mercoledì 5 dicembre 2012

Non c’è ghiaccio che tenga. Le nevi “perenni” italiane si ritirano di un metro all’anno

di Matteo Cislaghi

Milano, 3 dicembre – Le chiamavano nevi perenni. Ora i ghiacciai dell’arco alpino si sciolgono sempre più velocemente. Dagli anni Cinquanta ad oggi è andata persa circa la metà della superficie del Dosdè-Piazzi, nell’alta Valtellina, per dimensioni un “malato” tipico delle montagne italiane che si ritira di oltre un metro all’anno. E dal 2003 al 2007 la sua “corsa” è addirittura triplicata. 
“I glaciologi non sono i dottori del patrimonio freddo delle nostre cime. Possono raccogliere dati, monitorare e fare sensibilizzazione. Ma una cosa è certa: un delicato equilibrio naturale si è spezzato”, spiega a e-gazette il professor Claudio Smiraglia, tra i massimi esperti mondiali del tema, a capo del progetto di ricerca sostenuto da Levissima che proprio sul Dosdè-Piazzi ha installato un laboratorio a cielo aperto. Obiettivo: analizzare quel ghiaccio ormai considerato “l’indicatore più affidabile delle trasformazioni climatiche in atto”, ricorda il glaciologo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli studi di Milano.

Un laboratorio a cielo aperto - Qui, a oltre tremila metri di quota, un team di ricercatori italiani, assistito dalle guide alpine della provincia di Sondrio, ha posizionato una stazione meteorologica sopraglaciale, applicato sensori termici nella roccia e, per la prima volta in Italia, posato un geotessuto a protezione del ghiaccio. “La copertura - sottolinea il glaciologo - ha permesso di salvare durante la stagione estiva circa il 40% del manto nevoso presente sulla superficie del ghiacciaio alla fine della primavera e oltre l’80% del ghiaccio sottostante”. In tutto, circa 115mila litri d’acqua preservati. Non solo, la coperta tecnologica ha smorzato metà dell’onda termica responsabile della fusione, agendo da isolante. Un intervento vitale in questo settore delle Alpi caratterizzato da ghiacciai di piccole dimensioni, in media inferiori al chilometro quadrato, e quindi più sensibili al riscaldamento globale.
Più a valle, il team di Smiraglia misura le portate dei torrenti grazie a un’altra stazione meteo e a un idrometro. Tutti gli strumenti sono collegati alla famosa rete Share, Stations at high altitude for research on the environment, sviluppata e gestita dal comitato Ev-K2-Cnr.
È vulgata comune che le abbondanti nevicate degli ultimi inverni abbiano dato un po’ di respiro al manto freddo delle nostre montagne. “È vero solo in parte - chiarisce il professore. - Gli inverni rigidi, infatti, sono bilanciati da estati molto calde. Di fronte a questo trend noi possiamo solo mettere delle pezze, fornire dati, per altro inequivocabili, e continuare a fare ricerca”. Oltre a chiedere decisioni coraggiose contro il riscaldamento globale: “Ma in questo senso i primi segnali che arrivano dalla conferenza Onu sul clima in corso a Doha non sono incoraggianti”.

Il catasto glaciale - Intanto è scattata la “conta” delle nevi. Il team dell’ateneo milanese ha avviato in queste ore un nuovo progetto per realizzare il catasto dei ghiacciai italiani, in collaborazione con Ev-K2-Cnr e con il patrocinio del Comitato Glaciologico. È da oltre mezzo secolo, infatti, che non si fornisce un quadro chiaro delle variazioni bianche avvenute sulle nostre vette.
Dal primo catasto, datato 1962, alle rilevazioni del 1989 i corpi glaciali si sono ridotti da 838 a 801 con una perdita di 43 chilometri quadrati complessivi.
Così come il progetto del “lab open air” valtellinese, anche il catasto sarà realizzato grazie al sostegno di Levissima, l’azienda dell’acqua minerale che sgorga proprio da queste cime dell’alta Lombardia. “I fondi privati a sostegno della ricerca sono sempre i benvenuti e a maggior ragione quando, com’è il nostro caso, danno lavoro a giovani ricercatori italiani”, ci dice il professore, ricordando come la lunga serie di dati raccolti in cinque anni sulla criosfera delle Alpi sia già disponibile per l’intera comunità scientifica internazionale.
“Prenderci cura del nostro territorio significa prenderci cura della nostra preziosa materia prima: l’acqua”, commenta Daniela Murelli, direttore della corporate social responsibility del gruppo Sanpellegrino, di cui Levissima è parte. Le iniziative di csr hanno un target ampio: la società civile. “Le nostre politiche di sostenibilità puntano a valori condivisi anche grazie al coinvolgimento degli scienziati - approfondisce Murelli. - L’obiettivo è fare una corretta cultura sull’acqua, compresa quella minerale che, non tutti lo sanno, è l’unico prodotto tra quelli in commercio nel nostro paese a richiedere una specifica autorizzazione ministeriale”.

Clicca qui per vedere il video sul laboratorio del ghiaccio a cielo aperto!www.youtube.com

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