, e poi si vende pure il ramo assicurazioni di Poste Italiane: Posta Vita.

Finirà tutto all'estero, visto che in Italia non c'è nessuno disposto a investire. E appena finisce l'aiuto dello Stato - come nel caso di Alitalia - si cerca qualcuno più forte per rientrare nell'investimento. La nazionalità non importa affatto. Strano scandalizzarsi ora, visto che gli affari con l'estero vanno avanti da anni. Quindici anni fa il multimiliardario del lusso Bernard Arnauld con la sua Lvmh si innamorava di Gucci, per poi cederla al rivale di sempre Francois-Henry Pinault. A fine settembre 2011 Lvhm si è accaparrata il 98,09% di Bulgari la società fondata da Satirio Bulgari nel 1884, e prima ancora Emilio Pucci e Fendi. L'ultima a finire nelle mani di Arnauld è stata Loro Piana. Mentre Francois Henri Pinaulte con la sua Ppr, ora diventata Kering, ha preso a suon di miliardi pure Bottega Veneta e Sergio Rossi, e salvato e acquisito la Richard-Ginori, un pezzo di storia dell'arte della porcellana italiana nata nel Settecento. La Gianfranco Ferrè è stata ceduta al gruppo Paris Group di Dubai, mentre Valentino è ora della casa reale del Qatar.

Pure la Rinascente è stata ceduta ai thailandesi di Central Retail. Nell'alimentare, fece scalpore l'acquisizione di Parmalat, in mano francese. Ceduta pure la Buitoni alla Nestlè. E poi la Gancia, passata all'oligarca russo della vodka Roustam Tariko, e l'olio Bertolli ora del gruppo spagnolo Deoleo proprietario anche di Carapelli, Sasso, Minerva oli. Sempre di Nestlè è la Perugina con tutti i suoi Baci. La svizzera Unilever si è presa l'Algida e l'Antica gelateria del Corso. E la lista è lunga e lo diventa anche di più guardando ad altri settori: Edison è di proprietà di Electricitè de France, Acea ha fra i suoi azionisti Gdf-Suez, Enel ha annunciato la cessione della sua quota in Severenergia a Rosneft. Quanto alle banche, la Banca Nazionale del Lavoro fa parte del colosso francese Bnp Paribas, mentre Cariparma è controllata da Credit Agricole. Ma sembra che nessuno se ne sia accorto. 
Cado in Piedi

Neruda, la Libertà seppellita

Il 23 settembre 1973, solamente dodici giorni dopo il golpe militare di Pinochet, moriva a Santiago del Cile Ricardo Eliezer Reyes Basoalto. Questo nome dice poco, probabilmente, perché lui, per tutti, era Pablo Neruda.
A stroncarlo, a soli 69 anni, fu ufficialmente un cancro alla prostrata. Sì, ufficialmente, perché in realtà si trattò, secondo le recenti dichiarazioni di quello che fu il suo autista, di un omicidio, probabilmente ordinato da Pinochet stesso e compiuto da un agente CIA, tale Michael Townley, con un’iniezione letale allo stomaco.
In quegli stessi giorni, mentre il Poeta si trovava nella clinica Santa Maria in cui poi si sarebbe spento, le sue proprietà furono devastate, durante quelle che venivano definite “perquisizioni”; un gesto simbolico teso a sfregiare la sua immagine, sempre su ordine di Augusto Pinochet.
Ma perché la dittatura attaccò così duramente Pablo Neruda? Forse una giunta militare e repressiva che schiacciava ogni tipo di opposizione temeva la “forza delle parole”?
Forse. O forse temevano la visibilità internazionale che un Premio Nobel per la Letteratura (assegnato a Neruda nel 1971) certamente aveva. Ma, più di tutto, temevano i suoi ideali: Pablo Neruda era infatti fieramente comunista. Nel 1970, il Partito Comunista Cileno propose la sua nomina a Presidente della Repubblica, salvo poi entrare in Unidad Popular, sostenendo la candidatura di Salvador Allende.
Per la sua adesione al comunismo, fu duramente osteggiato, sia all’estero che in patria: fu costretto all’esilio dalla dittatura di Videla, il quale mise fuori legge il Partito Comunista e fece decadere i suoi rappresentanti istituzionali, tra cui proprio il senatore Neruda. Nei tre anni (dal ’49 al ’52) dell’esilio visse anche, per un breve periodo, in Italia (sulla permanenza a Capri del Poeta è famoso il film “Il Postino”, l’ultimo interpretato dal grande Massimo Troisi).
L’opposizione al regime di Pinochet non fu mai molto forte, e non sarebbe potuto essere altrimenti: tutti i partiti di sinistra furono fin da subito dichiarati illegali e i suoi sostenitori e attivisti uccisi e torturati, soprattutto nei giorni immediatamente successivi al golpe. Opporsi apertamente ad un regime forte e con un pieno sostegno internazionale come quello cileno era pressoché impensabile.
Ma, nonostante questo, ci fu un momento, forse l’unico, di certo il più forte, in cui i pochi sopravvissuti della sinistra cilena si fecero vedere, si fecero sentire: fu il funerale di Pablo Neruda.Tra due ali di militari, con fucili e mitragliatrici spianati, il corteo funebre procedette per le vie di Santiago, portando garofani rossi e intonando l’Internazionale e cori in ricordo di Neruda, del Presidente Allende e di Victor Jara, tutti tragicamente scomparsi in meno di due settimane.
Se i militari avessero aperto il fuoco, come sarebbe stato tuttavia prevedibile, vista la durezza della repressione, sarebbe stata una carneficina. Ma non lo fecero. Probabilmente fermati dalla consapevolezza che un tale gesto avrebbe causato il biasimo dell’intera comunità internazionale, vista la fama di Neruda e la presenza di giornalisti stranieri a documentare l’evento.
Fu come un sogno, una rappresentazione irreale: centinaia di persone che camminavano circondate dai loro stessi aguzzini, ma nonostante tutto cantano la loro fede in una causa, la causa che era stata di Neruda, di Allende e di tutti coloro che avevano creduto in quella rivoluzione (democratica, ma fu senz’altro un evento rivoluzionario) iniziata con le elezioni presidenziali del 1970, e ricordano piangendo i loro martiri per le strade di una città che da dodici giorni non può più essere la stessa.
Fino al ritorno alla democrazia, avvenuto nel 1990, le opere di Neruda furono bandite, nel suo Paese natale.
Proprio quest’anno un giudice cileno ha disposto la riesumazione della salma, per chiarire definitivamente le cause della morte. Lo stesso giudice ha anche ordinato di rintracciare Michael Townley, il presunto assassino del Poeta.
La gente camminava in silenzio. D’improvviso qualcuno gridò rocamente il nome del Poeta e una sola voce a piena gola rispose Presente! Ora e sempre! Fu come avessero aperto una valvola e tutto il dolore, la paura e la rabbia di quei giorni fossero usciti dai petti e circondassero la strada e salissero in un terribile clamore fino ai neri nuvoloni del cielo. Un altro gridò: Compagno Presidente! E tutti risposero in un unico lamento, pianto di uomo: Presente!
A poco a poco il funerale del Poeta si tramutò nell’atto simbolico di seppellire la libertà.Molto vicino ad Alba e a suo nonno, i cameramen della televisione svedese filmavano per inviare al gelido paese del Nobel la visione spaventosa delle mitragliatrici appostate ai due lati della strada, le facce della gente, la bara coperta di fiori, il gruppo di donne silenziose che si accalcavano alle porte dell’obitorio, a due isolati dal cimitero, per leggere la lista dei morti. La voce di tutti si levò in un canto e l’aria si riempì delle frasi proibite, gridando che el pueblo unido jamàs serà vencido, fronteggiando le armi che tremavano nelle mani dei soldati. Il corteo passò davanti a una costruzione e gli operai, gettando a terra i loro strumenti, si tolsero il casco e formarono una fila a testa bassa. Un uomo marciava con la camicia lacera ai polsini, senza gilé e con le scarpe rotte, recitando i versi più rivoluzionari del Poeta, con le lacrime che gli scendevano sulla faccia.
La casa degli spiriti, Isabel Allende.
 
