“Vivere, intendiamo dire, faticando, lavorando, studiando, battagliando: ma sereni. Questo vuol dire, cioè vivere con la consapevolezza che la vita ha riacquistato un senso, che c’è qualcosa in cui vale la pena di credere, che ci sono degli scopi degni di essere raggiunti e che si è ristabilita una solidarietà fra gli uomini che consente loro di lavorare insieme, per dei fini di cui tutti riconoscono la validità.”
(Enrico Berlinguer, 1976)
(Enrico Berlinguer, 1976)
Lucio Magri, tra i fondatori del Manifesto, si è spento nel letto di una clinica svizzera all’età di 79 anni. Suicidio assistito. La morte della moglie lo aveva fatto piombare in una depressione così profonda da considerare la vita un peso troppo grande da sopportare da solo. Una vita che, a quanto pare, per lui aveva perso qualsiasi senso. E ha deciso così di morire da persona libera, decidendo l’ora, il giorno, il luogo.
Ed è curioso come il giorno sia lo stesso, un anno dopo, di quel rivoluzionario diMario Monicelli, che nemmeno qualche mese prima, il 25 marzo 2010, in occasione dell’evento Raiperunanotte, a quasi 95 anni, mostrò un’energia tale da far invidia a molti ventenni nell’attaccare il sistema politico del Paese e della società odierna, profetizzando anche che fine avremmo fatto fare a Berlusconi. Il Maestro, che ha speso gli ultimi mesi della propria vita nel cercare di risvegliare le coscienze di migliaia di giovani come me, decise di gettarsi dal quinto piano dell’ospedale in cui era ricoverato. Ha deciso anche lui di morire senza che nessuno decretasse quando potesse farlo.
Già le sento le voci della Binetti e degli altri che ritorneranno a pontificare sulla viltà del gesto e altre barbariche dichiarazioni, com’è del resto nel loro stile autoritario e illiberale. Perché nella loro dottrina, decidere la morte di una persona significa averla in schiavitù. E per qualsiasi ideologia totalizzante, si chiami essa religione cattolica o comunismo, anche solo la possibilità che qualcuno si tolga la vita senza che sia de facto un altro a decretarla, è intollerabile.
In momenti come questi ci vorrebbe solo silenzio e rispetto. E gli equilibrismi indecenti di chi, per ragioni meramente elettorali, evita di parlare del suicidio assistito di Magri o ne parla per guadagnare facili consensi nelle alte gerarchie vaticane, dovrebbero essere annotati e poi sbattuti in faccia a chi, soprattutto a sinistra, verrà a chiederci il voto tra un anno o qualche mese.
E non possono venire in mente le parole di Giorgio Gaber, quando nella oramai famosa “Qualcuno comunista” cantava:
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo.
Perché sentiva la necessità di una morale diversa.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo.
Perché sentiva la necessità di una morale diversa.
Lucio Magri e Mario Monicelli hanno testimoniato appieno quel desiderio struggente di vivere sereni e liberi. Serenità e Libertà. Due cose che oggi sono diventate più preziose dell’oro. E che ci continueranno a negare. Lottiamo per averle nuovamente, perché sono un nostro diritto.
Pubblicato da Pierpaolo Farina
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