giovedì 25 luglio 2013

Tra F35 e defibrillatori…

Alla fine di maggio Rossella scrive una mail sul nostro sito nella quale si presenta dicendo: “mio figlio Lorenzo, 18 anni, a meno da un mese dal suo 19° compleanno (20 agosto – leoncino), dallo scorso 18 luglio non c’è più. Era andato in piscina con la fidanzata per passare una giornata di gioia dopo aver preso la maturità classica. Poco dopo essere entrato nella vasca, si è sentito male, ha avuto un arresto cardiaco, l’hanno portato fuori della vasca, hanno tentato la respirazione bocca a bocca, ma non c’è stato niente da fare. Purtroppo la piscina non era dotata di defibrillatore: forse, se ci fosse stato, Lorenzo sarebbe ancora qui con me”.
E continua chiedendo se fosse possibile dedicargli un mio spettacolo e raccogliere “delle offerte per acquistare un altro defibrillatore, che Ascanio potrebbe regalare a una istituzione da stabilire”. Così il 19 luglio, con l’aiuto degli organizzatori del festival autoprodotto Eclettica, ci prepariamo per la sottoscrizione. Il pomeriggio incontro Rossella nel piccolo stand dove fanno dimostrazioni per spiegare come si effettua un massaggio cardiaco e utilizzare un defibrillatore.
Mi dice: “la prima cosa che ho pensato in ospedale, in attesa di vedere mio figlio, è stata ‘fare qualcosa’. Quel fare qualcosa è iniziato già dal giorno del funerale. Ho dette a tutte le persone più care di non comprare fiori, ma fare una piccola colletta per poter regalare un defibrillatore che effettivamente abbiamo poi regalato all’ASD Calcio Colli Albani a 5.
Poi abbiamo fatto un’altra colletta e abbiamo regalato un defibrillatore a Castel del Giudice che è un paesino che si trova in alto Molise, Isernia. Il primo ospedale lo ha a quindici o venti chilometri di distanza, perciò un defibrillatore è una cosa utilissima.
Dopo queste due esperienze è nata l’idea del comitato “Facciamo Ripartire il Cuore.
Questi defibrillatori costano poco più di mille euro e devono essere presenti dove c’è alta frequentazione di persone.
I morti per arresto cardiaco sono quasi 70 mila l’anno e può colpire tutti.
Noi cerchiamo di regalare i defibrillatori soprattutto nelle periferia dove i centri sportivi sono più poveri. Una palestra di lusso non ha difficoltà a spendere mille euro”.
Che i morti per arresto cardiaco fossero così tanti non lo immaginavo. Così come non immaginavo che con un migliaio di euro si può dotare una scuola o un centro sportivo di un oggetto che può concretamente salvare la vita a qualcuno.
Per Rossella è diventata una missione. Ed è anche una maniera meravigliosa di fare politica senza partiti e bandiere. Perché spendere mille euro per un defibrillatore può essere anche soltanto un modo bello per aiutare il prossimo, ma quando le istituzioni evitano di investire nella salute a favore di capitoli di spesa meno edificanti la questione diventa politica.
Quanti defibrillatori si acquistano con un F-35?
E anche la scelta di aiutare chi vive in periferia è un atto politico.
A proposito… il defibrillatore acquistato con la sottoscrizione di pochi giorni fa andrà alla palestra Ad Maiore di Casalbertone.
Di Ascanio Celestini – Il Fatto Quotidiano


25 luglio 1943. La caduta di Mussolini

Oggi, a 70 anni di distanza la passione per “l’uomo fatale” non è stata ancora ripudiata.

Articolo di: Nicola Tranfaglia - Articolo21.org
       
Sono  passati sette decenni da quella calda giornata del 25 luglio 1943 in cui il cavalier Benito Mussolini di Predappio  dovette lasciare il potere e, fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele III di Savoia Carignano, esser portato nelle isole vicino a Roma, prima di andare alla prigione stabilita  per lui al Gran Sasso. L’Italia era in guerra, alleata alla Germania di Hitler e al Giappone di Hiro Hito contro la Francia divisa e in parte  filonazista e l’Inghilterra di Churchill ma anche gli Stati Uniti di Roosevelt, e  le cose andavano male. Qualche mese dopo l’Italia di Vittorio Emanuele III e  Pietro Badoglio avrebbe dovuto chiedere l’armistizio alle potenze alleate di fronte alla sconfitta che si stava profilando. Insomma, a dirlo in poche parole il mondo era diviso in due, i fascismi avevano conquistato buona parte dell’Europa ed era stata la vittoria in Africa e l’ingresso in guerra degli Stati Uniti nel ’41-42  e poi dell’Unione Sovietica di Stalin a modificare  gli equilibri del conflitto e a dare finalmente speranze a tutti quelli che sparsi, nei vari continenti, avevano identificato nel fascismo l’agente della dittatura e degli antisemitismi contro i quali lottare.

Ma oggi sappiamo, dopo decenni di ricerche storiche, che l’antisemitismo era presente non soltanto nei fascismi ma anche nel comunismo staliniano e che il governo dittatoriale e antidemocratico era presente senza dubbio nella dittatura sovietica. Dunque  siamo più che mai antifascisti ma ci battiamo perché razzismi e antisemitismi come dittature antidemocratiche lascino il posto in tutto il mondo (siamo ancora lontani da un simile risultato!) a governi retti da costituzioni  democratiche applicate realmente nei vari paesi. La notte del 24 luglio 1943 si riunisce a Roma, a palazzo Venezia  il Gran Consiglio del Fascismo, era molto tempo che l’organo massimo del regime non si riuniva, Mussolini decideva tutto da solo ma quella notte occorreva decidere sullo sbarco avvenuto quindici giorni prima in Sicilia che aveva portato la guerra in casa e un gruppo di gerarchi capitanato da Dino Grandi  voleva che il duce si mettesse da parte e lasciasse il potere al sovrano di fronte all’imminente invasione angloame- ricana. Una dura  lotta per il potere in un regime che era al tramonto ma che in Italia resisteva grazie a un forte apparato repressivo, ai media del tutto asserviti, agli oppositori ridotti a migliaia  nelle carceri o al confino oppure obbligati a stare chiusi in casa nascosti e lontani dalle masse. C’erano alcune cellule operaie e contadine dei partiti socialisti e comunisti o del movimento di Giustizia e Libertà ma erano pochi e dispersi in un territorio misero e disperato. Il dittatore non si fida degli alleati nazisti,  come dei suoi gerarchi preoccupati, e vive alla giornata. In questa situazione Grandi, ex squadrista ma poi ministro degli Esteri e ambasciatore degli Esteri, prepara un ordine del giorno che chiede a Mussolini di lasciare il governo e affidare al re – con il quale ha fissato da molti anni una sorta di diarchia – il comando delle forze armate e i rapporti con gli alleati e con i nemici. Mussolini non può accettare ma in quella notte ottiene soltanto cinque voti contro i diciannove che hanno votato con Grandi (tra i quali c’è anche Galeazzo Ciano, marito di Edda Mussolini e fino al qualche mese prima ministro degli Esteri del regime). La tragedia si consuma in una lunga notte e all’alba il romagnolo va dal re che gli impone le dimissioni e dà disposizioni perché sia arrestato uscendo dall’udienza e trasportato nelle isole.