Qualcosa di Sinistra

martedì 24 settembre 2013

GRAZIE COMUNE (condivido da Facebook)

GRAZIE COMUNE
Volevo ringraziare il Comune di Bareggio e i servizi scolastici non solo per aver aumento la rata della mensa, ma anche per aver aumentato di ben 14,5% il costo del pulmino, in un momento di crisi, dove le perdite di posto di lavoro non si contano più e molte famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese e a sostenere tutte le spese, ivi comprese quelle, inevitabili, della scuola.
Non cercherò di capire le motivazioni di tale aumento, anche perché sono certa che il Comune troverà tutte le scusanti del caso, anche quelle usate dai bambini, "non è colpa mia, è colpa dell'altro...non sono stato io, è stata la giunta precedente".
Non voglio neanche approfittare di questo aumento per fare politica, convinta ormai da anni che tutte le giunte sono uguali e che chi paga alla fine è sempre il cittadino. Punto!
Però al di là delle giustificazioni e delle scusanti che potrebbe avanzare il Comune, e senza voler assolutamente polemizzare sul "pago o non pago", mi piacerebbe sapere per quale motivo, i genitori non siano stati avvisati in nessuna maniera di questo aumento! Per la mensa, il passa parola ha fatto il suo dovere e i genitori si sono collegati al sito della Gemeaz per constatare l'aumento della mensa (tra l'altro, prezzo molto più alto dei comuni vicini). Per il pulmino, abbiamo dovuto aspettare l'arrivo del primo bollettino per constatare che il prezzo era aumentato!
Bastava un avviso affisso, una circolare trasmessa ai genitori tramite la scuola. Ma si vede che oltre a perdere lavoro e soldi, i cittadini devono anche fare i conti con una evidente mancanza di correttezza e di rispetto nei loro confronti.
Aumento dell'Iva si o no? Aumento dei servizi scolastici, CERTO!
E noi paghiamo!
Grazie.

Delphine


venerdì 6 settembre 2013

LA GUERRA DEI BUGIARDI AL CUBO

DI GIULIETTO CHIESA
lavocedellevoci.it

Con tutta probabilità il 2013 finirà in guerra. Il colpo contro Damasco viene presentato come "limitato", "breve", come un "avvertimento". In realtà è solo un trucco (questa è una storia di trucchi) per cominciare una guerra lunga. Quanto lunga? Infinita. Cioè fino alla fine. La nostra fine, quella di coloro che leggono queste righe.

In realtà è la prosecuzione di una guerra che cominciò l'11 settembre 2001, ma furono in pochi ad accorgersene. E non se ne accorsero perché non avevano capito che l'Impero era entrato in una crisi ormai irreversibile, e che stava cercando di predisporre gli strumenti politici, militari, psicologici per cambiare il corso della storia, e prolungare a tutti i costi (nostri) il suo potere.
Siamo dunque in guerra da dodici anni, ma facciamo fatica a capire come mai le cose vanno sempre peggio e come mai gli eventi accelerano la loro caduta verso il basso.
È perché, di nuovo, non abbiamo capito bene quello che sta succedendo.

Kosovo, Afghanistan, Iraq, "primavere arabe", Libia, colpo di stato in Egitto, erano e sono mosse della stessa partita.
Quella siriana è l'ultima in ordine di tempo, ma non è l'ultima affatto.
Come sa ogni discreto giocatore di scacchi, non si può vincere nessuna partita se non si sa prevedere le mosse successive. Quella dopo sarà l'Iran. E ogni passo in avanti delle pedine sarà più grave del precedente, poiché l'Impero ha perso il controllo e la sua "cura" della crisi è peggio della malattia. Non funziona. E sapete perché? Perché Impero vuole dire crescita infinita. E la crescita infinita è invece "finita".

È finita "l'era dell'abbondanza" ed è cominciata "l'era dell' insufficienza". E, se si poteva convincere, costringere a comprare tutto il comprabile, con il fascino della bellezza e, appunto, dell'abbondanza, è molto difficile convincere la gente a tirare la cinghia. Ci vuole la violenza per ottenere questo risultato. Diciamo dunque che ci stanno facendo entrare nella fase pedagogica in cui dobbiamo imparare a subire la violenza.

