giovedì 28 febbraio 2013

FIDUCIA? WHAT'S FIDUCIA?


Chi è Viola Tesi, la firmataria della petizione "pro-fiducia" al Pd che, secondo i giornali, starebbe spaccando la base del Movimento Cinque Stelle



Quindi improvvisamene gli attivisti del Movimento Cinque Stelle si sarebbero bevuti il cervello. Tutti insieme. Dopo avere combattuto per anni il Pdl e il Pd-L, dopo avere mandato "affa" tutto e tutti, improvvisamente, giunti nelle segrete stanze del potere, colpiti dall'ebrezza di qualche carica alla Camera o al Senato, sarebbero tutti per votare la fiducia a Bersani & Co. Ovviamente parliamo dello stesso Pd che ci ha regalato la tassa da 4 miliardi servita a pagare i conti di Monte dei Paschi di Siena, grazie al controllo capillare delle fondazioni bancarie e in cambio di agevolazioni di vario tipo e della stecca sugli stipendi degli uomini piazzati nelle posizioni chiave (vedi donazioni da quasi un milione di euro da parte di Mussari). E parliamo dello stesso PD che non ha mai fatto la legge sul conflitto di interessi ma che ha inciuciato con Forza Italia prima e con il Pdl poi. Ed è sempre lo stesso PD accanito europeista che va a chiudere la campagna elettorale a Berlino dopo avere votato e difeso ratifiche di trattati di sterminio di massa, come il Fiscal Compact e il Mes, e che è il più accanito sostenitore degli Stati Uniti d'Europa. Lo stesso PD che copia le parlamentarie di Grillo ma riserva i posti chiave per le solite Bindi & Co. Lo stesso Pd di Violante, di D'Alema, del Copasir, quello che mandava i cinesi a votare alle primarie in Campania, quello di "abbiamo una banca", quello di Prodi che ci ha portato nell'Euro, quello della Goldman Sachs che lo sostiene apertamente, quello del golpe morbido di Giorgio Napolitano, quello che attraverso il leader Maximo lavorava da almeno due anni a un governo Monti e che ci ha preso per il culo (e continua a farlo) con la leggenda del Fate Presto e dello spread assassino, torcendo a proprio vantaggio la Costituzione, quello delle commissioni bancarie ripristinate in men che non si dica, dopo che erano state azzerate insieme alle spese per i conti corrente dei pensionati (e si è capito poi perché). Quel PD lì, insomma...

E questi duri e puri del Movimento Cinque Stelle, arrivati in Parlamento al ritmo di "vi apriremo come una scatoletta di tonno", al primo canto delle sirene di gente corresponsabile di tutto questo sfascio, si metterebbero a invocare l'accordo, addirittura la fiducia, come un qualsiasi partitucolo da prima repubblica? Ma lo sanno questi signori che, se votano la fiducia, si rendono corresponsabili di tutto quello che farà dal giorno dopo il Governo di Bersani & soci? Lo sanno che questi sono vecchi squali della politica, controllano i ministeri e conoscono tutti i trucchi possibili per fare tutto l'ostruzionismo di questo mondo, per cui, conoscendo la tattica della melina meglio di chiunque altro, avendola praticata per intere legislature, prometteranno per l'ennesima volta di tagliarsi gli stipendi, di togliere i rimborsi e tutto il resto, ma poi troveranno tutte le scuse per ritardare fino ad arenare ogni progetto di legge del Movimento Cinque Stelle, mentre cercheranno di far passare nuove ignominie ai danni del popolo italiano, e queste ignominie ricadranno sulla testa del Movimento Cinque Stelle? Ma davvero il popolo del "tutti a casa" è diventato improvvisamente così accondiscendente, così stupido o così ingenuo?

Forse. O forse no. Forse i titoloni dei giornali, quelli che parlano di base spaccata basandosi su qualche commento su un blog e su una petizione in rete - e sono gli stessi giornalisti che non sanno distinguere "Twitter" da "Tweet", ripetendo grottescamente "ho letto un twitter di tizio e caio" ad ogni ospitata televisiva - sono solo l'ennesima strumentalizzazione giornalistica orchestrata dalla vecchia politica che cerca di tamponare l'ondata di cittadini all'arrembaggio delle istituzioni. 

Forse questa Viola Tesi che all'improvviso spunta fuori dal nulla, con una petizione pro fiducia (pro Pd) in rete, guarda caso su un sito che nulla ha a che fare con il Movimento Cinque Stelle, raccogliendo magicamente decine di migliaia di firme, non è esattamente espressione della base del Movimento. Potrebbe mai esserlo una che fino a un paio di mesi fa almeno militava convintamente nella base del Partito Pirata? Lo stesso partito pirata che deve vedersela con quel Marco Marsili che proprio durante le scorse elezioni, sbugiardato da Anonymous o chi per essi, cospirava contro il Movimento Cinque Stelle cercando di distruggerlo?


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Ed ecco, cliccando qui, una delle tante conversazioni che provano la sua partecipazione attiva nella base delPartito Pirata. Può una attivista convinta di un altro movimento, a uno o due mesi dalle elezioni, diventare come per magia espressione della base del Movimento Cinque Stelle ed essere rilanciata, in primis da Repubblica, il giornale della tessera numero uno del PD (De Benedetti), con la sua petizione pro Pd (adesso capite la ragione delle regole sulle candidature di Grillo)? E le 75mila firme raccolte, come per magia, in meno di 48 ore, sono della base del Movimento Cinque Stelle? Cosa dà cotanta sicumera ai signori giornalisti che fanno i titoli? Fanno le pulci a una che non conosce il numero esatto dei senatori della Repubblica, e poi sparano titoli così palesemente scollegati dai fatti (salvo poi venire a fare i sermoni ai blogger in rete se per caso non mettono le virgolette sul titolo di un post)? Già, perché è evidente che se una di un altro partito viene spacciata per una rappresentante della base del Movimento Cinque Stelle solo perché pubblica una lettera su un sito qualunque, con la stessa nonchalance si possono far votare decine di migliaia di militanti di un qualunque altro partito sotto a una petizione qualsiasi e poi spacciare le firme come la prova evidente che la base del Movimento Cinque Stelle (o quella dell'ultimo partito della Nuova Guinea) è compatta contro il suo leader. E si può perfino arrivare a colonizzare un intero blog, con iscrizioni mirate dell'ultima ora.