Uno scherzo da prete da parte di un re che è stato per quasi vent’anni (dal delitto Matteotti del giugno 1924 in poi ad essere indulgenti) complice e compagno del regime fascista ma Mussolini avrebbe potuto aspettarselo, come dirà, infatti, quando farà per venti mesi il “re travicello” della Repubblica sociale italiana (prima di essere fucilato dai partigiani a Giulino di  Mezzegra il 25 aprile 1945), costruita dai nazisti per l’ultima parte della seconda  guerra mondiale.

Del resto quel che agli italiani può servire ancora oggi, nel ricordo del 25 luglio 1943, è la passione ripudiata, dopo vent’anni abbondanti, per un uomo fatale. Non dimenticando che la passione per l’uomo fatale si è riprodotta il 27 marzo 1994 per l’uomo di Arcore e rischia di sopravvivere ancora nelle prossime elezioni politiche se il PD non  metterà la testa a partito, non costruirà un’alternativa con le altre forze a sinistra piuttosto che perseguire uno pseudo-compromesso con i luogotenenti dell’ineffabile Cavaliere .

Fonte: www.articolo21.org

mercoledì 24 luglio 2013

ADDIO PUSHER, LA CANNA SI COMPRA ONLINE

Sono oltre 800 mila i siti che fanno questo tipo di e-commerce. In aumento il consumo nella fascia dei giovani tra i 15 e i 19 anni. Che giocano anche d'azzardo.

Tutta colpa dei siti Internet specializzati alla vendita di droghe se in Italia è aumentato il consumo di cannabis. Insomma, niente pusher: ormai si compra online, dove è facile reperire praticamente tutto, comprese le nuove droghe sintetiche, mercato in forte espansione. La prova è che sono sono oltre 800 mila i siti che fanno questo particolare tipo di e-commerce. E sono i giovani tra i 15 e i 19 a fare maggiore uso di questo servizio, acquistabdo in particolare cannabis. Lo si legge nella Relazione al Parlamento 2013 sull'uso di sostanze stupefacenti e tossicodipendenze in Italia, che è stata elaborata dal Dipartimento Politiche Antidroga (Dpa). 

E sono proprio i giovani, i maggiori utenti dei social network, a frequentare siti che promuovono l'uso di droga o addirittura la vendono e la spediscono a casa, alla faccia di tutte le leggi nazionali. 

Secondo la relazione, c'è un altro dato preoccupante. Ed è il nesso tra gioco il d'azzardo e il consumo di droghe: gli adolescenti con comportamenti di gioco patologico, infatti, hanno un uso contemporaneo di sostanze stupefacenti pari al 41,7% rispetto ai loro coetanei che non giocano, fermi al 17,5%. .
Cado in Piedi

lunedì 22 luglio 2013

Acqua, referendum tradito

Quanto valgono 26 milioni di voti? Nulla, almeno in Italia. Sono passati più di due anni da  quel 12 e 13 giugno 2011 quando ci si recò alle urne per i referendum: due dei quattro quesiti riguardavano l'acqua. Al primo, contro la privatizzazione della gestione delle risorse idriche, si espressero col “sì” 25.935.372 elettori, pari al 95,35% dei votanti. Il secondo, che voleva l’abolizione della “adeguata remunerazione del capitale investito dai gestori” (ossia che le società private lucrassero sull'acqua), ottenne addirittura 26.130.637 consensi, il 95,80% dei voti espressi.

Risultato? Zero. O meglio, quasi zero: le tariffe non sono cambiate e non è stata fatta alcuna nuova legge che tenesse conto della pressoché unanime volontà popolare. Solo quattro Comuni su ottomila (Napoli, Palermo, Reggio Emilia e Vicenza) sono tornati a rendere pubblica la gestione dell'acqua. Nel resto del Paese tutto è come prima.

Non è la prima volta. Accadde anche col referendum sul finanziamento pubblico dei partiti, come pure sull'immunità parlamentare dei politici. Il voto popolare li abolì entrambi, ed entrambi sono stati camaleonticamente reintrodotti, sotto forme e formule diverse. Mai era successo, però, come nel caso dell'acqua, che tanti elettori si recassero ai seggi (è stato il referendum con la più alta affluenza della storia repubblicana) e che esprimessero in maniera tanto schiacciante il “no” alla privatizzazione.

L'unica norma introdotta dopo la consultazione del 2011 è quella che demanda all'“Autorità per l'energia elettrica e il gas” la determinazione dei nuovi criteri per calcolare le tariffe. E che ha fatto l'Autorità? Ha inserito, alla fine del 2012, una nuova voce: il “rimborso degli oneri finanziari” per i gestori delle risorse idriche. Che secondo il Forum dei movimenti per l’acqua pubblica è un sotterfugio per far rientrare dalla finestra quello che era uscito dalla porta: cioè garantire un utile alle società private di gestione. L'esatto contrario di quanto avevano votato i cittadini, che rifiutavano il principio stesso che si consentisse alle aziende di fare profitti su un bene comune essenziale alla vita come l'acqua.

Dunque, referendum tradito. Rimangono le proteste dei comitati dei cittadini, le cause legali, le battaglie dei ricorsi al Tar. E la politica del palazzo. Che del voto di due anni non sembra serbare neanche il ricordo.

