DI CARLO BERTANI
carlobertani.blogspot.it
Che spettacolo l’incontro in streaming fra la delegazione del PD e quella del M5S! Bersani e Letta da una parte, Lombardi e Crimi dall’altra impegnati in una schermaglia già scritta, in una pièce teatrale di dubbio gusto, in un Bagaglino fuori tempo e fuori programma.
Man mano che il tempo passava, sono stato assalito dalla tristezza: non per questo o quel governo che si sarebbe fatto oppure no, ma per l’incapacità – oramai acclarata dopo quel video – della politica italiana d’interrogarsi sui problemi e di trovare soluzioni. Questo – sia chiaro – senza dare la colpa all’uno od all’altro.
Da dove cominciamo? Da Bersani, se non altro per anzianità.
Parsifal
Stupiva, sconcertava, meravigliava al punto di stropicciarsi gli occhi ascoltare Pieluigi Bersani dissertare tranquillamente di reddito di cittadinanza o di nuove regole da imporre in Europa, dopo una campagna elettorale trascorsa nella timidezza estrema per non offendere troppo Monti, non inalberare l’Europa sulla futura politica sociale, tranquillizzare tutti i mercati sulla non “pericolosità” del PD.
Un PD al cloroformio, pronto ad addormentarsi sul passato: non neghi, ci sono ancora i filmati sul Web dove – intervistato da un perplesso Massimo Giannini – affermava che su lavoro e pensioni non si doveva toccare molto, solo “piccoli particolari” e sempre “nel rispetto della disciplina di bilancio”.
E’ lei che ha invitato, spinto, collaborato attivamente per il successo del M5S! Se Bersani è uguale a Monti, perché tanti – pressati da problemi urgenti e morsicati dalla cosiddetta crisi – sarebbero dovuti andare a votarla?
Poi, nell’ultimissima settimana (a sondaggi chiusi, ma non per voi) giù con una caterva di promesse che non hanno sortito effetto, perché la gente si chiedeva: perché prima diceva il contrario? Perché glissava? Perché era sempre mellifluo, dubbioso, incerto? Gli elettori sono meno stupidi di quel che si creda.
Accanto a Bersani c’era il busto marmoreo di Enrico Letta – noto alpinista, che urla sempre “Monti! Monti! Monti!” – il quale s’è animato solo verso la fine, ripetendo banalità: forse, il rampollo del premiato studio Letta&Letta ha tirato un sospiro di sollievo, pensando che la strada per Renzi è spianata. Allora sì che faremo un bel governo con Monti e...chissà? Magari anche con qualche “spezzone” del PdL...
Già, Renzi. Il buono, l’obbediente, il bello pronto a prendere il posto di Rutelli per le giovani e sognanti iscritte del PD: ma Renzi è l’esponente della destra del PD, avete letto il suo programma per le primarie? Trasuda liberismo ad ogni pagina: sembra un’edizione del bollettino bancario!
Dove, allora, ha sbagliato Bersani? In qualche modo, le ragioni sono le stesse del M5S.
Circa un anno e mezzo fa, quando c’era già la tiritera dello spread e Monti preparava la squadra dei ministri, subito dopo le dimissioni di Berlusconi vi furono riunioni drammatiche al Quirinale. Napolitano non si fidava di Bersani e di un PD troppo litigioso e preparava una sorta di “golpe costituzionale”, ovvero mettere al governo gente fidata per la BCE ed espressione di quel pensiero: d’altro canto, che il sistema bancario europeo sperimentasse tecniche diverse secondo il caso (Grecia: strangolamento; Italia: governo della BCE; Spagna: vediamo fino a che punto si puniscono da soli; ecc) era arcinoto.
Più volte la BCE ha affermato/smentito che le economie nazionali non sono più in grado di gestirsi da sole – perché c’è quel fastidio delle elezioni, del consenso – e l’unica soluzione, dunque, è un governo di tecnici della BCE. Se non altro, siamo la punta di diamante delle loro sperimentazioni, i topi di prima classe.
In quel momento Bersani sarebbe dovuto rimanere su posizioni più istituzionali: vogliamo le elezioni – senza farsi spaventare dallo spread, che è governato a manovella – e obbligare Napolitano ad accettare: senza il PD, non ci sarebbero stati i numeri, oppure troppo risicati, e sarebbe toccato alla Lega andare in rovina per Monti, mantenendo al PD le mani libere. E la Lega, con tutto il can can che aveva all’interno per le questioni di corruzione, non poteva permettersi di votare Monti e dare un’altra stangata al loro elettorato.
Perché Bersani ha accettato?
“Per non ereditare un’Italia in macerie” fu la sua giustificazione. Paura? Calcolo?
A parte che oggi le macerie sono ancora più evidenti, il PD ancora credeva che il liberismo avesse delle carte “buone” da giocare: austerità sì, ma anche crescita economica. Non rammentò la lezione di Prodi che per due volte sconfessò quel modo di procedere: per arrivarci morti, meglio non andare da nessuna parte.
