mercoledì 30 maggio 2012

Sfida all’ultima sporta


E’ ufficialmente aperto il bando per la prima edizione della competizione nazionale “Sfida all’Ultima Sporta” promossa dall’Associazione dei Comuni Virtuosi, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, dell’Anci e con la collaborazione delle sedi locali delle associazioni nazionali partner della campagna, a partire da Italia Nostra.
“Cercansi amministratori comunali dinamici e visionari desiderosi di cogliere un’opportunità per coinvolgere i propri concittadini in un lavoro di squadra a beneficio dell’ambiente e della scuola locale” Così potrebbe suonare l’invito a partecipare che viene rivolto dagli organizzatori ai comuni  se si volesse convertirlo in un annuncio.
Sfida all’ultima sporta” è una competizione riservata ai comuni che hanno raggiunto il 60% di raccolta differenziata nel 2011 e con una popolazione compresa tra gli 8000 e i 16000 abitanti. L’iniziativa,  promossa all’interno del progetto di Porta la Sporta,  offre l’occasione per fare riflettere le comunità coinvolte – ma non solo- sulle conseguenze che gli attuali stili di vita “spreconi” hanno sull’ambiente e per spingerci  ad adottare nuovi comportamenti consapevoli e più rispettosi del nostro territorio.
I comuni si sfideranno in una competizione che premierà il migliore risultato ottenuto di “uso consapevole delle risorse” con la collaborazione di tutta la comunità. L’indicatore che è stato scelto per misurare le performances dei partecipanti è rappresentato e misurato dal consumo di sacchetti monouso, in quanto esempio emblematico di un utilizzo “usa e getta”, che è necessario ridurre al minimo.
Concretamente la comunità che, nell’arco di sei mesi, sarà più capace di ridurre il consumo dei sacchetti monouso, a livello pro-capite, otterrà un premio in denaro pari a 20.000 euro offerta dagli Sponsor da destinare alla scuola locale. Il sistema di misurazione che verrà applicato si baserà sia sui dati forniti dai comuni, come numero di acquisti effettuati in supermercati e negozi, sia sugli esiti dei rilevamenti effettuati dalla segreteria organizzativa e dalle sedi locali delle associazioni nazionali partner della campagna.
“Questa iniziativa – dicono gli organizzatori – vuole essere portatrice verso l’opinione pubblica di alcuni messaggi semplici, ma importanti, che possono condurre a una maggiore sostenibilità ambientale. Il messaggio chiave è che serve una presa di responsabilità sia individuale sia collettiva che possa contrapporsi alla deresponsabilizzazione attuale, diffusa a tutti i livelli della società. Per invertire questa tendenza e cambiare i comportamenti è necessario dare esempi alternativi coinvolgendo le persone”.
Altro messaggio indicato dagli organizzatori è sempre legato al tema della responsabilità con un riferimento alle future generazioni: “Oltre a fare il possibile per rallentare il degrado dei sistemi naturali del pianeta dobbiamo investire nell’educazione ambientale e civica delle future generazioni, affinché non compiano i nostri stessi sbagli. Da qui la decisione di destinare il montepremi che il comune vincitore riceverà, alla scuola locale, un settore pubblico in cui si è invece progressivamente disinvestito”.
Chi sono gli sponsor e i partner che hanno reso possibile l’edizione italiana
La versione nostrana che si avvale della collaborazione della Cooperativa E.R.I.C.A. come Partner Tecnico può essere lanciata grazie al contributo complessivo di 20.000 euro che verrà donato al comune vincitore da tre sponsor: Banca Marche, sponsor principaleFrà Production, con il suo marchio Ecottonbag. Rimane comunque aperta la porta ad altre aziende, qualora volessero aggiungersi alla lista degli sponsor, per istituire un premio dedicato al secondo classificato.
Le buone pratiche locali che attraversano l’Oceano
Sfida all’ultima sporta diventerà la seconda iniziativa internazionale del suo genere. Si ispira infatti  a “Reusable Bag Challenge”  che ha visto fronteggiarsi nel 2009, in Colorado, oltre 30 cittadine e un’intera contea in una gara a quale comunità consumava meno sacchetti. Gli esercizi commerciali aderenti, dai negozi di vicinato ai supermercati, hanno conteggiato, per un periodo di 6 mesi, i sacchetti risparmiati sulla base degli acquisti effettuati dai clienti senza utilizzare sacchetti monouso di qualunque materiale. ll premio in palio, una fornitura di pannelli solari completa di installazione, acquisita con il contributo degli sponsor, è andato a beneficio della scuola locale del comune vincitore, Basalto. La sfida, che ha entusiasmato migliaia di partecipanti ha significato, per l’ambiente, un risparmio immediato complessivo di oltre 5 milioni di sacchetti e altri effetti che si sono mantenuti nel tempo.
L’idea è partita da un giovane abitante di Telluride amante della natura, Dave Allen, e a lui verrà dedicata l’iniziativa italiana.
Le tappe dell’iniziativa
I comuni che hanno i requisiti richiesti, e cioè un numero di abitanti compreso tra le 8.000 e le 16.000 unità e un indice di raccolta differenziata non inferiore al 60% come dato 2011, possono prendere visione del bando sul sito dell’iniziativahttp://www.portalasporta.it/index.htm e inviare la loro candidatura a partire dal 28 maggio 2012 e sino al  30 settembre 2012.
Dopo le opportune verifiche verranno considerate le prime venti candidature valide pervenute. L’inizio previsto per la partenza della competizione è il primo novembre 2012. La segreteria organizzativa nazionale supporterà i comuni partecipanti nella realizzazione delle varie iniziative di sensibilizzazione alla prevenzione e alla gestione consapevole dei rifiuti.
Per informazioni: Silvia Ricci – Cell.347.9075399 e-mail: redazione@portalasporta.it

No alla parata, l'altro 2 giugno


Al posto di militari e mezzi vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata. Ecco cosa chiedono.

Articolo di: Lorenzo Montanaro - Famiglia Cristiana
Foto di www3.corpoforestale.it
       
Il prossimo 2 giugno, invece di carri armati e missili, vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata militare organizzata a Roma lungo i Fori Imperiali in occasione della Festa della Repubblica.
Tanti faticano a riconoscersi in quella che considerano un'inutile esibizione di macchine da guerra. Inutile e dispendiosa, visto che la parata dovrebbe costare circa 4 milioni di euro: spesa assurda secondo le associazioni, che sostituirebbero volentieri il carosello delle Forze armate con una riflessione sull'Italia "reale" e sui valori di pace e nonviolenza inscritti nel Dna della nostra Repubblica. Tanto più in un momento difficile, con la crisi che non risparmia nessuno e milioni di persone costrette a lottare per non andare a fondo. Per chi ha conosciuto da vicino il potere distruttivo delle armi, l'idea di una parata militare è quanto mai  inaccettabile. 
Don Renato Sacco (Pax Christi) è stato molte volte in Irak, anche durante la guerra. «Possibile che il solo modo per celebrare la nostra Repubblica sia l'esibizione muscolare della violenza? – si domanda - Possibile che le eccellenze del nostro Paese si riducano a una carrellata di strumenti di morte? Me lo chiedeva nel 2003 una catechista di Mosul, ricordandomi anche le tante armi vendute dall'Italia al regime di Saddam Hussein: "Ma voi sapete ragionare solo con le armi?"». Don Renato, sacerdote della diocesi di Novara, abita non lontano dalla base militare di Cameri, dove verranno assemblati gli ormai noti (perché discussi) cacciabombardieri F-35. «Parliamo di velivoli di attacco e non di difesa, concepiti per trasportare anche testate nucleari. Come possiamo ritenerci 'soddisfatti' se il Governo ne acquisterà 'solo' 90 anziché 131?».