Fonte: www.famigliacristiana.it

venerdì 19 luglio 2013

Paolo Borsellino, memoria di una morte annunciata

A 21 anni dalla strage di via D'Amelio (le foto) si indaga ancora. Con un nuovo processo. Ma la verità è lontana.

di Maurizio Zoppi

Il 21 e il 56, due numeri da giocare al Lotto, magari sulla ruota di Palermo.
Invece rappresentano due cifre molto importanti per tutta la nazione: 21 sono gli anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, in cui vennero barbaramente uccisi, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, 56 sono i giorni di distanza da una esecuzione all’altra.
Il 19 luglio 2013, tutta Italia ricorda l’uccisione  del giudice Borsellino. Una domenica di 21 anni fa, l’ex procuratore di Marsala, si recava a far visita a sua madre. Un ordigno esplosivo radiocomandato all’interno di una 126 rossa devastò gran parte della zona residenziale.
LE ALTRE VITTIME DELL'ESPLOSIONE. Oltre a Paolo Borsellino, morirono il caposcorta Agostino Catalano e gli agenti Emanuela Loi - prima donna a far parte di una scorta e a cadere in servizio - Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l'esplosione, in gravi condizioni.
Bombe di Stato, di ‘casa’ o ‘cosa’ nostra. Un dato è indiscutibile: questi due attentati, hanno segnato la storia politica e sociale dell'Italia.
INCHIESTE PERSE O ARCHIVIATE. Dopo 21 anni, i mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio, sono ancora sconosciuti. Inchieste giudiziarie perse, altre archiviate, o con qualche brandello ancora in corso.
Le stragi del 1992 a Palermo sono la fotografia di una forma di Stato pronta ad assicurare il ‘mafiosello’ di turno. «Come presunti colpevoli siamo fermi a boss e picciotti», ha ricordato il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, titolare dell’ultima inchiesta, peraltro non ancora conclusa sulla strage di via D’Amelio.
LE TESTIMONIANZE MANCATE DI BORSELLINO. Inchieste, mai in grado di puntare più in alto. Di svelare quei tanti misteri avvolti nei due attentati. Perché nessun magistrato ha mai avuto il tempo di interrogare proprio il giudice Borsellino a seguito dell’uccisione del fraterno amico e collega Giovanni Falcone?
Anche se la Procura di Palermo non era titolare delle indagini sulla strage di Capaci, il giudice Borsellino, avrebbe voluto testimoniare davanti i suoi colleghi nisseni. Continuava a ripeterlo anche ai giornalisti, ma nessuno lo ha mai interrogato.

Un giudice «condannato a morte»

Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un incontro organizzato dalla rivistaMicroMega, il pm aveva parlato della sua condizione di «condannato a morte». Sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra e di essere stato abbandonato dallo Stato.
«Non è solo la mafia che vuole uccidermi» svelava alla moglie il giorno prima di essere ammazzato.
LA RICERCA TARDIVA DELLA VERITÀ.E mentre a Palermo, con un processo che si è ufficialmente aperto il 27 maggio 2013, si cerca la verità sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, a Caltanissetta si è  avviato un altro dibattimento che dovrà riscrivere, di nuovo, la storia della strage di via D’Amelio.
SI RIPARTE DALL'AGENDA ROSSA. Ora si riparte dell’agendina rossa. Quella che Paolo Borsellino portava sempre con sé, nella sua borsa. Anche quel 19 luglio 1992, quando la sua auto saltò in aria. Le indagini guidate dal Procuratore Sergio Lari avviate dimostrano come le poche “verità su via D’Amelio ”passate negli anni al vaglio dai processi sono state ‘avvelenate’ dalle dichiarazioni  di tre falsi pentiti (Vincenzo Scarantino, Calogero Pulci e Francesco Andriotta), che proprio per la strage del 19 luglio 1992, hanno mandato all’ergastolo sette innocenti.
Lari, tempo fa, aveva definito un «colossale depistaggio», quello che è stato architettato dagli apparati investigativi e dai servizi segreti, per manipolare le dichiarazioni di Scarantino.
IL DEPISTAGGIO DELLA VERITÀ. Proprio il falso pentito, sarebbe stato indotto ad accusarsi di essere l'autore del furto della Fiat 126 imbottita di tritolo esplosa in via D'Amelio. Le sue dichiarazioni depistanti sarebbero state 'suggerite' dagli stessi investigatori che avrebbero anche 'taroccato' un verbale del 1994.
LE ANNOTAZIONI DEL POLIZIOTTO. Agli atti dell'inchiesta sono finiti alcuni fogli con le annotazioni di un poliziotto che lo avrebbe imboccato alla vigilia dei suoi convulsi e contraddittori interrogatori in aula nei processi celebrati sulla strage. Quindi, falsi pentiti, menzogne, intrighi. Un mistero ancora irrisolto, come tanti misteri italiani.
A distanza di 21 anni dall’eccidio di via D’Amelio, le nuove indagini, adesso cercano di trovare nuovi riscontri attraverso le testimonianze del pentito di mafia, Gaspare Spatuzza (condannato a 15 anni per la strage di Via D’amelio, assieme a Fabio Tranchina e Salvatore Candura).
IL LEGAME CON I POTERI FORTI. La storia di via D’Amelio, forse, rimarrà uno dei tanti punti interrogativi in Italia. Una di quelle storie dove la mafia si lega con i poteri forti dello Stato. Come la storia sull’ipotetica trattativa tra Stato e mafia avviata in quei mesi delle stragi, di cui lo stesso Borsellino sembrava essere al corrente.
Tutto quello che è avvenuto dalla strage di Capaci in poi, è ancora avvolto da troppe nebbie. In questi anni abbiamo assistito a depistaggi, a polemiche infinite su arresti eccellenti a “ritorni di memoria” e smentite fra ministri e politici. Anche per questo 21 e 56 sono due cifre importanti. E proprio ora, oltre ad essere certi che i mandanti della strage di via D’Amelio sono ancora a volto coperto, lo Stato, attraverso la politica, per volontà dei familiari di Paolo Borsellino, si terrà ufficialmente alla larga da tutte le commemorazioni in onore del giudice palermitano. 
Venerdì, 19 Luglio 2013

