Un Paese ostaggio delle scelte altrui. Il nostro futuro si decide in Germania, la cui Corte Costituzionale domani (12 settembre) si pronuncerà in merito ai ricorsi presentati contro la legittimità del nuovo Esm, il Meccanismo di stabilità europeo
di Alessandro Volpi Altreconomia
Chi avrebbe mai pensato, anche solo un anno fa, che una porzione non trascurabile dei destini italiani dipendesse dalle austere decisioni della Corte federale tedesca?
La decisione presa da tale organo di rimandare al 12 settembre la propria pronuncia in merito ai ricorsi presentati contro la legittimità del nuovo Esm, il Meccanismo di stabilità europeo, ha messo in fortissima tensione gli spreaditaliani e spagnoli, con una lievitazione del costo degli interessi pagati dai due Paesi. Nello specifico italiano, il rinvio tedesco ha annullato gli sforzi compiuti con le manovre di bilancio, che hanno pesato negli ultimi 4 anni per oltre 330 miliardi di euro, fra nuove tasse e tagli lineari.
Durante i mesi più caldi, quando i mercati sono molto “sottili”, caratterizzati da un volume di scambi contenuto, la speculazione può vincere senza grossi patemi le proprie scommesse ribassiste sui titoli sovrani.
La mancata ratifica tedesca della nascita dell’Esm ha tolto ogni credibilità allo scudo anti-spread, che era stato presentato come una grande vittoria del premier Mario Monti. Senza l’Esm, infatti, mancherebbero le risorse per ogni intervento di acquisto dei titoli italiani, visto che alla Banca centrale europea è assegnato, nell’accordo di Bruxelles, solo il compito di agente per conto dell’Esm. In estrema sintesi, la mancata ratifica tedesca smonta buona parte della strategia di difesa del nostro paese concepita da Monti; e la liquidità disponibile per ogni intervento di pronto soccorso per evitare attacchi contro i titoli italiani si è limitata al solo Fondo salva-Stati, in cassa circa 150 miliardi, certamente insufficienti a rassicurare i mercati, anche perché il Tesoro italiano dovrà collocare da qui a fine anno 220 miliardi di titoli per rimborsare quelli in scadenza. Alla debolezza del Fondo salva-Stati si aggiungono altri elementi di tensione: 1) il Fondo monetario, pur apprezzando gli sforzi italiani, ha sostenuto che una richiesta formale di aiuto da parte dell’Italia nei confronti della troika -Commissione europea, Bce e Fondo- è pressoché inevitabile, alla luce, della scomparsa di compratori esteri di titoli del debito italiano (i compratori interni, con le banche già imbottite di Btp, scarseggiano); 2) il presidente della Bce, Mario Draghi, dopo aver ridotto i tassi ha fatto capire che non sono scontate nuove operazioni di acquisto sul mercato secondario dei titoli del debito pubblico dei Paesi in difficoltà, come non sono alle viste nuove operazioni di rifinanziamento delle banche a tassi stracciatissimi.La Germania è contraria ad appesantire il bilancio della Bce, e disponibile a trattare gli aiuti solo dopo significative cessioni di sovranità. Peraltro, è sempre più evidente che la liquidità immessa dalla Bce nelle banche europee finisce nei titoli dei Paesi ritenuti più solidi, come Germania, Finlandia e persino Francia e Belgio; 3) il declassamento di Moody’s ha tolto i titoli italiani dal paniere di molti investitori istituzionali e da alcuni “listini”, legati all’inflazione, riducendo ulteriormente lo spettro dei loro potenziali compratori.
In simili condizioni, a poco è servito l’annuncio del ministro dell’Economia Vittorio Grilli, che ha provato a rassicurare i mercati annunciando un piano di riduzione del debito pubblico. Se tale piano fosse applicato per 5 anni, con un tasso di crescita del Pil nominale del 3%, lo stock di debito, secondo il ministro, si ridurrebbe fino al 100% del Pil. Pesano tuttavia varie obiezioni. Il Pil nominale al 3% vuol dire una crescita -al netto dell’inflazione- intorno all’1%; per il 2012 le stime parlano di una caduta del Pil del 2%. Inoltre, il meccanismo di cessione passa attraverso le cartolarizzazioni, già fallite in passato. Gran parte di queste operazioni infine faranno capo a Cassa depositi e prestiti, che utilizza risparmio postale e non può permettersi certo scelte rischiose. “Rassicurare” i mercati è fondamentale, ma è altrettanto importante che le rassicurazioni siano convincenti. Per non generare un effetto boomerang. ---
di Alessandro Volpi Altreconomia
Chi avrebbe mai pensato, anche solo un anno fa, che una porzione non trascurabile dei destini italiani dipendesse dalle austere decisioni della Corte federale tedesca?
