venerdì 4 maggio 2012

2 giugno, dal terzo settore “no” alla parata: si pensi al servizio civile


Monta la protesta nel Terzo settore italiano, incapace di accettare da una parte i tagli subiti del servizio civile nazionale e, dall’altra, i fondi stanziati per la parata militare del 2 giugno, Festa della Repubblica.
Proprio ieri la Campagna Sbilanciamoci! ha diffuso un appello al Capo dello Stato per chiedergli di annullare la parata del 2 giugno e destinare i fondi al servizio civile.
”Destinare i soldi risparmiati annullando la parata del 2 giugno al Servizio Civile Nazionale, che proprio per mancanza di fondi rischia di morire”, si chiede infatti nell’appelloGiulio Marcon e Massimo Paolicelli ricordano anche come “insistere nel voler festeggiare la Festa della Repubblica con una costosa e anacronistica parata militare, nel pieno di una delle crisi economiche più gravi che sta attraversando il nostro Paese, è una scelta profondamente sbagliata: uno schiaffo a chi perde il posto di lavoro e non arriva alla terza settimana del mese”.

“Secondo un calcolo di "Sbilanciamoci!", la parata del 2 giugno ha un costo medio di circa 10 milioni di euro, cifra con la quale - sostengono - sarebbe possibile far partire 1.700 giovani per il servizio civile che fanno attività utili per la comunità, aiutando in questo modo più di 10 mila persone in stato di bisogno: anziani, disabili, senza fissa dimora, bambini”.
”Si parla tanto di risparmi per i disabili e gli anziani - dicono ancora - ma non per una parata inutile, costosa e retorica. Invitiamo le istituzioni, dal Capo dello Stato al premier al ministro della Difesa, qualora non intendessero rinunciare a questa scelta, a non nascondere il costo della parata e a dar conto ai cittadini italiani di quanto verrà a costare esattamente questo evento. Saranno poi i cittadini - concludono Marcon e Paolicelli - a valutare le scelte fatte e l'opportunità, di spendere tanti milioni di euro per una parata in tempi di crisi. La festa della Repubblica si può festeggiare in un modo più sobrio e senza esibizioni di carri armati e mezzi d'assalto”.

La Cnesc apre le sedi. Gli aderenti alla Conferenza nazionale degli enti per il servizio civile hanno invece deciso di celebrare il 2 giugno tenendo aperte le proprie sedi di servizio civile. E invitano il presidente del Consiglio Monti e il ministro Riccardi a visitarle.
“Sono luoghi – afferma Primo Di Blasio il presidente della Cnesc - in cui si stanno scrivendo storie di pace e di giustizia, dove i giovani sono protagonisti attivi di quel sogno dei padri costituenti di una Italia unità, solidale, che ripudia la guerra e costruisce la pace”.

Gli Enti della Cnesc vogliono festeggiare così la Repubblica, ricordando il valore della pace, l’impegno per la giustizia, la ricerca del dialogo, la pratica della nonviolenza “soprattutto in questo momento di crisi dove le povertà, le disuguaglianze e le ingiustizie sembrano frantumare ed aumentare la disgregazione sociale sia nel nostro paese che nel resto del mondo”.
E aggiungono: “A 40 anni dalla legge 772 è importante non disperdere – soprattutto nell'attuale momento storico – il patrimonio dell'obiezione di coscienza riproponendolo in forme rinnovate e ribadire il valore dell'esperienza di servizio civile nazionale come pratica di costruzione della pace, di rispetto della dignità umana, di riconciliazione pacifica, di ricucitura del tessuto sociale ed umano, pratica di cittadinanza”.

“Vogliamo festeggiare – prosegue Di Blasio - la festa della Repubblica per riaffermare che solo attraverso l’impegno per la giustizia, si possono costruire storie di pace duratura e di solidarietà. Vogliamo ribadire, come in più occasioni ha già fatto la Corte Costituzionale, che il Servizio Civile Nazionale contribuisce, con strumenti e mezzi non armati e nonviolenti, al dovere di difesa della Patria sancito dalla nostra costituzione all’art. 52”.
“In un clima di austerità – conclude Di Blasio - vogliamo testimoniare che si può festeggiare la nostra Repubblica, senza spendere un euro, valorizzando l’impegno quotidiano di giovani ed enti che al di la della retorica e delle manifestazioni pubbliche sanno calarsi dentro le ferite dei nostri territori e delle nostre comunità e costruire storie di speranza, libertà e democrazia”.
Fonte: www.redattoresociale.it

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