Tant'è vero che alcuni, tra i firmatari, non si fanno neppure scrupolo di mascherare il fatto non solo di non essere appartenenti alla base del Movimento Cinque Stelle, ma neppure di essere espressione di quegli 8 milioni e mezzo di italiani che hanno condiviso e votato le proposte di Grillo:

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Cari "grillini" (a me questo termine potete passarlo): voi siete arrivati adesso con le valigie di cartone, ma questi conoscono l'arte di mettervelo in quel posto meglio di chiunque altro, avendo una lunga scuola alle spalle. Cercate di non farvi fregare e rimettete, con lucidità, ogni tassello al suo posto.

Voi, per la vostra storia e per la natura radicale delle vostre rivendicazioni, che sono quelle che gli italiani vi hanno chiesto esplicitamente di portare avanti, non potete votare la fiducia a un partito che si è reso corresponsabile dello stato in cui versa questo Paese. Tutt'al più, se proprio Pd e Pd-L ci tengono alla governabilità, possono sempre votare - loro - la fiducia al primo Governo targato Movimento Cinque Stelle

Dal blog byoblu.com 
di Claudio Messora

PARLAMENTO: LA BUONUSCITA DEGLI ESCLUSI

Esclusi dal Parlamento, ma con liquidazioni super: ad esempio, Fini prenderà 250 mila euro per "fine mandato". Marini 174mila, Miccichè, Bocchino, Paniz sopra i 100mila. Si chiama "assegno di fine mandato" e viene mandato a chi è stato in Parlamento. La cifra sale con l'aumentare degli anni di "servizio". E sono tutti soldi netti, non ci sono tasse da pagare.

Ovviamente, non lo prendono solo gli "esclusi" (i non eletti di questa tornata elettorale), ma anche i "pensionati volontari" (cioè quelli che si sono ritirati. D'Alema e Livia Turco prenderanno più di 200mila euro, Scajola, Pisanu e Dell'Utri sono tutti sopra quota 100 mila.

La Stampa ci spiega come si calcola questa cifra: Consiste nell'80% dell'indennità lorda (10.435 euro alla Camera; 10.385,31 al Senato) moltiplicato per gli anni di mandato effettivi, o frazione superiore ai sei mesi. Ogni mese dallo stipendio dei parlamentari viene accantonata una quota da destinare a questo fondo (784,14 euro alla Camera e circa 695 al Senato), ma è vero anche che le cifre che incasseranno alla fine i parlamentari cessati dal mandato sono esentasse.

Liquidazione degli esclusi


Gianfranco Fini: 250mila euro
Franco Marini: 174mila euro
Gianfranco Miccichè: 158mila euro
Italo Bocchino 141mila euro
Fernando Adornato: 122mila euro
Maurizio Paniz: 100mila euro
Emma Bonino: 60mila euro
Antonio Di Pietro: 58mila euro
Flavia Perina: 58mila euro
Giulia Bongiorno: 41mila euro

Liquidazione dei pensionati volontari


Massimo D'Alema: 217mila euro
Livia Turco: 217mila euro
Beppe Pisanu: 157 mila euro.
Marcello Dell'Utri: 141mila euro
Claudio Scajola: 141mila euro
Francesco Rutelli: 100mila euro
Pierluigi Castagnetti: 100mila euro
Walter Veltroni: 41 mila euro

Cado in Piedi

C’E’ CHI INSEGUE IL CON-SENSO E CHI PRATICA IL DiS-SENSO. NE CONSEGUE CHE...

DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
Libero pensiero

Veniamo al Senso della Politica, finalmente.

Perché queste elezioni hanno chiarito molte cose.

Un mojito –versione ligure- offerto a meraviglia, il mio cocktail preferito.

Servito, peraltro, con i fiocchi: con tanto di poetiche olive pugliesi, vere, di stuzzichini di pesce fritto in salsa siciliana (30% dei voti e primo partito), crostini alla cacciatora in puro stile senese (24% dei voti in città, il PD perde il 14% dei voti e l’uscente sindaco commissariato getta la spugna mentre l’intera giunta annuncia che non ha il coraggio di candidarsi alle prossime elezioni comunali del prossimo maggio: si ritirano) con aggiunta di piadina marchigiana dove sono stati battuti tutti i candidati dalemiani.

Un bell’aperitivo, non c’è che dire.

Perché di aperitivo si tratta.

Il pranzo lo si sta apparecchiando.

E chi parla di sorpresa vive al di fuori della realtà.

C’è la conferma di un risveglio nazionale delle coscienze pensanti che annunciano l’imminente scomparsa di una intera classe dirigente politica incapace (oltre che di governare) di pensare, di comprendere, di capire che cosa sta accadendo.

Non si rendono conto, come al solito, di ciò che succede sotto gli occhi di tutti.

Fanno i conti, si affidano alle percentuali, calcolano le perdite, pensando che si tratti di mettere una pezza qui, tappare un buco lì, per poter fermare la diga che sta crollando.

Si tratta di una rivoluzione lessicale, così va letto l’esito della tornata elettorale.

Prima viene un nuovo linguaggio, grazie all’uso di nuove parole, nuovi sintagmi, e di conseguenza nuove sinapsi nel cervello che finiranno per modificare in misura impensabile l’immaginario collettivo della nazione.

Per una rivoluzione culturale, finalmente.

Veniamo quindi alle parole.

Chi sostiene che si sia trattato di un voto di “protesta” sbaglia di grosso: non è così.

L’uso di questo termine nasce da una manipolazione linguistica che tenta disperatamente di applicare la demagogia e la mistificazione per occultare la verità.

