Scrivo questo post non solo perché ci è stato chiesto, ma anche perché, a differenza di chi la politica la fa, penso che i migranti siano un argomento caldo e attuale, non solo da esibire quando qualcuno di loro finisce tra le pagine della cronaca nera.
Lo scrivo da emigrata privilegiata, perché sul mio passaporto c’è scritto “Unione Europea”. È una sottigliezza che mi permette di non dover chiedere asilo o permessi di soggiorno e di non aver paura di finire in carcere perché sono clandestina.
Il neo-ministro Kyenge ha avanzato l’ipotesi dell’introduzione dello ius soli anche in Italia. Dico “anche” perché esiste già (con alcune variazioni) in alcuni Paesi: tutto il continente americano, il Pakistan, la Grecia, il Portogallo, la Francia, il Regno Unito, la Finlandia e l’Irlanda.
Voglio tralasciare i commenti legaioli. “Approccio ideologico e non pratico” (il più diplomatico) detto da uno come Tosi che ha la tessera di un partito che crede esista uno Stato chiamato Padania i cui abitanti sono di sangue celtico lascia davvero il tempo che trova.
Lo ius sanguinius è il sistema perfetto?
Lo adottano la maggioranza dei Paesi, e in Italia in particolare ha un significato legato alla nostra storia di popolo emigrante. Serviva, e probabilmente serve ancora, a mantenere un contatto diretto con le proprie origini. Ma come ogni sistema sociale e politico se non si evolve degenera. Lo ius sanguinius è stato a lungo il baluardo delle destre, ma gli si è rapidamente rivolto contro come un boomerang. Soprattutto in Sudamerica è un espediente largamente utilizzato per acquisire la cittadinanza di un Paese UE e potersi trasferire in un altro Paese UE (come la Germania) per lavorare. Che colpo per i tipi tutti “patria e famiglia”, no? Come se non bastasse ai tempi della Legge Tremaglia sul voto all’estero la sinistra di allora si era prodigata alacremente per far passare gli emigrati come una frangia di fascisti e repubblichini… salvo poi far man bassa di voti, quelli buoni per ottenere la maggioranza. Ma anche la legge del fascistissimo (e ormai defunto) Tremaglia aveva (ed ha) le sue pecche, riassumibili in quattro parole: Pallaro e Di Girolamo. Il primo è un’indimenticata trottola parlamentare, noto per aver definitivamente sepolto il governo Prodi (ah, i democristiani!), il secondo passò da un’inesistente residenza in Belgio direttamente alle celle di Rebibbia.
Una politica che si occupa di emigranti come farebbero due vecchi sbronzi alla dodicesima mano di briscola, quali meraviglie potrà mai riservare agli immigrati?
Lo adottano la maggioranza dei Paesi, e in Italia in particolare ha un significato legato alla nostra storia di popolo emigrante. Serviva, e probabilmente serve ancora, a mantenere un contatto diretto con le proprie origini. Ma come ogni sistema sociale e politico se non si evolve degenera. Lo ius sanguinius è stato a lungo il baluardo delle destre, ma gli si è rapidamente rivolto contro come un boomerang. Soprattutto in Sudamerica è un espediente largamente utilizzato per acquisire la cittadinanza di un Paese UE e potersi trasferire in un altro Paese UE (come la Germania) per lavorare. Che colpo per i tipi tutti “patria e famiglia”, no? Come se non bastasse ai tempi della Legge Tremaglia sul voto all’estero la sinistra di allora si era prodigata alacremente per far passare gli emigrati come una frangia di fascisti e repubblichini… salvo poi far man bassa di voti, quelli buoni per ottenere la maggioranza. Ma anche la legge del fascistissimo (e ormai defunto) Tremaglia aveva (ed ha) le sue pecche, riassumibili in quattro parole: Pallaro e Di Girolamo. Il primo è un’indimenticata trottola parlamentare, noto per aver definitivamente sepolto il governo Prodi (ah, i democristiani!), il secondo passò da un’inesistente residenza in Belgio direttamente alle celle di Rebibbia.
Una politica che si occupa di emigranti come farebbero due vecchi sbronzi alla dodicesima mano di briscola, quali meraviglie potrà mai riservare agli immigrati?
