mercoledì 6 giugno 2012

Omicidio volontario. A processo il “ghisa” che sparò a un ragazzo cileno


Mario Di Vito
Aveva sparato “da distanza molto ravvicinata” a un cittadino cileno nei pressi del parco Lambro, a Milano, il 13 febbraio scorso, e oggi il gip Maria Vicidomini ha deciso che Alessandro Amigoni, agente di polizia locale, dovrà affrontare un processo per omicidio volontario. La sua comparizione davanti alla Corte d’Assise è prevista già per il 9 ottobre prossimo per la prima udienza.
Alla base di questa decisione, ci sarebbe una perizia che afferma che Amigoni ha sparato al 28enne Marcelo Valentino Gomez Cortes – che fuggiva per evitare un controllo – praticamente a bruciapelo, cioè da una distanza che va “da un minimo di cinquanta centimetri a un massimo di due metri e ottanta”, non “da quindici-venti metri” e “solo a scopo intimidatorio, senza puntare l’arma contro la vittima”come l’agente aveva inizialmente dichiarato. Il colpo avrebbe raggiunto Cortes mentre stava fuggendo: sempre secondo la perizia, infatti, il proiettile che ha ucciso il ragazzo di origine cilena sarebbe sarebbe entrato dalla schiena per uscire dal torace, attraversando il cuore.
Ad incastrare Amigoni sono state anche le testimonianze di tre suoi colleghi, che hanno sostenuto più volte che la vittima non era armata e che stava addirittura correndo a velocità limitata. Fuori dalle indagini la scacciacani ritrovata tra la neve del parco Lambro pochi giorni dopo la morte di Gomez Cortes. Probabilmente, si trattò di un maldestro tentativo di depistaggio, con la procura milanese che ha da subito mostrato di avere diversi dubbi sull’episodio.
Il ‘ghisa’ che ha freddato Gomez Cortes, comunque, potrebbe richiedere il rito abbreviato, in modo da ricevere uno sconto di un terzo della pena in caso di condanna. L’istanza della difesa dovrebbe essere consegnata già nei prossimi giorni.
In seguito a questa vicenda, il Comune di Milano ha anche deciso di sciogliere il nucleo operativoincaricato di di contrastare il commercio abusivo, lo stesso a cui apperteneva Amigoni e che veniva definito spesso come una sorta di commando di “vigili-Rambo”, armati di pistola.
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