Ma c'è grande confusione sotto il cielo. Questo nuovo avvitamento ha un che di stralunato. Anche i Padroni Universali pare siano sotto l'urgenza del tempo. Dunque pasticciano. Le guerre precedenti erano state preparate decisamente meglio. Questa sembra avviarsi nel mezzo di convulsioni gravi. Il Parlamento britannico si ribella e mette alle corde Cameron.
Obama è costretto a fare marcia indietro e a chiedere il parere del Congresso. Lo avrà, io penso, ma sarà utile ricordare che Obama prende una tale decisione contro la volontà di tutto lo staff del proprio Consiglio di Sicurezza. E sapete con quale argomento? Questo, in sintesi: potremmo attaccare senza l'avallo del Congresso, ma dobbiamo sapere che, dopo(la "mossa successiva" di cui ho parlato prima, ndr) quando dovremo andare contro l'Iran, cioè quando dovremo lanciare una nuova guerra di grandi proporzioni non limitata nel tempo e negli obiettivi, allora avremo bisogno diun'autorizzazione formale. Dunque è meglio chiederla anche ora. L'ha riferito il New York Times e io ho una grande fiducia nel New York Times quando annuncia la guerra.
Questa è stata la ragione del rinvio dell'attacco. Che sarà solo di qualche giorno. Le lobbies filoisraeliana e filosaudita che manovrano a Washington avranno facilmente ragione di ogni titubanza.
L'America, quando sono in gioco le sorti dell'Impero, non si divide.
Per ora.
i sondaggi dicono tutti che il 60% degli americani è pronto a sostenere un attacco contro l'Iran. Dunque si proceda. Singolare, e curioso (ma poiché siamo in pieno delirio possiamo anche ridere un po'), gl'ispiratori principali di questa guerra, e della prossima, sono i fondamentalisti religiosi: i capi sionisti di Israele e i capi wahhabiti dell'Arabia Saudita. Entrambi decisi a stroncare la serpe sciita di Teheran.

Dunque la guerra imperiale è ora sotto l'egida di una specie di, congiunta, guerra di religione. Suggerisco di non sottovalutarne il significato, specie agli ottimisti (che abbondano sempre): quando Dio entra in questa sindrome, la legge di Murphy ("se le cose possono andare peggio, vuol dire che finiranno peggio") diventa inesorabile.
Il fatto è che gli Stati Uniti non hanno più una linea che sia la loro. Dell'Impero rappresentavano il braccio statuale armato. Ma come stato dovrebbero anche sottostare a certe regole. Almeno ad alcune. E qui viene il problema perché anche in Occidente cominciano a manifestarsi incrinature, che prima non c'erano. I Masters of The Universe vogliono andare allo scontro con il resto del mondo, perché sono consapevoli che ogni alternativa di pace e di cooperazione dev'essere esclusa, in quanto sancisce la fine dell'Impero.
Ma il resto del mondo non è virtuale: c'è la Cina, e anche la Russia. Ci sono sei miliardi d'individui che vogliono vivere e non solo sopravvivere.
E' qui che frana l'America, che non è più in grado di gestire le convulsioni.
Diciamo che stiamo osservando una crisi di egemonia. C'è una gran confusione. Ci sono diversi attori, ormai potenti, che parlano. Perfino la Bonino, ministro degli esteri di un paese inesistente, osa fare dei distinguo. Non s'era mai vista una cosa del genere.
Il Papa di Roma (lunga vita a Papa Luciani!) sembra un pezzo anomalo di una macchina che cammina a stento. Vede la terza guerra mondiale e, per giunta, lo dice senza neanche chiedere l'autorizzazione di Washington. A differenza del Beato Giovanni Paolo II, non ha da rendere conto del miliarduccio di dollari che ricevette per versarlo a Solidarność. E dunque parla. E digiuna: che disastro d'immagine per Obama. Che andrà in guerra, ma con l'Occidente spaccato, con al seguito solo il burattino Hollande, che è stato eletto con i voti di sinistra. Si procederà a vista, o la va o la spacca. Poi ci si affaccerà sui confini dell'Iran.

Ma bisogna guardarsi dai sempliciotti che sognano una reazione militare immediata di Mosca, tanto meno di Pechino.Non ci sarà nessuna reazione militare. Mosca e Pechino rispondono e risponderanno asimmetricamente. Non sono sciocchi e vogliono aspettare seduti sulla riva del fiume . Lo scontro vero - che nessuno oggi può sapere quali dimensioni e forme assumerà, anche perché nessuno sa con precisione quali armi saranno messe in funzione - è ancora in preparazione e richiederà un certo periodo di tempo, molte verifiche sul campo, molto studio di mosse e contromosse reciproche.

Ma l'accelerazione si vede e si sente. Avete presente come si muove una valanga? Avete presente che tra il 1929 e il 1939 (inizio della seconda guerra mondiale) ci furono dieci anni? Avete presente che l'esplosione della finanza mondiale cominciò nel 2008? Aggiungete dieci anni e farà 2018.
Lo so che la storia non si ripete mai. Ma la stupidità umana (specie quella delle élites dirigenti) è una costante universale.
E, se osserviamo l'impazzimento generale che contraddistingue perfino i mentitori, i gatekeepers, dovremmo essere molto preoccupati. Perché si può mentire in modo credibile, raccattando argomenti dai rigattieri del buon senso. Ma qui siamo di fronte a portavoce che non solo si contraddicono, ma mentono senza argomenti. Bugiardi senza idee, che ripetono a pappagallo ciò che viene detto loro di comunicare.
Tutto il mainstream, dai Ferrara, ai Cazzullo, agli Zucconi, ai De Bortoli, ai Lerner, alle Botteri , danno per acquisito (cioè che Assad ha usato armi chimiche) senza nemmeno soffermarsi un istante sulle prove: che mancano inesorabilmente. E mancheranno anche dopo, sicché la menzogna è già lì, tutta nuda. Eppure non la vedono e la ripetono con sguardi ebeti, incuranti di ogni vergogna, forti dell'impunità che viene loro garantita, insieme agli stipendi che prendono a fine mese. Preoccupante perché già ci annuncia come strilleranno al primo bombardamento sull'Iran. Titolano già ora affibbiando a Bashar frasi che non ha detto, minacce che non ha proferito. Figuriamoci cosa diranno contro gli ayatollah!

Siamo in un acquitrino miasmatico pieno di flatulenze insopportabili che dimostrano lesioni cerebrali e intestinali ormai irrimediabili. Attenzione che questi ci stanno preparando la guerra in casa. E lo faranno fino a che non andremo a stanarli nei loro studi elettronici e non li costringeremo - com'è nostro diritto - a dirci perché hanno mentito sapendo di mentire. E poi li licenzieremo, perché fanno il mestiere senza autorizzazione deontologica.

Infatti abbiamo le prove - noi le abbiamo, le prove - che mentono. Perché basterebbe che andassero a leggere le notizie che pullulano nel web, verificabili, provate, certe, per scoprire che la guerra si fa per cause completamente diverse da quelle, presuntamente umanitarie, che loro invocano.
Ci sono, tra loro, quelli - come Giuliano Ferrara, ex agente informatore della CIA - che, con simpatica e totale improntitudine, ci comunicano perfino che le ragioni umanitarie sono un inutile orpello per indorare la brutalità degl'interessi dell'Impero. Meglio lui, nella sua tracotanza, che i giornalisti e direttori televisivi vigliacchi che, con le loro unte parole, svitano le spolette che uccideranno i civili siriani.