Quella globalizzazione che ha chiuso il mercato del lavoro (e aperto quello degli schiavi)
Per chi arriva per la prima volta in Germania non può non saltare all’occhio l’abbondante presenza di turchi. Nel 1961 Germania e Turchia firmarono un accordo bilaterale: la prima era in pieno boom economico e necessitava immediatamente di lavoratori, la seconda soffriva una fortissima depressione occupazionale. Il matrimonio fra i due è andato avanti con alti e bassi, ma sostanzialmente si era trattato di un buon affare per entrambi. Paradossalmente però, a insinuare la possibilità di divorzio, è stata proprio l’apertura del mercato europeo. Non è automatico pensarci ora, ma non è strano che in un mondo che si dice globalizzato e in continua evoluzione, un rumeno (con buona pace del piromane Borghezio) entra ed esce senza troppi problemi da un altro Paese UE, mentre un turco (o un cinese o un marocchino), come mette piede nel vecchio continente è già praticamente un delinquente? La retorica filo-leghistavorrebbe un immigrato sul vecchio modello turco-tedesco (che venga qui solo se c’è lavoro), lo relega a quei lavori che gli italiani non vogliono più fare, e se per sbaglio l’immigrato prova ad alzare la testa contro il caporale si odono già gli echi degli stai da noi se ti comporti bene non si sa mai che l’Italia diventi musulmana… che in effetti è già una gran disgrazia che sia democristiana.
In sostanza dove si era abbattuto un muro (quello di Berlino) si è creata una muraglia, con tanto difossato (il Mediterraneo) che ci protegge dai balordi conquistatori africani. Però se raccolgono i pomodori vanno bene.
Per chi arriva per la prima volta in Germania non può non saltare all’occhio l’abbondante presenza di turchi. Nel 1961 Germania e Turchia firmarono un accordo bilaterale: la prima era in pieno boom economico e necessitava immediatamente di lavoratori, la seconda soffriva una fortissima depressione occupazionale. Il matrimonio fra i due è andato avanti con alti e bassi, ma sostanzialmente si era trattato di un buon affare per entrambi. Paradossalmente però, a insinuare la possibilità di divorzio, è stata proprio l’apertura del mercato europeo. Non è automatico pensarci ora, ma non è strano che in un mondo che si dice globalizzato e in continua evoluzione, un rumeno (con buona pace del piromane Borghezio) entra ed esce senza troppi problemi da un altro Paese UE, mentre un turco (o un cinese o un marocchino), come mette piede nel vecchio continente è già praticamente un delinquente? La retorica filo-leghistavorrebbe un immigrato sul vecchio modello turco-tedesco (che venga qui solo se c’è lavoro), lo relega a quei lavori che gli italiani non vogliono più fare, e se per sbaglio l’immigrato prova ad alzare la testa contro il caporale si odono già gli echi degli stai da noi se ti comporti bene non si sa mai che l’Italia diventi musulmana… che in effetti è già una gran disgrazia che sia democristiana.
In sostanza dove si era abbattuto un muro (quello di Berlino) si è creata una muraglia, con tanto difossato (il Mediterraneo) che ci protegge dai balordi conquistatori africani. Però se raccolgono i pomodori vanno bene.
Lo ius soli non è ideologia
O meglio non lo è in un contesto di radicale revisione delle leggi riguardanti i migranti: innanzitutto laBossi-Fini e tutto ciò che ruota attorno alle richieste di asilo e di cittadinanza per chi non ha avuto la fortuna di nascere sul suolo italiano.
Senza tutta questa ossatura lo ius soli non è nemmeno ideologia, è demagogia. E io credo (e spero) che il ministro Kyenge queste cose non abbia il bisogno di sentirsele dire da me. Il diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia può essere applicato in molti modi (all’americana? alla francese?), ma di sicuro non porterà a un’invasione barbarica.
O meglio non lo è in un contesto di radicale revisione delle leggi riguardanti i migranti: innanzitutto laBossi-Fini e tutto ciò che ruota attorno alle richieste di asilo e di cittadinanza per chi non ha avuto la fortuna di nascere sul suolo italiano.
Senza tutta questa ossatura lo ius soli non è nemmeno ideologia, è demagogia. E io credo (e spero) che il ministro Kyenge queste cose non abbia il bisogno di sentirsele dire da me. Il diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia può essere applicato in molti modi (all’americana? alla francese?), ma di sicuro non porterà a un’invasione barbarica.