E' in scelte politiche come questa che secondo don Renato Sacco si scorgono i segnali di «una pericolosa e persistente cultura della guerra, spesso nascosta dietro la retorica della difesa dei valori della nostra civiltà. Ma proprio perché nei momenti di crisi la retorica si fa strada più facilmente e rischia di degenerare, ora più che mai non bisogna abbassare la guardia». «Una festa – spiega ancora il sacerdote – dovrebbe essere un momento di convivialità e di incontro. Quando invece prevale la violenza si parla di "festa degenerata". Sappiamo bene che le armi sono di per sé distruttive. Infatti, come ci ricorda il magistero della Chiesa, in particolare nel documento "La Santa Sede e il Disarmo" del 1976 "gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame" . Se ragioniamo con questa logica, dunque, una sfilata di armi non è altro che una festa degenerata».

Ben diversa la variegata e coloratissima "parata" che don Renato avrebbe in mente: «Mi piacerebbe veder sfilare i credenti accanto ai non credenti, i lavoratori ma anche i tanti disoccupati, i precari, gli studenti, gli artisti, gli sportivi, le persone disabili, i missionari, le casalinghe, i pensionati. Insomma, tutti quelli che rappresentano il vero motore del Paese. E soprattutto vorrei veder sfilare tanti giovani». 
E' questa una riflessione che si incontra anche nelle parole di don Tonio Dell'Olio, responsabile Settore Internazione di Libera, rete di associazioni impegnate contro le mafie: «Prima ancora che per questioni economiche critichiamo la parata per tutto quello che rappresenta. Oltretutto le forze armate, non dimentichiamolo, hanno già una loro festa, che si celebra ogni anno il 4 novembre». Secondo don Tonio, per festeggiare davvero il 2 giugno bisognerebbe cambiare rotta: «aprire gli occhi sulle reali priorità del Paese, soprattutto sulle fasce deboli, che in questo momento stanno pagando il prezzo più alto della crisi, come dimostrano le file interminabili di chi si affolla davanti a mense per i poveri, sportelli d'ascolto e servizi sociali».

Ma a don Tonio, sacerdote impegnato nella lotta contro le mafie, c'è un aspetto che sta particolarmente a cuore: «Purtroppo vediamo aumentare il numero dei giovani che si inseriscono nei vari clan malavitosi. E troppe volte ci illudiamo che la criminalità organizzata si combatta solo con gli strumenti repressivi, dimenticando che la prevenzione si fa innanzi tutto con politiche sociali adeguate e con l'azione culturale». Anche per questo, conclude il sacerdote, «mi piacerebbe che nella sfilata del 2 giugno ci fosse uno spazio per i parenti delle vittime di mafia».Le associazioni coinvolte nella protesta esortano i cittadini a segnalare sul sito del Governo la parata del 2 giugno come spreco. Invitano anche gli interessati a scrivere una lettera di dissenso indirizzata al presidente Napolitano. In particolare il movimento Pax Christi ha preparato una sorta di "lettera aperta comune", che ciascuno può "personalizzare" in base alle proprie sensibilità.
Un appello al Capo dello Stato arriva anche dal Cipsi (Coordinamento Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale). «Stiamo soffrendo le convulsioni di una crisi senza precedenti – sottolinea Guido Barbera, presidente Cipsi - con una disoccupazione crescente che colpisce soprattutto i giovani e le donne. Aumentano i numeri della cassa integrazione che spesso diventa la via per arrivare alla mobilità e, quindi, al licenziamento. Assistiamo quasi quotidianamente ad una inquietante catena di suicidi da parte di piccoli imprenditori che non riescono più ad andare avanti. Il potere d'acquisto dei salari continua a diminuire e non si riesce a trovare risposta al dramma di almeno 350.000 esodati senza lavoro e senza diritto alla pensione. Non si può pensare di festeggiare la nostra Repubblica ignorando queste situazioni».
«La politica è latitante, rappresentata da partiti che arrancano, incapaci di dare qualsiasi segnale di riforma e di cambiamento  – fa eco Eugenio Melandri, storica voce impegnata per il disarmo, direttore della rivista "Solidarietà Internazionale" -  Le cosiddette riforme continuano a essere solo annunciate, mentre le poche che si fanno vengono sistematicamente corrette per rispondere alle lobby più potenti e più forti. E i cittadini più anonimi restano inascoltati». Ecco perché, secondo il Cipsi, la parata militare del 2 giugno rappresenta «un vero e proprio vulnus al buon senso di qualsiasi persona o famiglia che trovandosi in difficoltà comincia a tagliare le spese meno necessarie».
Massimo Paolicelli, della campagna Sbilanciamoci.
«Risparmiando i 4 milioni di euro della parata militare sarebbe possibile avviare al servizio civile 700 ragazzi». Non ha dubbi Massimo Paolicelli, presidente dell'Associazione Obiettori Nonviolenti e portavoce della campagna "Sbilanciamoci!". «I Governi insistono nel voler celebrare la Festa della Repubblica con una parata militare costosa, retorica e anacronistica. Intanto l'esperienza di chi quotidianamente svolge attività utili per la comunità, accanto a bisognosi, disabili, malati e anziani, rischia di naufragare».

Da tempo infatti il servizio civile volontario naviga in cattive acque, proprio per carenza di fondi. Negli ultimi mesi il ministro Andrea Riccardi (che ha ricevuto dal premier Monti la delega in materia) ha più volte ribadito il suo desiderio di salvare questa istituzione dal baratro, ma al momento il sistema continua a essere paralizzato. Con le risorse ridotte a lumicino, immaginare nuovi bandi volontari per i prossimi anni diventa quasi impossibile: i ragazzi che in questi mesi stanno svolgendo il servizio rischiano di essere gli ultimi. 
«Naturalmente siamo contrari all'idea stessa di parata – spiega Paolicelli –Vorremmo che il 2 giugno si festeggiasse una Repubblica fondata sul lavoro e non sulle armi. Quest'anno, poi, la sfilata ci sembra una scelta particolarmente assurda, uno schiaffo a chi ha perso il lavoro e non arriva alla terza settimana del mese. Sappiamo che la macchina organizzativa è già in movimento da settimane, ma ci rivolgiamo al presidente Napolitano, nella speranza che un suo intervento possa bloccare questo inutile spreco». Parata o no «invitiamo tutti a una manifestazione alternativa che stiamo organizzando alla Città dell'Altra Economia, quartiere Testaccio, con un ampio programma dalle 18 alle 24. Sarà un momento di riflessione e nello stesso tempo una festa, sobria e allegra». 
C'è anche chi, nonostante le contestazioni, alla parata intende partecipare, nella convinzione che possa essere un modo per far conoscere il messaggio nonviolento del servizio civile. «Fino all'anno scorso sfilavamo su una camionetta militare, cosa che non dava dignità alla nostra differenza nel modo di difendere la Patria» ha dichiarato giorni fa Corrado Castobello, uno dei quattro rappresentanti nazionali dei giovani in servizio civile: «Quest'anno, invece, avremo la possibilità di sfilare a piedi, come avevamo richiesto in passato. Inoltre saremo annunciati come forza non armata e non violenta e dunque parteciperemo in modo più convinto».
Ma anche su questi punti non sono mancate le polemiche. In vista della parata, infatti, i 41 ragazzi coinvolti stanno frequentando un piccolo corso di preparazione. «L'obiettivo non è imparare a marciare – ha precisato nei giorni scorsi Castobello -  ma semplicemente a usare un passo cadenzato, per essere più ordinati». Nel frattempo, però, sono state pubblicate sulla pagina Facebook dell'Unsc (Ufficio Nazionale Servizio Civile) alcune fotografie delle preparazione. Queste  immagini hanno fatto discutere: molti vi hanno visto un vero e proprio "addestramento alla marcia". «Apprendiamo dalla rete con stupore che ai giovani del servizio civile sia stato chiesto di marciare con passo militare – ha dichiarato in una nota Enrico Maria Borelli, presidente Amesci (Associazione Mediterranea per la Promozione e lo Sviluppo del Servizio Civile) – La partecipazione dei volontari alla parata ha senso se si consente al mondo del servizio civile di esprimere il valore civile e civico dell'impegno dei giovani. Irreggimentarli come fossero soldati rischia di richiamare un approccio culturale superato. Ci auguriamo che l'Unsc voglia rimediare subito a quella che ci appare come un'iniziativa incomprensibile».

