Partiamo da un dato: ottanta miliardi di euro. È la cifra che gli italiani hanno speso in giochi d’azzardo nel solo 2011.
Foto di tribunodelpopolo.com
Si tratta, ricorda Libera, “della terza impresa italiana, l'unica con un bilancio sempre in attivo che non risente della crisi che colpisce il nostro Paese”. Un’impresa sulla quale si sono concentrate le attenzioni della criminalità organizzata: nel 2011 sono stati 41 i clan mafiosi coinvolti, in tutto il Paese, nel mercato del gioco d’azzardo.
Numeri da capogiro, ancora più impressionanti se paragonati ad altri dati di spesa: è un giro d’affari che corrisponde al 4% del Pil, o al debito finanziario dei comuni italiani nel 2010, o a tre delle ultime finanziarie. Ma soprattutto il giocato corrisponde al doppio di quanto le famiglie spendono in salute e otto volte quanto investono per l’istruzione.
A mantenere questo giro d’affari, dal quale guadagnano soprattutto le grandi agenzie che gestiscono i giochi, sono non meno di 30 milioni di italiani che ogni anno spendono qualche euro o dilapidano le proprie sostanze mossi dall’irragionevole speranza di vincere. E il problema è proprio questo, perché, sostiene ancora il rapporto di Libera, questi “non sono solo numeri: dietro ci sono storie, fatiche, speranze che si trasformano per tanti in una trappola psicologica ed economica. A subire le conseguenze della crescente passione dello Stato per il gioco sono i cittadini, con costi umani e sociali che di certo superano i guadagni in termini monetari per le casse pubbliche”. Come dire che quando si parla di gioco d’azzardo non ci troviamo solo di fronte a un problema di carattere economico, ma anche a un problema sociale e sanitario delle cui conseguenze siamo complessivamente ancora poco consapevoli: “è stimato che in Italia, ricorda Libera, vi siano 1 milione e720 mila giocatori a rischio e ben 708.225 giocatori adulti patologici, ai quali occorre sommare l’11% dei giocatori patologici minorenni e quelli a rischio. Il che significa che vi sono circa 800 mila dipendenti da gioco d’azzardo all'interno di un'area di quasi due milioni di giocatori a rischio”.
Convinti della necessità di dare un’informazione corretta sul fenomeno del gioco d’azzardo e sui suoi sempre più evidenti pericoli, Paolo Canova e Diego Rizzuto, un matematico e un fisico di Torino, dopo aver maturato numerose esperienze nel campo della comunicazione scientifica, hanno dato vita nel 2009 a Fate il Nostro Gioco, una mostra interattiva che nelle prossime settimane sarà esposta in varie città italiane e anche a Trento. La mostra, spiegano gli autori, prende le mosse dall’idea di “usare la matematica come strumento di prevenzione, una specie di ‘antidoto logico’ per immunizzarsi almeno un po’ dal rischio degli eccessi da gioco. Perché la matematica è esercizio di pensiero critico, occasione per creare un’opinione consapevole nei cittadini, specialmente nei ragazzi, in un ambito in cui molto si basa sulla scarsa conoscenza delle leggi che governano la sorte”. Fate il Nostro Gioco è dunque qualcosa di più di una mostra da visitare: sarebbe forse più corretto dire che essa si presenta come un percorso, da compiere sempre accompagnati da una guida, che permette ai visitatori di avvicinare i meccanismi matematici e psicologici del gioco, di comprenderne i rischi, di smascherarne le false promesse, di toccare con mano l’improbabilità di vincere.
Abbiamo chiesto a Miriam Vanzetta – operatrice presso l’Associazione Ama di Trento, che da anni segue gruppi di auto mutuo aiuto per giocatori patologici – di spiegarci perché la scelta di portare anche nella nostra provincia una mostra sul gioco d’azzardo. (…)
A cosa si deve l’aumento del giocato nel nostro Paese?
L’aumento del giocato, nonostante la crisi, non è dovuto solo all’illusione di risolvere i propri problemi economici, ma anche al bombardamento mediatico che nel nostro Paese viene fatto e all’aumento esponenziale di opportunità di gioco. Da una parte il ritmo incalzante delle estrazioni spinge a giocare di più: ci sono giochi che avevano estrazione settimanale e che oggi ne hanno una ogni cinque minuti. Dall’altra i giochi sono ormai pensati per target specifici: ci sono quelli in cui si vince una rendita che può essere lasciata in eredità che sono ovviamente destinati agli anziani, e quelli che prevedono il pagamento del mutuo che sono invece destinati alle famiglie. Senza contare che il gioco è considerato una fonte di entrata per lo Stato al punto che perfino nel decreto per la ricostruzione dopo il terremoto in Abruzzo si era prevista l’introduzione di giochi specificamente destinati a questo.