Bersani si comportò, tutto sommato, come chi ancora credeva in questo sistema, pur ammettendo una buona dose d’ingenuità.
Anche quando il governo Monti mostrò tutta la sua inettitudine nel promuovere la crescita economica (o la non volontà, peggio ancora) Bersani s’affidò al “tecnico” Monti per un’alleanza che sarebbe dovuta essere il toccasana per l’Italia: non ascoltò chi lo avvertiva che i mali erano due, Berlusconi e Monti, giacché portatori delle medesime istanze dell’alta borghesia, ossia salvare la ricchezza finanziaria anche a scapito d’affondare l’economia reale, quella delle classi meno abbienti e della piccola borghesia.
Salvo qualche promessa in “zona Cesarini”, così s’arrivò al voto: stupisce la tenuta del PD, giacché il risultato poteva anche essere peggiore.
Dunque, l’uomo che si è presentato all’appuntamento, cruciale per la Nazione, con il M5S era lo stesso uomo che credeva nella salvifica Europa, nella fiorente attività delle banche, nella necessità delle missioni “di pace”, nel salvacondotto dell’euro, negli inceneritori, ecc.
Era inevitabile che non fosse compreso o, se capito, che il dubbio s’insinuasse nei giovani parlamentari del M5S: era già scritto.
E veniamo alla Lombardi ed a Crimi.
Noi puffi siam così...
Premesso che, quando si parla di M5S, non si capisce quale sia la linea politica e chi debba farsene carico: Grillo? Casaleggio? Grillo & Casaleggio? I parlamentari? Gli “spin-doctors”? Converrete che è un bel guazzabuglio, addirittura con una Lombardi che sembra una pasdaran su tutto ed un Crimi che, almeno, ascolta attentamente per poi dichiarare qualcosa ed essere subito smentito. E gli altri? Boh...
Il M5S è un movimento, questo è chiaro, ma quando s’affaccia al Parlamento deve darsi le strutture di un partito: on line? Benissimo. C’è da chiedersi perché si sceglierà on line il Presidente della Repubblica e non è stato possibile scegliere se andare al governo col PD: paura che il movimento si sfaldasse? Certo, ma non è chiudendo le finestre che le divergenze s’acquietano: sono solo rimandate, ed alle elezioni si scontano.
A proposito di elezioni, le ultime hanno decretato la fine dei sondaggi: le società di sondaggi – per capirci meglio – sono le stesse che organizzano (non da noi, ma in Montenegro il referendum per l’indipendenza fu affidato ad una società esterna) “eventi elettorali”.
Da noi hanno mostrato tutte un M5S fra il 13 ed il 17%, ma sapevano la verità: ci hanno, semplicemente, ingannati e continuano a farlo. Ieri il M5S doveva essere negato, oggi deve stare sugli altari per mostrare il “pericolo”, lo “scompiglio” che porta nella politica italiana, per far capire agli elettori quanto sia più “conveniente” non lasciare la vecchia via.
Quella che nel dibattito è sembrata una battuta ad effetto – “siamo il prodotto degli ultimi vent’anni” – è falsa e non ha senso: tutti siamo figli del 1861, non scordiamolo mai, perché se l’Italia è giunta a questo punto è perché la natura conservatrice dei grandi apparati non è stata mai scalfita.
Trent’anni dopo l’Unificazione, esattamente 100 anni prima di Tangentopoli (1892), iniziò il primo grande “sacco” di risorse pubbliche: lo scandalo della Banca Romana, che vide coinvolti senatori del Regno e capataz a tutti i livelli, da un’inchiesta – che oggi diremmo “parallela” – scaturì l’affaire della Terni, che produceva acciaio più scadente di quello Krupp al doppio del prezzo. Chi guadagnava? I soliti noti dell’epoca.
La crisi conseguente fu regolata con le cannonate di Bava Beccarsi e, di rimando, vi fu il regicidio di Umberto I. Poi, tutto precipitò nel gran massacro della guerra, che – benché “vittoriosa” – lasciò l’Italia sul lastrico. E arrivò il Fascismo, con tutto quello che si portò appresso. Nonostante l’insipienza di una Lombardi qualunque: non si affrontano mai problemi complessi con due righe, lo rammenti. Questa è una breve sintesi, ma non contiene nessun commentario.
Dopo vent’anni di ricostruzione per la guerra fascista, vi fu una generazione che tentò una modernizzazione del Paese, forse più per i diritti civili che per i costi della politica (che, all’epoca, non erano certo questi) e qualcosa ottenne: il divorzio, il presalario per gli universitari (500.000 lire annue, forse 5.000 euro attuali, ma le tasse non erano quelle di oggi!) mentre sul fronte operaio vi furono molte conquiste, dal Sabato festivo al rispetto del corpo umano (la cosiddetta “nocività”), fino ad importanti aumenti salariali.
