mercoledì 23 maggio 2012

La mafia non è un corpo estraneo


Falcone Borsellino Caponnetto

La mafia non è un corpo estraneo, una banda contro lo Stato, la squadra del male contro quella del bene. La Mafia, purtroppo, è cresciuta con la Repubblica, ha garantito l'ordine - o meglio, una certa idea dell'ordine- e in cambio ha ottenuto potere, si è ingrassata con un modello di sviluppo che confinava al nord le attività produttive e regalava alle borghesie mafiose del sud denaro pubblico in cambio di consenso politico. Dalla strage di Portella della Ginestra -11 morti alla festa del Primo Maggio 1947, per punire il movimento contadino e sue organizzazioni, sindacali e politiche- all'assassinio del "comunista" Pio La Torre e del "democristiano" Piersanti Mattarella, politici siciliani che si erano messi in testa di contestare il contesto e perciò tradivano la Sicilia, la Sicilia "nostra", quella della Mafia.
Giovanni Falcone lo sapeva, lo sapeva Paolo Borsellino. Usare l'indagine finanziaria e sequestrare i patrimoni, perché affondare le mani nella "roba" (insieme ricchezza e controllo del territorio) é la prima ragion d'essere dell'organizzazione mafiosa. Perseguire l'associazione e il concorso in associazione mafiosa. Perché arrestato un killer se ne trova subito un altro, mentre "le menti raffinatissime" - quelle che esigevano le imposte per lo Stato Italiano (i fratelli Salvo), quelle che garantivano comprensione e sostegno nelle sedi dei partiti, nelle caserme, ai piani alti, dove stanno quelli che danno ordini, nelle stanze dei Palazzi di Giustizia - quelle no, non possono rischiare il carcere duro e il 41bis.
Sono morti, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone per non avere accettato di perseguire solo la "mafia militare" arrestandosi davanti alla "mafia trionfante".
Sono morti per aver capito e per non aver voluto dimenticare quel che avevano capito. Ebbe a dire Giovanni Falcone: "la mia generazione pensava che la mafia non ci fosse, o che se anche ci fosse stata - cito a memoria - quello che alla fine voleva non era incompatibile con gli interessi generali". Venivano dalla Kalsa, quartiere di Palermo ad alta intensità di mafia, Falcone e Borsellino, ma grazie alll'autonomia della magistratura, grazie all'obbligatorietà dell'azione penale (che rende responsabile del suo operato ogni singolo magistrato), grazie a maestri come Costa e Chinnici, avevano capito e non volevano dimenticare.
Erano siciliani, non venivano dalla luna, come Giovanni Impastato, figlio di un "uomo d'onore" imparentato con Gaetano Badalamenti, o come Placido Rizzotto, che in guerra e nella resistenza aveva capito di dover rompere le solidarietà mafiose della sua, come di tante famiglie, laggiù a Corleone.
La loro storia è quella di un riscatto. Un riscatto siciliano, una lezione nazionale. E così dovrebbe essere ricordata.
Corradino Mineo



1 commento:

  1. http://www.ilcittadinox.com/blog/uccidere-un-mafioso-non-e-reato-pena-di-morte-per-i-mafiosi.html
    « La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine. », la fine del fenomeno mafioso quindi, coinciderà con la sua morte fisica, con la morte fisica dei mafiosi.
    Se la mafia è un fenomeno umano, la sua fine non potrà che esserne indiscutibilmente la morte.

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