lunedì 7 gennaio 2013

ACQUA: UNA PRIORITÀ


Secondo l'Oms, ogni anno oltre 1 milione e mezzo di bambini sono vittime del mancato accesso alle risorse idriche. Serve una nuova cultura educativa che avverta come prioritaria la tragedia di maggioranza di umanità esclusa dall'accesso all'acqua


"Laudato si, mi Signore, per sora acqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta". All'inizio del '200, Francesco d'Assisi celebrava con queste parole il legame profondo che esiste tra l'uomo e l'acqua, utile, umile preziosa e pura. 

Circa il 70% della superficie terrestre è coperta dalle acque ma meno dell'1% è la percentuale di acqua potabile. Secondo gli studi diffusi dalla FAO la scorsa estate, circa il 70% delle risorse idriche viene destinato ad usi agricoli, il 22% per usi industriali e l'8% per usi domestici. Secondo la FAO, per sfamare una persona occorrerebbero attualmente tra i 3000 e 5000 litri di acqua al giorno e la quantità minima per soddisfare i suoi bisogni essenziali sarebbe di circa 40 litri. Oggi un europeo ha un consumo idrico giornaliero di oltre 300 litri per gli usi domestici mentre 4000 bambini al giorno muoiono a causa dell'insalubrità dell'acqua e le cattive condizioni sanitarie. L'acqua è bene vitale pertanto l'accessibilità alle risorse idriche dovrebbe essere un diritto universalmente riconosciuto ad ogni essere umano e non il privilegio di una minoranza della popolazione mondiale come oggi é. La situazione attuale apre una complessa serie di interrogativi sul quale è utile riflettere. Quale relazione c'è tra scarsità, sistema produttivo e stili di vita? Quale connessione vi è tra mancanza di accesso all'acqua potabile di circa un quarto della popolazione mondiale e il controllo delle fonti dei servizi idrici da parte delle multinazionali? Quali sono le responsabilità dei governi? Quali gli effetti della privatizzazione?

Quando parliamo di acqua, parliamo di un bene comune inalienabile che si è trasformato in un bene economico la cui gestione risponde alla logica del profitto e produce mancanza. Per esempio, la mancanza di interesse per la riduzione dei consumi o per l' equità della distribuzione delle risorse idriche o, ancora, per la loro conservazione. Tutte queste riflessioni ci portano a una domanda fondamentale: di chi è l'acqua? Sembra una domanda puerile, nella sua semplicità ma non lo è affatto perché anche la risposta è semplice: l'acqua è di tutti. La risposta è così semplice perché i disastri che sta portando una gestione proprietaria ed esclusiva dell'acqua non sono più tollerabili: una strage silenziosa che, secondo le stime dell'OMS, ogni anno conta oltre 1 milione e mezzo di bambini vittime del mancato accesso alle risorse idriche.

Non sono cifre aride. Non si può rimanere freddi o rassegnati all'impotenza. Siamo obbligati a capire che il bene comune non è un principio astratto ma chiede priorità. Serve una nuova cultura educativa che avverta come prioritaria la tragedia di maggioranza di umanità esclusa dall'accesso all'acqua. Si tratta di una questione urgente, che non deve riguardare solo la progettazione di scenari futuri ma anche l'immedaita disciplina delle attività economiche legate all'acqua, cioè la disclina dell'intero sistema. L'idea dell'acqua come bene comune deve diventare il riferimento esistenziale per non indurire i nostri volti di fronte alla sete deglia altri.

Dal blog di Don Virginio Colmegna 

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