La Lega perde sette ballottaggi su sette. Il centrosinistra si afferma in Lombardia, Doria vince a Genova, Orlando a Palermo, Il Movimento Cinque stelle ha il suo primo sindaco a Parma e ne ottiene altri due, uno a Comacchio (Ferrara) e uno a Mira (Venezia).Il cappotto in casa leghista è un vera e propria débacle. Cantù, Palazzolo, Tradate, Senago, Thiene e San Giovanni Lupatoto, Meda. Tutte roccaforti perse dal Carroccio. Sesto San Giovanni rimane feudo della sinistra, ma con una partecipazione al voto al 39 percento. Il Pdl si affida a La Russa: dobbiamo capire, ha detto, la rivoluzione dei nostri elettori. Auguri, il rebus non è così complicato.
Il senso dei ballottaggi di queste amministrative si disegna nei risultati, ma al di là dei canti di vittoria o delle novità di chi ha cercato il ‘boom’ e l’ha trovato c’è un dato che deve far riflettere la politica, partitica e anti-partitica: al voto è andato il 51,4 percento, 14 punti in meno del primo turno. Non è una sorpresa che al secondo turno possa calare la partecipazione al voto e il dato spesso non è omogeneo per raffronti con precedenti tornate. Ma il calo è ben visibile e dice diverse cose. Il voto amministrativo, che è radicato territorialmente, ha assunto in queste elezioni un significato ben più profondo per il momento politico che vive il paese, con un governo assai politico, ma targato ‘tecnico’, il centro destra in totale ritirata per effetto del post-Berlusconi e la fine del partito di plastica, la Lega annientata dalle inchieste e delusione causata nel suo elettorato. Il voto politico alle porte ha ancora diverse incognite da sciogliere, più sul sistema elettorale che sulle convenienze di schieramento. E più ancora sul come verrà affrontata questa indispensabile riforma.
Enrico Letta, Pd, ha subito approfittato del risultato odierno per tornare a pigiare l’acceleratore sul doppio turno in un sistema uninominale. Ipotesi che non piace all’Udc e che viene osteggiata con forza dal Pdl. “Prima ancora di leggere i risultati, questo turno amministrativo archivia la tentazione del doppio turno: non piace agli italiani che al secondo turno non votano, piace solo ai politicanti”, ha detto l’ex ministro Gianfranco Rotondi, membro dell’Ufficio di presidenza del Pdl.
Più che non piacere agli italiani – non si tratta della bontà di un gelato – pare non piacere a chi perde. Dichiarazioni che lasciano intendere quanto distante sia la consapevolezza dentro il Palazzo dello iato che si è formato in questi ultimi mesi, in cui la crisi economica, sociale, del lavoro e delle prospettive di futuro hanno sancito una frattura epocale fra i partiti tradizionali e le aspettative degli elettori.
Fine maggio, fra un paio di mesi le truppe parlamentari andranno in vacanza, ma il sistema elettorale rimane un nodo da sciogliere. Così come la legge di finanziamento ai partiti politici. Due punti che, se non saranno affrontati con serietà, non potranno che far scivolare ancora più in basso l’asticella della partecipazione al voto prossimo venturo.
Alla cessione di sovranità nazionale, a favore di chi in Europa si ostina a voler introdurre concetti ideologici come il pareggio di bilancio nelle Costituzioni degli Stati membri, si aggiunge un concetto odioso per una democrazia: quello di una cerchia ristretta che per legittimare la propria sopravvivenza nelle stanze del potere agisce facendosi scudo delle istanze – presunte e utilizzate strumentalmente – dei cittadini. Ma il re, ormai, è nudo.
Angelo Miotto E
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