Dunque non ci resta che prepararci. Questo significa dire, chiaro e tondo, che la pace è l'unico modo per sopravvivere. Il che significa che dobbiamo costruire di nuovo un immenso movimento pacifista, italiano, europeo, mondiale.
Dobbiamo preparare ogni forma di resistenza alla guerra . Questa è una parola d'ordine che raccoglie il consenso della stragrande maggioranza. Lo sappiamo. Qui si va con la corrente, non contro la corrente. Solo che bisogna remare in tanti.

E ancora una piccola notazione. L'avvitamento della crisi ha messo in ombra l'Europa e anche tante chiacchiere sull'euro e sulla sovranità monetaria. Si vede che l'accento è altrove. L'Europa, questa penosa Europa, non è il centro della crisi. La crisi - vista nella sua accezione immediata, quella che si sta bruciando nel panico di questi mesi - è finanziaria e mondiale, ma è anche energetica e mondiale, ma anche climatica e mondiale. È questo il contesto dentro cui, volenti o nolenti, saremo chiamati a batterci. È evidente che crisi finanziaria e militare non si elideranno vicendevolmente, ma si sommeranno in modo devastante, straripando in crisi politiche, in governi che cadranno, in fantocci che risorgeranno come zombie. Le Costituzioni saranno stracciate. Tutto ciò nell'arco di una manciata di mesi. È questione di attualità. Lo richiamo perché, ancora una volta, dobbiamo ricordare, anche a noi stessi, che avevamo ragione noi, che venivamo definiti catastrofisti. Ancora oggi mi sento ripetere, talvolta, che il nostro compito è "dare speranze". Certo la speranza è bella, ma penso sempre di più che, se lo facessimo, faremmo un errore grave. È più che mai il momento della verità, visto che siamo nell'era della menzogna.

Giulietto Chiesa
Fonte: http://megachip.globalist.it
Link: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=85755&typeb=0&Giulietto-Chiesa-la-guerra-dei-bugiardi-al-cubo-
6.08.2103

My Volley Bareggio


Il 7 settembre con San Francesco e la bandiera della PerugiAssisi

“Noi andiamo ad Assisi”, ha dichiarato Flavio Lotti coordinatore della Tavola della pace. “Sabato 7 settembre ci uniremo alla Veglia di preghiera convocata da Papa Francesco per scongiurare l’estensione della guerra in Siria e in Medio Oriente, perché alla guerra non si aggiunga altra guerra devastando il mondo intero.
Andiamo ad Assisi portando la grande bandiera della pace con i colori dell’arcobaleno che ha accompagnato tante marce Perugia-Assisi. Una bandiera che è il simbolo di tutte quelle donne, quegli uomini e quelle istituzioni che da lungo tempo cercano con ostinata determinazione di operare per la pace.
Alle 18.30 renderemo omaggio a San Francesco –il Santo della pace- incontrando i frati del Sacro Convento e poi ci recheremo a Santa Maria degli Angeli per partecipare alle 21.00 alla veglia di preghiera indetta dal Vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino.
L’arcobaleno deve sventolare prima della tempesta, ha affermato Flavio Lotti. Facciamo nostro l’appello di Papa Francesco perché ‘il grido della pace si levi alto’ e invitiamo tutti i cittadini e le istituzioni ad appendere la bandiera della pace alla finestra della propria casa, del proprio ufficio, della propria scuola. ‘L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace’ ha detto Papa Francesco. E se tutti gli italiani decideranno di esporre la bandiera della pace, ad accorgersene sarà il mondo intero. La pace è in serio pericolo e mai come in queste ore è necessario ribadire che la pace è responsabilità di tutti e tutti, senza distinzioni, devono sentirsi coinvolti.
Per questo abbiamo bisogno che gli italiani siano messi nelle condizioni di capire cosa sta succedendo e essere protagonisti di una grande mobilitazione internazionale per la pace.  Flavio Lotti e Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, si rivolgono innanzitutto alla Rai chiedendo che ci sia una grande attenzione per tutte le attività che si svolgeranno il 7 settembre e che, accanto alle prime iniziative già in atto, ci sia l’apertura di alcune indispensabili finestre di approfondimento sulla guerra in Siria, in Medio Oriente e gli inquietanti sviluppi che si prospettano.
 
Perugia, 5 settembre 2013

SLOT, AZZARDO DI GOVERNO

Il governo prova a fare un favore alla lobby dei giochi d'azzardo, ma il Parlamento lo stronca, approvando giovedì 5 settembre un ordine del giorno della Lega, con parere contrario dell'Esecutivo, in cui si prevede una moratoria di 12 mesi per l'apertura di nuovi centri per i giochi d'azzardo.

Secondo il sottosegretario all'economia Giorgetti la richiesta rappresenta un "termine così perentorio da risultare inapplicabile, se non creando un conflitto con i diritti esistenti dei concessionari che hanno vinto le gare e perdendo 6 miliardi di gettito", e annuncia l'intenzione di rimettere la delega ai giochi nelle mani del Ministro. Infatti il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha spiegato che la mozione è inapplicabile perché il Governo compirebbe un atto illegittimo. Ma l'ultimo capitolo sui giochi d'azzardo, con il mare di polemiche annesse, si era aperto con il decreto Imu varato dal Governo. Il testo prevede, per coprire le spese della cancellazione della tassa, un condono tombale per le imposte non versate dalle 10 società che in Italia controllano circa 200 mila slot machine. Un vero e proprio colpaccio per i gestori che potranno saldare senza ulteriori controlli da parte del ministero dell'Economia un debito con l'erario arrivato intorno ai 2,5 miliardi di euro, versando appena 600 milioni. 

La mozione di M5S che proponeva tra le altre cose proprio la cancellazione dell'articolo 14 del decreto non è stata approvata.
Si rinuncerà all'intera cifra, insomma, con la speranza di ricevere subito qualcosa per far cassa: eppure i trucchi per occultare le proporzioni del fiorente giro d'affari sono noti da tempo, tanto che tre funzionari dei monopoli di Stato sono finiti anch'essi a giudizio per aver facilitato, o quanto meno chiuso gli occhi, sul grande imbroglio perpetrato tra il 2004 e il 2006: ben 130 mila macchine su 200 mila dislocate in Italia non erano collegate al sistema informatico statale (gestito dalla società pubblica Sogei) che avrebbe dovuto monitorare le giocate e tenere conto degli incassi. Spina staccata e quattrini nascosti nelle tasche di 10 società italiane e straniere, alcune con sedi nei paradisi fiscali: si tratta di Sisal Slot, Cogetech, Gamenet, Hbg, Snai, Gmatica, Gtech, Cirsa Italia, Codere e la Bplus del faccendiere Francesco Corallo, oggi agli arresti domiciliari in Italia dopo una lunga latitanza a Santo Domingo, figlio del boss di Cosa nostra Gaetano Corallo. 