 La risposta dell'Unsc non si è fatta attendere: «I volontari, che hanno aderito liberamente,  non marceranno, ma cammineranno davanti al capo dello Stato e alle altre autorità in modo coordinato – ha dichiarato Federico Fauttilli, capo dell'Unsc -  La partecipazione del servizio civile alla manifestazione del 2 giugno è una tradizione che va avanti da ormai vari anni. Sfilano i Vigili del fuoco, la Croce rossa, la Protezione civile e, anche su richiesta degli stessi ragazzi, ci sembra giusto far conoscere e apprezzare  il ruolo attivo che essi svolgono all’interno del Paese e anche all’estero. La preparazione alla parata, che è arduo definire addestramento, avviene necessariamente sotto il coordinamento dei militari, che sono gli organizzatori, e non comporta alcun aggravio di spese».

Parole che comunque non hanno tranquillizzato il mondo pacifista.«L'unica marcia che ci piace è la Perugia-Assisi, per la pace e il disarmo – ha dichiarato Mao Valpiana, presidente nazionale Movimento Nonviolento – Non possiamo accettare che la presenza dei giovani del servizio civile alla parata del 2 giugno sia "sotto il comando dei militari". La difesa nonviolenta della patria, riconosciuta dalle sentenze della Corte costituzionale, deve avere pari dignità e piena autonomia».      

In tempi così burrascosi, forse un segno concreto vale più di molte parole. Per questo, il 2 giugno, gli enti della Cnesc (Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile) hanno deciso di tener aperte le loro sedi, per permettere a cittadini e istituzioni (l'invito è rivolto in particolare al premier Monti e al ministro Riccardi) di toccare con mano le tante e preziose attività svolte ogni giorno dai volontari. «Le sedi sono luoghi in cui si stanno scrivendo storie di pace e di giustizia – afferma Primo Di Blasio, presidente Cnesc – luoghi dove i giovani sono protagonisti attivi di quel sogno dei padri costituenti di un'Italia unita, solidale, che ripudia la guerra e costruisce la pace». 
Fonte: www.famigliacristiana.it

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giovedì 24 maggio 2012

Acqua del sindaco: un trionfo in Lombardia


La cultura dell'acqua pubblica è sempre più diffusa in Lombardia. Lo rivelano i dati di una ricerca di AQUA ITALIA, l'Associazione delle aziende costruttrici e produttrici di impianti per il trattamento delle acque primarie, federata ad ANIMA - Confindustria. Attraverso lo studio CRA 2012 è stata osservata la propensione al consumo di acqua del rubinetto, trattata e non, in Lombardia.
AQUA ITALIA è da sempre impegnata a promuovere una “cultura dell'acqua” consapevole e, in quest'ottica, dal 2006 svolge periodicamente una fotografia del consumo dell'acqua del sindaco in Lombardia. Dalla ricerca CRA Nielsen 2012 è emerso che l'81,8% dichiara di bere acqua del rubinetto, trattata e non. Quasi la metà dei lombardi sceglie l'acqua a km zero abitualmente, infatti, il 46,8% dichiara di berla sempre o quasi mentre il 24,9% la beve occasionalmente e il 10,1% la beve raramente.
Per quali motivi l'acqua del sindaco è preferita a quella in bottiglia? Innanzitutto la comodità (36,9%) seguita dal gusto (25,2%) e dal minor costo (21,2%). In particolare poi, il 26,1% degli intervistati dichiara di avere almeno un dispositivo di trattamento dell'acqua nella propria abitazione. Al primo posto si trovano le caraffe filtranti, scelte dal 14% degli intervistati seguite con un certo scarto dai sistemi di filtraggio per l'eliminazione del cloro che si attestano al 5,3%. Il 3,2%, invece, sceglie un sistema ad osmosi inversa e il 2,2% possiede un sistema di filtraggio dotato di refrigerazione o gasatura incorporato. Infine, l'1,4% ha un sistema di refrigerazione o gasatura. Nel dettaglio, il 52,8% di chi possiede un sistema di affinaggio dell'acqua ha sottoscritto un abbonamento di manutenzione periodica e solo il 13,1% non conosceva l'esistenza di questa opportunità.
Infine, si è indagato sul fenomeno dei Chioschi dell'Acqua, l'evoluzione delle antiche fontanelle che oggi erogano a seconda della tipologia acqua refrigerata, gasata o filtrata. Usa o userebbe (qualora lo proponesse il comune di riferimento) il servizio il 63,5% degli intervistati mentre tra i residenti in comuni che non hanno proposto il servizio, solo il 6,3% in caso di attivazione non aderirebbe ugualmente.

non sprecare

Terremoto - I geologi: tre milioni di italiani in zone a rischio sismico

Bologna, 21 maggio – Ore 4.04 della notte tra sabato e domenica, la terra trema. Una lunga e intensa scossa di terremoto, della forza di poco inferiore a quella che il 6 aprile 2009 distrusse L’Aquila, fa “saltare” una bella fetta di nord Italia. Una ventina di secondi a magnitudo 6, che squarciano la notte da Milano a Venezia, da Torino a Trieste, da Bolzano a Bologna. L’epicentro viene registrato proprio in Emilia Romagna - la regione che già a gennaio era stata “strattonata” per ben due volte da altrettanti terremoti - tra le province di Modena e Ferrara. Un fazzoletto di terra in cui si scatena l’inferno, con le case che si piegano come ramoscelli e gli edifici storici che non reggono l’urto.
Il bilancio è drammatico e costringe il presidente del Consiglio, Mario Monti, a rientrare in anticipo dagli Stati Uniti. I morti sono sette, sei dei quali nel ferrarese e uno in provincia di Bologna, una cinquantina i feriti lievi nel modenese, tra cui un vigile del fuoco, e circa quattromila sfollati in albergo o nelle tendopoli allestite dalla Protezione civile, sotto un cielo livido di pioggia.
Incalcolabili al momento i danni, per i quali martedì il Consiglio dei ministri dichiarerà lo stato di emergenza.
Come sempre, in questi casi, si cerca di “ragionare” sulla tragedia. “Per mettere in sicurezza il nostro paese, la strada da perseguire non è soltanto quella, ancorché importantissima, degli interventi strutturali e dell’inserimento dei dissipatori - spiega il capo dei geologi italiani, Gian Vito Graziano, - ma è ancor prima quella degli studi della risposta sismica dei terreni. Occorre inibire l’edificazione in quelle aree dove questi studi dimostrano un effetto di amplificazione dell’intensità sismica”. “Altrettanto importante sarebbe l’istituzione del Fascicolo del fabbricato - aggiunge Graziano, - una sorta di libretto sanitario degli immobili che permetterebbe di valutare le reali condizioni statiche e sismiche del nostro immenso patrimonio, che racchiude edifici di grandissimo pregio storico e architettonico, che non possiamo permetterci di veder crollare”.
Secondo il Consiglio nazionale dei geologi, ben tre milioni di italiani abitano in zone ad alto rischio sismico, 21 milioni quelle che abitano in zone a rischio medio. In Emilia Romagna la popolazione residente in aree pericolose è di 1.308.443 abitanti, ma le regioni più esposte sono la Sicilia e la Calabria.
“La nostra priorità assoluta è dare assistenza alle persone e fare in modo che possano passare le notti in condizioni accettabili”, ha detto il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli. Il peggio, del resto, potrebbe non essere ancora alle spalle. “A grandi scosse poi ne seguono altre - osserva Gabrielli. - Non necessariamente quella della notte tra sabato e domenica è stata la più grande. Bisogna essere cauti: sui terremoti non si fanno previsioni e non si approccia il problema con superficialità e impropria rassicurazione”.