giovedì 18 luglio 2013

Staffetta Milano-Roma, crescono i sindaci dell’acqua free

Gli acquedottisti ringraziano pubblicamente il primo cittadino di Roma, Ignazio Marino, per aver scelto l’acqua di rubinetto. Spaziani (Federutility): “Un gesto da ripetere 8.092 volte”. Anche Milano fa passi avanti: gli erogatori di acqua pubblica debuttano a Palazzo Marino
“Complimenti al sindaco di Roma, Ignazio Marino, per aver scelto di passare alle caraffe di acqua di rubinetto per tutto il Campidoglio. Un gesto da moltiplicare per 8.092 volte, tante quanti sono i comuni italiani. Da sempre promuoviamo l’acqua del sindaco, sarebbe un piacere contare i sindaci dell’acqua”. Adolfo Spaziani, coordinatore di Federutility – la federazione che riunisce le aziende di servizi pubblici che si occupano di acqua ed energia – commenta con entusiasmo la decisione del sindaco di Roma, Ignazio Marino, di introdurre le caraffe di acqua del rubinetto al posto della bottiglia nelle riunioni e nelle sedute comunali.
“Ciascuno deve bere ciò che desidera – continua Spaziani – , ma deve esser chiaro che si tratta solo di una scelta di gusto. L’acqua del sindaco è buona e sicura, grazie alle migliaia di analisi svolte dai gestori idrici e dalle autorità sanitarie. I parametri qualitativi sono lì ad indicarlo. L’acqua che bevono il sindaco Marino e i cittadini di Roma, per esempio, è sottoposta a circa 250mila controlli l’anno da parte di Acea. È così in quasi tutto il paese”.
Risparmio economico e ambientale – Anche Milano strizza l’occhio all’acqua pubblica, per risparmiare plastica ma non solo. Sono state inaugurate di recente le due nuove “case dell’acqua” fatte installare negli uffici del comune dal presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo, dopo una decisione dell’aula. I due impianti si trovano a Palazzo Marino e presso la sede dei gruppi consiliari in via Marino.
Le case dell’acqua, rileva una nota del Comune, rappresentano anche un risparmio economico: a fronte di una spesa media di 50 centesimi per 1,5 litri di acqua minerale di marca, infatti, quella pubblica ha un costo di 60 centesimi per mille litri. Grazie alle nuove strutture si ha anche un risparmio di CO2 in atmosfera e di pet, la plastica con cui sono fabbricate bottiglie e bicchieri.
Ogni anno vengono eseguite oltre 190mila analisi sull’acqua di acquedotto a cura della Metropolitana Milanese (info suwww.milanoblu.com).

Egazette

Smog killer – Maxi studio Ue scopre la relazione tra tumore al polmone e aria avvelenata

Ora è certo: più rischi se si vive in centri inquinati. E le città italiane sono le peggiori d’Europa. Tutti i risultati del progetto Medparticles pubblicato su “Lancet oncology”
È ufficiale: lo smog avvelena i polmoni. E chi vive in città con record di inquinamento corre più rischi di ammalarsi. Lo conferma una maxi ricerca europea condotta su 300mila persone residenti in nove paesi europei, fra cui l’Italia, pubblicata su “Lancet oncology”.
Ma questa – sottolinea l’agenzia Adnkronos – è solo la prima cattiva notizia. La seconda è che il belpaese, fra gli stati monitorati dal progetto Medparticles, ha le città con l’aria più avvelenata.
36 centri monitorati – Allo studio hanno collaborato 36 centri e oltre cinquanta ricercatori: la conclusione a cui approdano gli autori del lavoro è che esiste davvero un legame fra l’inquinamento e il cancro al polmone; hanno infatti dimostrato che più alta è la concentrazione di veleni a portata di respiro maggiore è il rischio di sviluppare questo tumore.
E l’Italia non brilla per qualità dell’aria, visto che dalla ricerca emerge anche che i nostri centri sottoposti al monitoraggio – cioè Torino, Roma e Varese – sono da “maglia nera”. Fra tutte le città d’Europa prese in considerazione sono quelle con la più alta presenza di inquinanti nell’aria. Si tratta, come spiegano i ricercatori che hanno collaborato allo studio, fra cui un gruppo di ricerca dell’Istituto nazionale tumori (Int) di Milano, guidato da Vittorio Krogh, responsabile della Struttura complessa di epidemiologia e prevenzione, del “primo lavoro sulla relazione tra inquinamento atmosferico e tumori al polmone che interessa un numero così elevato di persone, in un’area geografica di  tale estensione e con un rigoroso metodo per la misurazione dello smog”.
Il pm10 in eccesso alza del 22% i rischi di ammalarsi – Fra i veleni analizzati, ci sono anche le polveri sottili pm10 e pm2.5, cruccio di ogni città industriale. I risultati sono allarmanti: lo studio ha mostrato che, per ogni incremento di dieci microgrammi di pm10 per metro cubo presenti nell’aria, il rischio di tumore al polmone aumenta di circa il 22%.
Eurobarometro: uno su cinque ha problemi respiratori – Un italiano su cinque afferma di avere problemi respiratori favoriti dal peggioramento della qualità dell’aria, che si è verificato negli ultimi dieci anni secondo l’81% della popolazione nazionale. È quanto emerge dai dati di Eurobarometro 2013.
La situazione in Italia sarebbe peggiore rispetto alla media dell’Europa, dove i cittadini con problemi respiratori sono il 17%. La situazione critica per il livello di smog nelle nostre città italiane è dovuta per il 95% degli interpellati dalle emissioni della produzione industriale e per l’89% dai trasporti internazionali.
Tutte le info sul progetto Medparticles: www.epidemiologia.lazio.it

