martedì 19 marzo 2013

LA BICICLETTA DI MARCO BIAGI


Questa è la storia di Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse partito Comunista Combattente la sera del 19 marzo di undici anni fa


Cos'è la memoria?
La memoria è come un film in bianco e nero.
A volte viene chiuso nei cassetti della Storia.
Ma altre volte torna, ritorna e lascia tracce indelebili.

Questa è la storia di un uomo, un consulente del ministero del Welfare, un esperto di mercato del lavoro, che pedala con la sua bicicletta solo e senza scorta nel centro di Bologna.
Questa è la storia di Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse partito Comunista Combattente la sera del 19 marzo di undici anni fa.

Quel giorno, intorno alle 13,30, Marco Biagi prende il treno alla stazione di Bologna e si reca a Modena.Tiene le sue lezioni, esamina incartamenti, legge libri, effettua qualche telefonata, accende il computer e controlla la posta elettronica. Poi alle 18,30 esce dal portone principale dell'Ateneo, si reca allo scalo ferroviario e attende il treno interregionale per Bologna. Un brigatista non ancora identificato avverte con il telefono cellulare Diana Blefari Melazzi, nome di battaglia Maria, staffetta del commando già operativo a Bologna.
19,41. Marco Biagi scende dalla carrozza e cammina lungo il binario 1 del piazzale ovest della stazione di Bologna. Si dirige verso l'uscita, poi volta a destra verso la saletta degli Eurostar.
19,41. Cinzia Banelli, nome di battaglia Sonia, attiva la Sim Card acquistata giorni prima a Roma. E' montata su un cellulare, comprato a Bologna, configurato per computer quindici giorni prima.Cinzia Banelli chiama l'operatore. 
L'impulso viene captato e registrato dalla cella telefonica bis di via Mentana che copre gran parte del centro città, compresa l'abitazione di Marco Biagi. L'attivazione della scheda viene compiuta pochi minuti prima e a pochi metri dal luogo dell'omicidio. Come per trasmettere un messaggio: siamo noi, quelli delle Brigate Rosse.
Alle 19,53, il professore esce dalla saletta Eurostar con il biglietto per Roma del giorno dopo. Poi cammina a piedi ed esce dalla stazione. Le telecamere della Polizia Ferroviaria sono sempre accese. Quando è sera funzionano con i raggi infrarossi. Così gli uomini non sono più ombre che camminano, i loro contorni restano ben visibili e in primo piano. Biagi é alto, con i capelli argentati. E' inconfondibile, non ci si può sbagliare. Lui attraversa la piazza, attende il verde del semaforo e taglia di traverso la strada. Entra nella Galleria Due Agosto.Lì ritrova la sua bicicletta. E' chiusa con due lucchetti, appoggiata ad un cartello stradale. La sua borsa è poco accanto al manubrio.
Diana Blefari Melazzi, pure lei in bicicletta, si accerta che il professore sia partito. Con la ricetrasmittente, scandisce agli altri componenti del commando il percorso abituale di Marco Biagi. Il suo ultimo tragitto. La sagoma di Biagi viene ripresa più volte dagli impianti televisivi a circuito chiuso di banche, società, istituzioni.

Mario Galesi, nome di battaglia Paolo e Roberto Morandi, nelle BR conosciuto come Luca, sono già sotto l'abitazione di Marco Biagi. Indossano i caschi integrali. Quello di Galesi è color bianco, più scuro quello di Morandi. Attendono il professore sopra un motorino color verde scuro. Cinzia Banelli è ferma sulla sua bicicletta in piazza San Martino. Nadia Desdemona Lioce, nome di battaglia Rosa, pure lei in bicicletta, si trova verso via Zamboni, tra via Valdonica e vicolo Luretta. Diana Blefari Melazzi è posizionata tra vicolo Luretta e via Marsala.

Lorenzo, figlio di Marco Biagi, ha appena finito i compiti e attende il ritorno del padre. Francesco, figlio di Marco Biagi, raggiunge via Valdonica con il suo scooter Malaguti. Lo parcheggia davanti al portone. I brigatisti assistono alla scena. Francesco sale le scale di casa. Va di fretta. Deve prendere la borsa per la partita di basket.

Sono le 20,10. Il freddo di marzo comincia a pungere davvero e la scena dell'omicidio è fulminea. Marco Biagi si trova davanti al portone, posa la borsa di pelle nera, sta per infilare le chiavi nella toppa...Solo una voce acuta giunge alle sue spalle.

"Professore...ehi professore"

Il primo proiettile della pistola semiautomatica di Mario Galesi si conficca sul muro di via Valdonica. Gli altri cinque trafiggono il corpo di Marco Biagi. L'arma è una Makarov marcata Carl Walther 9×17 tipo corto.Il brigatista utilizza la tecnica del sacchetto di plastica fissato in qualche modo sul lato destro della canna, poco sopra il calcio. Ma il meccanismo funziona solo quando l'arma è orizzontale. Galesi invece spara dall'alto verso il basso. Così i bossoli non vengono trattenuti e cadono in terra. Tre di loro vengono ritrovati dagli inquirenti, oltre al proiettile finito sul palazzo.

Mario Galesi e Roberto Morandi fuggono con il motorino verso Piazza San Martino e via Marsala.Cinzia Banelli accende la ricetrasmittente e chiude l'azione:

"Buona notte" 

Dal blog di Daniele Biacchessi 

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