Negli ultimi anni, e in particolare nei mesi scorsi, numerose ricerche lo hanno dimostrato: la scuola italiana sta subendo una involuzione a causa della diminuzione repentina ma costante dei fondi destinati all'istruzione. Dopo l'Eurostat (che qualche giorno fa metteva il nostro paese all'ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica in scuola e università) è la Flc - Cgil a presentare una propria elaborazione, su dati del Ministero dell'Istruzione, per evidenziare gli effetti delle politiche degli ultimi 5 anni: riduzione dei docenti e del personale tecnico amministrativo, aumento degli alunni, meno servizi, meno laboratori e finanche meno scuole. I docenti sono diminuiti di 81.614 unità, al contrario si sono iscritti 90.000 alunni in più, «Il che - nota il segretario generale, Mimmo Pantaleo - avrebbe dovuto determinare un incremento di circa 9.000 docenti in più». Il dato avrebbe come conseguenza logica la creazione di 4.500 classi in più (con media di 20 alunni per classe) mentre invece ne sono state tagliate oltre 9.000. «La conseguenza è evidente: le cosiddette classi pollaio sempre più numerose, spesso anche oltre il tetto massimo previsto per norma». I tagli di classi e docenti si sono verificati ovunque: meno 28.032 posti nella primaria, meno 22.616 nella secondaria di primo grado, diminuzione di 31.464 anche nella secondaria di secondo grado, (eccetto la scuola dell'infanzia dove le sezioni registrano un piccolo aumento). Le stesse istituzioni scolastiche, secondo l'Flc-Cgil sono state consistentemente ridotte, quasi il 20%, «sono cioè scomparse quasi 2000 scuole ». Ed è anche il personale tecnico amministrativo, quindi, a pagare: 17,5% dei posti in meno in cinque anni, «ciò significa - dice ancora Pantaleo - meno sicurezza, meno servizi, meno laboratori ». Mentre il Gilda prende spunto dai dati emersi dal rapporto semestrale sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici presentato la scorsa settimana e parla degli insegnanti come di «un esercito che, suo malgrado, marcia verso la povertà ». Dallo studio, infatti, risulta che nel 2011 i compensi sono in media diminuiti dello 0,8%. Lo stesso nel 2012. Sottolinea Rino Di Meglio, coordinatore nazionale, che «il contratto degli insegnanti è fermo dal 2009, con una perdita della sola inflazione che su pera il 15%. Al calo delle retribuzioni si aggiunge poi l'aumento della pressione fiscale, un mix micidiale». Non se ne esce, secondo i sindacati, se non con una immediata inversione di tendenza. «Chiediamo alla politica di farsi carico delle emergenze della scuola italiana - dichiara la Flc-Cgil - e che si avvii un piano di investimenti: più risorse, più scuola, più insegnanti e personale Ata vogliono dire più qualità, livelli di istruzione più alti». Risponde per primo il Pd con la responsabile scuola, Francesca Puglisi che concorda con il sindacato dei lavoratori della conoscenza e denuncia: «ho chiesto al ministro Profumo di venire a riferire in Aula per far conoscere le linee d'intervento per il prossimo anno scolastico in modo da segnare un'inversione di tendenza che il Pd ha sempre chiesto e a cui non è mai stata data risposta». «In questi anni - aggiunge Puglisi - i tagli drammatici agli organici della scuola, mentre la popolazione scolastica continuava a crescere, hanno abbassato la qualità dell'insegnamento, rendendo impossibile qualsiasi azione per innalzare il livello di apprendimento degli studenti e combatterne la dispersione». Secondo Puglisi le tracce per una inversione di rotta si possono però scorgere nel documento presentato dai 10 «saggi» indicati dal Presidente Napolitano. Documento già elogiato anche dallo stesso ministro in carica Francesco Profumo. «Il documento - dice Puglisi - indica la necessità di tornare a investire nel tempo pieno e nel tempo scuola nella secondaria per colmare i divari territoriali e sociali nei livelli di apprendimento». Intanto la Flc-Cgil annuncia che è pronta a proseguire «la campagna per la qualità della scuola pubblica statale dimostrando ciò che si può mettere immediatamente in campo nel breve e medio periodo ».
Fonte: L’Unità
Fonte: L’Unità
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