giovedì 7 marzo 2013

La rava e la fava


Marco Cedolin
Qualunque masochista che come il sottoscritto, abbia manifestato l’ardimento di ascoltare in tutto o in parte l’odierna relazione di Bersani presso la direzione del PD, non potrà nutrire più alcun dubbio (nel caso lo avesse nutrito prima) sulle ragioni per cui Beppe Grillo ha vinto le elezioni, mentre il centrosinistra andava a sbattere con la testa contro un muro.
Ogni volta che Grillo apre la bocca, si tratti dei comizi/spettacolo nelle piazze o delle risposte alle domande portate dai giornalisti, lo fa con l’ausilio di frasi di senso compiuto, usando il linguaggio delle persone normali ed entrando nel merito degli argomenti. Si possono condividere le sue posizioni, oppure no, si può apprezzare o meno la sua comicità, si può amare il suo linguaggio dissacrante e scarsamente forbito, oppure detestarlo. Ma in ogni caso si capisce cosa dice, si afferrano i concetti e ci si rende conto che ha detto qualcosa.
Quando come oggi parla Bersani le cose vanno molto, ma molto diversamente. In primo luogo Bersani non si esprime con l’intendimento di spiegare le proprie ragioni a chi lo sta ascoltando, ma l’unico suo scopo sembra essere quello di riempire il vuoto attraverso delle parole prese un po’ qui e un po’ là e collocate alla rinfusa nella scatola, come i cubetti di polistirolo usati per gli imballaggi.
Il lemmario tutto sommato è forbito, l’impostazione molto retrò ma comunque accettabile, i toni precisi e raramente sopra le righe, ma tutto questo profluvio di parole si manifesta come un esercizio sillabico privo di costrutto. Bersani parla e parla, ma il senso compiuto di ogni frase alligna solamente nel farsi collante per la frase successiva. Non esiste nulla che prescinda dall’arte della retorica, dallo sterile profluvio di parole, dall’asettico ridondante susseguirsi di verbi ed aggettivi, dalle sillabe che si rincorrono senza un perché.
Ascoltando le parole di Bersani non si percepisce la voglia di comunicare qualcosa, ma piuttosto l’assoluta mancanza di qualcosa da comunicare, che prescinda da arzigogolati messaggi in chiaroscuro, destinati a pochi iniziati.
Chi lo ascolta non può criticarlo, perché anche dopo un’ora che parla non ha detto niente, così come non può compiacersi per le sue proposte, dal momento che non esistono. Può forse arrivare a pensare di essere lui in difetto, culturalmente non in grado di afferrare concetti troppo raffinati per le sue potenzialità. Ma se riesce ad uscire da questo stato di soggezione in cui si ritrovano molti italiani quando parla un politico, non potrà scegliere altro che il “vaffanculo” di Grillo, che in una sola parola, neppure troppo raffinata, ha già racchiuso contenuti infinitamente superiori a quelli riscontrabili in due ore di discorso del leader del PD.

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