Scenari apocalittici per l'aumento del livello dei mari

I gas serra emessi oggi faranno aumentare il livello del mare per i secoli a venire. Per ogni grado di riscaldamento del pianeta sul lungo termine il livello del mare potrebbe salire di oltre 2 metri. Lo spiega un nuovo studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research. I danni sono ormai inevitabili e l'adattamento richiesto quanto mai urgente.
Nell'ultimo secolo il livello medio del mare è cresciuto di 17 centimetri, ora sta aumentando di 3 millimetri ogni anno, ma in futuro tutto potrebbe accelerare: per ogni grado di riscaldamento del pianeta potrebbe salire di oltre 2 metri. Il meccanismo ormai è innescato: gli effetti del danno che abbiamo già generato, immettendo quantità enormi di CO2 in atmosfera, tardano a manifestarsi solo per l'inerzia data dall'enorme massa di acqua e di ghiaccio che il pianeta contiene, la quale si scalda più lentamente. L'ennesimo dato che mostra come gli impatti del riscaldamento globale siano più gravi di quanto stimato finora arriva da uno studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research recentemente pubblicato nei Proceedings of the National Academy of Sciences(allegato in basso)
I gas serra emessi oggi – spiega il lavoro coordinato da Anders Levermann - continueranno a produrre il loro effetto climalterante per secoli. Se nel presente i fattori che entrano in gioco nell'aumento del livello del mare sono principalmente l'espansione degli oceani dovuta al fattore termico e lo scioglimento dei ghiacciai alpini, in futuro entrerà in gioco, in misura maggiore, accelerando il processo, lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e dell'Antartide. In particolare lo scioglimento del pack antartico, che attualmente non contribuisce che per il 10% all'innalzamento del livello del mare, in futuro peserà per il 50%.
Gli oceani e le enormi masse di ghiaccio, si spiega, si scaldano molto lentamente, ed è per questo che al momento l'innalzamento del livello del mare è contenuto in alcuni millimetri l'anno, tutto cambierà però quando l'inerzia sarà vinta e anche queste masse d'acqua si saranno scaldate.
Per stimare quanto potrà salire il livello del mare lo studio combina dati storici e simulazioni al computer. Nel ventesimo secolo il livello del mare è cresciuto di circa 0,2 metri, nel peggiore degli scenari ipotizzati entro il 2100 dovrebbe arrivare quasi a 2 metri di aumento. Ma il peggio succederà su una scala temporale più lunga: il rapporto tra temperature e innalzamento del livello del mare, infatti, cambierà e nei secoli successivi si arriverà a 2,3 metri per ogni °C, di modo che in alcune zone con un riscaldamento di 4 °C - quello che raggiungeremmo entro fine secolo in uno scenariobusiness-as-usual - farebbe salire il livello anche di oltre 10 metri (vedi grafico sotto).
Se si arrivasse ad un aumento di 4 °C il ghiaccio antartico contribuirebbe al 50% dell'aumento del livello del mare nei prossimi due millenni, quello della Groenlandia al 25%, l'espansione termica dell'Oceano al 20%, mentre i ghiacciaci di montagna, che a quel punto saranno molto striminiziti, al 5%.
“L'aumento del livello del mare è qualcosa che non possiamo più evitare a meno che la temperatura media del pianeta scenda nuovamente – avverte Levermann – dunquedobbiamo essere assolutamente certi di essere in grado di adattarci. L'innalzamento del livello delle acque potrà sembrare lento se paragonato alla scala temporale sulla quale eleggiamo i governi, ma è inevitabile e è assolutamente critico per qualsiasi cosa costruiamo sulle coste per generazioni a venire.”
A tal proposito si consiglia di andare a riguardare l'ultimo report della Banca Mondiale sui probabili effetti dei cambiamenti climatici. Riguardo all'innalzamento del livello del mare, ad esempio, vi si prevede che, un innalzamento di 15 cm che ci si aspetta per il 2030 potrebbe far finire Bangkonk sott'acqua, mentre nel delta del Mekong, in Vietnam, l'innalzamento di 30 centimetri previsto per il 2040 farebbe perdere l'11% della produzione attuale di riso.

mercoledì 17 luglio 2013

Quota 90, l'Italia tiene gli F35

“Avviare audizioni e indagini conoscitive in vista del Consiglio europeo di dicembre, in particolare sui sistemi d'arma destinati alla difesa, per verificare la coerenza della pianificazione dell'investimento,...anche alla luce delle parallele iniziative degli altri Paesi europei....in particolare impegna il governo, relativamente al programma F-35, a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito”. Letta così la mozione che ieri mattina è passata al Senato sembra quasi una bella idea. Ma a tradurla in parole povere significa solo due cose: che il programma di cooperazione, acquisto e assemblaggio del cacciabombardiere F-35 va avanti anche se solo a dicembre si potrà decidere o meno un suo ampliamento. Una conferma e un rinvio. Conferma di spesa e rinvio di ogni decisione per nuovi acquisiti in attesa di “dare impulso, a partire dal Consiglio europeo di dicembre, a concrete iniziative per la crescita della dimensione di difesa comune europea in una prospettiva di condivisa razionalizzazione della spesa”. Insomma un chip anche all'Europa che non ci faccia figurare troppo proni alle esigenze del mercato statunitense e troppo sordi alle proteste dell'opinione pubblica. Resta la spesa per l'acquisto di 90 cacciabombardieri.

Si conclude col voto al Senato di questa mozione largheintese, cofirmata da Luigi Zanda (Pd) e Renato Schifani (Pdl), la vicenda F-35, al centro del dibattito nazionale da anni e cavallo di battaglia delle campagne elettorali di tutto il centrosinistra. Palazzo Madama ha approvato con 202 voti favorevoli 55 contrari e 15 astenuti - in continuità con quanto già avvenuto alla Camera - la mozione di maggioranza proposta da Pd e Pdl. Bocciate le altre tre mozioni (Sel, M5S e dissidenti Pd: 17 senatori tra cui Casson e Puppato). E' un buon risultato per l'apparato militar-industriale che porta comunque a casa 90 dei 131 caccia previsti. Per gli altri l'acquisto è tra l'altro solo sospeso. Quanto costeranno? Secondo una ricostruzione di Internazionale L’Italia spenderà “tra i 13 e i 17 miliardi di euro nel progetto” e secondo le previsioni di bilancio del 2012 della Difesa lo Stato dovrebbe spendere “almeno 12,2 miliardi entro il 2047”. Il Sole24Ore fa una stima di “99 milioni di euro per un F-35A e 106,7 milioni di euro per un F-35B, a fronte dei 61 milioni di euro previsti da Lockheed Martin nel progetto iniziale”. Per i promotori delle mozioni contrarie alla linea di governo, per i NO F-35 o per Archivio Disarmo l’investimento sarà di almeno 14 miliardi. Troppe fonti e poche certezze dunque su una spesa che continua a lievitare e che potrebbe salire proprio da qui ai sei prossimi mesi.

Se questo è il “dato tecnico”, quello politico segnala il forte malumore nel Pd che si è reso evidente nella mozione Casson i cui firmatari hanno ricordato anche ieri che “i cacciabombardieri sono costosi, inutili, incompatibili con il modello costituzionale di difesa, estranei al progetto europeo”. Opposizione resa ancora più forte dalle 387.871 firme raccolte in una sola settimana dall'organizzazione Avaaz.org. Ignorate. E ignorata anche la Campagna “Taglia le ali alle armi” promossa col sostegno di 650 associazioni e di oltre 60 enti locali da Rete italiana per il Disarmo, Tavola della pace e Sbilanciamoci! «Non si è tenuto conto della volontà di migliaia di cittadini. La strategia del rinvio fa si che circa 14 miliardi non possano essere utilizzati per finanziare la creazione di posti di lavoro e servizi sociali, vere priorità», dice Grazia Naletto di Sbilanciamoci! Per Flavio Lotti (TdP): «I contrari non si sono fatti sentire abbastanza e molti parlamentari hanno preso tempo nella speranza che l'Europa gli tolga le castagne dal fuoco. La lobby politico-militare-industriale è più debole ma regge. Ci vuole maggior determinazione». Tra i politici è caustico Nichi Vendola: «Il programma fa schifo – twitta - e anche se so che verrò contestato per questo, non conosco un affare del genere che non sia finito con indagini sui mazzette e corruzioni».