Un regalo da due miliardi di euro dello Stato ai gestori delle slot machine fantasma: a beneficiarne saranno in buona parte personaggi già noti per casi di evasione fiscale, o imprenditori molto vicini ad alcuni esponenti del Partito Democratico, e per coprire la differenza tra i 2,5 miliardi dovuti e gli appena 600 che verranno incassati Letta ha annunciato tagli alle forze di polizia, ai vigili del fuoco e alla lotta all'evasione fiscale.
di Redazione Cadoinpiedi.it 

giovedì 5 settembre 2013

M5S Emendamenti alle linee programmatiche.

FEMMINICIDIO, PROBLEMA MONDIALE

Non sono poveri o ricchi, bianchi o neri. Non abitano né a Nord né al Sud. Non hanno nazione o credo. Gli uomini che odiano le donne, secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), seguono la globalizzazione e sono una delle merci distribuite più equamente sul Pianeta. 
Lo dimostra lo studio dell'Oms datato giugno 2013. Si tratta del primo rapporto che sintetizza tutte le indagini sugli abusi sulle donne realizzate nel mondo, mettendo insieme le informazioni relative ai maltrattamenti da parte del partner, la cosiddetta intimate partner violence, con i casi di violenza sessuale. Ebbene, Il 30% delle donne interpellate in merito ha dichiarato di aver subìto abusi all'interno di una relazione. 

Il picco massimo si registra nei Paesi del Sud Est asiatico, dove ben il 37,7% delle intervistate ha dichiarato ai ricercatori dell'Oms di essere stata vittima del partner. 
Ma anche nei Paesi ad alto reddito il 23% delle donne (quasi una su quattro) ha sperimentato la violenza del proprio compagno. Italia compresa. L'utimo caso è quello di Marilia Rodrigues Martins, la brasiliana di 29 anni, uccisa dal suo amante datore di lavoro perchè incinta. Le statistiche italiane - le più aggiornate sono ferme al 2011 - parlano di una prevalenza dei delitti nel Nord Italia dove si verifica la metà (49,9%) dei femminicidi, ben più che al Sud (30,7%) e al Centro (19,4%). I dati sono quelli di uno studio dell'Eures in collaborazione con l'Ansa, che ha analizzato i femminicidi tra il 2000 e il 2011, periodo nel quale si sono verificati 728 casi. Ma nel 2012 sono state 150 le donne uccise.142 le denunce per stalking e maltrattamento, secondo i dati diffusi dal ministro dell'Interno Angelino Alfano ad agosto 2013. E spesso qui si annidano gli omicidi. 
Gli abuser si nascondono nella maggior parte dei casi tra i familiari o conoscenti più stretti, e spesso sono insospettabili. Come è possibile? Lo abbiamo chiesto al Dottor Lundy Bancroft, che ha pubblicato con VallardiUomini che maltrattano le donne. L'autore, che ha lavorato per oltre 15 anni nei programmi di recupero per uomini violenti, è riuscito a decifrare la mentalità e gli atteggiamenti tipici degli uomini che maltrattano le proprie compagne, rovesciando la prospettiva secondo la quale la violenza sulle donne sarebbe solo un "problema femminile". 

DOMANDA: Dottor Bancroft, lei ha iniziato a occuparsi di violenza domestica nel 1987 e da allora ha trattato più di 2000 casi come counsellor. Secondo lei che cos'è che rende violento un uomo?
RISPOSTA: La principale causa della violenza degli uomini sulle donne risiede in un certo sistema di pensiero, che ritiene legittimo l'esercizio della forza e dell'aggressività come mezzo per "educare" le proprie compagne al rispetto e all'obbedienza. Questa mentalità si radica infatti nell'idea che le donne esistano solo per soddisfare l'uomo. Gli uomini maltrattanti insomma credono che le partner debbano sempre sorridere, obbedire e servire e che non debbano avere idee e pensieri propri. Le spaventano e le sminuiscono solo per mantenere il ruolo dominante nella coppia. 

D: Da quali atteggiamenti una donna può riconoscere un uomo violento?
R: Di solito all'inizio della relazione l'abuser si distingue per il suo atteggiamento affascinante e affabulatorio. Successivamente, però, prende il predominio un comportamento di controllo: l'uomo inizia a criticare continuamente la compagna, anche per i più lievi difetti, e diventa nervoso e intrattabile per ogni piccola cosa, spingendo così la partner ad agire sempre come lui vuole per tenerlo calmo. Il mio consiglio è di stare lontane anche dagli uomini gelosi e possessivi. La gelosia, specie se molto accentuata, non è un sentimento che rivela quanto il proprio compagno sia innamorato, bensì il contrario: si lega infatti a una pericolosa idea di possesso, che è tipica della mentalità da "padrone" dell'uomo abusante. 

D:Cosa consiglierebbe alle donne per evitare di diventare vittima di abusi?
R: Il messaggio più importante, che vorrei arrivasse a tutte le donne, è che gli uomini maltrattanti sono totalmente responsabili delle loro azioni: non sono gli atteggiamenti o i comportamenti femminili che determinano l'esercizio della violenza, bensì il bisogno dell'uomo di affermare il proprio predominio all'interno della relazione. Analogamente, un uomo può essere depresso o ubriaco, venire da un'infanzia difficile, credere che la partner abbia una relazione con un altro uomo o che non riesca a comprenderlo, ma resta comunque responsabile di ogni forma di violenza verbale e fisica che decide di esercitare, e per questo non va mai giustificato. Spesso le vittime della violenza sono anche vittime di un senso di vergogna, per quanto del tutto immotivato.

D: In che senso? 
R: L'uomo violento vuole che la compagna si senta impotente e fa di tutto per isolarla, per allontanarla dagli amici e dalla famiglia, proprio per poter esercitare al meglio il controllo e la manipolazione, per questo consiglio alle donne di non nascondersi e di cercare aiuto, perché non hanno alcun motivo di vergognarsi. Il sostegno della società è importante: ogni donna deve sapere che può trovare una rete, che sia familiare, amicale o giuridica, pronta a difenderla.