Quali sono i numeri dei giocatori a rischio?
In Italia abbiamo due milioni di forti giocatori, ottocentomila dei quali sono patologici. Sono numeri molto importanti. Patologici significa che il gioco è diventato per loro un elemento essenziale nella vita, che li spinge non solo a investire molto denaro ma anche a dedicare molto tempo al gioco e questo porta a un inevitabile deterioramento dei rapporti familiari, lavorativi, sociali. In Trentino i dati seguono il trend nazionale. Gli ultimi dati, che emergono da una ricerca fatta dal CNR sulla provincia di Trento, stima che ci siano almeno quindicimila persone a rischio, la metà delle quali con rischio medio alto, ma è una cifra sicuramente sottostimata, poiché si è considerata solo la popolazione 15-64 anni e quindi esclude la popolazione anziana, nella quale si trovano forti giocatori.
Come arriva un giocatore patologico all’Associazione Ama o ai servizi sanitari?
I primi che si rivolgono ai servizi in genere non sono i giocatori patologici ma i familiari, che si rivolgono all’Ama o al Sert per chiedere aiuto per una persona cara che vedono in grave difficoltà. E questo perché i comportamenti del forte giocatore incidono pesantemente nella vita di relazione. Ma possono rivolgersi a noi e al Sert anche direttamente i giocatori, anche se questo accade solo quando si rendono conto che i loro comportamenti li hanno condotti a intaccare pesantemente il proprio patrimonio o quello dei familiari. Di solito giocano da qualche anno e i danni che hanno causato, sia sul piano relazionale che su quello economico, sono spesso importanti. Ciò che colpisce è che si sta abbassando l’età di coloro che si rivolgono ai servizi: un tempo erano praticamente solo persone di 40-50 anni, oggi cominciamo ad avere anche qualche ventenne.
Il Sert e l’Associazione ama offrono lo stesso servizio?
Il Sert e l’Ama svolgono due lavori complementari, non equivalenti, e c’è molta collaborazione in questo campo. L’associazione Ama promuove gruppi di auto mutuo aiuto e quindi gruppi di persone interessate dal problema del gioco che si trovano settimanalmente per confrontarsi e per sostenersi, accompagnati da un facilitatore che aiuta il gruppo in questo percorso. Il Sert lavora a livello individuale con la persona e con la famiglia e propone un percorso personale con l’accompagnamento di alcuni professionisti.
Quanti sono i giocatori patologici che sono seguiti nella nostra provincia?
Il Sert attualmente ha in carico un centinaio di giocatori e altrettanti l’Associazione Ama. Facendo una stima molto approssimativa possiamo dire che per ogni giocatore attualmente seguito ce ne sono cento che non sono seguiti. Il percorso che offriamo noi si struttura inizialmente in sei incontri in un percorso psico-educativo, nei quali si coinvolge spesso anche la famiglia, che hanno lo scopo di far prendere coscienza a vari livelli dei problemi che vive il forte giocatore e di fargli comprendere, anche da un punto di vista matematico, che è enormemente più facile perdere che vincere. Successivamente alla persona viene offerta la possibilità di entrare in un gruppo e di parteciparvi quanto ritiene opportuno. In alcuni casi abbiamo persone che rimangono molto a lungo nei gruppi e sono di grande aiuto nel sostegno di chi affronta per la prima volta il problema.
Dovremmo dunque tenere maggiormente in conto anche i costi per la collettività delle patologie del gioco…
Sì. E da questo punto di vista la scelta di uno Stato di puntare sul gioco è per lo meno poco lungimirante. Il costo economico di un giocatore patologico è altissimo: in Germania si è calcolato che non è inferiore ai trentacinquemila euro l’anno. Una cifra che, moltiplicata per i giocatori patologici, diventa davvero spaventosa.
Certo, una mostra non ha il potere di cambiare da sola comportamenti che sembrano tanto radicati. Ma può indurci a riflettere, a comprendere i rischi, e soprattutto a uscire dall’illusione infantile di cambiare, grazie a un gioco, la nostra vita.
Alberto Conci
Fonte: Cooperazione fra consumatori
www.unimondo.org
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