Ancora con molte pecche, la società italiana del dopo ’68 era senz’altro più libertaria e meno “chiusa”: gli italiani presero a viaggiare ed a diventare “internazionali” sotto molti punti di vista, anche nell’osservare i ritardi del proprio paese. E’ rimasto negli annali un importante discorso di Aldo Moro sulla gioventù dell’epoca, che invitava tutti ad ascoltarla perché portatrice di novità da ponderare attentamente. Come finì Moro lo sappiamo.
Il costo del lavoro – a metà anni ’70 – era fra i più alti in Europa mentre oggi – s’informi Grillo – è fra i più bassi del continente: certo, non ai livelli di Cina ed India, ma nessuno in Europa s’avvicina a quegli standard perché, industrialmente, l’Europa può tentare di sopravvivere solo con la ricerca e l’innovazione, l’agricoltura di qualità ed il turismo, non “risparmiando” con i contratti “atipici”.
Vedete, cari parlamentari “grillini”, a volte date l’impressione d’essere saccenti, d’avere una verità rivelata per ogni occasione, senza capire che – spesso – le vostre verità rivelate sono già state soppesate e valutate per quel che erano: giusto il disegno di legge per i risparmi del Parlamento, ma questo non muove di un’unghia il problema dell’economia italiana.
Vai avanti 30 anni a mazzate economiche sulla popolazione, riduci i consumi, vendi all’estero il meglio dell’industria e del commercio italiano, snatura i contratti, trasforma il rapporto di lavoro in servitù, mantieni al lavoro gente che non ce la fa più: a questo punto, con i risparmi del Parlamento ci compriamo le noccioline. E’ giusto e sacrosanto informare, ma oggi il vostro compito è cambiato: sono ben altre le priorità.
Oggi, andrebbe smontato pezzo per pezzo almeno tutto quello che ha costruito Monti: come farete?
Perché non avete fatto un nome degno a Napolitano (Zagrebelsky, Rodotà, Crimi, Lombardi, ecc) per provare a far confluire i voti della parte migliore del PD su un governo 5 Stelle? Nessuno vi avrebbe biasimato, né urlato al tradimento: visto che tanto, da soli, non andrete da nessuna parte. E sarebbe stato un “problemuccio” per Re Giorgio, affidarsi a qualche “saggio” eludendo la vostra richiesta. Ma veniamo all’oggi.
Saggiodromo per tutte le tasche
Forse non tutti sono a conoscenza che, durante la Costituente, la figura del Presidente della Repubblica fu ricalcata abbastanza fedelmente su quella del Re, la quale derivava dallo Statuto Albertino. Sembrò la soluzione più adatta: perché il Re non aveva tradito e Mussolini sì: ovviamente, questa frase si presta a mille storiografie, ma accettiamola così. Mussolini era un premier sfiduciato (dal Re) che si era ribellato ed il Re era la “continuità” del Regno d’Italia a Taranto. Lo so che suona male, ma è la spiegazione “costituzionale” che più si adatta a quel torbido periodo: non speculiamoci sopra.
Il fatto importante, dunque, fu che il Presidente rimase il custode della Costituzione: l’evidenza che possa rinviare alle Camere una sola volta una legge stabilisce un equilibrio dei poteri che pende dalla parte parlamentare, non v’è dubbio.
Ciò che non è espressamente vietato dalla Costituzione pare permesso: era nelle prerogative di Napolitano nominare Monti senatore a vita, poi proporlo come Presidente del Consiglio e non c’è nessun vulnus giuridico al proposito, perché il Parlamento diede la fiducia a Monti.
Altra cosa – forse ignorata dalle parti di Grillo, il quale afferma che un governo in carica c’è, ma dovrà “chiedere, da oggi, il permesso al Parlamento per fare decreti” – è che un governo preposto alla sola “normale amministrazione” non è vero che non può legiferare, anche se in Costituzione non c’è nulla che riguardi l’argomento.
Per prassi – sottolineo, per prassi – tutti i governi in “normale amministrazione”, finora, si sono comportati in questo modo: non hanno certo legiferato su nuove materie, ma è stato possibile riprendere in mano “argomenti” sui quali già avevano legiferato. In altre parole, non potranno certo fare una legge per invadere il Burundi, ma potranno “limare” – e quindi decidere (le famose “interpretazioni autentiche”, il nuovo trucco per la retroattività delle norme, ad esempio) – sui decreti precedentemente approvati, quali lavoro, previdenza, finanza, ecc. Praticamente, su quasi tutto: la vicenda dei marò insegna.
Siccome la materia è nuova – l’Italia non ha mai avuto un periodo di “non-governo” dopo le elezioni come questo – i costituzionalisti s’applicheranno ma dubito, dopo aver stralciato la questione dei rapporti con la mafia di Mancino, che s’allontaneranno dal sentiero tracciato, ovvero appoggiare sempre la presidenza.