D: Molti studi rivelano che i bambini che crescono in un ambiente violento da grandi tendono ad avere un atteggiamento simile a quello del padre. Lei cosa ne pensa?
R: Penso che sia vero. Soprattutto i maschi, una volta adulti, sono portati a ricalcare questo atteggiamento verso le donne. Ma più in generale ogni bambino, che sia maschio o femmina, rischia di sviluppare disturbi psicologici a causa delle continue violenze a cui assiste. Le donne con figli sono quelle che vivono la situazione più critica e, paradossalmente, dalla quale è più difficile uscire.

D:Lei sosteneva che le donne non devono sentirsi sole. L'aiuto e il supporto che amici e parenti possono dare penso siano fondamentali, ma molto spesso è difficile per una donna affrontare un argomento così spinoso con una sorella, un'amica o un parente, non crede?
R: Certo, è complicato; per questo non bisogna mai farle pressioni - c'è già il compagno violento che fa pressioni per dirigere e controllare la sua vita - ma bisogna dimostrarle comunque la nostra vicinanza, con le parole e con i comportamenti. Credo che la chiave sia il rispetto, proprio quello che il partner non ha nei suoi confronti. Dimostrando rispetto per i suoi sentimenti, e dandole il giusto supporto, riuscirà a reagire alla paura e a spezzare il filo della sottomissione. 

Lundy Bancroft ha un'esperienza ventennale nella gestione dei casi di violenza domestica. Consulente giudiziario e co-direttore di Emerge, la prima organizzazione negli Stati Uniti a offrire programmi di riabilitazione per uomini violenti, è un autore affermato di libri sul maltrattamento e l'abuso all'interno della famiglia. 

di Redazione Cadoinpiedi.it

mercoledì 4 settembre 2013

Giornata di digiuno, l’appello del Presidente Guasticchi

Il Presidente della Provincia di Perugia, Marco Vinicio Guasticchi, nella sua veste di Presidente del coordinamento nazionale degli Enti locali per la Pace ha scritto ai presidenti delle Regioni, ai sindaci e agli assessori alla pace, diritti umani e cooperazione internazionale, invitandoli ad aderire alla giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Medio Oriente proclamata da Papa Francesco per il 7 settembre prossimo. Con Guasticchi anche l'assessore provinciale Domenico De Marinis, delegato alle politiche di coordinameo degli Enti locali per la pace e di tutela e salvaguardia dei diritti umani. "L'invito del Santo Padre - spiega Guasticchi - è rivolto  tutti i credenti, ma anche a tutti gli uomini e le donne di buona volontà e alle istituzioni. Un appello che non può rimanere inascoltato. Del resto nessuna comunità locale, neanche la più mite e laboriosa, può dimenticare di avere vissuto momenti e periodi di acuta crisi e di scontri bellici - aggiunge Guasticchi -. Pagine drammatiche scritte nella memoria storica, consegnate agli archivi, incise nelle pietre delle città oggi solo un po' annerite dai violenti incendi di secoli fa: girando per i nostri borghi, l'antica vicenda della guerra ci si ripropone come una lezione non pedante, ma come monito vivo, avvertimento, esortazione a cercare di non ripetere le tragedie dei nostri antenati. Così, il nostro impegno di oggi per preservare il mondo dalla possibilità, sempre riemergente come vediamo in questi giorni, di conflitti di incerta estensione territoriale lo dobbiamo coltivare senz'altro verso i nostri figli, ma, nello spirito che lega le nostre pacifiche comunità locali, lo dobbiamo in qualche modo dedicare a quanti ci hanno precedeuto e non sempre hanno potuto farlo in condizioni di pace. Questa traccia, questo collegamento fra le generazioni - conclude Guasticchi - non potrà che permetterci un'adesione ancora più convinta alla manifestazione del senso di responsabilità individuale per la pace alla quale siamo chiamati dal forte richiamo pronunciato, con tono fermo e con cuore purissimo, la scorsa domenica da Papa Francesco".

"La Provincia di Perugia, che grazie al linguaggio della pace ha dialogato e dialoga con le istanze politiche dell'intero pianeta in nome di quell'apertura di orizzonte che, sul suo territorio, è resa possibile dalla santità di Francesco d'Assisi e dalla modernità di Aldo Capitini - evidenzia De Marinis - si rende interprete della profonda venatura religiosa e civile che contraddistingue le parole del Pontefice ed è certa che, con la forza del gesto semplice e umile che andiamo apprendendo da Papa Francesco, tutti i figli di questa terra umbra sapranno ricollegare e riportare a unità il loro senso di pace, le azioni da intraprendere, le parole da spendere, la solidarietà da esprimere, rendendosi partecipi, nelle forme che il momento presente richiede, di quell'argine mondiale contro la guerra che in questa regione ha radici solidissime, frutto di antichi dolori e di mai spente speranze".

 
Fonte: www.provincia.perugia.it

martedì 3 settembre 2013

Le armi leggere anche italiane hanno alimentato il conflitto in Siria causando oltre 93mila morti

