martedì 12 febbraio 2013

Il Papa si è dimesso. Gli impresentabili ancora no.


Dunque, il Papa si è dimesso. Fantasticate voi sui motivi. Sinceramente, importano poco adesso. L’ultima volta che è successo correva l’anno 1415, 598 anni fa.
Ora, se Dio vuole le beghe da campagna elettorale, tra questo evento di portata storica e le canzonette di Sanremo, saranno spazzate via, risparmiandoci le orecchie e la vista dalle balle quotidiane che riescono a partorire per portare il Paese all’instabilità e governare a tarallucci e vino come negli ultimi 13 mesi.
C’è un fatto: è riuscito a dimettersi il Papa, ma Berlusconi, Fini, Casini, Storace e tutta la compagnia di impresentabili stanno ancora lì. Non si smuovono. Era straordinario oggi vedere il divorziato Casini parlare di Papa Benedetto XVI e di principi della cristianità, quando stiamo aspettando le sue dimissioni dalla politica da due anni, avendo giurato nel 2008 di assumersi la responsabilità politica di un’eventuale condanna di Cuffaro (che, per chi non lo sapesse, significa dimissioni immediate negli altri paesi).
Un’istituzione inamovibile come quella del Pontefice è arrivata a dimettersi (per la vecchiaia, su cui non poco hanno influito gli scandali), ma loro no: stanno ancora lì aggrappati alla poltrona.
Il risultato di tutto questo? Che cresce la frustrazione e la rabbia dei cittadini verso le istituzioni repubblicane. E c’è il rischio, proprio come paventava Berlinguer, che vengano sommerse per una dose letale di indignazione, aprendo la strada a nuovi uomini della Provvidenza. Di cui l’Italia, a quanto pare, è piena in ogni dove.
Oramai la Questione Morale, da questione politica prima e nazionale, è diventata un problema di psichiatria collettiva. Ci serve Freud, non Machiavelli.

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