Le differenze tra i tre schieramenti usciti dalle urne, PD, PDL e M5s rivelano chiaramente il gigantesco spartiacque discriminante tra due modalità opposte di leggere l’esistenza. Da una parte abbiamo i voti del PD (perde il 30% del suo elettorato) e del PDL (perde il 50% del suo elettorato) che appartengono per entrambi a ciò che loro hanno sempre perseguito, il consenso. Tradotto, vuol dire che gli elettori italiani, notoriamente pavidi e conservatori, preferiscono sottoscrivere un accordo di eutanasia soft per paura, paura del nuovo, del non conosciuto e diventano complici dichiarati di chi ha espoliato e distrutto il paese. E lo sanno anche, ne sono consapevoli. Tant’è vero che nei giorni scorsi abbiamo assistito ad affermazioni del tipo “mi turo il naso ma voto PD” come a dire: “so che non funzionano, sono al corrente della loro incompetenza, sento la puzza di marcio ma li voto lo stesso”. Quelli del PDL, mitomani confessi, si sono sperticati nelle promesse e i loro elettori hanno seguito una fantasia, una speranza, inconsapevoli della truffa.

I voti del M5s, invece, non sono affatto voti né di protesta, né tantomeno di speranza.

La “speranza” in politica è una frustrazione rimandata.

La “protesta” in politica è la manifestazione della propria incapacità propositiva e della propria dichiarata impotenza nel trovare e fornire soluzioni Chi ha votato per il M5s appartiene alla categoria dei “realisti dissenzienti”.

Proposte realistiche all’interno di un quadro di dissociazione dalla classe politica dirigente responsabile dell’attuale dissesto italiano.

Sono voti di dis-senso. E’ una opzione completamente diversa.

Ovverossia, sono voti di cittadini che hanno scelto e deciso di assumersi la responsabilità individuale del proprio atto civico chiarendo che non intendono mai più essere complici di una classe dirigente politica che ha attuato scelte prive di Senso, che vive in un mondo che non ha Senso (se non per loro), e non hanno nessuna intenzione di seguitare ad appoggiare una classe politica che non si occupa del bene comune, dell’interesse della collettività, dei bisogni reali della nazione.

Mentre il PDL (alla spasmodica caccia di con-senso) allertava sul pericolo che le sinistre conquistassero il potere, il PD -a caccia di identico con-senso- parlava di rinnovamento  presentandosi agli elettori con Rosy Bindi in Calabria, Anna Finocchiaro in Puglia, e la stessa identica dirigenza politica del 2012 del 2011 del 2010 del 2009 del 2008 (la stessa del 2001 e del 1994) puntando sul fatto che la gente non ha memoria ed è possibile dare ad intendere qualsivoglia argomentazione a chicchessia. Chi li ha votati è finito in un’architettura dada surrealista, un po’ come quelle scale disegnate dal grande grafico Escher, con delle rampe che salgono e scendono ma non vanno da nessuna parte. 

Consenso e Dissenso, quindi.

Questo è il primo risultato discriminante delle elezioni, altro che protesta.

E quindi il vero risultato è pressappoco così: da una parte abbiamo il 58% degli elettori che danno il consenso al non-Senso (quindi un suicidio dichiarato e consapevole,“una eutanasia soft”) e dall’altra abbiamo un 25% di italiani che dissentono perché hanno identificato, riconosciuto, e dolorosamente accertato la totale mancanza di senso reale in tutte le non-proposte di PD e PDL, rigettandole in toto. 

Il voto al M5s è il voto di chi vuole ritrovare un Senso, ovverossia auspica che al comando delle banche ci vadano esperti di finanza e non politicanti, a dirigere e gestire gli ospedali ci vadano medici e dirigenti sanitari esperti e competenti invece che funzionari di partito, e che in ogni professione, in ogni mansione, in ogni luogo di lavoro, vengano applicati i requisiti minimi ed elementari del buon senso: il personale viene selezionato sulla base del proprio merito e grado qualitativo della propria competenza tecnica specifica invece che attraverso il filtro organizzato e gestito dalle segreterie dei partiti. Chi ha votato per il M5s pretende ed esige che venga rispettata la Legge, che venga riconosciuto lo Stato di Diritto applicando le dovute sanzioni, che venga ricostituito il reato di falso in bilancio, perché il Senso Civico consiste nel promuovere chi fa scrivere al proprio commercialista la verità dei propri affari e fa invece bocciare chi dichiara il falso. Tutto qui.

Non si tratta, quindi, di nessuna protesta, e sostenerlo è fuorviante.

Se avete votato per il M5s rifiutatevi di essere identificati come chi protesta.

Si tratta, invece,  di una banale quanto legittima richiesta di riaffermare il Senso delle cose. E’ l’estremo tentativo di riportare l’Italia da una situazione di perdurante anormalità a una condizione di normalità, di rispetto e applicazione di regole e leggi, di norme e consuetudini da applicare all’intera cittadinanza, con l’obiettivo dichiarato di costruire una comunità che si occupi di gestire, amministrare e far funzionare i beni comuni dell’intera collettività: vi sembra, questa, una protesta?

A me no.

A me sembra una affermazione di principio: la fondazione del valore del Senso.

La giornata di martedì 26 febbraio è stata fondamentale perché ha chiarito diversi aspetti, soprattutto il fatto che NON E’ VERO che l’Italia è ingovernabile.

La verità, resa evidente dal 25% dei voti al M5s (a questo servono le elezioni, e qui mi rivolgo agli astenuti) consiste nel fatto che non è possibile, a nessun prezzo, governare come hanno governato fino adesso: è una prospettiva linguistica completamente diversa.

Ecco alcuni elementi di rilievo avvenuti nelle ultime due giornate, primo fra tutti quello relativo a una delle grandi questioni –per non dire “la questione”- sulle quali si è dibattuto fino allo sfinimento negli ultimi mesi: chi c’è veramente dietro Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio? Finalmente, ieri, l’arcano è stato svelato e il mistero è risolto per sempre, mi auguro definitivamente. Si sanno anche i veri nomi dei due geniali strateghi della comunicazione che (insieme) hanno deciso e stabilito (dietro le quinte) come e perchè alle prossime e imminenti elezioni il M5s debba prendere almeno il 52% dei voti validi. Data l’abilità sconcertante dei due guru, il dato è praticamente certo.

Si chiamano Silvio Berlusconi e Anna Finocchiaro: sono loro i due geniali artefici del trionfo elettorale, prossimo venturo, che porterà il movimento cinque stelle alla inevitabile maggioranza assoluta. Sarà grazie a loro.

