Cinquantasettesimi al mondo con un indice distante solo pochi decimi da quello di Paesi come la Serbia, la Croazia, il Mozambico il Congo o il Nicaragua. E' il giudizio impietoso (e meritato) di Reporters sans frontieres. Ecco perché il nostro non è un Paese normale
Cinquantasettesimi al mondo con un indice distante solo pochi decimi da quello di Paesi come la Serbia, la Croazia, il Mozambico il Congo o il Nicaragua e oltre 20 punti da quello dei principali Paesi europei e di tutte le democrazie occidentali.
E' questo l'impietoso e preoccupante giudizio dello stato della libertà di informazione in Italia che emerge dalla classifica relativa appunto al livello di libertà di informazione presente in 179 Paesi al mondo, stilata da reporters sans frontiers.
La gravità della situazione si coglie con straordinaria immediatezza a guardare la mappa del mondo nella quale sono rappresentati in diversi colori i livelli di libertà di informazione presenti nei singoli Paesi.
L'Italia è l'unica, dei più grandi Paesi europei ad essere colorata arancione, colore che la leggenda assegna ai Paesi con problemi sensibili.
Lo stesso colore che contraddistingue l'intera europa dell'est, gran parte del Sud America, la Mongolia e molti Paesi africani.
Niente a che vedere con il bianco che rappresenta il "buono" stato di salute della libertà di informazione, tra le altre, delle grandi democrazie scandinave, della Germania o dell'Irlanda né con il giallo che simboleggia la situazione soddisfacente di Francia, Spagna, Inghilterra, Polonia e tante altre.
Un giudizio, quello sullo stato della libertà di informazione nel nostro Paese che nell'abstract viene essenzialmente giustificato con l'incapacità - ormai quasi unica in Europa - di procedere alladepenalizzazione del reato di diffamazione e con i continui tentativi di Parlamento e Governo di introdurredisposizioni restrittive della libertà di informazione.
Considerazione dinanzi alle quali il pensiero non può non correre veloce alla vergognosa gestione del recentecaso Sallusti in occasione del quale Governo e Parlamento si sono prima mostrati convinti dell'esigenza di depenalizzare la diffamazione e poi completamente disinteressati della vicenda una volta chiusasi l'emergenza che vedeva coinvolto il Direttore de Il Giornale.
Ma il pensiero corre egualmente inarrestabile anche ai tanti tentativi di imbavagliare l'informazione onlineregistratisi nell'ultimo anno.
Inutile recriminare su un giudizio tanto severo - peraltro in linea con quello degli anni precedenti - che ci siamo sostanzialmente meritati.
Meglio, piuttosto, stampare la mappa a colori e attaccarsela difronte in modo da sottrarsi alla tentazione - troppo spesso diffusa - di pensare che il nostro sia un Paese normale.
Non lo siamo affatto e non dobbiamo smettere di pretendere di diventarlo.
di Guido Scorza
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