mercoledì 23 maggio 2012

Pizzarotti: i miei consiglieri e assessori


Riceviamo e pubblichiamo
Per la prima la volta nella storia della politica parmigiana, le lobby e le segreterie dei partiti non potranno piazzare amici e parenti sulle poltrone di potere. Il MoVimento 5 Stelle di Parma ha avviato un metodo nuovo di selezione, aperto alle intelligenze individuali e collettive. Per attuarlo abbiamo chiesto aiuto ai cittadini tramite la Rete. Sul nostro sito sono così arrivati oltre 150 curriculum che sono stati analizzati.
Stiamo immaginando la Giunta del futuro, valutando l’organizzazione delle squadre di esperti che lavoreranno insieme per raggiungere gli obiettivi, ascoltare le proposte dei cittadini e metterle in pratica.
Inoltre, abbiamo fatto un piccolo regalo alla città, un gruppo di consiglieri del Sindaco, noti a livello nazionale ed internazionale, che offriranno, gratuitamente, le proprie consulenze.
Parma potrà essere un modello di Comune a cinque stelle, da esempio per le altre amministrazioni, con una nuova visione delle comunità, più in armonia con l’ambiente, con maggiore equità, dove il buon senso sia sovrano e si affermi un nuovo paradigma culturale che ha come asse portante la partecipazione diretta dei cittadini alla vita quotidiana della città.
Avremo almeno tre consiglieri del Sindaco, a titolo completamente gratuito.
Loretta Napoleoni, economista di fama internazionale che collaborerà sul tema dell’economia partecipata. Il professor Maurizio Pallante, noto saggista e divulgatore, che tra l’altro ha contribuito alla redazione del Piano Energetico del Comune di Reggio Emilia, si occuperà di economia ed energia senza sprechi. Il dottor Pierluigi Paoletti, analista finanziario, dal 2008 è presidente nazionale dell’associazione senza scopo di lucro Arcipelago SCEC, che si occupa di ricostruire le economie locali e le comunità sociali attraverso lo strumento dei Buoni locali della Solidarietà ChE Cammina (SCEC) e si occuperà di pianificazione delle attività produttive.
Altri professionisti importanti, sia locali che nazionali, potranno aggiungersi dopo l’esito del voto sui temi quali agricoltura, mobilità sostenibile, sociale, cultura, rifiuti, energie, acqua pubblica e servizi, rapporti con le aziende multiservizi.
Tra loro ha dato la propria disponibilità a collaborare con la Giunta Fabio Salviato, co-fondatore e già presidente di Banca Etica, che sarà incaricato dei rapporti con l’Unione Europea, all’attuazione del programma sui fondi destinati al risparmio ed alle tecnologie rinnovabili.
Tra i possibili assessori spicca il nome di Paolo Berdini, urbanista, uno dei padri dello Stop al consumo del suolo. Per lui, il ruolo di assessore all’Urbanistica ed energia. Berdini è Ingegnere urbanista, svolge attività di progettazione e consulenza per le pubbliche amministrazioni. Dal 1995 al 2000 è stato membro dell’ufficio di programma della Giunta regionale del Lazio. E’ stato segretario generale dell’Istituto nazionale di urbanistica. Ha pubblicato La città senza piano (Roma 1992) e Il Giubileo senza città (Roma, 2000). Dal 2000 è editorialista sui temi urbanistici dell’edizione romana del Corriere della Sera.
Stiamo inoltre valutando diversi nomi nell’ambito locale e nazionale per quanto riguarda la figura probabilmente più importante in questo momento, l’assessore al Bilancio.
Vista la delicatezza del ruolo, ci stiamo prendendo tutto il tempo necessario per scegliere la persona più adatta tra le tante proposte arrivate. Nulla è improvvisato, superficiale o demagogico in quanto si parla del futuro della nostra città.
Ribadiamo inoltre che totalmente nuova sarà la filosofia di governo di Parma che caratterizzerà una Giunta a 5 Stelle.
Riformeremo lo statuto introducendo il referendum propositivo senza quorum, introdurremo il bilancio partecipato, ci sarà una consulta dei comitati e delle associazioni, organizzeremo sedute aperte del consiglio comunale, tutto verrà trasmesso via web, così come in piazza e via internet ascolteremo le proposte dei cittadini, non ci saranno spartizioni nelle partecipate in base a logiche partitocratiche. I cittadini saranno quindi chiamati in causa direttamente nelle scelte, potranno avanzare loro stessi proposte da mettere in votazione tramite i referendum ed altri strumenti.
Nostro impegno sarà ascoltare le proposte per la città senza guardare se vengono dall’opposizione o dalla maggioranza. Perché le buone idee non hanno “bandiera” si portano avanti condividendo oneri, onori e meriti insieme.
Con il Movimento 5 Stelle al governo di Parma, i cittadini tutti saranno chiamati a partecipare direttamente alla vita della nostra comunità. Insieme verso il futuro

SULLA VITTORIA DI GRILLO A PARMA

DI MARCO TRAVAGLIO
ilfattoquotidiano.it

...Parma è un caso di scuola: il centrosinistra, dopo gli scandali e i fallimenti del centrodestra che a furia di ruberie ha indebitato il Comune di 5-600 milioni, era come l’attaccante che tira il rigore a porta vuota. Eppure è riuscito nella difficile impresa di fare autogol. Come? Candidando il presidente della provincia Bernazzoli, che s’è guardato bene dal dimettersi: ha fatto la campagna elettorale per le comunali con la poltrona provinciale attaccata al culo, così se perdeva conservava il posto. Non contento, il genio ha annunciato che avrebbe promosso assessore al Bilancio il vicepresidente di Cariparma. Sempre per la serie: la sinistra dei banchieri, detta anche “abbiamo una banca”. Se Grillo avesse potuto costruirsi l’avversario con le sue mani, non gli sarebbe venuto così bene. Risultato: 60 a 40 per il grillino Pizzarotti, che ha speso per la campagna elettorale 6 mila euro e ha annunciato una squadra totalmente nuova e alternativa: da Maurizio Pallante a Loretta Napoleoni.

Eppure il Pd era sinceramente convinto che Bernazzoli fosse il candidato ideale. E Bersani pensava davvero di sconfiggere il grillino accusandolo di trescare col Pdl, come se oggi, Anno Domini 2012, qualche elettore andasse ancora a votare perché gliel’ha detto B. o Alfano. Si sta verificando quello che avevamo sempre scritto: e cioè che la fine di B. coincide con la fine del Pdl, la fine di Bossi coincide con la fine della Lega, ma chi li ha accompagnati e tenuti in vita con finte opposizioni può sognarsi di prenderne il posto. Pdl, Pd e Udc sono partiti complementari che si tenevano in piedi a vicenda: quando cade uno, cadono anche gli altri due. I quali, non potendo più agitare lo spauracchio di B.&Bossi, dovrebbero offrire agli elettori un motivo positivo per votarli. E non ce l’hanno. Bastava sentirli cinguettare in tv di percentuali, alleanze, alternative di sinistra, rinnovamenti della destra, voti moderati, foto di Vasto, allargamenti all’Udc, per rendersi conto che non capiranno nemmeno questa lezione. Non sono cattivi: non ce la fanno proprio. Cadaveri che sfilano al funerale senz’accorgersi che i morti sono loro. Chissà se stavolta Napolitano ha sentito il boom: in caso contrario, è vivamente consigliata una visitina all’Amplifon.


Marco Travaglio
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
22.05.2012

Numeri da paura…!