Ecco come i due veri guru stanno lanciando la campagna di primavera:

Martedì 26 febbraio, infatti, alle 10 del mattino, la senatrice Anna Finocchiaro, del tutto  indifferente rispetto all’esito elettorale, ha dichiarato tronfiamente “Poiché il PD è consapevole del momento che stiamo vivendo e della assoluta necessità di garantire un governo stabile alla nazione, ci assumiamo la gravosa responsabilità che ci viene dal fatto di essere la coalizione vincente alla camera e avviamo immediatamente le consultazioni iniziali ai fini del raggiungimento di un accordo di legislatura. Ho già telefonato al senatore Maurizio Lupi del PDL per incontrarci subito”. 

Alle ore 10.30 su raidue, Fabrizio Cicchitto replica: “Confermo quanto detto dalla senatrice Finocchiaro, già oggi ci incontreremo con i colleghi del PD perché siamo responsabili e sentiamo come dovere civico quello di dare agli italiani immediatamente il governo che si aspettano”.

Risultato ottenuto dai due guru: rivolta interna in entrambi i partiti.

E poi Bersani,  che propone un’apertura al M5s ma presentandola in maniera smaccata come una attribuzione della responsabilità dell’attuale crisi al movimento. Nella sua mente, abituata agli squallidi tatticismi della palude del politichese italiota, intendeva senza alcun dubbio sollecitare i neo-eletti del M5s a presentargli il conto della spesa. Lui è abituato così e questa è l’unica modalità che conosce. Pensava che Casaleggio avrebbe inviato un fax con i nomi delle fondazioni bancarie di cui voleva la presidenza, dove e come piazzare i neo-eletti del movimento e su quella piattaforma economica sedersi intorno a un tavolo e trattare. Quindi è spiazzato perché non capisce. Non ce la fa proprio a comprendere il Senso di questa nuova realtà. 

Dopo tre ore, alcuni tra i neo-eletti (intervistati in tutta Italia in ordine sparso, ciascuno dei quali ha spiegato che –per il momento- parlava a titolo personale) hanno replicato dicendo tutti la stessa identica cosa: “Noi siamo aperti a votare per chiunque accolga nel proprio programma di governo le nostre istanze, senza alcuna pregiudiziale, e cioè una immediata nuova legge elettorale, subito la legge sul conflitto d’interesse, una nuova legge anticorruzione,  la decurtazione dei parlamentari, il reddito di cittadinanza e l’abbattimento dei costi della politica, tanto per iniziare”. 

Panico e sconcerto tra le fila del PD. E il prode Enrico Letta dichiara: “Rispettiamo il M5s e prendiamo atto del loro innegabile successo elettorale; li consideriamo degli interlocutori politici, ma sia chiaro che il PD non si fa dettare l’agenda da nessuno”.

E il prode Alfano, a Ballarò, sfrontatamente sostiene che non c’è alcun inciucio, che non ci sarà nessun incontro con il PD e tantomeno con quelli del M5s. E intanto, alla direzione del PD, Walter Veltroni e Massimo D’Alema si dichiarano ufficialmente “fortemente contrari a qualunque accordo e incontro con quelli del M5s”.

Beppe Grillo, dal canto suo, conferma ai giornalisti, la posizione dei suoi eletti: “noi non facciamo alcun accordo con nessuno, ma siamo positivamente aperti e disponibili a votare ogni singolo provvedimento che corrisponda al nostro programma: a noi interessa quello”.

Si arriva, quindi, alla giornata di oggi.

I geniali capi del PD iniziano la giornata con una sicumera arrogante, indice di totale mancanza del Senso della realtà. Dichiarano, sparpagliatamente, che non intendono sottoporsi all’esame da parte dei neo-eletti del M5s e ci aggiungono il carico da 11 (sempre Enrico Letta che sta tirando la volata a Monti per il suo bis). “Se l’Italia diventa ingovernabile, la responsabilità sarà del M5s che non è disponibile ad un accordo preventivo”. Questa frase, degna di un organigramma del Cremlino, tradotta sta per “quelli del M5s devono votarci a scatola chiusa”.

Ma a metà mattinata arriva Silvio Berlusconi, che così dichiara alla attendibile e seria professionista del corriere della sera (edizione on-line) Paola Di Caro: “Superati i primissimi giorni le cose cambieranno, adesso quelli del PD fanno i sostenuti, guardano a Grillo. Ma non ce la faranno. Quello è un rapporto che non regge, politicamente e numericamente. Avranno bisogno di noi, busseranno alla nostra porta. Vedrete, verranno a Canossa... E vi dico l'idea che mi sono fatto: non sono nemmeno sicuro che alla fine l'incarico sarà dato a Bersani”. Non è chiaro se sia un auspicio oppure una minaccia. Poco importa. Ma all’interno del PDL c’è una rivolta interna perché il gruppo dirigente non è d’accordo. E il Cavaliere, re della comunicazione italiota, poco dopo, avvertito della levata di scudi tra i suoi, non si lascia sfuggire l’occasione e dichiara: “Se non ci sarà accordo, si accomodino. Facciano pure, vediamo quanto durano. Io intanto preparerò la mia campagna elettorale sui temi che interessano i nostri elettori, mi sento alla grande, e stavolta correrei come leader”. Infine, la dichiarazione di Beppe Grillo che sostiene: “Il M5s voterà in aula le leggi che rispecchiano il proprio programma chiunque sia a proporle…il movimento cinque stelle non darà alcun voto di fiducia al PD né ad altri. Se Bersani vorrà proporre l’abolizione dei contributi pubblici ai partiti sin dalle ultime elezioni lo voteremo di slancio (il M5s ha rinunciato ai 100 milioni di euro che gli spettano) e se metterà in calendario il reddito di cittadinanza lo voteremo con passione”.

Questo è ciò che sta accadendo.

Quelli del PD e quelli del PDL vivono ancora nello spazio mentale di un mondo senza Senso. Non si accorgono, non capiscono, non comprendono che la trattativa non viaggia sulla rotaia di presidenze, sottosegretariati, gestione di aziende, bensì sui programmi e sulle proposte. Quantomeno non quando si parla con il M5s, altrimenti non sarebbe tale. Si tratta di una differenza lessicale, per il momento incompatibile.