Se non bastasse, Monti continua ad avere in mano i ministeri: ultimamente, il ministro (dimissionario) Profumo ha emanato il nuovo sistema di valutazione (dei docenti) con una semplice circolare interna. Non necessita d’approvazione, anche se tanti hanno gridato allo “sgarbo” istituzionale. Una norma che incide profondamente nella scuola italiana: approvazione? Chi era costui?
Stanno mobilizzando 40 miliardi per le PMI (dove li prenderanno tutti ‘sti soldi? Mistero) e ditemi se questi non sono atti di un governo in carica.
Su questi atti si potrà pronunciare il Parlamento ma – potete aspettarvelo – ogni cosa finirà alla Corte Costituzionale la quale, dopo anni, qualcosa dirà ed abbiamo già visto da quale parte pende la bilancia.
Prima, però – coscienti che qualche atto potrebbe rimanere “impigliato” nelle reti parlamentari – ecco che scendono in campo i “saggi”: voilà, les jeux sont fait. Chi sono i saggi? A cosa servono i saggi?
I cosiddetti saggi sono la quintessenza di tutti gli “inciuciatori” mai esistiti: attraverso le loro “fondazioni” (vedi Violante) sono in stretto contatto con tutte le istituzioni nazionali e sopranazionali. Il loro compito?
Ufficialmente trovare la soluzione per un nuovo governo: potrebbe anche bastare riuscire a confezionare maggioranze variabili per qualche provvedimento troppo “forte” per non essere gestito in normale amministrazione o con circolari interne. Lo faranno, nel nome dell’emergenza.
Qualcuno afferma che saranno lì per qualche giorno, al massimo per qualche settimana, ma io ne dubito: se non salterà fuori l’inciucio maximo...chi li farà decadere? Quella di Napolitano mi sembra una semplice “decisione”, un “aiuto” alla politica, non un DPR. E dunque? Se non sono mai esistiti (ufficialmente) chi mai li potrà rimuovere? In Gazzetta Ufficiale non v’è nulla del genere: fra l’altro – se scorrete una G.U. – notate quanto i decreti emanati da Monti siano parte della “normale amministrazione”.
Miserere nobis
La tempesta perfetta è compiuta e la cosiddetta seconda repubblica degli inciuci, delle trattative sotto banco, delle mille corruzioni, dei furbetti del quartierino, ecc potrà continuare a sguazzare nel fango, protetta dalle “istituzioni” europee: mica in Europa sono dei filantropi, è semplicemente un do ut des.
Grillo, salendo al Quirinale, s’è scordato tutto quello che aveva scritto per anni: sono bastati un paio di saluti militari con sbattere di tacchi, un “prego s’accomodi” su una poltrona secentesca e tutto è svanito, come per incanto. E Morfeo? Non lo scriverò più, lo giuro.
L’obiettivo di Napolitano è stato raggiunto – lo aveva detto per tempo che “bisognava continuare nel solco tracciato da Monti” – e lo ha realizzato. Nell’orizzonte fumoso della politica, i parvenu del M5S hanno confuso il Lupo con Cappuccetto Rosso e, ora, il Lupo se li è mangiati. Napolitano il peggior presidente della storia repubblicana? Forse, ma in quanto a furbizia sta alla pari con Andreotti.
Alla fine della storia, non sarebbe stato meglio fare un nome a Napolitano, oppure fare un’alleanza col PD o, ancora – facendo un nome – sfruttare la possibilità che il PD votasse un governo M5S?
Che ingenui.
Adesso – scendendo dai massimi sistemi – diteci cosa faranno gli esodati, i ragazzi a 500 euro il mese nei call center, gli anziani a 65 anni a lavorare sulla strada, eccetera, eccetera, eccetera...ditecelo, con un PD che prenderà inevitabilmente la deriva renziana ed il Cavaliere, ancora una volta, salvato.
Farete funzionare il Parlamento? Già, e quante leggi v’approveranno? Nessuna, perché il PD senza Bersani tornerà nelle mani delle sue mille correnti: il poveretto, per quanto colpevole sia per il suo passato, chiedeva aiuto per cercare di dare un diverso indirizzo alla Patria, per uscire dal “Piano di Rinascita Democratica” di messer Licio Gelli. Ora, ci torneremo dentro fino al collo: ricordate che in Italia i progressisti sono forse in maggioranza, ma i conservatori sono più organizzati e coesi.
Secondo Beppe Grillo, chi ha votato M5S per avere un governo in alleanza ha “sbagliato voto”: dopo essere stato un “compagno che sbagliava” non me ne cruccio di certo, ma adesso – per favore – state zitti e beatevi del nulla incombente che avete dato una mano a generare.
Sbagliavo? Lo terrò presente, Grillo, grazie.
Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.it
Link: http://carlobertani.blogspot.it/2013/04/claudicante-nemesi.html
1.04.2013
carlobertani.blogspot.it
Che spettacolo l’incontro in streaming fra la delegazione del PD e quella del M5S! Bersani e Letta da una parte, Lombardi e Crimi dall’altra impegnati in una schermaglia già scritta, in una pièce teatrale di dubbio gusto, in un Bagaglino fuori tempo e fuori programma.
Man mano che il tempo passava, sono stato assalito dalla tristezza: non per questo o quel governo che si sarebbe fatto oppure no, ma per l’incapacità – oramai acclarata dopo quel video – della politica italiana d’interrogarsi sui problemi e di trovare soluzioni. Questo – sia chiaro – senza dare la colpa all’uno od all’altro.
Da dove cominciamo? Da Bersani, se non altro per anzianità.
Parsifal
Stupiva, sconcertava, meravigliava al punto di stropicciarsi gli occhi ascoltare Pieluigi Bersani dissertare tranquillamente di reddito di cittadinanza o di nuove regole da imporre in Europa, dopo una campagna elettorale trascorsa nella timidezza estrema per non offendere troppo Monti, non inalberare l’Europa sulla futura politica sociale, tranquillizzare tutti i mercati sulla non “pericolosità” del PD.
Un PD al cloroformio, pronto ad addormentarsi sul passato: non neghi, ci sono ancora i filmati sul Web dove – intervistato da un perplesso Massimo Giannini – affermava che su lavoro e pensioni non si doveva toccare molto, solo “piccoli particolari” e sempre “nel rispetto della disciplina di bilancio”.
E’ lei che ha invitato, spinto, collaborato attivamente per il successo del M5S! Se Bersani è uguale a Monti, perché tanti – pressati da problemi urgenti e morsicati dalla cosiddetta crisi – sarebbero dovuti andare a votarla?
Poi, nell’ultimissima settimana (a sondaggi chiusi, ma non per voi) giù con una caterva di promesse che non hanno sortito effetto, perché la gente si chiedeva: perché prima diceva il contrario? Perché glissava? Perché era sempre mellifluo, dubbioso, incerto? Gli elettori sono meno stupidi di quel che si creda.
Accanto a Bersani c’era il busto marmoreo di Enrico Letta – noto alpinista, che urla sempre “Monti! Monti! Monti!” – il quale s’è animato solo verso la fine, ripetendo banalità: forse, il rampollo del premiato studio Letta&Letta ha tirato un sospiro di sollievo, pensando che la strada per Renzi è spianata. Allora sì che faremo un bel governo con Monti e...chissà? Magari anche con qualche “spezzone” del PdL...
Già, Renzi. Il buono, l’obbediente, il bello pronto a prendere il posto di Rutelli per le giovani e sognanti iscritte del PD: ma Renzi è l’esponente della destra del PD, avete letto il suo programma per le primarie? Trasuda liberismo ad ogni pagina: sembra un’edizione del bollettino bancario!
Dove, allora, ha sbagliato Bersani? In qualche modo, le ragioni sono le stesse del M5S.
Circa un anno e mezzo fa, quando c’era già la tiritera dello spread e Monti preparava la squadra dei ministri, subito dopo le dimissioni di Berlusconi vi furono riunioni drammatiche al Quirinale. Napolitano non si fidava di Bersani e di un PD troppo litigioso e preparava una sorta di “golpe costituzionale”, ovvero mettere al governo gente fidata per la BCE ed espressione di quel pensiero: d’altro canto, che il sistema bancario europeo sperimentasse tecniche diverse secondo il caso (Grecia: strangolamento; Italia: governo della BCE; Spagna: vediamo fino a che punto si puniscono da soli; ecc) era arcinoto.
Più volte la BCE ha affermato/smentito che le economie nazionali non sono più in grado di gestirsi da sole – perché c’è quel fastidio delle elezioni, del consenso – e l’unica soluzione, dunque, è un governo di tecnici della BCE. Se non altro, siamo la punta di diamante delle loro sperimentazioni, i topi di prima classe.
In quel momento Bersani sarebbe dovuto rimanere su posizioni più istituzionali: vogliamo le elezioni – senza farsi spaventare dallo spread, che è governato a manovella – e obbligare Napolitano ad accettare: senza il PD, non ci sarebbero stati i numeri, oppure troppo risicati, e sarebbe toccato alla Lega andare in rovina per Monti, mantenendo al PD le mani libere. E la Lega, con tutto il can can che aveva all’interno per le questioni di corruzione, non poteva permettersi di votare Monti e dare un’altra stangata al loro elettorato.
Perché Bersani ha accettato?
“Per non ereditare un’Italia in macerie” fu la sua giustificazione. Paura? Calcolo?
A parte che oggi le macerie sono ancora più evidenti, il PD ancora credeva che il liberismo avesse delle carte “buone” da giocare: austerità sì, ma anche crescita economica. Non rammentò la lezione di Prodi che per due volte sconfessò quel modo di procedere: per arrivarci morti, meglio non andare da nessuna parte.