La fontana pubblica a Colorno (PR) (9000 abitanti circa nota di MagU) è stata inaugurata il 10 novembre 2011. In cinque mesi sono stati erogati 88.928 litri di acqua potabile, del sindaco, con una media giornaliera di 514 litri.
Questo ha consentito di raggiungere risultati impressionanti. Tanto per dare qualche numero: usare l’acqua dell’acquedotto comunale (liscia o gassata per 5 centesimi al litro) ha consentito di risparmiare qualcosa come 59.285 bottiglie di plastica da un litro e mezzo.
La fontana dell’acqua voluta dall’amministrazione comunale ha risparmiato per l’ambiente 622.496 litri d’acqua (è noto infatti che per produrre una bottiglia in plastica da un litro servono, tra le altre cose, 7 litri d’acqua), 14.406 Kg di greggio, 8.893 kg di Co2  non immessi in atmosfera, 7.114,24 euro di smaltimento rifiuti.
E i cittadini? Le famiglie di Colorno, grazie alla scelta della casa dell’acqua, hanno già risparmiato 15.117,76 euro…
Insomma, i cittadini risparmiano, l’ambiente ci guadagna, e nella comunità cresce sostenibilità e buonsenso.
“Siamo molto soddisfatti – sostiene l’assessore all’Ambiente Marco Boschini – il progetto dimostra quanto giusta sia la strada intrapresa già da diversi anni dal nostro comune: raccolta differenziata spinta, progetti per la riduzione alla fonte, nuovi stili di vita e incentivi alle famiglie. Piccole azioni quotidiane e di sistema, che aiutano la nostra comunità virtuosa a ridurre i rifiuti e a vivere meglio!”

La mafia non è un corpo estraneo


Falcone Borsellino Caponnetto

La mafia non è un corpo estraneo, una banda contro lo Stato, la squadra del male contro quella del bene. La Mafia, purtroppo, è cresciuta con la Repubblica, ha garantito l'ordine - o meglio, una certa idea dell'ordine- e in cambio ha ottenuto potere, si è ingrassata con un modello di sviluppo che confinava al nord le attività produttive e regalava alle borghesie mafiose del sud denaro pubblico in cambio di consenso politico. Dalla strage di Portella della Ginestra -11 morti alla festa del Primo Maggio 1947, per punire il movimento contadino e sue organizzazioni, sindacali e politiche- all'assassinio del "comunista" Pio La Torre e del "democristiano" Piersanti Mattarella, politici siciliani che si erano messi in testa di contestare il contesto e perciò tradivano la Sicilia, la Sicilia "nostra", quella della Mafia.
Giovanni Falcone lo sapeva, lo sapeva Paolo Borsellino. Usare l'indagine finanziaria e sequestrare i patrimoni, perché affondare le mani nella "roba" (insieme ricchezza e controllo del territorio) é la prima ragion d'essere dell'organizzazione mafiosa. Perseguire l'associazione e il concorso in associazione mafiosa. Perché arrestato un killer se ne trova subito un altro, mentre "le menti raffinatissime" - quelle che esigevano le imposte per lo Stato Italiano (i fratelli Salvo), quelle che garantivano comprensione e sostegno nelle sedi dei partiti, nelle caserme, ai piani alti, dove stanno quelli che danno ordini, nelle stanze dei Palazzi di Giustizia - quelle no, non possono rischiare il carcere duro e il 41bis.
Sono morti, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone per non avere accettato di perseguire solo la "mafia militare" arrestandosi davanti alla "mafia trionfante".
Sono morti per aver capito e per non aver voluto dimenticare quel che avevano capito. Ebbe a dire Giovanni Falcone: "la mia generazione pensava che la mafia non ci fosse, o che se anche ci fosse stata - cito a memoria - quello che alla fine voleva non era incompatibile con gli interessi generali". Venivano dalla Kalsa, quartiere di Palermo ad alta intensità di mafia, Falcone e Borsellino, ma grazie alll'autonomia della magistratura, grazie all'obbligatorietà dell'azione penale (che rende responsabile del suo operato ogni singolo magistrato), grazie a maestri come Costa e Chinnici, avevano capito e non volevano dimenticare.
Erano siciliani, non venivano dalla luna, come Giovanni Impastato, figlio di un "uomo d'onore" imparentato con Gaetano Badalamenti, o come Placido Rizzotto, che in guerra e nella resistenza aveva capito di dover rompere le solidarietà mafiose della sua, come di tante famiglie, laggiù a Corleone.
La loro storia è quella di un riscatto. Un riscatto siciliano, una lezione nazionale. E così dovrebbe essere ricordata.
Corradino Mineo



martedì 22 maggio 2012

TERREMOTO, CONTRIBUENTI.IT: 2 SCUOLE SU 3 NON A NORMA.


SORRENTO – Mettere subito in sicurezza il 66% delle scuole italiane. Lo chiede Contribuenti.it - Associazione dei contribuenti italiani, dopo l’evento sismico che ha colpito l’Emilia Romagna. In Italia, secondo lo studio di KRLS Network of Business Ethics redatto per conto di “Contribuenti.it Magazine”, solo il 45% delle scuole ha il certificato di agibilità statica, contro il 97% della Germania, il 94% della Francia, il 92% dell'Inghilterra, l'88% della Spagna, il 77% della Polonia, il 71% del Portogallo, il 62% della Romania, il 58% della Bulgaria e il 52% della Grecia che chiude la classifica.
"Prima di chiedere ulteriori sacrifici economici ai contribuenti bisogna far comprendere agli italiani come vengono spesi i loro soldi. Tre contribuenti su quattro chiedono di investire sulla sicurezza, sui giovani e sulla pubblica istruzione affinché tutti gli edifici scolastici siano a norma ed antisismici" afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani.
Nel corso della presentazione della kermesse Fisco Tour 2012 tenutasi stamane a Sorrento, il presidente Carlomagno ha denunciato che in Italia, due scuole su tre non sono a norma. Appena il 34% degli edifici, infatti, ha il certificato di agibilità statica, quello di agibilità igienico sanitaria, nonché il certificato prevenzione incendi.
"Basta con il teatrino della politica. Bisogna iniziare a risolvere i problemi di tutti i giorni. Il governo tecnico deve dimostrare di saper spendere i nostri soldi in opere utili, riconquistando la fiducia dei contribuenti italiani. I dati statistici - ricorda Carlomagno - dicono che solo un cittadino su quattro capisce perché paga le tasse. Solo con la tax compliance si può combattere l'evasione fiscale".

L’Ufficio Stampa
FONTE: Associazione Contribuenti Italiani

Il messaggio dei ballottaggi. E ora legge elettorale e sul finanziamento dei partiti.


La Lega perde sette ballottaggi su sette. Il centrosinistra si afferma in Lombardia, Doria vince a Genova, Orlando a Palermo, Il Movimento Cinque stelle ha il suo primo sindaco a Parma e ne ottiene altri due, uno a Comacchio (Ferrara) e uno a Mira (Venezia).Il cappotto in casa leghista è un vera e propria débacle. Cantù, Palazzolo, Tradate, Senago, Thiene e San Giovanni Lupatoto, Meda. Tutte roccaforti perse dal Carroccio. Sesto San Giovanni rimane feudo della sinistra, ma con una partecipazione al voto al 39 percento. Il Pdl si affida a La Russa: dobbiamo capire, ha detto, la rivoluzione dei nostri elettori. Auguri, il rebus non è così complicato.
Il senso dei ballottaggi di queste amministrative si disegna nei risultati, ma al di là dei canti di vittoria o delle novità di chi ha cercato il ‘boom’ e l’ha trovato c’è un dato che deve far riflettere la politica, partitica e anti-partitica: al voto è andato il 51,4 percento, 14 punti in meno del primo turno. Non è una sorpresa che al secondo turno possa calare la partecipazione al voto e il dato spesso non è omogeneo per raffronti con precedenti tornate. Ma il calo è ben visibile e dice diverse cose. Il voto amministrativo, che è radicato territorialmente, ha assunto in queste elezioni un significato ben più profondo per il momento politico che vive il paese, con un governo assai politico, ma targato ‘tecnico’, il centro destra in totale ritirata per effetto del post-Berlusconi e la fine del partito di plastica, la Lega annientata dalle inchieste e delusione causata nel suo elettorato. Il voto politico alle porte ha ancora diverse incognite da sciogliere, più sul sistema elettorale che sulle convenienze di schieramento. E più ancora sul come verrà affrontata questa indispensabile riforma.
Enrico Letta, Pd, ha subito approfittato del risultato odierno per tornare a pigiare l’acceleratore sul doppio turno in un sistema uninominale. Ipotesi che non piace all’Udc e che viene osteggiata con forza dal Pdl. “Prima ancora di leggere i risultati, questo turno amministrativo archivia la tentazione del doppio turno: non piace agli italiani che al secondo turno non votano, piace solo ai politicanti”, ha detto l’ex ministro Gianfranco Rotondi, membro dell’Ufficio di presidenza del Pdl.
Più che non piacere agli italiani – non si tratta della bontà di un gelato – pare non piacere a chi perde. Dichiarazioni che lasciano intendere quanto distante sia la consapevolezza dentro il Palazzo dello iato che si è formato in questi ultimi mesi, in cui la crisi economica, sociale, del lavoro e delle prospettive di futuro hanno sancito una frattura epocale fra i partiti tradizionali e le aspettative degli elettori.
Fine maggio, fra un paio di mesi le truppe parlamentari andranno in vacanza, ma il sistema elettorale rimane un nodo da sciogliere. Così come la legge di finanziamento ai partiti politici. Due punti che, se non saranno affrontati con serietà, non potranno che far scivolare ancora più in basso l’asticella della partecipazione al voto prossimo venturo.
Alla cessione di sovranità nazionale, a favore di chi in Europa si ostina a voler introdurre concetti ideologici come il pareggio di bilancio nelle Costituzioni degli Stati membri, si aggiunge un concetto odioso per una democrazia: quello di una cerchia ristretta che per legittimare la propria sopravvivenza nelle stanze del potere agisce facendosi scudo delle istanze – presunte e utilizzate strumentalmente – dei cittadini. Ma il re, ormai, è nudo.
Angelo Miotto E

