Mario Di Vito
Sembra un po’ una Corrida. C’è il toro, ferito, sanguinante, stordito, che vede rosso e prova a scatenarsi. Poi c’è il torero, che lo irride, che lo fa correre a vuoto, tenendolo in sospeso tra l’umiliazione dell’impotenza e un colpo di grazia che tarda ad arrivare. E’ la Lega Nord, partita a testa bassa, più di vent’anni fa, pronta a travolgere tutto ciò che si estende al di sotto del Po al suono trionfante di un corno vichingo e arrivata, oggi, con il fiato corto a un capolinea giudiziario che sembra impossibile da evitare. E’ la nemesi di Bossi e dei suoi: sorti dalle ceneri di Tangentopoli e colpiti a morte da un’inchiesta sulle tangenti. Già, perché la cronaca degli ultimi mesi parla chiaro e non fa sconti: Davide Boni, presidente del consiglio Regionale lombardo e uomo di punta dell’ala destra leghista, è ufficialmente indagato per corruzione con un misterioso milione di euro che – scrive la procura – sarebbe servito a finanziare “esigenze di partito”, poi c’è il caso recente di Francesco Belsito, indagato per le ipotesi di reato di appropriazione indebita e truffa aggravata ai danni dello Stato, in relazione ai finanziamenti pubblici che la Lega percepisce come rimborsi elettorali. Dagli archivi sarebbe uscita anche una cartella con scritto in calce ‘The Family’, dentro la quale, per gli investigatori, potrebbero esserci documenti legati ad alcune elargizioni ai familiari del Senatùr. Una bomba ad orologeria.
In verità, comunque, anche senza l’inchiesta sulle tangenti, il futuro della Lega sembra tutt’altro che roseo: il successore designato di Umberto è suo figlio Renzo. Uno che si fa chiamare “il Trota”, che ha ripetuto più volte l’esame di maturità e le cui uscite, certamente, non vengono ricordate per l’abilità oratoria con cui si presenta al pubblico… Gli altri, dal bluesman Bobo Maroni al delirante Borghezio, passando per il sempre più abbacchiato Castelli e l’innominabile Calderoli, sembrano avviati verso il tramonto. Anche i padani, nel loro piccolo, si sono incazzati con i soliti slogan che nascono in riva al Po e muoiono tra Camera e Senato. Ed è proprio questa l’altra grande incognita che fa tremare la Lega: la perdita di credibilità. Se uno si presenta come purista, accusando tutti quanti di essere dei ladroni, e poi agisce come l’ultimi dei traffichini democristiani, alla lunga, attira a sé qualcosa più di uno sguardo perplesso. E non basta poi fare gli oppositori di Mario Monti per recuperare il terreno perduto. E’ così che, pochi mesi fa, in un comizio sotto al Duomo, Bossi è stato duramente contestato con fischi e pernacchie. Non dai “soliti esponenti dei Centri Sociali” di cui favoleggiano il Giornale e Libero, però, ma dalla sua stessa base, quelli che avrebbero dovuto portare la Lega verso l’infinito e oltre e che ora non ce la fanno più ad ascoltare promesse e far finta di credere che siano state esaudite. La notizia è stata ovviamente messa a tacere, si è parlato di “pochi facinorosi” e di tanti entusiasti. E buanotte a tutti.
La verità è che siamo davanti a un tramonto pirotecnico: tra cerchi magici, santo Graal, Braveheart, le acque del Po e i riti celtici, la ‘famigghia’ Bossi, vero motore della Lega, si sta avviando verso il declino. Sembra una storia da Prima Repubblica, in realtà è l’ennesimo capitolo del romanzo di un basso impero, molto italiano, che nessuno sa ancora definire. Le inchieste giudiziarie non fanno che anticipare l’ora di una catastrofe inevitabile. In un ultimo impeto, Bossi ha deciso di convocare un consiglio federale, nell’estremo tentativo di ricompattare i suoi e dare concretezza ai titoli che sta facendo uscire questi giorni sul suo quotidiano, la Padania (“Allungano le mani su Bossi per fermare un popolo”). Ma è soltanto l’ultimo valzer sul Titanic che affonda.
E
minkia chi è l'infame che ha parlato...
RispondiEliminadisonorati li ha...
Umby chiedi in prestito agli "amici" ;-) la lupara
SimoPrc