Sono software mentali diversi.

Il PD e il PDL cercano l’accordo sul “con-senso” identificato in gestione consociativa privata e personale dei beni comuni e delle risorse della collettività. Quindi, come sempre. Quelli del M5s cercano l’accordo e sono disponibili al dialogo, al confronto, e a una piattaforma governativa, sulla base del “dis-senso”, identificato come gestione pubblica delle risorse da mettere a disposizione della collettività. La qualità del dis-Senso consiste in una rottura con i precedenti fallimentari durati vent’anni, per dar mostra di un segno di discontinuità nel lavoro parlamentare. 

E’ un altro mondo lessicale. E’ un diverso ordine d’idee.

Per il momento, quindi, il PD e il PDL dimostrano di non volere nessun cambiamento, nessuna riforma, nessun accordo, e di non essere in grado di saper o di poter accogliere nessuna delle istanze portate avanti dal M5s che ha raccolto il voto di 8.800.000 cittadini.

Per loro, queste voci non valgono nulla.

Personalmente consiglio ai neo-eletti di armarsi di tutta la necessaria pazienza e, invece di farsi intimorire,  di comprendere che i propri interlocutori non hanno il senso della realtà, e quindi va spiegato loro come si stanno mettendo le cose, come si fa con i bambini o con quelli fuori di testa. Forse quelli del PD capiranno che è arrivato il momento di ascoltare la nazione, le istanze dei cittadini, i bisogni collettivi e si decideranno a varare un programma che accolga i punti per i quali ha votato il 25% degli italiani.

Come notava il giornalista Andrea Scanzi, de Il Fatto Quotidiano, rivolgendosi ai neo eletti: “D'Alema e Veltroni sono contrari a un dialogo con Grillo. E' la conferma che è l'unica strada possibile. Provateci. (a margine: nel Pd hanno ancora Veltroni e D'Alema che dettano la linea. O anche solo pontificano. Sono proprio lanciati a bomba verso il proprio abisso).

Allora, non hanno ancora capito che questo è soltanto l’aperitivo, un buon mojito tra amici.

Sarà una primavera di riscossa, quindi.

A tutt’oggi, così vedo io la cosa.

E voi?

Sergio Di Cori Modigliani
Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/02/ce-chi-insegue-il-con-senso-e-chi.html
27.02.2013

Il 27% di giovani e bambini è a rischio povertà


Foto di www.vita.it
       
Bambini poveri, piccoli angeli condannati ad un’esistenza di ristrettezze: sotto la pressione della crisi, anche in Italia il fenomeno si va diffondendo, e nel 2011 ha interessato un giovanissimo su tre, secondo i dati di Eurostat. Le situazioni più critiche si registrano in quelle famiglie con genitori non diplomati, o immigrati. Qui la forbice del disagio aumenta, ed i minori in difficoltà sono uno su due. 

La fotografia dell’ufficio di statistica Ue rivela come il 32,3% degli under 18 nella penisola sia a rischio povertà e conseguente esclusione sociale, ben al di sopra della media Ue, che si ferma al 27%. Tra i Paesi che registrano la situazione più dura, ci sono Bulgaria (52% a rischio povertà), Romania (49%), Lettonia (44%), Ungheria (40%), Irlanda (38%) e Lituania (33,4%), seguita subito dopo dall’Italia. Nella classifica dei più virtuosi, paesi dove la crisi morde meno, come Svezia, Danimarca, Finlandia (16%), ma anche Slovenia (17%), Olanda (18%) e Austria (19%). 

Ad essere più a rischio sono quei minori i cui genitori hanno un basso livello di scolarizzazione. Tra questi quelli a rischio povertà sono la metà (Italia 46,3%), contro il 22% di chi è figlio di genitori diplomati (Italia 22,6%) e il 7% di chi è figlio di laureati (Italia 7,5%). Problematica anche la situazione per i figli degli immigrati (almeno uno dei due genitori non è originario del paese di residenza), dove uno su tre (32%) è esposto a condizioni economiche difficili. 

Sono dati «inaccettabili per il nostro Paese», afferma il presidente di Unicef Italia, Giacomo Guerrera, che propone una ripartenza «a cominciare dall’infanzia». Stando alle cifre diffuse dall’agenzia Onu sono infatti 723mila i minori che in Italia vivono in povertà assoluta. Nelle stesse condizioni versano 1.297.000 famiglie, di cui 440mila con minori. Il 10,3% di queste è concentrata nel Meridione. 

Solo la settimana scorsa la Commissione Ue aveva pubblicato una comunicazione per chiedere agli Stati membri di rivedere la propria spesa sociale. Spesa che in Italia sconta l’elevato peso delle pensioni, e per questo non lascia margine ad altro tipo di interventi. Secondo i dati resi noti dalla Commissione, in Italia il numero dei poveri è passato dai 15.099.000 milioni del 2008 ai 17.112.000 del 2011.  

Fonte: www.lastampa.it

E’ morto Stephane Hessel


Stephane Hessel si è spento a 95 anni. L’autore di “Indignatevi!“, uno dei libri più venduti degli ultimi anni (oltre 4 milioni di copie in tutto il mondo), era nato a Berlino nel 1917, ma con la famiglia si era trasferito in Francia a causa delle leggi razziali.
Aderì alla Resistenza francese durante la Seconda guerra mondiale ed era stato deportato nel campo di concentramento di Buchenwald. Nominato ambasciatore di Francia da Mitterrand, diventò famoso per il suo impegno a favore dei sans-papiers e della causa palestinese: la sua adesione al boicottaggio di prodotti israeliani gli fece guadagnare, come al solito, l’accusa di anti-semitismo, a cui Hessel rispose così: “Mio padre era ebreo, sono scampato a Buchenwald, le accuse di antisemitismo non mi sfiorano”.
Dopo “Indignatevi!”, aveva scritto anche “Impegnatevi!”. In mezzo ci fu anche la risposta di Pietro Ingrao, che scrisse subito dopo “Indignarsi non basta”. Che dire, anche in Francia hanno perso una grande testa pensante… certo è che senza la spinta prodotta da Hessel, la sinistra francese sarebbe ancora là a fasciarsi la testa e magari Sarkozy sarebbe ancora Presidente…

mercoledì 27 febbraio 2013

CARO ELETTORE DEL PD

DI CARLO BERTANI
carlobertani.blogspot.it/

Mi sa che t’hanno fottuto un’altra volta. Lo so, sei un moderato…credi a tutto…all’Europa che ci punisce perché siamo delle cicale, ai indispensabili sacrifici per riequilibrare il debito pubblico, alla necessità di lavorare fino a settant’anni per fare “cassa” così, i giovani, saranno precari “solo” fino a 50 anni. Vieni poi colto dal sacro timor panico quando, in Tv, aprono la pagina economica con lo spread: ti senti giudicato in prima persona. Sarà mica perché ieri ho pagato tre caffè al bar?