L’Osservatorio OPAL di Brescia denuncia l’ipocrisia della comunità internazionale che, dopo due anni di guerra civile in Siria con oltre 93mila morti e due milioni di sfollati, si accinge ora ad un intervento militare nel paese. Dovevano essere fermate prima anche le esportazioni di armi leggere che l’Italia – in particolar modo dalla Provincia di Brescia – e diversi stati europei hanno continuato ad inviare nei paesi confinanti con la Siria. Le armi leggere sono le vere “armi di distruzione di massa” che hanno alimentato il conflitto.
Fonte: OPAL - Rete Disarmo - 28 agosto 2013
L’attacco con armi chimiche da parte dell’esercito di Bashar al Assad sui quartieri orientali di Damasco di mercoledì 21 agosto avrebbe “sconvolto la coscienza del mondo” tanto da indurre adesso diverse nazioni ai preparativi per un intervento militare nella regione. “Se l’impiego – tuttora da dimostrare – di armi chimiche è un crimine contro l’umanità, non possiamo dimenticare che finora la comunità internazionale non ha saputo nemmeno imporre un embargo delle forniture di armi verso la Siria” – evidenzia il comunicato di OPAL, l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere con sede a Brescia. “Come ha ripetutamente detto l’ex segretario Generale dell’Onu Kofi Annan,le armi leggere sono le vere armi di distruzione di massa che alimentano i conflitti” – sottolinea la nota di OPAL.
Siria armi leggereSecondo un rapporto presentato a Ginevra lo scorso giugno dall’Alto Commissario per i diritti umani (qui in .pdf), i due anni di guerra civile in Siria hanno causato oltre 93mila morti – tra cui almeno 6.500 minori – e due milioni di sfollati di cui la metà sono bambini. Anche l’Unione Europea, che pure ha stabilito alcune misure di embargo di armi già dal maggio 2011, ha continuato a permettere l’invio di “materiali militari non letali” alla Coalizione nazionale siriana delle forze dell’opposizione e della rivoluzione e nel maggio scorso ha allentato le misure di embargo di armi verso la Siria.
«È positivo – commenta Piergiulio Biatta, presidente di OPAL – che il ministro degli Esteri, Emma Bonino, abbia dichiarato che l’Italia non prenderà parte a interventi militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu e che occorre invece adoperarsi per una soluzione politica del conflitto in Siria. Ma non si può non ricordare quanto è successo nel caso della Libia, dove l’intervento militare è andato ben oltre i termini della risoluzione dell’Onu che chiedeva di stabilire una no fly zone e imponeva l’embargo di armi.[1]
Se l’Unione Europea ha posto già dal maggio 2011 l’embargo sull’invio delle cosiddette “armi leggere” (fucili, mitragliatori, pistole ecc.) alla Siria, le forniture di queste armi ai paesi confinanti sono invece aumentate proprio nel 2011. Lo spiega Giorgio Beretta, analista di OPAL (Si vedano anche le Tabelle 1-6 a fine comunicato). «Tranne quelle verso la Giordania e il Libano, le esportazioni dei paesi dell’Unione Europea di fucili, carabine, pistole e mitragliatrici sia automatiche che semiautomatiche verso le nazioni confinanti con la Siria sono raddoppiate o addirittura triplicate tra il 2010 e il 2011. Lo documentano i rapporti ufficiali dell’Unione Europea: la Turchia è passata dai poco più di 2,1 milioni di euro di importazioni di armi leggere europee del 2010 agli oltre 7,3 milioni del 2011; Israele da 6,6 milioni di euro ad oltre 11 milioni di euro e addirittura l’Iraq da meno 3,9 milioni di euro del 2010 a quasi 15 milioni nel 2011. Il rapporto dell’Unione Europea relativo alle esportazioni del 2012 non è stato ancora pubblicato, ma diverse relazioni nazionali degli stati membri confermano l’incremento delle esportazioni di queste armi verso i paesi confinanti con la Siria», conclude Beretta.
Per quel che riguarda l'Italia, l’Osservatorio OPAL rileva una strana – e alquanto sospetta – anomalia nei dati che riguardano le forniture di armi leggere ai paesi confinanti con la Siria. Secondo i Rapporti ufficiali dell’Unione europea non vi sarebbe stata alcuna autorizzazione all’esportazione di armi leggere (categoria ML 1) verso questi paesi nel biennio 2010-2011. Ma un attento esame dei dati resi disponibili dall’ISTAT riguardo alle esportazioni di “armi e munizioni” (categoria CH 254) evidenzia le crescenti esportazioni di queste armi dalla provincia di Brescia proprio verso i paesi confinanti con la Siria.
Logo OpalPassando infatti in rassegna le tabelle dell’ISTAT (si veda Tabella 7) si nota che dalla Provincia di Brescia sono state esportate “armi e munizioni” (categoria CH 254) nel triennio dal 2010 al 2012 verso Cipro per un valore complessivo di oltre 3,2 milioni di euro, verso la Giordaniaper quasi 4 milioni di euro, verso Israele per oltre 6,8 milioni di euro, verso la Turchia per oltre 79,4 milioni di euro e addirittura verso il Libano (tuttora sottoposto a misure di embargo di armi) per oltre 2,3 milioni di euro.
«A meno che non si voglia credere che tutte queste armi siano di tipo sportivo, per la caccia o per la difesa personale – commenta Carlo Tombola, coordinatore scientifico di OPAL – dovrebbero in qualche modo figurare nelle relazioni dell’Unione Europea. La normativa comunitaria, infatti, richiede che tutte le esportazioni di armi automatiche e semiautomatiche e relativo munizionamento destinate non solo ai militari ma anche a corpi di polizia e forze di sicurezza vengano puntualmente comunicate dagli stati membri. È quanto mai grave che l’Italia – che è uno dei maggiori produttori mondiali di queste armi – continui a comunicare all’Unione Europea cifre che non trovano riscontro né nelle relazioni governative inviate al parlamento né nei dati sulle esportazioni di armi forniti dall’ISTAT».
L’Osservatorio OPAL nei prossimi giorni solleciterà un’interrogazione parlamentare al Ministro degli Esteri, che è il diretto responsabile sia delle autorizzazioni all’esportazione di armi sia delle comunicazioni con l’Unione Europea, chiedendo di spiegare queste anomalie.
Con la POSIZIONE COMUNE 2008/944/PESC del Consiglio dell’Unione Europea che definisce “Norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari”, gli Stati membri si sono impegnati a “impedire l’esportazione di tecnologia e attrezzature militari che possano essere utilizzate per la repressione interna o l’aggressione internazionale o contribuire all’instabilità regionale” e in particolare a “rifiutare (di concedere) le licenze di esportazione qualora esista un rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate a fini di repressione interna” (Art. 1. c. 2, a.).
«Le continue esportazioni di armi leggere verso i paesi confinanti con la Siria – conclude Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo di cui OPAL è membro – evidenziano che gli stati membri dell’UE sono ancora lontani dall’applicare le norme che di comune accordo hanno deciso di adottare per promuovere la pace e la sicurezza. Come hanno dimostrato i casi della forniture di armi alla Libia, all’Egitto e oggi alla Siria, la mancata osservanza delle normative comunitarie sull’export di armi finisce con l’alimentare tensioni e conflitti con il conseguente carico di vittime e di profughi».

Rete Italiana Disarmo

Il 7 settembre ci dobbiamo essere tutti!

Giornata di digiuno e di preghiera per la pace
in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero
il 7 settembre ci dobbiamo essere tutti!

Quella del 7 settembre sarà una giornata importante. E spero che ci saremo tutti. Ciascuno a suo modo, con il suo credo e le sue convinzioni.

Sarà la prima grande manifestazione di pace contro la guerra in Siria e “i drammatici sviluppi che si prospettano.” L’ha indetta ieri con grande forza e coraggio Papa Francesco rompendo il silenzio e l’inazione generale che da lungo tempo circonda questa tragedia. Non c’è spazio per nessun distinguo. Chi vuole sinceramente la pace non può che partecipare.

