lunedì 4 febbraio 2013

C’è un posto


C’è un posto dove le strade sono uno spazio aperto, libero e sicuro, in cui i padroni sono bambini e anziani, famiglie e colori. Piedi e biciclette.
In questo luogo non più paese non ancora città ci sono colonnine pubbliche per consentire ai cittadini di ricaricarsi le auto o le bici elettriche, prese a noleggio qualche isolato fa.
E’ un paese strano, dove le facce delle case hanno colori diversi, allegri e vivi, in cui il verde dei prati è la moquette naturale che ha sostituito quasi ovunque il cancro del cemento.
Qui, in questo angolo di mondo fuori dal mondo, non ci sono capannoni vuoti con di fianco altri in costruzione, per far la spesa le persone preferiscono di gran lunga i negozietti di prossimità, anche perché nessuna autorità ha svenduto un pezzo di terra per consentire la costruzione di cattedrali del consumo permanente, centri commerciali dalle forme strane, simil mostruose.
C’è un posto dove i tetti delle case sono ricoperti di coppi fotovoltaici, e le cui radici sprofondano centinaia di metri con sonde e tubi alla ricerca del calore, geotermico. Ai muri coibentati si danno incentivi comunali, e c’è un gruppo di acquisto istituzionale che mette a gara, premiando, i cittadini e le imprese che si adoperano per il risparmio energetico.
La gente, qui, produce poche decine di kg. di rifiuti all’anno, e la media di raccolta differenziata viaggia ormai stabilmente oltre il 90%. Si compra sfuso e alla spina, si mangia e consuma roba del territorio grazie al recupero di terre incolte e un tempo abbandonate, che hanno ripreso vita e futuro grazie all’impegno diretto del Comune, che ha saputo far da mamma chioccia.
La politica non viene vista o additata come un fastidio, o peggio ancora il male supremo, e la comunità è frutto dell’impegno e della passione di ciascun residente. Ognuno per il proprio pezzo, tempo, ideale, spazio, emozione.
Il posto più importante del paese è la scuola, e gli insegnanti da queste parti sono ancora visti apprezzati riconosciuti con il giusto peso, per quanto sono fondamentali.
Il Comune si è ripreso il controllo e la gestione diretta dei beni comuni, a partire dall’acqua, perché qui il popolo è davvero sovrano e se si dice una cosa, quella cosa si fa. Punto.
Ed è senz’altro questo il paese dei punti fermi, della distinzione tra le cose giuste e quelle sbagliate. Ma è anche e al tempo stesso il paese dei due punti, dell’andare a capo. Della curiosità e della voglia di imparare, che è prima di tutto un atteggiamento mentale che sa di aperto. Inclusivo. Accogliente. Ospitale. E in un posto così, è evidente, non si lascia indietro nessuno. Proprio a partire da chi indietro finisce che ci rimane sempre.
C’è un posto che non è un posto perfetto, sai che noia altrimenti. Ma in cui vale la pena provarci a stare. Perché qui, stanne pur certo, potrai assistere a colpi di scena spettacolari. Sorprese, speranze, ed anche delusioni, errori, ripartenze.
Dove la cittadinanza vien data a chi è, non a chi e quanto ha. Dove il potere si confonde e si perde, in un rivolo di democrazia ed esperimenti partecipativi. Dove il comune, e chi lo amministra, è parte (non indispensabile) della comunità, non viceversa.
C’è un posto che non è un posto perfetto ma in cui vorrei tanto vivere, che forse vale la pena costruire. Insieme.
“Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.
Dal Bolg di Marco Boschini

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