Luca Galassi
Otto marzo, parliamo di uomini. Di quelli che usano violenza contro le donne. E che, in forma spontanea, o più spesso spinti dalle compagne, chiedono aiuto.
Il primo passo è riflettere sul proprio comportamento, riconoscendolo. Il passo più difficile è uscire dalle mura domestiche, dove le violenze si consumano, e rivolgersi a un centro di ascolto. Sono ancora poche, ma in crescita costante, le persone che cercano di spezzare comportamenti che all’origine non hanno solo problemi legati a patologie individuali, a depressione o alcolismo, ma anche una forte matrice culturale.
Il Cam (Centro di ascolto uomini maltrattanti) è uno di questi centri. Offre, gratuitamente, accoglienza e ascolto a chi ha commesso una violenza nei confronti del proprio partner o della propria moglie. Si trova a Firenze e ha avviato la propria attività nel 2009. Complessivamente, in tre anni è stato contattato da 153 persone. Numeri ancora irrisori, ma spia di un’evoluzione significativa. Se nel 2009 vi si sono rivolte 25 persone, nel 2010 sono salite a 50, mentre nel 2011 sono state 70.
Per quanto riguarda gli utenti del 2011, si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di uomini di nazionalità italiana (56 persone). Seguono la nazionalità marocchina, peruviana e romena. La maggior parte di loro ha commesso violenza contro la compagna o l’ex compagna.
In quasi la totalità dei casi la violenza è stata di tipo fisico-psicologico. Gli utenti arrivano da tutta Italia, anche se, vista la localizzazione a Firenze del centro, gran parte degli uomini vive nella provincia del capoluogo toscano.
Sono state 19 le persone ad essere state prese in carico direttamente dal Cam, 13 quelle che hanno interrotto il percorso con il centro in modo non concordato dopo una serie di colloqui individuali . Ammontano a 17 quelli presi in carico da servizi territoriali o privati, 14 quelli che si sono dichiarati non interessati a seguire il percorso. Nell’ultimo anno, inoltre, si sono tenuti 100 colloqui di prima accoglienza e 47 sessioni di gruppo a cui hanno partecipato 12 uomini.
Sono progetti che includono percorsi talvolta più efficaci del carcere, in quanto abbassano le possibilità di recidiva. Dopo qualche mese, chi è sottoposto alla presa in carico, smette di essere violento sul piano fisico. Sono tuttavia alti i tassi di abbandono, e nel caso di misure alternative alla detenzione, questo significa un ritorno in carcere. Se l’accesso al centro è spontaneo, l’abbandono è spesso definitivo, e si perde contatto con il maltrattante.
Francesco Innocenti, psicologo psicoterapeuta che lavora al Cam, ha spiegato a E Online che “l’atteggiamento più comune tra gli uomini che usano violenza è quello di negare un problema, o di minimizzarlo. La persona tende a scaricare la responsabilità delle violenze sulla vittima. A volte dicono ‘me le ha levate dalle mani’, a intendere che alla fine la colpa è della donna. Spesso l’uomo sente minacciato il ‘principio di autorità’, non si sente sufficientemente ‘rispettato’. Per ottenere quel ‘rispetto’ ricorre alla violenza psicologica, alla violenza fisica, allo stalking. La conseguenza è che invece di ottenere rispetto ottiene paura. Gli uomini che mettono in atto questi comportamenti hanno sviluppato una forte dipendenza dalla donna, e non riescono a pensare a soluzioni di rottura, come la separazione, per la paura della solitudine. La donna ha una valenza molto forte nelle persone che praticano atti violenti. Gli uomini vorrebbero cambiare il comportamento della donna attraverso la violenza. Molto è la conseguenza di una cultura di un certo tipo, se pensiamo che nel nostro ordinamento giuridico fino a qualche anno fa era contemplato il delitto d’onore, attraverso il quale si legalizzava un gesto violento per ottenere che la donna diventasse più ‘docile’. Questo retaggio persiste ancora, in qualche modo. La psicoterapia contribuisce a cambiare una visione del mondo, anche del proprio mondo. Stimola a vedersi e sentirsi diversi, approcciare il mondo in forma diversa. Devo dire che la percentuale di riuscita è comunque alta, e siamo soddisfatti del lavoro che abbiamo fatto”.
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