lunedì 21 maggio 2012

Dobbiamo trasformare la paura in speranza


"È ora di trasformare le paure in speranza: lavoro, sostegno alle famiglie, democrazia". Lo ha detto don Luigi Ciotti, presidente di Libera, parlando dal palco in piazza Vittoria a Brindisi.

Articolo di: Libera
Foto di http://www.libera.it/
       
«È ora di trasformare le paure in speranza: lavoro, sostegno alle famiglie, democrazia». Lo ha detto don Luigi Ciotti, presidente di Libera, parlando dal palco in piazza Vittoria a Brindisi dove si è appena conclusa la manifestazione organizzata contro l'attentato di stamane all'istituto professionale 'Morvillo Falconè. «Non dimenticate - ha detto ancora don Ciotti alla folla - che gli assassini sono qui e ci stanno vedendo anche attraverso la tv». Il fondatore di Libera ha sottolineato quale deve essere il ruolo della scuola. «Una scuola - ha detto - dove si parla della democrazia, e la democrazia si fonda su due gambe, la giustizia e la dignità umana. Poi c'è la terza gamba, che si chiama responsabilità. Dobbiamo assumerla anche noi, di più». E poi don Ciotti ha concluso con un appello: «Questi ragazzi sono meravigliosi, non prendiamoli in giro».
Don Luigi Ciotti: " Proviamo un grande immenso dolore, Quello che ora sentiamo di poter e dover dire che una morte di questo genere è inaccettabile"

"Proviamo un grande dolore, tanto dolore e vogliamo innanzitutto esprimere tutta la nostra vicinanza alle famiglie e a tutti i ragazzi della scuola. Bisogna certo aspettare l'esito delle indagini sull'attentato. Quello che ora sentiamo di poter e dover dire che una morte di questo genere è inaccettabile . In Puglia ci sono beni confiscati alle mafie dove tanti giovani si danno da fare per ridare a questo nostro paese piu' legalità, piu' dignità, piu' lavoro, piu' giustizia sociale. Lo stesso avviene in tante scuole della Regione e del paese dove i ragazzi come quelli colpiti oggi dall'attentato imparano non solo le materie del sapere ma anche l'alfabeto della cittadinanza e della corresponsabilità. Che questo fatto violento, incredibile, non puo' farci dimenticare la meraviglia di questi ragazzi impegnati a costruire il loro ma anche il nostro futuro" . In una nota Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera nell'esprimere vicinanza alle famiglie dei ragazzi e commenta l'attentato a Brindisi.
Fonte: http://www.libera.it/
19 Magggio 2012
Bombe a Brindisi. Don Ciotti: "Attacco alla società civile"

Rio+20: una sfida per crescere senza Sprecare


Si avvicina l'appuntamento con la grande conferenza delle Nazioni Unite sullo svilupposostenibile (UNCSD), nota anche come Rio+20, perché cadrà proprio a 20 anni di distanza dal Vertice della Terra del 1992, che ha lanciato per la prima volta a livello mondiale il concetto di sviluppo sostenibile. Dal 20 al 22 giugno a Rio de Janeiro, in Brasile, il mondo si aspetta molto per un futuro meno sprecone e più sostenibile. Per tutti. Perché sinora non è andata proprio così...
Secondo il ‘Living Planet Report’, l’indagine biennale del WWF sulla salute della Terra, in un anno consumiamo le risorse di un Pianeta e mezzo. Un'avidità che ha provocato, come si legge nel documento, solo fra il 1970 e il 2008, la perdita del 30% di biodiversità a livello globale con punte del 60% nei Tropici, tra le aree geografiche più colpite del mondo. Un trend di sovrasfruttamento confermato anche dai dati sull’impronta ecologica degli ultimi anni: nel 2008, infatti, a fronte di una biocapacità (cioè della capacità che i sistemi naturali hanno di produrre risorse biologiche utilizzabili dagli esseri umani) della Terra di 12 miliardi di ettari globali (Gha), corrispondenti ad una ‘porzione’ pro capite media di 1,8 gha – che nel 1961 era di 3,2 ettari globale, quasi il triplo - si è registrata un’impronta ecologica umana di 18,2 miliardi di gha complessivi per una quota procapite di 2,7 gha. In Italia superiamo addirittura la media mondiale con un consumo annuale di ben 2,5 Pianeti e una quota pro capite di 4,5 gha.
non sprecare

Terremoto, da due giorni lo Stato non risarcirà più le vittime

Oltre al danno, la beffa. La notizia era apparsa in un rettangolino sul Corriere della Sera, l’altro giorno, nelle ultime pagine. La nuova riforma della Protezione Civile varata dal Governo Monti ha introdotto una novità in linea con il pensiero liberista che finora l’ha animato: mai più lo Stato pagherà per i danni causati da calamità naturali.
Dopo aver introdotto la “tassa sulle disgrazie”, attraverso l’aumento dell’accise della benzina, il Governo ha quindi introdotto la possibilità per il cittadino che voglia tutelarsi da calamità naturali di sottoscrivere un’assicurazione privata. E chi non se la può permettere? Si arrangi, le casse del Tesoro sono vuote e il messaggio, chiaro e devastante, è uno solo: non contate più sullo Stato.
Poi si chiedono perché qualcuno va dietro alle sirene del populismo e della demagogia: come non si può essere inferociti contro una cosa del genere? Con un tempismo perfetto, di fronte a 6 morti, 50 feriti, 3mila sfollati, danni per milioni a beni storici e artistici, l’unica certezza è questa: lo Stato non pagherà.
E’ questa l’Italia che vogliamo? Quella del cinismo dei tecnici, che guardano solo ai conti? Caro Bersani, il PD in Parlamento avrebbe dovuto fare le barricate contro una vergogna del genere… possibile che arriviate sempre dopo? Possibile che dovete sempre darci motivo per farci cascare le braccia (per non dire qualcos’altro)?
Una cosa è certa: in Emilia-Romagna non arriverà un euro. E voglio proprio vedere con che faccia certa gente esprimerà solidarietà alle vittime.

