giovedì 5 settembre 2013

FEMMINICIDIO, PROBLEMA MONDIALE

Non sono poveri o ricchi, bianchi o neri. Non abitano né a Nord né al Sud. Non hanno nazione o credo. Gli uomini che odiano le donne, secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), seguono la globalizzazione e sono una delle merci distribuite più equamente sul Pianeta. 
Lo dimostra lo studio dell'Oms datato giugno 2013. Si tratta del primo rapporto che sintetizza tutte le indagini sugli abusi sulle donne realizzate nel mondo, mettendo insieme le informazioni relative ai maltrattamenti da parte del partner, la cosiddetta intimate partner violence, con i casi di violenza sessuale. Ebbene, Il 30% delle donne interpellate in merito ha dichiarato di aver subìto abusi all'interno di una relazione. 

Il picco massimo si registra nei Paesi del Sud Est asiatico, dove ben il 37,7% delle intervistate ha dichiarato ai ricercatori dell'Oms di essere stata vittima del partner. 
Ma anche nei Paesi ad alto reddito il 23% delle donne (quasi una su quattro) ha sperimentato la violenza del proprio compagno. Italia compresa. L'utimo caso è quello di Marilia Rodrigues Martins, la brasiliana di 29 anni, uccisa dal suo amante datore di lavoro perchè incinta. Le statistiche italiane - le più aggiornate sono ferme al 2011 - parlano di una prevalenza dei delitti nel Nord Italia dove si verifica la metà (49,9%) dei femminicidi, ben più che al Sud (30,7%) e al Centro (19,4%). I dati sono quelli di uno studio dell'Eures in collaborazione con l'Ansa, che ha analizzato i femminicidi tra il 2000 e il 2011, periodo nel quale si sono verificati 728 casi. Ma nel 2012 sono state 150 le donne uccise.142 le denunce per stalking e maltrattamento, secondo i dati diffusi dal ministro dell'Interno Angelino Alfano ad agosto 2013. E spesso qui si annidano gli omicidi. 
Gli abuser si nascondono nella maggior parte dei casi tra i familiari o conoscenti più stretti, e spesso sono insospettabili. Come è possibile? Lo abbiamo chiesto al Dottor Lundy Bancroft, che ha pubblicato con VallardiUomini che maltrattano le donne. L'autore, che ha lavorato per oltre 15 anni nei programmi di recupero per uomini violenti, è riuscito a decifrare la mentalità e gli atteggiamenti tipici degli uomini che maltrattano le proprie compagne, rovesciando la prospettiva secondo la quale la violenza sulle donne sarebbe solo un "problema femminile". 

DOMANDA: Dottor Bancroft, lei ha iniziato a occuparsi di violenza domestica nel 1987 e da allora ha trattato più di 2000 casi come counsellor. Secondo lei che cos'è che rende violento un uomo?
RISPOSTA: La principale causa della violenza degli uomini sulle donne risiede in un certo sistema di pensiero, che ritiene legittimo l'esercizio della forza e dell'aggressività come mezzo per "educare" le proprie compagne al rispetto e all'obbedienza. Questa mentalità si radica infatti nell'idea che le donne esistano solo per soddisfare l'uomo. Gli uomini maltrattanti insomma credono che le partner debbano sempre sorridere, obbedire e servire e che non debbano avere idee e pensieri propri. Le spaventano e le sminuiscono solo per mantenere il ruolo dominante nella coppia. 

D: Da quali atteggiamenti una donna può riconoscere un uomo violento?
R: Di solito all'inizio della relazione l'abuser si distingue per il suo atteggiamento affascinante e affabulatorio. Successivamente, però, prende il predominio un comportamento di controllo: l'uomo inizia a criticare continuamente la compagna, anche per i più lievi difetti, e diventa nervoso e intrattabile per ogni piccola cosa, spingendo così la partner ad agire sempre come lui vuole per tenerlo calmo. Il mio consiglio è di stare lontane anche dagli uomini gelosi e possessivi. La gelosia, specie se molto accentuata, non è un sentimento che rivela quanto il proprio compagno sia innamorato, bensì il contrario: si lega infatti a una pericolosa idea di possesso, che è tipica della mentalità da "padrone" dell'uomo abusante. 

D:Cosa consiglierebbe alle donne per evitare di diventare vittima di abusi?
R: Il messaggio più importante, che vorrei arrivasse a tutte le donne, è che gli uomini maltrattanti sono totalmente responsabili delle loro azioni: non sono gli atteggiamenti o i comportamenti femminili che determinano l'esercizio della violenza, bensì il bisogno dell'uomo di affermare il proprio predominio all'interno della relazione. Analogamente, un uomo può essere depresso o ubriaco, venire da un'infanzia difficile, credere che la partner abbia una relazione con un altro uomo o che non riesca a comprenderlo, ma resta comunque responsabile di ogni forma di violenza verbale e fisica che decide di esercitare, e per questo non va mai giustificato. Spesso le vittime della violenza sono anche vittime di un senso di vergogna, per quanto del tutto immotivato.

D: In che senso? 
R: L'uomo violento vuole che la compagna si senta impotente e fa di tutto per isolarla, per allontanarla dagli amici e dalla famiglia, proprio per poter esercitare al meglio il controllo e la manipolazione, per questo consiglio alle donne di non nascondersi e di cercare aiuto, perché non hanno alcun motivo di vergognarsi. Il sostegno della società è importante: ogni donna deve sapere che può trovare una rete, che sia familiare, amicale o giuridica, pronta a difenderla.

D: Molti studi rivelano che i bambini che crescono in un ambiente violento da grandi tendono ad avere un atteggiamento simile a quello del padre. Lei cosa ne pensa?
R: Penso che sia vero. Soprattutto i maschi, una volta adulti, sono portati a ricalcare questo atteggiamento verso le donne. Ma più in generale ogni bambino, che sia maschio o femmina, rischia di sviluppare disturbi psicologici a causa delle continue violenze a cui assiste. Le donne con figli sono quelle che vivono la situazione più critica e, paradossalmente, dalla quale è più difficile uscire.

D:Lei sosteneva che le donne non devono sentirsi sole. L'aiuto e il supporto che amici e parenti possono dare penso siano fondamentali, ma molto spesso è difficile per una donna affrontare un argomento così spinoso con una sorella, un'amica o un parente, non crede?
R: Certo, è complicato; per questo non bisogna mai farle pressioni - c'è già il compagno violento che fa pressioni per dirigere e controllare la sua vita - ma bisogna dimostrarle comunque la nostra vicinanza, con le parole e con i comportamenti. Credo che la chiave sia il rispetto, proprio quello che il partner non ha nei suoi confronti. Dimostrando rispetto per i suoi sentimenti, e dandole il giusto supporto, riuscirà a reagire alla paura e a spezzare il filo della sottomissione. 

Lundy Bancroft ha un'esperienza ventennale nella gestione dei casi di violenza domestica. Consulente giudiziario e co-direttore di Emerge, la prima organizzazione negli Stati Uniti a offrire programmi di riabilitazione per uomini violenti, è un autore affermato di libri sul maltrattamento e l'abuso all'interno della famiglia. 

di Redazione Cadoinpiedi.it

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