In aula, la difesa del programma da parte del governo è toccata ovviamente al ministro Mario Mauro: «Non ci sono alternative credibili all'F-35, che soddisfa sia le esigenze dell'aeronautica sia della marina....abbiamo il dovere - aggiunge - di andare avanti con coerenza con le nostre scelte e sostenere la nostra industria a livello tecnologico, il tutto con la giusta attenzione ai costi». Il titolare del dicastero di Via XX settembre ha rivendicato la continuità dell'azione di governo rispetto alla legge Di Paola, passata nell'ultimo spicchio del governo tecnico. Il vero peccato originale, secondo molti pacifisti, che ha reso inevitabile la continuazione del programma F-35.


Questo articolo è uscito oggi su il manifesto. Commentalo su Great Game il blog di Emanuele Giordana

Fonte: www.lettera22.it

Il voto al Senato sugli F35

Aggiornamento delle 11.30: Con 202 sì, 55 no e 15 astenuti l’aula del Senato ha approvato la mozione della maggioranza sugli F35. Sono state bocciate invece le mozioni del Movimento 5 Stelle, di Sinistra ecologia e libertà e quella di Felice Casson (Pd), che chiedevano l’annullamento (M5S) e la sospensione immediata del programma di spesa sui nuovi aerei da guerra.

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Lunedì 15 luglio si è svolta al Senato la discussione delle mozioni sugli F35, i nuovi modelli di aerei da guerra della società Lockheed-Martin al cui progetto di sviluppo, guidato dagli Stati Uniti, partecipa anche l’Italia. Questa mattina la seduta al Senato si concluderà con le dichiarazioni di voto e il voto. Il 26 giugno scorso la Camera aveva approvato il documento presentato dalla maggioranza (con 381 voti a favore, 149 contrari e 11 astensioni nel Pd) che impegnava il governo a non procedere a «nuove acquisizioni» senza che il Parlamento si fosse espresso dopo un’indagine conoscitiva di sei mesi: di fatto non si esprimeva sugli acquisti fatti e rinviava la decisione su eventuali altri.

Il Consiglio supremo di Difesa
Il voto al Senato probabilmente confermerà quello della Camera. Rispetto a quella prima decisione c’è però la novità del pronunciamento del Consiglio supremo di Difesa che si è svolto all’inizio di luglio e che è stato presieduto da Giorgio Napolitano: erano presenti tra gli altri il capo del governo Enrico Letta, il ministro degli Esteri Emma Bonino, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il ministro dell’Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni, il ministro della Difesa Mario Mauro. Il Consiglio supremo era intervenuto sul passaggio più significativo della mozione votata alla Camera: quello che richiamava una legge del 31 dicembre 2012 (la numero 244) che dà al Parlamento l’ultima parola sull’acquisto delle armi, ricordando di fatto al Governo che non può decidere senza prima il voto delle Camere.

Il Consiglio aveva ribadito invece che la titolarità delle scelte sulle forze armate, e quindi anche sugli F35, spetta al governo e che il Parlamento non può porre veti. Nella nota conclusiva si leggeva infatti:

«La facoltà del Parlamento di eventuale sindacato delle Commissioni Difesa sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate, non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’Esecutivo.»

Le mozioni presentate al Senato

Ieri al Senato sono state presentate 4 diverse mozioni sull’acquisto dei cacciabombardieri F35: la prima, quella della maggioranza (Partito democratico-Popolo delle libertà- Scelta Civica) ha come primi firmatari Zanda (Pd) e Schifani (Pdl) e sostanzialmente coincide con quella presentata e votata alla Camera. Prevede infatti di «non procedere  a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito».

Il senatore del Partito democratico Felice Casson, con una ventina di altri senatori del Pd che non condividono la posizione di maggioranza del loro partito ha presentato invece una mozione in cui si chiede di «sospendere immediatamente la partecipazione italiana al programma di realizzazione dell’aereo JSF/F-35», di «procedere, in prospettiva europea, ad una visione strategica della politica di difesa» e di «destinare le somme risparmiate ad investimenti pubblici riguardanti la tutela del territorio nazionale dal rischio idrogeologico, la tutela dei posti di lavoro, la sicurezza dei lavoratori».

La richiesta si basa su alcune premesse che, secondo Casson, smentiscono gli argomenti utilizzati dai sostenitori del programma: i quali, semplificando, dicono che il programma di acquisto e produzione di F35 è, per l’Italia, vantaggioso da un punto di vista strategico e industriale e che comunque è necessario un ammodernamento dell’Aeronautica italiana visto che le sue capacità militari sono piuttosto arretrate. Gli F35 andrebbero a sostituire tre modelli di aereo militare, e cioè i Tornado, gli AM-X e gli AV8B. Questi tre diversi aerei sono stati introdotti nelle forze armate italiane tra gli anni Ottanta e i primi anni 2000.

La mozione Casson spiega che non esiste ad oggi alcun impegno all’acquisto di questi velivoli; che non c’è alcun contratto firmato e tantomeno alcuna penale; che dal punto di vista operativo «difficilmente potrà configurarsi, per l’Italia, la necessità di dover sostenere un conflitto ad alta intensità tale da giustificare un “cacciabombardiere di superiorità aerea”» e che, infine, «è sempre meno convincente l’affidabilità di questo modello ancora alle prese con molte difficoltà tecniche». Inoltre, si precisa che la maggior parte dei Paesi della Nato ha deciso di non adottare questo velivolo.
La «sospensione immediata» è stata presentata con una terza mozione separata anche da Sinistra ecologia e libertà, che è stata firmata anche da alcuni senatori del Pd come ad esempio Laura Puppato.