La decisione presa da tale organo di rimandare al 12 settembre la propria pronuncia in merito ai ricorsi presentati contro la legittimità del nuovo Esm, il Meccanismo di stabilità europeo, ha messo in fortissima tensione gli spreaditaliani e spagnoli, con una lievitazione del costo degli interessi pagati dai due Paesi. Nello specifico italiano, il rinvio tedesco ha annullato gli sforzi compiuti con le manovre di bilancio, che hanno pesato negli ultimi 4 anni per oltre 330 miliardi di euro, fra nuove tasse e tagli lineari.
Durante i mesi più caldi, quando i mercati sono molto “sottili”, caratterizzati da un volume di scambi contenuto, la speculazione può vincere senza grossi patemi le proprie scommesse ribassiste sui titoli sovrani.
La mancata ratifica tedesca della nascita dell’Esm ha tolto ogni credibilità allo scudo anti-spread, che era stato presentato come una grande vittoria del premier Mario Monti. Senza l’Esm, infatti, mancherebbero le risorse per ogni intervento di acquisto dei titoli italiani, visto che alla Banca centrale europea è assegnato, nell’accordo di Bruxelles, solo il compito di agente per conto dell’Esm. In estrema sintesi, la mancata ratifica tedesca smonta buona parte della strategia di difesa del nostro paese concepita da Monti; e la liquidità disponibile per ogni intervento di pronto soccorso per evitare attacchi contro i titoli italiani si è limitata al solo Fondo salva-Stati, in cassa circa 150 miliardi, certamente insufficienti a rassicurare i mercati, anche perché il Tesoro italiano dovrà collocare da qui a fine anno 220 miliardi di titoli per rimborsare quelli in scadenza. Alla debolezza del Fondo salva-Stati si aggiungono altri elementi di tensione: 1) il Fondo monetario, pur apprezzando gli sforzi italiani, ha sostenuto che una richiesta formale di aiuto da parte dell’Italia nei confronti della troika -Commissione europea, Bce e Fondo- è pressoché inevitabile, alla luce, della scomparsa di compratori esteri di titoli del debito italiano (i compratori interni, con le banche già imbottite di Btp, scarseggiano); 2) il presidente della Bce, Mario Draghi, dopo aver ridotto i tassi ha fatto capire che non sono scontate nuove operazioni di acquisto sul mercato secondario dei titoli del debito pubblico dei Paesi in difficoltà, come non sono alle viste nuove operazioni di rifinanziamento delle banche a tassi stracciatissimi.La Germania è contraria ad appesantire il bilancio della Bce, e disponibile a trattare gli aiuti solo dopo significative cessioni di sovranità. Peraltro, è sempre più evidente che la liquidità immessa dalla Bce nelle banche europee finisce nei titoli dei Paesi ritenuti più solidi, come Germania, Finlandia e persino Francia e Belgio; 3) il declassamento di Moody’s ha tolto i titoli italiani dal paniere di molti investitori istituzionali e da alcuni “listini”, legati all’inflazione, riducendo ulteriormente lo spettro dei loro potenziali compratori.
In simili condizioni, a poco è servito l’annuncio del ministro dell’Economia Vittorio Grilli, che ha provato a rassicurare i mercati annunciando un piano di riduzione del debito pubblico. Se tale piano fosse applicato per 5 anni, con un tasso di crescita del Pil nominale del 3%, lo stock di debito, secondo il ministro, si ridurrebbe fino al 100% del Pil. Pesano tuttavia varie obiezioni. Il Pil nominale al 3% vuol dire una crescita -al netto dell’inflazione- intorno all’1%; per il 2012 le stime parlano di una caduta del Pil del 2%. Inoltre, il meccanismo di cessione passa attraverso le cartolarizzazioni, già fallite in passato. Gran parte di queste operazioni infine faranno capo a Cassa depositi e prestiti, che utilizza risparmio postale e non può permettersi certo scelte rischiose. “Rassicurare” i mercati è fondamentale, ma è altrettanto importante che le rassicurazioni siano convincenti. Per non generare un effetto boomerang. ---
Nessun commento:
Posta un commento