Perché non verremo conquistati e sottomessi dai musulmani e dai cinesi
Il regolamento di Dublino II impone all’immigrato extracomunitario di fare richiesta di asilo nel primo Paese UE su cui mette piede. Ora è facile immaginare che non sempre chi lascia per disperazione o per necessità (anche quella di salvare la pelle) il proprio Paese conosce la normativa Europea. Così capita che il migrante faccia richiesta nel Paese in cui decide di fermarsi e non in quello in cui arriva: nel 2011 laGermania ha rimpallato all’Italia 635 richiedenti asilo.
A me non piace gracchiare numeri invocando moschee che ci porteranno all’apocalisse. Mi piace interpretarli e ragionarci sopra. Per me un dato come questo significa che, in barba a Dublino II, 635 persone in Italia non ci volevano stare, neanche 5 minuti. Davvero pensate che queste persone siano smaniose di partorire una decina di neo-cittadini italiani pro-capite?
E non fatevi contagiare dagli allarmismi legaioli: durante la Primavera Araba (2012) le richieste d’asilo presentate in Italia sono state meno di 16 mila. I primi 5 Paesi in Europa (Germania, Francia, Svezia, Gran Bretagna e Belgio) ne hanno ricevuto, ciascuno, almeno il doppio, la Germania oltre 60 mila in più dell’Italia. Emergenza nordafrica, n’est-ce-pas?
Il regolamento di Dublino II impone all’immigrato extracomunitario di fare richiesta di asilo nel primo Paese UE su cui mette piede. Ora è facile immaginare che non sempre chi lascia per disperazione o per necessità (anche quella di salvare la pelle) il proprio Paese conosce la normativa Europea. Così capita che il migrante faccia richiesta nel Paese in cui decide di fermarsi e non in quello in cui arriva: nel 2011 laGermania ha rimpallato all’Italia 635 richiedenti asilo.
A me non piace gracchiare numeri invocando moschee che ci porteranno all’apocalisse. Mi piace interpretarli e ragionarci sopra. Per me un dato come questo significa che, in barba a Dublino II, 635 persone in Italia non ci volevano stare, neanche 5 minuti. Davvero pensate che queste persone siano smaniose di partorire una decina di neo-cittadini italiani pro-capite?
E non fatevi contagiare dagli allarmismi legaioli: durante la Primavera Araba (2012) le richieste d’asilo presentate in Italia sono state meno di 16 mila. I primi 5 Paesi in Europa (Germania, Francia, Svezia, Gran Bretagna e Belgio) ne hanno ricevuto, ciascuno, almeno il doppio, la Germania oltre 60 mila in più dell’Italia. Emergenza nordafrica, n’est-ce-pas?
Abbiamo paura dello straniero pur vivendo in un sistema praticamente ermetico e ragioniamo di ius soli di conseguenza. Vediamo lo spettro di gente che viene qui, fa i figli e ci ruba i soldi (magari quelli di unreddito minimo garantito che non abbiamo?). La questione è sì complessa a livello legislativo, ma è molto semplice alla prova dei fatti. In Italia non è in corso nessuna invasione, semmai un’evasione di italiani e di extracomunitari che quasi quasi preferiscono il regime siriano a quello dei Monti e dei Letta.
Quando Grillo diceva che la questione dello ius soli era una battaglia fra buonisti (di sinistra) e xenofobi (di destra) atta a sviare l’attenzione dai problemi reali toppava clamorosamente. È proprio il non discuterne che fa gioco alla propaganda del siamo in crisi, prima gli italiani: ovvero prima niente a noi e poi se ce ne avanza un po’ di niente anche agli altri. Cose che fan presto a passare dal benaltrismo al masochismo puro.
Se passate per Venezia fermatevi in qualche bel posticino, magari anche non proprio sul Canal Grande (così risparmiate), e ordinate i bigoi in salsa. Sono un gustosissimo piatto di spaghetti (molto grossi) conditi con cipolle e acciughe. Si tratta di uno de tantissimi esempi in laguna e nell’entroterra (con la suca baruca, le impade, le rece de Aman…) di piatti di origine ebraica.
Eccovi servite le vostre care radici cristiane dell’Europa: buon appetito.
Scritto da: Laura Bonaventura
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