La mozione del Movimento 5 Stelle non chiede invece la sospensione, ma l’abbandono «in via definitiva» del programma «ponendo in essere ogni utile azione al fine di risolvere il contratto d’acquisto dei velivoli». Propone inoltre di «destinare le somme del programma per l’acquisto degli F-35 al finanziamento di attività quali: attribuzione di un reddito di cittadinanza; peacekeeping e soluzione non violenta dei conflitti; attivazione di un programma straordinario di investimenti pubblici riguardanti piccole opere e finalizzato alla messa in sicurezza degli edifici scolastici; tutela del territorio nazionale dal rischio idrogeologico; realizzazione di un piano pluriennale per l’apertura di asili nido».

Ieri, durante un riunione del Movimento 5 Stelle, il gruppo si è però diviso sull’atteggiamento da tenere in aula rispetto la mozione di Felice Casson: in quindici, contro la decisione della maggioranza del loro partito, hanno deciso di votare a favore anche del testo di Casson, in cinque si sono astenuti. Sembra quindi che oggi non tutto il gruppo dei senatori del Movimento voterà in nodo compatto.

Che cosa sono gli F-35
Il programma di sviluppo e costruzione degli F-35 ha il nome ufficiale di “Joint Strike Fighter (JSF)” e ha l’obiettivo di costruire un aereo da combattimento cosiddetto “di quinta generazione”. È svolto dagli Stati Uniti in collaborazione con Regno Unito, Italia, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Singapore e Israele. I diversi paesi hanno diversi livelli di coinvolgimento nel progetto: il Regno Unito è l’unico di primo livello (partecipa a circa il 10 per cento delle spese di ricerca e sviluppo), mentre Italia e Olanda sono due partner di secondo livello (partecipazione intorno al 5 per cento). Gli F-35 della società Lockhhed-Martin hanno vinto la gara per lo sviluppo dell’aereo del JSF. Per l’Italia il programma prevede che Finmeccanica fornirà componenti dell’ala e del cassone alare dell’F35. L’accordo con la Lockheed comprende anche contratti di manutenzione. La cifra del costo del programma, per l’Italia, è rimasta per parecchio tempo incerta e non è, ad oggi, ancora definibile: comunque non sarebbe inferiore ai 12 miliardi di euro complessivi e si articolerebbe nell’arco di 12 anni.

Il programma del JSF è iniziato nei primi anni Novanta e l’interessamento italiano ha attraversato governi di ogni colore. È iniziato intorno al 1998, quando il ministro della Difesa dell’allora governo Prodi era Beniamino Andreatta. I negoziati per l’inserimento dell’Italia nel programma sono iniziati nel 2001 e si sono conclusi tra giugno e luglio 2002, quando il ministro della Difesa del governo Berlusconi era Antonio Martino, con la firma di due documenti di accordo tra l’Italia e gli Stati Uniti. Al momento della firma del documento, l’Italia si impegnava a fornire i fondi per circa il 4 per cento dell’intera fase ricerca e sviluppo, che è iniziata nello stesso 2002 e non si è ancora conclusa. A febbraio 2012, il ministro Di Paola – che è stato capo di stato maggiore della difesa dal 2004 al 2008 – ha annunciato che l’Italia aveva ridotto le ordinazioni da 131 a 90 aerei, come contributo al processo di spending review del governo.

Fonte: www.ilpost.it

martedì 16 luglio 2013

La #sinistra è diventata di destra: #scienza, #politica e bandiere

di Silvia Bencivelli, giornalista scientifica

Non so bene che cosa significhi essere di sinistra. Ho qualche idea sempre meno solida col passare degli anni, e dei giorni. Ma credo di essermi sempre sentita abbastanza di sinistra anch’io. Intendo: sono cresciuta in un mondo in cui di sinistra significava onesto, critico nei confronti dello status quo, attento ai più deboli, impegnato, aperto alle novità e disposto al cambiamento. Come facevo a non esserlo?
Però oggi vedo gente orgogliosamente di sinistra adottare comportamenti irrazionali e portarseli addosso come una bandiera. E vado in crisi. Per la sinistra e per la bandiera.
Perché per me l’irrazionalità è di destra: è l’affidarsi a qualcuno che ti dice che cosa pensare, è seguire le mode, è fare di tutta l’erba un fascio. E le bandiere sono di destra.
La scienza, invece, mi è sempre parsa costitutivamente di sinistra, perché fondata sul dubbio, sulla logica ma anche sulla condivisione e sulla partecipazione. Ma i suoi risultati no: i suoi risultati sono scienza e basta. Il protone, il mitocondrio, la cometa: non sono né di destra né di sinistra. L’atomo, la parete batterica, il Watt nemmeno. Eppure…
È di sinistra spendere un sacco di soldi per non-medicine che curano non-malattie e poi magari usare parole beffarde e ingrate per gli antibiotici? È di sinistra usare la parola chimica come peggiorativo? E naturale come aggettivo dall’incontrovertibile valore positivo? Tipo: qui dentro non ci sono sostanze chimiche, è tutto naturale! Come fa a essere una frase di sinistra, questa? Questa me la aspetto da uno che vuole turlupinarmi e tenermi nella mia ignoranza, come se non fosse tutto chimica. E come se le cose naturali non potessero essere cattivissime per noi: l’amanita falloide, la tossina tetanica, la zanzara tigre, il virus dell’epatite, l’aflatossina… 
Ed è di sinistra andare sempre alla ricerca di un cattivo da rappresentare con quelle solite tre o quattro categorie che, passati i diciotto anni, mi sarebbero anche venute a noia? Le multinazionali, il potere, la politica…Con tutte le varianti rappresentate dalle frasi che cominciano con servi di o schiavi di (non ho mai capito quale delle due versioni sia la peggiore). È di sinistra pensare tutto come in un western con indiani e cowboy? Scienziati indipendenti verso scienziati ufficiali.
E poi c’è la questione ambientale. È di sinistra l’ambientalismo? Sempre? E che cosa è diventato l’ambientalismo? L’orto del nonno era di sinistra? E adesso che cos’è?
Perché il nucleare è di destra? Perché le rinnovabili sono di sinistra?
Perché l’unica cosa che riesce a essere bipartisan in questo paese è il no alla ricerca sugli Ogm in campo agroalimentare che, nonostante ordinanze europee e appelli di scienziati e giornalisti scientifici, riesce ad avere l’unanimità alla Camera?
Ma soprattutto: perché la complessità non è più di sinistra?
Guardate questo articolo: pubblicato da un giornale di sinistra (della sinistra di Veronesi e Petrini), dice che negli ultimi dieci anni non si è osservato il riscaldamento del pianeta in barba a tutti i modelli climatici ma che il problema ambientale esiste e la catastrofe è vicina (tema ambientalista e quindi di sinistra).
Ora, i modelli climatici non dicono proprio questo. E la ricerca citata nel pezzo nemmeno.
La cosa istruttiva è che, a seguire, Libero (giornale di destra) abbia ripreso la notizia e ne abbia dato unalettura di destra mettendole un titolo apodittico e scorretto (Il riscaldamento globale non c’è) e aggiungendo l’occhiello malizioso Ambientalisti smarriti.
E poi non poteva mancare il Foglio di Giuliano Ferrara, con un catenaccio da novanta: Dopo anni passati a spiegarci che il clima cambia e la temperatura aumenta per colpa nostra, ora gli allarmisti cambiano idea. Il bello è che nessuno ha cambiato idea (mentre gli ambientalisti qui sono diventati allarmisti): questa è una risposta politica di un giornale di destra a un’affermazione confusa e imprecisa fatta da un giornale di sinistra. La scienza non c’entra più.
È anche per questo che mi mettono in crisi le cose di sinistra, ultimamente. Perché mi sembrano altrettanto cretine di quelle di destra, a volte persino di più. Perché mi sento tradita da una parte politica che (al di là delle questioni di politica interna ed economica…) vota per la sperimentazione di Stamina e a seguire contro la ricerca sugli Ogm. Perché sta seguendo gli stereotipi invece della razionalità e della complessità del pensiero che a me avevano sempre detto essere propria della sinistra. Perché si è dotata di bandiere che vanno dalle carote biologiche al fotovoltaico sul tetto delle case di Bolzano, e mi fa credere che basti così.