Bersani si comportò, tutto sommato, come chi ancora credeva in questo sistema, pur ammettendo una buona dose d’ingenuità.
Anche quando il governo Monti mostrò tutta la sua inettitudine nel promuovere la crescita economica (o la non volontà, peggio ancora) Bersani s’affidò al “tecnico” Monti per un’alleanza che sarebbe dovuta essere il toccasana per l’Italia: non ascoltò chi lo avvertiva che i mali erano due, Berlusconi e Monti, giacché portatori delle medesime istanze dell’alta borghesia, ossia salvare la ricchezza finanziaria anche a scapito d’affondare l’economia reale, quella delle classi meno abbienti e della piccola borghesia.
Salvo qualche promessa in “zona Cesarini”, così s’arrivò al voto: stupisce la tenuta del PD, giacché il risultato poteva anche essere peggiore.
Dunque, l’uomo che si è presentato all’appuntamento, cruciale per la Nazione, con il M5S era lo stesso uomo che credeva nella salvifica Europa, nella fiorente attività delle banche, nella necessità delle missioni “di pace”, nel salvacondotto dell’euro, negli inceneritori, ecc.
Era inevitabile che non fosse compreso o, se capito, che il dubbio s’insinuasse nei giovani parlamentari del M5S: era già scritto.
E veniamo alla Lombardi ed a Crimi.
Noi puffi siam così...
Premesso che, quando si parla di M5S, non si capisce quale sia la linea politica e chi debba farsene carico: Grillo? Casaleggio? Grillo & Casaleggio? I parlamentari? Gli “spin-doctors”? Converrete che è un bel guazzabuglio, addirittura con una Lombardi che sembra una pasdaran su tutto ed un Crimi che, almeno, ascolta attentamente per poi dichiarare qualcosa ed essere subito smentito. E gli altri? Boh...
Il M5S è un movimento, questo è chiaro, ma quando s’affaccia al Parlamento deve darsi le strutture di un partito: on line? Benissimo. C’è da chiedersi perché si sceglierà on line il Presidente della Repubblica e non è stato possibile scegliere se andare al governo col PD: paura che il movimento si sfaldasse? Certo, ma non è chiudendo le finestre che le divergenze s’acquietano: sono solo rimandate, ed alle elezioni si scontano.
A proposito di elezioni, le ultime hanno decretato la fine dei sondaggi: le società di sondaggi – per capirci meglio – sono le stesse che organizzano (non da noi, ma in Montenegro il referendum per l’indipendenza fu affidato ad una società esterna) “eventi elettorali”.
Da noi hanno mostrato tutte un M5S fra il 13 ed il 17%, ma sapevano la verità: ci hanno, semplicemente, ingannati e continuano a farlo. Ieri il M5S doveva essere negato, oggi deve stare sugli altari per mostrare il “pericolo”, lo “scompiglio” che porta nella politica italiana, per far capire agli elettori quanto sia più “conveniente” non lasciare la vecchia via.
Quella che nel dibattito è sembrata una battuta ad effetto – “siamo il prodotto degli ultimi vent’anni” – è falsa e non ha senso: tutti siamo figli del 1861, non scordiamolo mai, perché se l’Italia è giunta a questo punto è perché la natura conservatrice dei grandi apparati non è stata mai scalfita.
Trent’anni dopo l’Unificazione, esattamente 100 anni prima di Tangentopoli (1892), iniziò il primo grande “sacco” di risorse pubbliche: lo scandalo della Banca Romana, che vide coinvolti senatori del Regno e capataz a tutti i livelli, da un’inchiesta – che oggi diremmo “parallela” – scaturì l’affaire della Terni, che produceva acciaio più scadente di quello Krupp al doppio del prezzo. Chi guadagnava? I soliti noti dell’epoca.
La crisi conseguente fu regolata con le cannonate di Bava Beccarsi e, di rimando, vi fu il regicidio di Umberto I. Poi, tutto precipitò nel gran massacro della guerra, che – benché “vittoriosa” – lasciò l’Italia sul lastrico. E arrivò il Fascismo, con tutto quello che si portò appresso. Nonostante l’insipienza di una Lombardi qualunque: non si affrontano mai problemi complessi con due righe, lo rammenti. Questa è una breve sintesi, ma non contiene nessun commentario.
Dopo vent’anni di ricostruzione per la guerra fascista, vi fu una generazione che tentò una modernizzazione del Paese, forse più per i diritti civili che per i costi della politica (che, all’epoca, non erano certo questi) e qualcosa ottenne: il divorzio, il presalario per gli universitari (500.000 lire annue, forse 5.000 euro attuali, ma le tasse non erano quelle di oggi!) mentre sul fronte operaio vi furono molte conquiste, dal Sabato festivo al rispetto del corpo umano (la cosiddetta “nocività”), fino ad importanti aumenti salariali.