venerdì 18 maggio 2012

Macao, il futuro a Milano


Sono stato alla Torre Galfa per partecipare, per quanto mi è stato possibile, ai lavori dei primi 10 giorni ed organizzare lo scacco al Re. Ciò che ha fatto Macao è giusto, anche se non è legale.
L’invasione della Torre, sottratta al tessuto urbano per più di 10 anni, ha dato speranza ad una generazione che pareva non avere una propria idea di futuro, addormentata nel torpore televisivo e nell’assenza di fantasia.
Abbiamo fatto vedere a tutti che queste sono sciocchezze.
Vorrei spiegare perché l’invasione della Torre è un atto giusto.
La società moderna è costituita da una fitta rete di relazioni sociali, che si intrecciano e moltiplicano e rendono possibili altre relazioni sociali. L’esempio estremo di questa “catena di sant’Antonio” è la città metropolitana: milioni di persone che scambiano beni, servizi, abbracci … in un infinito teatro di comportamenti, azioni e reazioni. Alcune persone, grazie allo stratificarsi di queste relazioni, si ritrovano in posizioni privilegiate dalle quali compiere azioni che hanno forti conseguenze su tutta la comunità. Penso ad un amministratore delegato di una grande azienda: il fatto che decida se licenziare o assumere 5000 persone avrà un impatto sulla sua comunità molto importante. Penso ad un artista: il fatto che componga Imagine o che scriva I dolori del giovane Werther avrà un impatto assai differente. Se non ci fossero gli spazzini la città in cui l’amministratore ha concluso l’affare sarebbe andata in malora prima di rendere possibile l’accumulo di capitali necessario. Senza maestri e musei, senza i libri a casa difficilmente si potrebbe godere dell’arte e non sarebbe possibile vendere grandi best-seller.
In una democrazia dovrebbero essere i cittadini a decidere cosa debba essere pubblico e cosa privato, e quali siano le esigenze collettive che determinano la natura pubblica o privata di un bene. L’acqua è un bene pubblico, le scarpe sono mie.
L’impatto sul tessuto urbano che può avere un palazzo di 30 piani completamente vuoto, per anni, è una cosa seria. La proprietà di pochi, resa possibile dal complesso intreccio di relazioni sociali, viene usata in maniera feudale e quasi con capriccio; in maniera dannosa per la comunità. Penso al peso che tutti gli appartamenti sfitti della città hanno sul costo degli affitti. L’utilizzo a fini pubblici di beni che hanno un impatto profondo sulla società dovrebbe essere preso in considerazione in una moderna democrazia; sarebbe diverso se fossimo fermi a una situazione di tipo feudale. Credo che l’occupazione della Torre sia un atto giusto, un atto di riappropriazione, un gesto sociale che rammenta a tutti che i diritti sono garantiti (come la proprietà) se non lesivi dei diritti altrui.
E’ normale che ciò che ha fatto Macao sia considerato illegale.
Il futuro è spesso considerato illegale. Penso alle pellicole Kodak che hanno permesso a milioni di fotografi di stampare a basso costo e sperimentare così quest’arte; inizialmente erano illegali perché danneggiavano i privilegi di altre ditte. Penso alla radio, che come è noto è nata dalla pirateria; penso alla tv via cavo, che inizialmente era fuorilegge. Penso a internet, che con i suoi comportamenti sfaccettati e difficili da analizzare con le categorie giuridiche antiquate ed inadatte di cui disponiamo è spesso descritta come il luogo della pirateria per antonomasia.
E penso anche a Macao, che ogni giorno porta a Milano il futuro.
Marco Pagani E

Rassegna Settegiorni


NELLA SUA CARRIERA SALVÒ ANCHE UN ASPIRANTE SUICIDA
Per 40 anni al servizio della patria: il maresciallo Freo va in pensione
Gli eroi odierni sono spesso persone che, in silenzio, servono la patria con devozione. Tra loro i carabinieri Un esempio ...

Alla Varesina non ce la fanno più: «Degrado e pericoli a non finire»
Dovrebbe essere una delle ricchezze ambientali più tutelate e curate, ma così purtroppo non è. E' un fontanile malcurato, pericoloso ...

AL SERVIZIO DEI BISOGNOSI
«Persone per la vita»: premiato Dell'Acqua
Un riconoscimento postumo al suo impegno per gli altri. C'è anche Giuseppe Dell'Acqua tra coloro che, sabato 12 ...

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO DA GIANCARLO LONATI, SEGRETARIO DEL PD

«Voi con noi» è la novità ? «Non credo proprio»
Dalle pagine di Settegiorni, la lista civica «Voi con noi» ha sfiduciato tutti: sindaco, Pdl e Pd. Proprio quest'ultimo è ...

SIMONE BARONI, SEGRETARIO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA
«Fiducia sì, fiducia no... ma a Bareggio la crisi non c'è?»
«La mozione di sfiducia? Spero venga presentata». Anche per Rifondazione è tempo di bilanci e di auspici per il futuro, ...

ARRIVA TATA LUCIA BAREGGIO. Nell'ambito del «Maggio dei libri: leggere fa crescere», giovedì 24 maggio, alle 21.15 nella consiliare di via Marietti arriverà  ...

SFIDE DI SCALA QUARANTA AL PARCO 8 MARZO CON RICCHI PREMI
Pompeo e Chiara vincono il primo torneo «Ambrogio Cattaneo»
Sono padre e figlia i vincitori del torneo di «Scala quaranta» tenutosi in ricordo di Ambrogio Cattaneo nel ...

TASSE L'INTERVENTO DEL CAPOGRUPPO SISTI DOPO LA LETTERA INVIATA A TUTTE LE FAMIGLIE
«Sull'Imu disattesi gli impegni presi»
«Non è opportuno è che il sindaco utilizzi l'ennesima comunicazione inviata a tutte le famiglie, a spese della collettività , solo ...

MERCOLEDì 23 INCONTRO SULL'IMU BAREGGIO. Nell'ottica di informare il contribuente e per assicurare un contatto diretto ed assistenza tra il cittadino e l'amministrazione comunale su ...

IN GITA COI SANSOSTENESI. L'associazione culturale «Sansostenesi e simpatizzanti» organizza per il 10 giugno una gita al Santuario di Chiampo, in provincia di Vicenza. ...

FIRME CONTRO I PRIVILEGI. Continua la raccolta firme contro i privilegi della casta. Prossimi appuntamenti sabato 19 maggio dalle 14 alle 19 davanti alla ...


PROPONE TRATTAMENTI ALTAMENTE PROFESSIONALI
L'Ambra Centro Estetico e benessere da oggi propone anche la Grotta di sale
Bareggio. Il cambio di nome ha portato bene a L'Ambra centro estetico, dove oggi, complici straordinari
lavori di rinnovamento, avete a ...

giovedì 17 maggio 2012

Giornata internazionale contro l'omofobia, 17 maggio 2012


LA MAFIA NEI NOSTRI TERRITORI, È ORA DI PARLARNE! INCONTRO PUBBLICO SUL TEMA A BAREGGIO, GIOVEDÌ 17 MAGGIO 2012.

Continua il percorso della Carovana Antimafia Ovest Milano. In occasione del 20° anniversario  degli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino e delle loro scorte, la Carovana Antimafia Ovest Milano fa tappa a Bareggio.

Dopo gli appuntamenti di Abbiategrasso e Magenta, la rete, che raccoglie coloro che vogliono contrastare la diffusione della criminalità organizzata nel Magentino, ha programmato un incontro pubblico a Bareggio per raccogliere la sfida del Procuratore Aggiunto Ilda Bocassini, per la quale è necessario scegliere…o con lo Stato o contro lo Stato…contrastando il troppo frequente malcostume di valutare come conveniente il far affari con le organizzazioni criminali.