Monti è un po’ arcigno – con quella bocca da Bancomat – ma è quel che ci vuole per mettere in riga i parlamentari famelici di tangenti, la Fornero è stata un po’ dura – lo ammetti anche tu – ma ci voleva per farla finita con le pensioni a 57 anni. Così t’hanno raccontato e tu ci hai creduto, perché quello che dice il Partito è come l’acqua santa per il cristiano: basta che ti tocchi e sei salvo.

No, stamattina non eri contento, perché in fondo all’animo persisteva un malessere…cos’ho mangiato ieri sera? La minestrina con la pastina…no, non può essere quello.

Non eri forte in Matematica a scuola ma, quando hai sentito Bersani dire che gli “spetta l’onere di governare”, ti sei fatto due conti…sì, va bene…ma con chi? E perché, se il primo partito italiano è il M5S, l’onere sta a te?

Già, per la manciata di voti presi da Vendola, che hanno salvato la frittata. Il Senato? Terra di nessuno. 

Sparito Monti, fra i papabili per un’alleanza “responsabile” (a parte l’impresentabile Cavaliere), non rimane che il M5S: “faremo scouting”, ovverosia cercheremo di comprarli. Questo leitmotiv campeggiava fino all’altro ieri: oggi, dopo un paio di giorni di silenzio, è stata messo in soffitta.

Ti capisco, elettore del PD: sei un po’ frastornato. Ehm, scusa…il partito te lo sei scelto tu…come mai due giorni fa lo chiamavate “antipolitico”, “fascista” o “comunista” (a scelta), “incapace”, “sognatore”, “barbaro”, “incivile”…ed ora parlate di governare con lui? Alla faccia dei giri di valzer!

Però, ti devo confessare che l’atteggiamento di Bersani – intendo la dichiarazione filmata che è stata distribuita – non mi è piaciuta per niente: no, no e poi no. Non ci siamo mica: ci vuole più rispetto per il primo partito italiano! (1)

Impariamo, per prima cosa, il rispetto ed a chiedere le cose con garbo. La “manina”, ringraziare sempre, essere educati, salutare: sì, quelle cose che mammina c’ha insegnato da piccoli, che Pier Luigi sembra aver dimenticato. 

Insomma, quel tono duro (2), la sorta di mezze minacce velate nel discorso, quel “insomma, o vanno a casa anche loro oppure ci dicono cosa vogliono fare” sono proprio da maleducato. 

Vedi, caro elettore del PD, il fatto è che Grillo queste cose le dice da tanto tempo, solo che il Partito – mettendoti a forza della cera nelle orecchie – t’ha impedito d’ascoltarle o, al più, le ha snobbate. 

Vogliamo parlare del reddito di cittadinanza? Il professor Fumagalli (Università di Pavia) sostiene da anni (3) che basta tassare dello 0,05% i movimenti sui capitali finanziari per realizzarlo. Ed in modo più ampio ed inclusivo della proposta del M5S! 

Vogliamo parlare di F-35?

Ma chi se lo prende un simile fallimento volante! Gli USA hanno ridotto le quote d’acquisto da parte USAF del primo fallimento (F-22, il cui sistema di combattimento veniva “disturbato” dalle chiamate dei cellulari (!)) a poche centinaia d’esemplari e adesso ci vogliono rifilare un aereo che scoppia se colpito da un fulmine e, se il fulmine non c’è, si “trita” da solo la turbina?

E poi: non sarebbe il caso di ripensare il nostro modello di difesa come – appunto – di “difesa” (art. 11, Costituzione) e non come contractors per conto USA in mezzo mondo? Vogliamo tirare fuori un poco i c…ni? 

Quando ci ritiriamo dall’Afghanistan? 

Eppure, il tuo segretario, fino a 10 giorni fa non faceva che ripetere: Monti, Monti, Monti…pareva si fosse “incantato” il disco o che odiasse il mare. Anche Casini però è “serio” e Fini non è più fascista, è un adorabile interlocutore. 

Non ci sono più – sveglia elettore del PD – Casini ha rimediato un posto per il rotto della cuffia e Fini…poveraccio…speriamo che la pensione da Presidente della Camera gli basti…la vita a Montecarlo è così cara… 

Monti puzza di morto, ma puzzava già di morto prima (furbo Berlusconi a prendere le distanze): scusa, caro frequentatore dei festival dell’Unità di un tempo, ma se n’è mai visto uno peggio?

Ha tolto le poche garanzie che ancora rimanevano per i lavoratori, ha mantenuto in pieno il precariato, ha sbattuto la gente in pensione verso i 70 anni, ha tassato come un ossesso le prime case…devo continuare?
Lo capisci – almeno tu – che chi tirava in ballo Monti si scavava la fossa da solo? 

Adesso chiedete aiuto, nemmeno poi troppo umilmente. 

Perché Grillo dovrebbe sacrificare il tanto lavoro fatto per essere “scoutizzato” in toto? Perché fa comodo a te (Bersani) che non sai che pesci pigliare? Per riuscire a mantenere il tuo partito coeso, Grillo dovrebbe fare quel poco che gli concederesti mentre telefoneresti a Monti tutte le sere. Ti sembra serio? 

Grillo, che ha il coltello dalla parte del manico, al massimo ti concederà un appoggio esterno, come in Sicilia, e fattelo bastare ma senza sgarrare. Perché dovrebbe suicidarsi per te? 

Altrimenti, torna con il Cavaliere e percorri il tuo cammino fino alla nemesi finale: la sparizione totale.

