mercoledì 6 marzo 2013

NEWSPAPERS, THE END


Una volta una testata giornalistica era un simbolo di prestigio, di attendibilità. Oggi, grazie alla Rete, non abbiamo più bisogno di intermediari. E' sorta una nuova alba: quella dell’informazione libera, della conoscenza ad accesso universale


Sono cresciuto in una famiglia di giornalisti, in un'epoca in cui l'informazione la facevano i giornali, in cui l'opinione pubblica si formava con gli editoriali dei direttori responsabili, in cui gli imprenditori spendevano cifre folli per arrivare a controllare un quotidiano di prestigio. 

Poi un giorno arrivò Internet e tutto cambiò. All'inizio gli editori sottovalutarono il suo potere, forse inconsciamente sapevano che avrebbe decretato la loro fine. Di sicuro non ne erano coscienti, altrimenti si sarebbero mossi diversamente, o per lo meno mossi.

Hanno abituato le persone a leggere le notizie sui loro siti, gratuitamente. Sul finire degli anni '90 sempre meno persone compravano un giornale e ancor meno erano quelli che compravano più di un giornale. Nel frattempo diminuivano i ricavi della vendita delle copie in edicola e parallelamente quelli della raccolta pubblicitaria che costituiscono la voce più importante nel bilancio di un prodotto editoriale.

Hanno provato a tenere in vita il malato terminale in tutti i modi in un penoso accanimento terapeutico che ha prodotto la free press e il business dei collaterali: in edicola abbiamo visto perfino le padelle incelofanate assieme ai giornali per vendere più copie!

Nei primi 10 anni del Terzo Millennio si diffusero a macchia d'olio i social network Facebook e Twitter, siti di informazione libera come Wikipedia e i blog indipendenti.

Le nuove generazioni di lettori erano stufe di leggere cosa pensava Tizio di quello che aveva detto Sempronio sulle dichiarazioni di Caio. Adesso preferiscono leggere le dichiarazioni di Caio e Sempronio direttamente sui rispettivi profili Twitter; l'opinione di Tizio è solo una delle tante, e non è abbastanza autorevole da giustificare il prezzo del giornale.

Autorevolezza, è questa la parola chiave. Una volta una testata giornalistica era un simbolo: di prestigio, di attendibilità e di competenza. Capitava spesso di vedere qualcuno passeggiare per strada con una copia di Repubblica o del Corriere sotto braccio; oltre che un simbolo, il giornale era uno status symbol: faceva capire che tipo eri, da che parte stavi, qual era il tuo atteggiamento nei confronti del mondo e della vita.

Ora il giornalista pretende di mettersi in cattedra e scrivere ai suoi studenti, il direttore tiene la linea editoriale e gli dice cosa scrivere, l'editore si assicura che il direttore mantenga una linea editoriale...congrua...ai suoi interessi.

E' l'ultima scena: quella in cui l'eroe muore e qualcun altro pronuncia l'ultima frase del copione, quella con la morale della storia. Non abbiamo più bisogno di intermediari. La Rete ci ha salvato dai tiranni che per secoli hanno soggiogato l'umanità per conservare i loro privilegi, i loro interessi, i loro patrimoni. Non abbiamo più bisogno di filtri e neanche li vogliamo. Diteci cosa è successo e fateci commentare, fateci confrontare, fateci formare un'opinione collettiva, fatevi da parte.

Il sistema Imprenditori-Politici-Editori sta collassando su se stesso. Silvio, hai sprecato soldi per comprare La7, non servirà a niente.

E' sorta una nuova alba: quella dell'informazione libera, del sapere condiviso, della conoscenza ad accesso universale. 
Niccolò Valentini 

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