Papa Francesco invita tutti a una giornata di preghiera e di digiuno. La preghiera per i credenti. Il digiuno per tutti. Il digiuno è, prima ancora che un atto di rinuncia materiale al cibo, un gesto di vicinanza a tutti quei bambini, quelle donne e quegli uomini che sono precipitati nell’inferno della guerra “in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero”. Vicinanza, condivisione, solidarietà contro lontananza, indifferenza, menefreghismo. Il digiuno è anche un atto politico contro una politica che minaccia di trascinarci in un nuovo conflitto mondiale, che non solo non ha ancora fatto nulla per spegnere l’incendio mediorientale ma ha addirittura contribuito ad alimentarlo. Il digiuno è un gesto di protesta contro l’ingiustizia dilagante e contro l’ipocrisia che l’accompagna e cerca di coprirne i responsabili. Ma il digiuno è anche un atto di “penitenza”, di “autocritica”, di riconoscimento delle proprie responsabilità. Chi digiuna riconosce di non aver fatto abbastanza, di essere in qualche misura “corresponsabile”. Forse non potevamo fare altro ma, di fronte a tragedie così grandi, non ci possiamo autoassolvere.

Il digiuno è anche un atto di proposta. E Papa Francesco ha accompagnato l’indizione di questa giornata con una chiara proposta che non possiamo non condividere. Una proposta che interpella la politica e tutti i suoi massimi responsabili. Eccone i punti essenziali:

1. “Mai più la guerra! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza!”
2. Ferma condanna dell’uso delle armi chimiche.
3. Appello alle parti in conflitto perché ascoltino la voce della propria coscienza, non si chiudano nei propri interessi e intraprendano con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione.
4. Appello alla Comunità Internazionale perché faccia ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella Nazione, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana.
5. Appello affinché non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini.
6. Appello affinché agli operatori umanitari, impegnati ad alleviare le sofferenze della popolazione, sia assicurata la possibilità di prestare il necessario aiuto.

Perché queste proposte non restino inascoltate sarà necessaria una vasta mobilitazione delle coscienze. E ciascuno di noi ha la responsabilità di fare la sua parte. Papa Francesco ci rivolge un appello chiaro e forte: “Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà! Il grido della pace si levi alto perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare dall’anelito di pace.” Il 7 settembre partecipiamo alla giornata di digiuno e di preghiera, sventoliamo le bandiere arcobaleno, appendiamole alle nostre finestre e facciamo in modo che nessuno possa dire “ma io che c’entro?”.

Flavio Lotti
Coordinatore della Tavola della pace

lunedì 2 settembre 2013

IL DEBITO PUBBLICO ? BASTA SEPPELLIRLO...

DI MARCELLO FOA
blog.ilgiornale.it

Perché non proclamiamo un Giubileo del debito? Sì, proprio come accadeva nell’Antichità, quando molti Sovrani ogni cinquant’anni proclamavano l’annullamento dei debiti. E rimettevano a zero le lancette dell’economia, basandosi sul buon senso. Il creditore in 50 anni non solo era rientrato dall’investimento ma aveva incassato ampi rendimenti; il debitore, invece, e dopo 50 anni non aveva cancellato il proprio pegno, aveva bisogno di nuovo ossigeno per andare avanti.

Perché oggi l’Unione europea non fa altrettanto? 

Osserviamo la realtà: oggi il debito pubblico ha assunto dimensioni tale da essere di fatto impagabile e per quante manovre si facciano, anziché diminuire, aumenta. Monti ha massacrato l’Italia con manovre lacrime e sangue, applaudite dalla Ue e dai mercati, ma il debito pubblico anziché scendere è aumentato di 81,5 miliardi. In Grecia, stessa dinamica.
Questo significa che le nostre economie sono condannate alla stagnazione o alla recessione perpetua, senza possibilità di riscatto. A meno che i governi e la Bce non decidano il Giubileo, ovvero un taglio lineare, eccezionale, a fin di bene poniamo di un terzo del totale. Impossibile? Macché, perfettamente logico. In America la Federal Reserve ha di fatto condonato debiti del sistema bancario (ben più ingenti di quelli pubblici europei!), stampando moneta elettronica. Nel 2009 il “*Bank bailout” costò 29 trilioni di dollari e da allora il programma di Quantitative easing (Alleggerimento quantitativo) va avanti con iniezioni pari a 85 miliardi di dollari al mese!
La Bce potrebbe fare lo stesso emettendo euro elettronici per comprare titoli di Stato in scadenza e ritirarli dal mercato, anziché rivenderli all’asta come fa correntemente. Rischi? Praticamente inesistenti. Gli euro virtuali non generebbero inflazione in quanto neppure immessi nell’economia reale ma gli Stati verrebbero sgravati di un terzo del loro debito, dunque potrebbero tagliare le tasse, riprendere gli investimenti… Insomma, potrebbero far ripartire l’economia.
Utopia? Illusione? Forse. E se invece fosse tutto maledettamente semplice?
Quello che avete appena letto è l’articolo che ho scritto per Style, il magazine del Giornale, nel mese di luglio. Pochi giorni fa, navigando in Rete, ho scoperto un articolo molto interessante scritto da un banchiere francese Pierre Pâris e da uno stimato economista, Charles Wyplosz, che insegna a Ginevra dove dirige l’ International Centre for Money and Banking Studies. Il titolo è significativo: Per porre fine alla crisi nella zona euro occorre seppellire per sempre il debito. Lo potete leggere qui in inglese (purtroppo non ho trovato la traduzione in italiano).
La tesi è molto simile alla mia, ma presentata, ovviamente, con maggior competenza e precisione analitica. Il tema ha suscitato un certo fermento online, ma in Italia è stato ignorato praticamente da tutti i media, con qualche lodevoleeccezione. Pâris e Wyplosz propongono, in estrema sintesi, che la Bce compri un quarto dei debiti pubblici dei paesi europei periferici (Francia inclusa) pari a 1.200 miliardi di euro, circa un quarto del loro Pil. Via via che i titoli di Stato di questi paesi vengono a scadenza, la restituzione viene finanziata dalla Bce che in cambio ottiene titoli perpetui con un tasso di interesse zero. Operazione quindi a costo zero per i contribuenti europei. Liberando l’economia e le banche da una parte importante di titoli di Stato, si genera una forte liquidità che può essere usata per rimettere in moto l’economia e generale un circolo virtuoso: più crescita, più occupazione, più entrate fiscali, ulteriore riduzione del debito, pubblico.
Rilancio la domanda: E se fosse tutto maledettamente semplice? Non val la pena di rompere il silenzio? Fate circolare...

Marcello Foa
Fonte: http://blog.ilgiornale.it
Link: http://blog.ilgiornale.it/foa/2013/08/30/il-debito-pubblico-basta-seppellirlo/
30.08.2013