Ancora con molte pecche, la società italiana del dopo ’68 era senz’altro più libertaria e meno “chiusa”: gli italiani presero a viaggiare ed a diventare “internazionali” sotto molti punti di vista, anche nell’osservare i ritardi del proprio paese. E’ rimasto negli annali un importante discorso di Aldo Moro sulla gioventù dell’epoca, che invitava tutti ad ascoltarla perché portatrice di novità da ponderare attentamente. Come finì Moro lo sappiamo.
Il costo del lavoro – a metà anni ’70 – era fra i più alti in Europa mentre oggi – s’informi Grillo – è fra i più bassi del continente: certo, non ai livelli di Cina ed India, ma nessuno in Europa s’avvicina a quegli standard perché, industrialmente, l’Europa può tentare di sopravvivere solo con la ricerca e l’innovazione, l’agricoltura di qualità ed il turismo, non “risparmiando” con i contratti “atipici”.
Vedete, cari parlamentari “grillini”, a volte date l’impressione d’essere saccenti, d’avere una verità rivelata per ogni occasione, senza capire che – spesso – le vostre verità rivelate sono già state soppesate e valutate per quel che erano: giusto il disegno di legge per i risparmi del Parlamento, ma questo non muove di un’unghia il problema dell’economia italiana.
Vai avanti 30 anni a mazzate economiche sulla popolazione, riduci i consumi, vendi all’estero il meglio dell’industria e del commercio italiano, snatura i contratti, trasforma il rapporto di lavoro in servitù, mantieni al lavoro gente che non ce la fa più: a questo punto, con i risparmi del Parlamento ci compriamo le noccioline. E’ giusto e sacrosanto informare, ma oggi il vostro compito è cambiato: sono ben altre le priorità.
Oggi, andrebbe smontato pezzo per pezzo almeno tutto quello che ha costruito Monti: come farete?
Perché non avete fatto un nome degno a Napolitano (Zagrebelsky, Rodotà, Crimi, Lombardi, ecc) per provare a far confluire i voti della parte migliore del PD su un governo 5 Stelle? Nessuno vi avrebbe biasimato, né urlato al tradimento: visto che tanto, da soli, non andrete da nessuna parte. E sarebbe stato un “problemuccio” per Re Giorgio, affidarsi a qualche “saggio” eludendo la vostra richiesta. Ma veniamo all’oggi.
Saggiodromo per tutte le tasche
Forse non tutti sono a conoscenza che, durante la Costituente, la figura del Presidente della Repubblica fu ricalcata abbastanza fedelmente su quella del Re, la quale derivava dallo Statuto Albertino. Sembrò la soluzione più adatta: perché il Re non aveva tradito e Mussolini sì: ovviamente, questa frase si presta a mille storiografie, ma accettiamola così. Mussolini era un premier sfiduciato (dal Re) che si era ribellato ed il Re era la “continuità” del Regno d’Italia a Taranto. Lo so che suona male, ma è la spiegazione “costituzionale” che più si adatta a quel torbido periodo: non speculiamoci sopra.
Il fatto importante, dunque, fu che il Presidente rimase il custode della Costituzione: l’evidenza che possa rinviare alle Camere una sola volta una legge stabilisce un equilibrio dei poteri che pende dalla parte parlamentare, non v’è dubbio.
Ciò che non è espressamente vietato dalla Costituzione pare permesso: era nelle prerogative di Napolitano nominare Monti senatore a vita, poi proporlo come Presidente del Consiglio e non c’è nessun vulnus giuridico al proposito, perché il Parlamento diede la fiducia a Monti.
Altra cosa – forse ignorata dalle parti di Grillo, il quale afferma che un governo in carica c’è, ma dovrà “chiedere, da oggi, il permesso al Parlamento per fare decreti” – è che un governo preposto alla sola “normale amministrazione” non è vero che non può legiferare, anche se in Costituzione non c’è nulla che riguardi l’argomento.
Per prassi – sottolineo, per prassi – tutti i governi in “normale amministrazione”, finora, si sono comportati in questo modo: non hanno certo legiferato su nuove materie, ma è stato possibile riprendere in mano “argomenti” sui quali già avevano legiferato. In altre parole, non potranno certo fare una legge per invadere il Burundi, ma potranno “limare” – e quindi decidere (le famose “interpretazioni autentiche”, il nuovo trucco per la retroattività delle norme, ad esempio) – sui decreti precedentemente approvati, quali lavoro, previdenza, finanza, ecc. Praticamente, su quasi tutto: la vicenda dei marò insegna.
Siccome la materia è nuova – l’Italia non ha mai avuto un periodo di “non-governo” dopo le elezioni come questo – i costituzionalisti s’applicheranno ma dubito, dopo aver stralciato la questione dei rapporti con la mafia di Mancino, che s’allontaneranno dal sentiero tracciato, ovvero appoggiare sempre la presidenza.