L’incontro, organizzato per il giorno 17 maggio alle ore 21.00 presso il Centro Polifunzionale Martin Luther King di Bareggio, cercherà di affrontare il problema sia da un punto di vista culturale – rompere l’omertà che gravita intorno al fenomeno “mafie in Lombardia” – nonché nel cercare di contrastare l’accettazione di atteggiamenti di rassegnazione partendo dalle azioni che le amministrazioni comunali possono mettere in campo.Ci aiuteranno e guideranno in questo primo passo per la costruzione di percorsi per la legalità:
  • ILARIA RAMONI, avvocato, esperta in diritto del lavoro e in legislazione antimafia, è referente per Milano e provincia e membro dell’ufficio legale nazionale di Libera-Associazioni, nomi e numeri contro le mafie;
  • GIANNI BARBACETTO, giornalista del Fatto Quotidiano. Nel settembre 2011 ha pubblicato(insieme a Davide Milosa) “Le mani sulla città” (Edizioni Chiarelettere) sulla presenza e gli affaridella ‘ndrangheta nel capoluogo lombardo;
  • Dott. MARIO VENDITTI, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia presso laProcura di Milano. Ha guidato alcunedelle principali inchieste degliultimi anni su infiltrazionimafiose e riciclaggio in Lombardia.
  • moderatore, LUCIANO SCALETTARI, inviato di Famiglia Cristiana, ha pubblicato nell’ottobre2010 (insieme a Luigi Grimaldi) il libro “1994, una storia mai raccontata” (Edizioni Chiarelettere).
“Non si può più fare finta di non sapere che, anche qua purtroppo, certe cose succedono. Creareattenzione, dibattito, consapevolezza e discussione, rompere l'omertà, è il primo e necessario passo per contrastare il radicamento della criminalità organizzata nei nostri territori. E nelle nostre coscienze.”

Promuove la Carovana Antimafia Ovest Milano

Aderiscono all'iniziativa:ANPI Bareggio, ARCI Paz Castano 1°, Ass. Libertà di cultura, Ass. Punto Rosso Magenta, Comitato soci COOP Bareggio/Settimo M.se, Coord. Genitori democratici Bareggio, IDV Bareggio, PD Bareggio, PRC Bareggio, Unione Sindacale di Base, Verdi Bareggio

Difesa: Non è una “spending review”! Ma “spendi di più”


Si è aperta ieri al Senato la discussione sul disegno di legge delega che avrebbe dovuto tagliare la spesa militare. Quella del ministro Di Paola è una “riforma” che comporterà l’aumento della spesa pubblica e delle spese militari. Altro che scure sulla Difesa.

Articolo di: Flavio Lotti
Finalmente si taglia. I cacciabombardieri F35 passano da 131 a 90. I soldati passano da 190.000 a 150.000. Uno sente queste cose e pensa: finalmente si tagliano le spese militari. E invece no. Quella del ministro Di Paola è una “riforma” che comporterà l’aumento della spesa pubblica e delle spese militari. Altro che scure sulla Difesa. Altro che “spending review”! Questa è una “spendi di più”.
Sottoposto a una fortissima pressione morale ed economica, il ministro della Difesa ha dovuto annunciare la revisione di tutti i programmi di armamento delle forze armate e dell’intero apparato militare. Per ottemperare a questo impegno il ministro ha predisposto un disegno di legge oggi in discussione al Senato con il titolo “Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale”.  Cosa dice il ministro? Non c’è alcun bisogno di ridefinire il modello di difesa, perderemmo solo un sacco di tempo. Facciamo noi militari. Il Parlamento deve solo delegarci e noi taglieremo dappertutto: spese, personale, caserme, sprechi, armamenti. Alla fine avremo delle FFAA più efficaci ed efficienti “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, neppure nella fase iniziale del processo”. Anzi, “al termine del processo di riforma, ci saranno significativi vantaggi per la finanza pubblica.” Meglio di così? Dov’è il problema?
Di problemi non ce n’è uno ma molti. Ecco un primo elenco.
1. Il progetto comporta non una riduzione ma un aumento della spesa pubblica.  Il ministro vuole liberarsi di circa 33.000 militari scaricando il loro costo sulle altre amministrazioni dello stato. Allo stesso tempo pretende di mantenere inalterato il bilancio a sua disposizione. Ma se il saldo della Difesa resta invariato vuol dire che aumenterà la spesa degli altri ministeri.
2. Il progetto comporta non una riduzione ma un aumento della spesa militare. Il principio-guida è: meno soldati più armi. Ci teniamo gli stessi soldi, riduciamo il personale e investiamo i “risparmi” per comprare nuove armi.
3. Anche la vendita delle infrastrutture militari da dismettere non porterà alcun beneficio al bilancio dello stato o alle comunità locali ma dovrà contribuire ad aumentare il bilancio della difesa.
4. Per incassare altri soldi il ministro pretende inoltre di essere autorizzato a svendere direttamente ad altri paesi le armi di cui si vuole sbarazzare, magari per poi dire che gliene servono di nuove. Di più. Molto di più. Con la riforma il ministro della difesa potrà impegnarsi personalmente nella vendita di armi italiane nel mondo cancellando d’un botto tutte le ipocrisie che circondano l’intreccio tra i militari e l’industria degli armamenti. “In sostanza, l’intervento è volto a rendere maggiormente efficace il rapporto tra lo Stato e le imprese nazionali, al fine di promuoverne l’affermazione in ambito internazionale.”
5. Il ministro ha le idee chiare anche in materia di protezione civile. Non importa quale sia la minaccia da fronteggiare: ogni intervento di protezione civile delle FFAA dovrà essere pagato (dai comuni o dallo stato si vedrà) a piedilista direttamente al ministero della Difesa. Lo stesso vale per i servizi di assistenza al volo sugli aeroporti militari aperti al traffico civile e per ogni altra attività svolta in favore di altri soggetti pubblici o privati. Se qualcuno vuole i nostri servigi deve pagare.
6. Un’altra pretesa del ministro Di Paola si chiama “flessibilità gestionale di bilancio”. Come a dire: voi dateci i soldi, poi decidiamo noi come spenderli. Visto le performance del passato c’è da giurare che non si faranno mancare nulla. Ieri le maserati e domani?
7. Con la stessa spudoratezza il ministro pretende di gestire tutto il delicatissimo capitolo della riduzione del personale militare e civile. Per liberarsi di questo “peso” senza troppi problemi, il ministro pretende che ai suoi uomini non venga applicata la riforma delle pensioni appena approvata, che si adottino trattamenti di favore per il trasferimento dei militari in altre amministrazioni pubbliche, negli enti locali e persino nelle municipalizzate e si estendano alcuni privilegi oggi negati a tutti gli altri.
8. Il piano presentato dal ministro è estremamente vago e difficilmente realizzabile. Ci costringe a impegnare centinaia di miliardi di euro da qui al 2024 senza alcuna garanzia di successo. Tant’è che tra le tante pretese c’è anche quella di prorogare annualmente il termine entro cui realizzare la riforma. Se non basteranno 10 anni, la faremo in 11, 12, 13, 14…. Ma questa è la riforma della repubblica delle banane!
Una riforma così delicata e complessa richiede un ben altro approccio. Prima di tutto il Parlamento discute i problemi della sicurezza dell’Italia e ridefinisce gli obiettivi da perseguire con i diversi strumenti a disposizione. L’ultima volta che ha tentato di farlo erano ancora gli anni ’80. Individuate le finalità si ridefiniscono i criteri d’impiego delle FFAA anche alla luce delle necessità di contenimento della spesa pubblica. Solo allora si dà mandato ai tecnici di riformulare l’organizzazione dello strumento militare. Nel frattempo si dà il via ad un’operazione accurata di lotta agli sprechi, ai privilegi e agli scandali che investono la Difesa e di revisione puntuale di tutti i programmi di armamento, a cominciare dai cacciabombardieri F35.
Niente di tutto questo. Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola chiede una delega in bianco che gli consentirà di continuare a comprare armi costosissime utili solo a coinvolgere l’Italia in nuove guerre ad alta intensità, di rafforzare l’oscuro mix di interessi che lega la Difesa all’industria militare, di difendere i privilegi della casta militare e di tenere in piedi un carrozzone anacronistico ma molto utile alla mala politica. Impediamoglielo!
Ps. Come mai il disegno di legge delega è stato presentato solo dal Ministro della Difesa? Eppure si tratta di un provvedimento estremamente complesso che coinvolge numerosi ministeri e modifica ruoli e poteri. Perché non c’è la firma del Presidente del Consiglio dei ministri? Perché il testo non è stato concordato con i ministri dell’economia, delle finanze, degli affari esteri, del lavoro e delle politiche sociali, per la pubblica amministrazione e la semplificazione?
Flavio Lotti, Coordinatore Nazionale della Tavola della pace