lunedì 15 luglio 2013

TAGLI ALL’INDENNITA’ DEGLI AMMINISTRATORI PER CREARE UN FONDO A SOSTEGNO DEL LAVORO

MOVIMENTO 5 STELLE BAREGGIO

TAGLI ALL’INDENNITA’ DEGLI AMMINISTRATORI PER CREARE UN FONDO A SOSTEGNO DEL LAVORO
Comunicato Stampa 10 luglio 2013
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Sono passati ormai 15 giorni da quando il Sindaco in Consiglio Comunale ha dichiarato che ridurrà la sua indennità e quella degli assessori del 30% ed ancora tutto tace.
Speriamo che non si tratti, anche in questo caso, della solita promessa non mantenuta, come ad esempio il numero degli assessori.
Come Movimento siamo molto sensibili al tema della riduzione delle indennità soprattutto, se gli amministratori continuano a svolgere il proprio lavoro.
A tal proposito in Consiglio comunale abbiamo proposto che la riduzione prevista del 50% dalla legge per i dipendenti, si applichi anche ai liberi professionisti.
Siamo preoccupati che tutto questo tempo perso, non sia imputabile al fatto che le segreterie dei partiti della maggioranza siano impegnate a fare conti, sconti, ricalcoli, per trovare un escamotage contabile che accontenti tutti loro, ma che comporti solo dei miseri tagli.
Per noi le dichiarazione del Sindaco sono chiare, il 30% dell’indennità di legge. A questo speriamo che si aggiunga la nostra proposta di riduzione del 50% per gli amministratori che lavorano e che sono liberi professionisti.
Se tutto questo fosse rispettato avremmo un risparmio di circa 61.000 euro all’anno.
La nostra proposta è che a settembre, con la prima variazione di bilancio i risparmi dovuti a questi tagli vadano ad alimentare un fondo per sostenere il lavoro. Sostegno a chi ha perso il lavoro e sostegno alle piccolo imprese con iniziative di microcredito. A voi la scelta.
Un capitolo a parte merita l’indennità del Presidente del consiglio, francamente,  considerato che non ha deleghe amministrative proponiamo che tale carica sia remunerata con il gettone di presenza così come tutti consiglieri comunali, si avrebbe un ulteriore risparmio di circa 15.000 euro all’anno.



Di seguito una tabella riepilogativa.


PD, modifiche alla legge del ’57. Berlusconi non più ineleggibile

Della serie: siccome non ci siamo fatti abbastanza male con le ultime martellate sui gioielli di famiglia, alloracontinuiamo con martellate più forti, per entusiasmare ancora di più il nostro (oramai esiguo) elettorato e regalare slogan e colpi in canna a Beppe Grillo e al Movimento Cinque Stelle.
Oramai la filosofia tafazziana del Partito Democratico sembra essere questa. Tra improbabili giustificazioni (ripetute a pappagallo dai trinariciuti di partito, che convincono sempre meno anche se stessi) e dichiarazioni smentite due secondi dopo, non ha torto chi dice che il PD sta navigando a vista.
E così spunta un disegno di legge per rimettere mano alla legge 361 del 1957, quella che sancisce l’ineleggibilità di Silvio Berlusconi. Presentato in data 20 giugno, il disegno di legge n. 853 vede come primi firmatari  Massimo Mucchetti e Luigi Zanda, capogruppo PD a Palazzo Madama. Gli altri firmatari sono Fedeli, Marini, Chiti, Gotor, Mirabelli, Migliavacca, Tomaselli, Tonini, Tocci, Guerrieri, Del Barba, Collina, Di Giorgio, Corsini, Zanoni, Lo Moro, Tronti, Pizzetti, Mauro Marino, Dirindin, Fattorini, Pagliari e Rita Ghedini.
Come si evince nel testo della legge, a pagina 4,
La principale novità del disegno di legge è rappresentata dalla proposta di qualificare come cause di incompatibilità le situazioni finora definite come cause di ineleggibilità dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957.
In soldoni, questo significa che una volta preso atto che Silvio Berlusconi è l’azionista di controllo di una società che ha concessioni dallo Stato, non sarà più considerato ineleggibile (e quindi non decadrà immediatamente d’ufficio), ma potrà attendere altri 12 mesi in Senato per decidere se mantenere il seggio parlamentare e vendere le proprie aziende o viceversa.
Il disegno non è stato ancora calendarizzato, ma fa riflettere che ben prima di tutto questo putiferio, 22 giorni fa nel PD già si portassero avanti con il lavoro, per cercare di “disinnescare la mina Berlusconi” sul governo Letta e quindi farlo durare il più a lungo possibile.
Ma dico, è proprio così difficile per una volta tanto fare qualcosa di sinistra? No?