lunedì 2 luglio 2012

Consumo di suolo: adesso è un dramma europeo


Cos' è questo "consumo di suolo"? Un'espressione succinta per significare che qualcuno ruba i giardini dove giocano i bambinii prati dove corriamo o facciamo un pic-nic, le spiagge che amiamo, gli spazi delle nostre città. E chi lo fa, agisce per dolo: cioè con l'intenzione di guadagnarci, a spallo della collettività e delle prossime generazioni. Noi ne abbiamo già parlato, anche citando casi specifici come il Parco Sudi rilievi del Fai e del WWF e alcune iniziative virtuose: non dubitate, lo faremo ancora, perché non c'è spreco più grave di quello che colpisce la terra in cui viviamo.
In questo articolo pubblicato su Ediltecnico, quotidiano per professionisti, si rilancia la grave questione del consumo del suolo che purtroppo ha ormai assunto una dimensione continentale, secondo recenti studi.
Terremoto, dissesto idrogeologico, cambiamento del microclima sono parole oramai all’ordine del giorno. La domanda: Che cosa sta succedendo? Oltre ad essere spontanea e legittima, è quanto mai di molteplice risposta. Tralasciando le profezie dei Maya o di Nostradamus, e passando ad aspetti più tecnici, si può iniziare a prendere seriamente in considerazione il soil sealing, tradotto impermeabilizzazione dei suoli attraverso la trasformazione di terreni prima allo stato naturale o seminaturale in terreni poi urbanizzati.
Uno dei modi più frequenti di “consumo del suolo”, di solito correlato alla diminuzione di Superficie Agricola Utilizzata (SAU), è quella dell’Urban Sprawl, cioè un’espansione urbana “a basa densità abitativa”, visibile nelle nuove periferie dei grandi centri europei, a spese delle aree agricole e naturalistiche circostanti. Il soil sealing è un processo negativo in quanto comporta modifiche anche significative del paesaggio, che a loro volta possono innescare nuove (o modificare) dinamiche come lo smaltimento delle acque di origine meteorica, che si concentrano in pochi punti.
Uno studio presentato dalla Commissione Europea dimostra come il ritmo con cui il suolo vergine viene cementificato, e trasformato in strade, parcheggi ed edilizia di vario genere (che poi capita sovente resti invenduta o peggio non completata), supera i 250 ettari al giorno. Il 50% di tale superficie diventa definitivamente impermeabile, visto che cemento, asfalto e altri materiali inerti non permettono il passaggio di liquidi, ovvero acqua piovana, portando quasi a zero lo scambio tra suolo e atmosfera. Tutto questo si trasforma in degrado del suolo, una delle problematiche “serie” a livello UE, dove alla riduzione della fertilità dei terreni seguono una minore capacità del suolo di assorbire l’acqua piovana, causa di smottamenti e frane, una minore traspirazione del terreno, che porta a cambiamenti nei microclimi locali (si pensi ai microclimi delle zone totalmente asfaltate dei grandi centri urbani), una frammentazione degli ecosistemi, con perdita della biodiversità e delle funzioni locali del terreno.
In Italia la superficie non più naturale è pari al 7,3%, un’estensione pari all’Emilia Romagna o alla Toscana, tanto per avere un ordine di grandezza. La media europea si attesta al 4,3%. Il presidente del consiglio scientifico del Louvre, Salvatore Settis, nel suo libro Paesaggio Costituzione cemento ha scritto: «… Vedremo quello che fu il Bel Paese sommerso da inesorabili colate di cemento». Forse un po’ eccessiva come affermazione, ma non troppo se si pensa che fra il 2001 e il 2011 il consumo del suolo ha avuto un incremento dell’8,8%, rispetto ad un incremento della popolazione residente del 4,7% (la maggioranza immigrati). Certo anche la superficie occupata dalle foreste è aumentata: 1,7 milioni di ettari in più rispetto all’inizio degli anni Novanta e rispetto al Dopoguerra è quasi raddoppiata. Consolazione parziale però, perché il tutto è avvenuto a discapito del terreno dedicato all’agricoltura. Fra il 1990 e il 2005 la superficie agricola utilizzata si è ridotta di circa 3,7 milioni di ettari, quindi se consideriamo quelli recuperati dalle foreste resta comunque una perdita di 2 milioni di ettari a sfavore della natura!

Non Sprecare

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