Mi sa che Moretti questa volta ha sbagliato a salire su quel palco: meglio quella originale del 2002 “con questi uomini non vinceremo mai”. Sarà un portasfiga ed una Cassandra, ma aveva ragione e guai non ascoltare le Cassandre.
A Troia ne sanno qualcosa.

Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.it
Link: http://carlobertani.blogspot.it/2013/02/caro-elettore-del-pd.html
26.02.2013

(1) Vedi: http://video.repubblica.it/dossier/movimento-5-stelle-beppe-grillo/elezioni-2013-bersani-presidenza-camere-m5s-e-il-primo-partito/120704/119186?ref=HREA-1 
(2) Vedi: http://video.repubblica.it/dossier/elezioni-politiche-2013/elezioni-2013-bersani-al-m5s-o-ci-dicono-cosa-vogliono-fare-o-a-casa/120713?video   
(3) Vedi: http://www.ecn.org/andrea.fumagalli/10tesi.htm

ELEZIONI, ECCO PERCHE' IL PD HA PERSO


di Giovanna Cosenza - 26 febbraio 2013

E mentre tu ti chiudi a teatro con Nanni Moretti che dice (aridàje) «Ti voto nonostante il giaguaro» (come dire: ti voto nonostante il vuoto), Grillo infiamma un'affollatissima piazza San Giovanni, luogo storico della sinistra. Gran finale per Grillo, non certo per il Pd


Le ragioni sono tante e se ne parlerà per giorni. Propongo una prima lista di perché

1. Bersani e i suoi hanno continuato (sordi a ogni suggerimento contrario) a demonizzare la comunicazione, ostinandosi a pensare che sia roba "da imbonitori" (leggi: Berlusconi) o "da uomini di spettacolo" (leggi: Grillo). Invece - lo ripeto fino alla nausea - comunicare è entrare in relazione con gli altri, stabilire un contatto con loro, saperli coinvolgere, esistere innanzi tutto per gli altri. Che in politica vuol dire: entrare in relazione con gli elettori e le elettrici, stabilire un contatto eccetera. Chi non capisce questo concetto elementare si condanna a perdere le elezioni. È successo finora e succederà sempre, perché la democrazia funziona così: per governare occorre che la maggioranza ti dia il voto, e per ottenere i voti della maggioranza, devi persuaderla. D'altra parte, pensaci, accade anche nella vita: chi non riesce a entrare in relazione con gli altri che fine fa? Non solo resta isolato, ma perde progessivamente la capacità di accogliere il nuovo, di capire il mondo.

2. Il Pd ha stretto un'alleanza con Sel (bene bravo bis: la sinistra non vince le elezioni spostandosi al centro, ricorda la lezione di Lakoff). Ma invece di usare l'alleanza per spostare il baricentro della coalizione a sinistra ha spostato Sel al centro, con continui ammiccamenti a un Monti che per giunta perdeva credibilità minuto dopo minuto. Risultato: Sel è quasi sparita e molti elettori ed elettrici di Sel sono confluiti nel M5S.

3. Invece di cercare di capire le ragioni per cui Grillo ha riempito le piazze, i dirigenti di centrosinistra si sono ostinati a ripetere come un mantra, a turno: (1) "Le piazze le riempiamo anche noi", senza vedere che le differenze di quantità e qualità erano enormi; (2) "Grillo è populista", senza capire che la parola è ormai vuota, visto che in politica tutti accusano tutti di populismo; (3) "Grillo è fascista", senza rendersi conto che a sinistra, da molti anni, si usa la parola "fascista" per etichettare ciò che non si capisce, che non si riesce a inquadrare in schemi familiari.

4. Invece di usare la rete come ulteriore e fondamentale mezzo per gestire e alimentare il contatto capillare con gli elettori e le elettrici, sondare i loro umori, capire se si disaffezionano o sono scontenti, coinvolgere e convincere gli indecisi, il centrosinistra ha finito per usare siti web e social media in modo autoreferenziale, cercando di ottenere attenzione "virale" su immagini e audiovisivi scherzosi, parodistici e autoironici che possono funzionare su chi è già convinto, ma allontanano i delusi e indecisi. Detto in altri termini: i Fantastici 5 avevano funzionato per le primarie (e favorito Bersani) perché si rivolgevano solo all'elettorato del Pd più convinto (che votava Bersani), ma giochetti analoghi - e l'avevo scritto - sarebbero stati un boomerang per le elezioni politiche: non convinci un/a indeciso/a mostrandoti spiritoso, lo convinci se unisci al buon umore una proposta chiarissima e concreta. Che non c'è stata (né online né offiline).

5. Dopo la sparata di Berlusconi sull'Imu, il centrosinistra avrebbe dovuto (a) fare finta di niente e parlare di altro per qualche giorno; (b) focalizzare due o tre proposte spicciole e concrete, facili da ricordare e rapide da monetizzare (sì, monetizzare!) per le fasce sociali più penalizzate dalla crisi economica: dai pensionati alle piccole imprese, dai dipendenti pubblici alle partite Iva. Invece: (1) ha continuato a parlare di lavoro e economia in termini generalissimi, astratti, lontani dalla vita quotidiana; (2) ha continuato a bollare come "ridicola","irrealizzabile", "demagogica" e "populista" la sparata di Berlusconi, facendo sempre scattare il paradosso: dici che qualcosa non vale niente, ma ci giri attorno come una mosca sul miele. In special modo, poi, ha continuato a dire che la proposta di Berlusconi era "irrealizzabile", senza però mai spiegare con chiarezza perché (leggi: in modo spicciolo, facile da ricordare). E allora?


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6. Nelle ultime due settimane prima delle elezioni - oggi cruciali in tutte democrazie, e a maggior ragione in questa nostra tornata elettorale, in cui largo spazio era lasciato all'incertezza e alla decisione dell'ultimo secondo - il centrosinistra ha inanellato l'errore più grave di tutta la campagna: invece di farsi più incisivo e concreto, si è fatto sempre più evanescente, sempre ammiccando al centro e mai chiarendo nulla. E nel gran finale ha ridotto tutto allo slogan preso da Crozza: «Smacchiamolo». Con tanto di pupazzo-giaguaro consegnato a Porta a porta (mica scemo Vespa). Cosa vuol dire «smacchiamolo»? Intanto implica la solita ossessione per Berlusconi, la stessa che fece perdere Veltroni. E poi che fai? Critichi il comico, l'imbonitore, e giochi sul loro terreno senza saperlo fare? Infine ripeto: in politica la battuta, il gioco, l'autoironia funzionano solo se affiancate a una proposta concreta. Senza quella fai solo una figuraccia.