Se non bastasse, Monti continua ad avere in mano i ministeri: ultimamente, il ministro (dimissionario) Profumo ha emanato il nuovo sistema di valutazione (dei docenti) con una semplice circolare interna. Non necessita d’approvazione, anche se tanti hanno gridato allo “sgarbo” istituzionale. Una norma che incide profondamente nella scuola italiana: approvazione? Chi era costui?
Stanno mobilizzando 40 miliardi per le PMI (dove li prenderanno tutti ‘sti soldi? Mistero) e ditemi se questi non sono atti di un governo in carica.
Su questi atti si potrà pronunciare il Parlamento ma – potete aspettarvelo – ogni cosa finirà alla Corte Costituzionale la quale, dopo anni, qualcosa dirà ed abbiamo già visto da quale parte pende la bilancia.
Prima, però – coscienti che qualche atto potrebbe rimanere “impigliato” nelle reti parlamentari – ecco che scendono in campo i “saggi”: voilà, les jeux sont fait. Chi sono i saggi? A cosa servono i saggi?
I cosiddetti saggi sono la quintessenza di tutti gli “inciuciatori” mai esistiti: attraverso le loro “fondazioni” (vedi Violante) sono in stretto contatto con tutte le istituzioni nazionali e sopranazionali. Il loro compito?
Ufficialmente trovare la soluzione per un nuovo governo: potrebbe anche bastare riuscire a confezionare maggioranze variabili per qualche provvedimento troppo “forte” per non essere gestito in normale amministrazione o con circolari interne. Lo faranno, nel nome dell’emergenza.
Qualcuno afferma che saranno lì per qualche giorno, al massimo per qualche settimana, ma io ne dubito: se non salterà fuori l’inciucio maximo...chi li farà decadere? Quella di Napolitano mi sembra una semplice “decisione”, un “aiuto” alla politica, non un DPR. E dunque? Se non sono mai esistiti (ufficialmente) chi mai li potrà rimuovere? In Gazzetta Ufficiale non v’è nulla del genere: fra l’altro – se scorrete una G.U. – notate quanto i decreti emanati da Monti siano parte della “normale amministrazione”.
Miserere nobis
La tempesta perfetta è compiuta e la cosiddetta seconda repubblica degli inciuci, delle trattative sotto banco, delle mille corruzioni, dei furbetti del quartierino, ecc potrà continuare a sguazzare nel fango, protetta dalle “istituzioni” europee: mica in Europa sono dei filantropi, è semplicemente un do ut des.
Grillo, salendo al Quirinale, s’è scordato tutto quello che aveva scritto per anni: sono bastati un paio di saluti militari con sbattere di tacchi, un “prego s’accomodi” su una poltrona secentesca e tutto è svanito, come per incanto. E Morfeo? Non lo scriverò più, lo giuro.
L’obiettivo di Napolitano è stato raggiunto – lo aveva detto per tempo che “bisognava continuare nel solco tracciato da Monti” – e lo ha realizzato. Nell’orizzonte fumoso della politica, i parvenu del M5S hanno confuso il Lupo con Cappuccetto Rosso e, ora, il Lupo se li è mangiati. Napolitano il peggior presidente della storia repubblicana? Forse, ma in quanto a furbizia sta alla pari con Andreotti.
Alla fine della storia, non sarebbe stato meglio fare un nome a Napolitano, oppure fare un’alleanza col PD o, ancora – facendo un nome – sfruttare la possibilità che il PD votasse un governo M5S?
Che ingenui.
Adesso – scendendo dai massimi sistemi – diteci cosa faranno gli esodati, i ragazzi a 500 euro il mese nei call center, gli anziani a 65 anni a lavorare sulla strada, eccetera, eccetera, eccetera...ditecelo, con un PD che prenderà inevitabilmente la deriva renziana ed il Cavaliere, ancora una volta, salvato.
Farete funzionare il Parlamento? Già, e quante leggi v’approveranno? Nessuna, perché il PD senza Bersani tornerà nelle mani delle sue mille correnti: il poveretto, per quanto colpevole sia per il suo passato, chiedeva aiuto per cercare di dare un diverso indirizzo alla Patria, per uscire dal “Piano di Rinascita Democratica” di messer Licio Gelli. Ora, ci torneremo dentro fino al collo: ricordate che in Italia i progressisti sono forse in maggioranza, ma i conservatori sono più organizzati e coesi.
Secondo Beppe Grillo, chi ha votato M5S per avere un governo in alleanza ha “sbagliato voto”: dopo essere stato un “compagno che sbagliava” non me ne cruccio di certo, ma adesso – per favore – state zitti e beatevi del nulla incombente che avete dato una mano a generare.
Sbagliavo? Lo terrò presente, Grillo, grazie.
Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.it
Link: http://carlobertani.blogspot.it/2013/04/claudicante-nemesi.html
1.04.2013
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