Dice: ma dall'altra parte le proposte sono fintamente concrete, perché in realtà sono menzogna, manipolazione, inganno. Certo, ma se dalla tua parte la proposta manca (o non è chiara, non è concreta), gli elettori e le elettrici si orienteranno altrove. Per esempio verso Grillo, che combina linguaggio concreto, capacità di entrare in relazione con gli altri e per giunta, guarda un po', fa pure ridere. E mentre tu ti chiudi a teatro conNanni Moretti che dice (aridàje) «Ti voto nonostante il giaguaro» (come dire: ti voto nonostante il vuoto), Grillo infiamma un'affollatissima piazza San Giovanni a Roma, luogo storico della sinistra italiana. Gran finale per Grillo, non certo per il Pd.

PS: tutto ciò non vuol dire che il Movimento 5 Stelle abbia guadagnato voti prendendoli solo da fuggitivi del centrosinistra, ovvio. Ha preso voti anche da altre parti, ma questa è un'altra storia. 

Giovanna Cosenza

martedì 26 febbraio 2013

Elezioni 2013, la grande impresa del Pd


Il Partito democratico è riuscito nell’impresa e credo che per questo meriti di passare alla storia come la forza politica che, più di ogni altra, ha saputo contribuire a tenere viva la lunga stagione politica che stiamo vivendo e che, probabilmente, verrà ricordata negli annali col nome con cui già osiamo chiamarla: l’era del berlusconismo.
Ogni volta che Silvio Berlusconi è sembrato prossimo all’estinzione politica, la principale forza del centrosinistra italiano è sempre riuscita a trovare il modo di rinvigorirlo e favorirne uno spavaldo ritorno sulle scene. Anche stavolta che, onestamente, non sembrava davvero possibile.
Sì perché Berlusconi, stavolta, se n’era andato da solo. D’accordo, non proprio da solo. Si era dimesso cedendo alla pressione dell’Europa, dei mercati e della moral suasion esercitata dal Presidente della Repubblica, dopo che, con una maggioranza ridotta all’osso e affossato dagli scandali sessuali aveva condotto il paese, secondo i più, letteralmente sul lastrico.
Rimpiazzato da Monti, si era quasi ritirato a vita privata, restando un passo dietro ad Alfano (o forse, stando alle teorie marionettistiche più accreditate, un passo sopra) in attesa, accorto com’è, di vedere cosa combinavano gli altri prima di prendere una decisione definitiva sul suo futuro. Ma il Pd, non riuscendo a intuirne le intenzioni recondite, si è ritrovato gettato nell’imbarazzo di dover indire delle elezioni primarie al buio.
Berlusconi, che come tutti sanno è uomo generoso e non rifiuta mai un aiuto a nessuno, per sgombrare il tavolo da ogni equivoco dichiarò chiaro e tondo che, se alle primarie avesse vintoRenzi, non si sarebbe ricandidato. A quel punto, nel Pd e nel centrosinistra, con grande sollievo,tutti capirono cosa dovevano fare. O meglio, a voler essere precisi, non proprio tutti. Ma un buon 60% sì. E lo fecero.
Ciò nonostante, l’impresa appariva ancora disperata. Certo, la strada per la ricandidatura del Cavaliere era spianata, ma purtroppo l’opinione pubblica del Paese sembrava averlo abbandonato e il Popolo della Libertà, dilaniato dalle lotte intestine, nei sondaggi non veniva accreditato che di un misero 15%. Bisognava inventarsi qualcosa.
L’idea di appoggiare fedelmente il governo Monti e, contemporaneamente, allearsi con Vendola, che si opponeva con forza al Professore ritenendolo sovrapponibile a Berlusconi – pur buona – di per sé non garantiva il risultato sperato. Ci voleva una trovata geniale in campagna elettorale. Parlare soltanto di sacrifici, tasse e patrimoniali poteva anche andare bene, ma rischiava di suonare un po’ troppo già sentito. Come l’ostinazione a esprimersi attraverso colorite quanto enigmatiche metafore, abitudine però troppo sputtanata da Crozza. Nemmeno lasciare l’agenda della campagna elettorale in mano alle sparate surreali del Silvio nazionale, seppure sperimentato con successo nel passato, appariva risolutivo. C’era bisogno di altro, di qualcosa di più drastico. Come smettere di fare campagna elettorale, sparire, dileguarsi. Ma chi avrebbe notato la differenza?
No. Non poteva bastare. Berlusconi, malgrado avesse iniziato una bella rimonta, rimaneva ancoratroppo lontano. Bisognava non solo dileguarsi, ma farlo con un certo stile. Bisognava dichiarare che, anche se il Pd avesse vinto con il 51%, avrebbe governato come se avesse ottenuto solo il 49%, chiedendo aiuto al centro di Monti. Poco importava che Monti continuasse a sbeffeggiare e insultare ogni giorno il Pd: il suo contributo era indispensabile per convincere i potenziali elettori borderlinedel centrosinistra – e chiunque avesse in mente un radicale rinnovamento – a rivolgersi altrove, tipo al Movimento 5 Stelle.
Io non l’ho fatto e ho votato lo stesso il Pd alla Camera, al Senato e alla Regione. Ma per fortuna del Partito Democratico, non tutti sono come me. Alla Camera la maggioranza è vinta, ma Berlusconi tiene in pugno il paese anche stavolta; è di nuovo lì, a una manciata di voti, a chiedere il riconteggio delle schede come nel 2006; poi, visto che il Senato è ingovernabile, proporrà una Grande Coalizione e tutto andrà a puttane, come piace a noi. Dirigenti, elettori e amici del Pd, coraggio, via quelle facce tristi. È vero, d’accordo: abbiamo quasi vinto le elezioni. Ma di poco!